Il privilegio mobiliare cooperativo tra diritto comune e diritto speciale

09 Luglio 2018

In tema di crediti di società cooperative, il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c. alle cooperative di produzione e lavoro non richiede la prova della mutualità prevalente, anche in considerazione del fatto che le previsioni di cui all'art. 82, comma 3-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98, che attribuiscono il detto privilegio nel caso in cui le cooperative abbiano superato positivamente o abbiano comunque richiesto la revisione di cui al D. Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, non solo non sono limitate ai soli enti a mutualità prevalente, ma richiamano altresì la revisione prevista e disciplinata dal D. Lgs. 220/2002, che è prevista per tutte le cooperative, tanto quelle a mutualità prevalente, quanto quello a mutualità diversa.
Massime

In tema di crediti di società cooperative, il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c. alle cooperative di produzione e lavoro non richiede la prova della mutualità prevalente, anche in considerazione del fatto che le previsioni di cui all'art. 82, comma 3-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98, che attribuiscono il detto privilegio nel caso in cui le cooperative abbiano superato positivamente o abbiano comunque richiesto la revisione di cui al D. Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, non solo non sono limitate ai soli enti a mutualità prevalente, ma richiamano altresì la revisione prevista e disciplinata dal D. Lgs. 220/2002, che è prevista per tutte le cooperative, tanto quelle a mutualità prevalente, quanto quello a mutualità diversa.

Inoltre, la previsione di cui all'art. 82, comma 3-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98, deve essere considerata dar luogo a una mera presunzione semplice, contro la quale è ammessa la prova contraria e la disapplicazione del provvedimento amministrativo di superamento della revisione.

In tema di crediti per retribuzioni e provvigioni di società cooperative, laddove la prestazione si traduca nella mera messa a disposizione delle attrezzature (per quanto l'attività rientri astrattamente nell'oggetto sociale) della cooperativa, questa prestazione non di discosta da un mero “noleggio” di attrezzature che non può godere della collocazione privilegiata. Ove, pertanto, non sia individuabile una specifica (se non prevalente) attività di lavoro nella prestazione resa dalla società cooperativa, la stessa deve ritenersi ascrivibile a un opus (che si tratti di vendita di un bene o di erogazione di un servizio) per il quale non è possibile il riconoscimento del privilegio, non essendo il corrispettivo riferibile a servizi caratterizzati in modo prevalente dall'espletamento di attività lavorativa. Dunque non è sufficiente che la prestazione rientri nell'oggetto sociale, ma occorre (ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis c.c.) che si tratti di una prestazione effettivamente correlata (e in misura prevalente) all'attività lavorativa dei soci.

I casi

Entrambe le pronunce sono state emesse all'esito di giudizi di opposizione allo stato passivo nei quali gli opponenti lamentavano il mancato riconoscimento del privilegio previsto dall'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c., secondo il quale, per quanto qui interessa, hanno privilegio generale sui mobili “i crediti … delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti”.

Nel primo caso in esame, la società cooperativa instante chiedeva riformarsi la decisione, da quanto risulta, peraltro immotivata, del Commissario Liquidatore della società debitrice in liquidazione coatta amministrativa di ammettere solo in via chirografaria il credito portato da fatture emesse nel 2015 per la fornitura di pasti. La creditrice, come emerge dalla pronuncia, sosteneva di aver diritto al riconoscimento del privilegio anche sulla scorta della vantata qualifica di società a mutualità prevalente rilasciata, ai sensi di legge, dal preposto organismo di controllo.

All'esito del giudizio, il Tribunale di Milano, nell'apparente assenza difensiva del Commissario Liquidatore, in accoglimento della proposta opposizione, ammetteva la ricorrente al passivo in via privilegiata a fronte della superata revisione, ritenendo comunque provato il requisito della prevalenza dei soci lavoratori rispetto ai lavoratori non soci.

Nel secondo caso che ci occupa, la creditrice contestava lo stato passivo esecutivo della debitrice fallita nella parte in cui non riconosceva il privilegio ex art. 2751-bis, comma 1, c.c. al credito relativo all'attività di telesorveglianza svolta dall'istante, sostenendo la propria natura di società cooperativa a mutualità prevalente e la coincidenza tra le prestazioni svolte e l'oggetto sociale.

