È illegittimo il licenziamento del dipendente che ha svolto altra attività lavorativa in proprio durante la malattia

La Redazione
06 Luglio 2018

Non sempre lo svolgimento di un'altra attività lavorativa in proprio del dipendente durante il periodo di assenza per malattia, giustifica la sanzione del licenziamento per giusta causa (nel caso di specie il lavoratore veniva licenziato per giusta causa per aver svolto attività di tinteggiatura di esterni in proprio durante l'ultimo giorno di un periodo di assenza per malattia per asserita gastroenterite).

Il caso. Un lavoratore veniva licenziato per giusta causa per aver svolto attività di tinteggiatura di esterni in proprio durante l'ultimo giorno di un periodo di assenza per malattia per asserita gastroenterite. Per il Tribunale di Lanciano il licenziamento era illegittimo e la Corte d'appello di L'Aquila aveva confermato la sentenza di primo grado e, in accoglimento della domanda subordinata del datore di lavoro, aveva applicato al lavoratore la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro per 3 giorni.

Illegittimità del licenziamento del lavoratore che ha svolto altra attività lavorativa in proprio durante la malattia. Per la Corte di cassazione è principio consolidato quello secondo il quale lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio (da ultimo, Cass. 27 aprile 2017, n. 10416).

D'altro canto, prosegue la Cassazione, risulta anche evidente come non sia sufficiente il mero svolgimento di un'attività lavorativa durante la malattia per configurare una violazione dei principi di buona fede e diligenza, poiché non sussiste per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare - durante tale assenza - attività lavorativa in favore di terzi, purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, ovvero importi violazione al divieto di concorrenza, ovvero ancora, compromettendo la guarigione del lavoratore, implichi inosservanza al dovere di fedeltà imposto al prestatore d'opera.

Pertanto non si configura giusta causa di licenziamento ove non sia stato provato che il lavoratore abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro, simulando la malattia per assentarsi in modo da poter espletare un lavoro diverso o lavorando durante l'assenza con altre imprese concorrenti (con quella cui è contrattualmente legato) oppure - anziché collaborare al recupero della salute per riprendere al più presto la propria attività lavorativa - abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando così il suo diritto al riposo per trarne un reddito dal lavoro diverso in costanza di malattia ed in danno del proprio datore di lavoro (Cass. 3 marzo 2015, n. 4237).

Per tali ragioni La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso.

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