Il Tribunale di Milano, anche in questo caso - parrebbe - senza attività difensiva degli organi della procedura, ritenendo insussistente la correlazione tra attività lavorativa dei soci e la mera messa a disposizione di attrezzature, rigettava l'opposizione.

Il contesto di riferimento e i principi affermati dalle pronunce del Tribunale di Milano

Con i provvedimenti oggetto di commento la giurisprudenza di merito torna ad affrontare il tema dei requisiti per il riconoscimento del privilegio previsto dall'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c. relativo ai crediti delle società e degli enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.

Si tratta di un argomento ampiamente esaminato, oltre che per il rilievo giuridico, anche per la particolare rilevanza pratica della questione. Si deve, peraltro, tenere conto del fatto che il dibattito ha ricevuto nuova linfa in considerazione delle interferenze determinate dalla riforma del diritto societario del 2003 in tema di cooperative a mutualità prevalente (cfr. D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, di seguito, breviter, D.Lgs. 6/03) e degli ulteriori interventi del legislatore relativamente ai controlli sulle cooperative (cfr. D. Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, infra, più brevemente, D. Lgs. 220/2002) e le previsioni agevolative di cui all'art. 82, comma 3-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98 (di seguito anche solo D.L. 69/2013).

Le pronunce in commento pertanto permettono, tra l'altro, di esaminare la questione dei requisiti oggettivi e soggettivi che vengono allo stato ritenuti necessari dalla giurisprudenza per il riconoscimento del detto privilegio cooperativo anche sotto alcuni peculiari aspetti.

Si ricorda, infatti, che il privilegio mobiliare per i crediti delle cooperative, introdotto dall'art. 2 della L. 29 luglio 1976, n. 426 (più brevemente L. 426/1975), anche in ossequio alle previsioni di cui agli art. 35 e 45 Cost., è stato tradizionalmente riconosciuto in presenza dei requisiti della effettività e della pertinenza del lavoro dei soci cooperatori, nonché della prevalenza del lavoro di questi ultimi rispetto a quello dei lavoratori non soci.

Dall'esame della citata L. 426/1975, dalla sua ratio e dalle sue previsioni originarie era emerso, infatti, che, in generale, i privilegi previsti dall'art. 2751-bis c.c. (con esclusione delle più recenti modifiche in tema di cooperative agricole di cui al numero 5-bis dell'art. 2751-bis, comma 1 c.c. a fronte della L. 31 gennaio 1992, n. 59 e in tema di imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui numero 5-ter dell'art. 2751 bis, comma 1 c.c. a seguito della L. 23 dicembre 2000, n. 388) miravano, e mirano, a tutelare tutti i crediti che derivano, direttamente o indirettamente, da forme di attività lavorativa, partendo dal lavoro dipendente o subordinato in senso stretto, passando quindi attraverso il lavoro cd. parasubordinato (agenzia) e per quello autonomo (artigianale, agricolo e professionale) fino a giungere a quello svolto in forma associata o di impresa, purché quest'ultima modalità si dimostrasse, e si dimostri, espressiva della preminenza dell'attività lavorativa dei propri addetti.

In particolare, in tema di cooperative, la ragione fondante della tutela, corroborata dalla lettura delle previsioni dell'art. 23 del D.L.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577 e successive modifiche (cd. legge Basevi, D.L.C.p.S. 1577/1947) era stata ravvisata nell'esigenza di proteggere i crediti che comunque costituivano la remunerazione di un'attività lavorativa, al di là della concreta forma in cui detta attività si esplicasse.

Da tale considerazione fondamentale, se ne derivava che l'attività di impresa in forma cooperativistica, per godere del privilegio in parola dovesse avere una struttura tale per cui i servizi prestati e i prodotti venduti fossero direttamente attribuibili all'attività lavorativa dei soci (affermazioni che, come sopra anticipato, sembrano attagliarsi alla cooperativa, ma che debbono invece essere riviste per quanto concerne il credito delle imprese agricole e di quelle artigiane, come per le imprese fornitrici di lavoro temporaneo, in virtù delle modifiche legislative intercorse cui si è fatto poc'anzi cenno, che viceversa paiono tutelare il credito di tali enti a prescindere dalla loro organizzazione interna e in relazione alla mera natura del credito).

Il privilegio mobiliare in parola, pertanto, vuoi in virtù della ratio della norma, vuoi delle limitazioni letterali ai soli crediti derivanti da prestazioni di servizi o vendita di prodotti, non avrebbe dovuto estendersi a tutte le forme di organizzazione cooperativa, ma solo a quelle i cui crediti rappresentassero una remunerazione per l'attività lavorativa, personale e diretta, dei soci.

Dall'esame della giurisprudenza edita si può rilevare che, dopo primi momenti di incertezza, sono stati enucleati con un'apprezzabile continuità nomofilattica da parte della Cassazione i requisiti sulla base dei quali ancorare il giudizio in merito alla riconoscibilità del privilegio cooperativo.

Nello specifico, sono stati progressivamente esclusi parametri quali entità del fatturato o rilevanza del capitale investito (parametri che si possono scorgere nella giurisprudenza più risalente del Giudice di Legittimità e anche in alcune più recenti pronunce di merito cfr. App. Milano 12 giugno 2008, n. 1912 in Giustizia a Milano, 2008, 6,43; Trib. Vicenza 15 marzo 2006, in Giur. comm., 2008, II, 173; Trib. Padova 22 maggio 2001, in Giur. merito, 2001, 977; Trib. Parma 24 dicembre 1998, in Giur comm., 2001, II, 581), così come distinzioni tra lavoratori manuali e intellettuali (cfr. App. Bologna 27 luglio 2000, in Giur. comm., 2001, II, 581), in quanto si tratta di criteri che, a un più fine vaglio, risultano invero più attinenti al fenomeno dell'impresa artigiana, maggiormente caratterizzato da questioni dimensionali e non tanto alla fattispecie dell'ente cooperativo. Il tutto forse anche per evitare, teleologicamente, di condannare il fenomeno cooperativistico a un nanismo congenito e a un'incapacità di sopravvivere alle sfide del mercato e alle opportunità della tecnologia (si veda, per esempio, Cass. 7 aprile 1997, n. 2984, in Giur. comm., 1998, II, 686).

Nella giurisprudenza di legittimità è quindi emerso un filone, confermato ancora recentemente, che, tra i parametri possibili, esclusi tutti quelli relativi al capitale o alla struttura finanziaria dell'ente (che non attengono al privilegio cooperativo ma a quello artigiano, come testé visto), privilegia la rilevanza dell'apporto lavorativo dei soci lavoratori (senza distinzioni tra lavoratori manuali o amministrativi) rispetto (ai soli) soggetti non soci di cui si avvale la società, purché l'attività svolta sia pertinente all'oggetto sociale e alle finalità mutualistiche.

Detto orientamento, che appare allo stato prevalente, ha, infatti, da tempo declinato i requisiti per il riconoscimento del privilegio mobiliare al credito cooperativo ravvisandoli nel fatto (i)che il credito debba risultare pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e (ii) che l'apporto dei soci lavoratori (senza distinzione tra le attività svolte concretamente svolte) sia prevalente rispetto all'attività dei lavoratori non soci. Secondo tale giurisprudenza devono dunque escludersi diversi parametri legati a canoni funzionali o dimensionali o a comparazioni tra entità del lavoro dei soci e capitale investito (in questo senso, tra tutte, si vedano Cass. 2 novembre 2016, n. 22147, in Giust. civ. Mass., 2017; Cass. 30 maggio 2014, n. 12136, in De Jure, Sentenza Cassazione civile; Cass., 14 maggio 2004, n. 9186, in De Jure, Sentenza Cassazione civile; Cass. 7 aprile 1997, n. 2984, in Giur. comm., 1998, II, 686. Nel merito, Trib. Napoli 2 marzo 1999, in Fall., 1999, 1270).

In concreto, la pertinenza e l'effettività del lavoro dei soci vengono individuati nella verifica che le attività cui afferisce il corrispettivo che si pretende assistito dal privilegio rientrino nell'oggetto sociale della cooperativa e che i soci siano direttamente coinvolti nel processo produttivo e la loro attività sia diretta alla produzione dei manufatti, ovvero alla prestazione dei servizi per il cui corrispettivo si chiede il privilegio, mentre il parametro della prevalenza dei soci lavoratori si riduce, tendenzialmente, alla verifica del costo del lavoro dei medesimi rispetto agli altri lavoratori impiegati dalla cooperativa.

Sulla scorta di tali considerazioni e approdi ermeneutici viene tradizionalmente escluso il privilegio in parola in caso di consorzi in forma di cooperativa, a fronte dello iato che si crea tra la cooperativa e i singoli consorziati e i lavoratori di queste ultime e il corrispettivo dell'attività svolta (cfr. Cass. 30 novembre 2017, n. 28830).

Analogamente, non è considerato privilegiato il credito derivante dal semplice noleggio o messa a disposizione a terzi di attrezzature, mancando l'apporto lavorativo (cfr. Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Giust. civ. Mass., 1995, 700), come sancito anche dal secondo provvedimento in commento.

Da un altro punto di vista, si ricorda che il credito non viene ritenuto degno del riconoscimento del privilegio in caso di appalto d'opera, a differenza dell'appalto di servizi (cfr. Cass. 26 agosto 2005, n. 17396; Cass. 4 marzo 2015, n. 4383), poiché, pur riscontrandosi il concorso dell'attività lavorativa con la fornitura della materia prima e con la sopportazione delle spese generali connesse all'attività di impresa, non può affermarsi con sicurezza la prevalenza della prima componente rispetto alle altre. Ciò detto, non appare fuori luogo, pur non potendo essere oggetto di specifica trattazione in questa sede, sottolineare che quest'ultimo orientamento meriterebbe forse una più meditata riflessione, in quanto si potrebbero rilevare elementi distonici rispetto alla dichiarata e programmatica irrilevanza (da parte dell'orientamento predominante di cui si è dato atto supra) dell'apporto del capitale in merito alla concessione del privilegio che ci occupa. Peraltro, tale possibile discrasia potrebbe essere superata se si considerasse come l'esclusione del corrispettivo per l'appalto d'opera sia invero da imputare al fatto che il legislatore ha limitato espressamente il riconoscimento del privilegio in parola per i corrispettivi derivanti da servizi o vendita di manufatto, escludendo pertanto l'appalto d'opera.

A questo proposito, si può sin d'ora notare come le pronunce in commento paiono fare propri i principi espressi dal mainstream giurisprudenziale accennato, anche se con alcune puntualizzazioni di cui si darà atto a breve.

Inoltre, i provvedimenti oggetto di commento appaiono di particolare interesse in quanto, oltre al detto tema generale, affrontano (quantomeno il primo decreto) anche alcuni aspetti peculiari di interferenza tra il diritto comune dei privilegi, le ricordate modifiche normative in tema di mutualità prevalente e la legislazione speciale in tema di prova rilevante per il riconoscimento del privilegio.

Come noto, infatti, la novella del diritto societario di cui al D. Lgs. 6/2003 ha introdotto gli artt. 2512-2514 che definiscono e disciplinano il requisito della mutualità prevalente, distinguendo conseguentemente tra società cooperative che, per così dire, realizzano in modo più completo e profondo la finalità mutualistica (cd. cooperative a mutualità prevalente) e tutte le altre (cd. cooperative diverse, nelle quali comunque deve sussistere una mutualità, ancorché attenuata).

Come noto, la mutualità prevalente, ai sensi dell'art. 2512 c.c., è riconosciuta alle cooperative che (i) svolgono prevalentemente la propria attività a favore dei soci, consumatori o utenti di beni e servizi, (ii) si avvalgono prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci nello svolgimento dell'attività, ovvero (iii) si avvalgono prevalentemente degli apporti di beni e servizi dei soci nello svolgimento dell'attività. Prevalenza quest'ultima che deve essere documentata da amministratori e sindaci nella nota integrativa del bilancio, come previsto dall'art. 2513 c.c.

Tuttavia, al fine di ottenere l'iscrizione nell'apposito albo e per poter fregiarsi della definizione di cooperativa a mutualità prevalente, tali requisiti sostanziali non sono sufficienti, dacché vengono richiesti anche vari adeguamenti statutari e, in particolare, alcune rilevanti limitazioni al fine di espungere ogni spurio profilo lucrativo. Come ricordato dall'art. 2514 c.c., la cooperativa, per essere considerata aderente alla mutualità più virtuosa, deve prevedere nel proprio statuto (i) il divieto di distribuire dividendi in misura superiore a determinati parametri (i.e. all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato), (ii) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari sottoscritti dai soci cooperatori oltre un certo limite (due punti oltre al limite previsto per i dividendi), (iii) il divieto di distribuire le riserve tra i soci cooperatori e (iv) l'obbligo di devolvere il patrimonio sociale, dedotto il capitale sociale e i dividendi maturati, ai fondi mutualistici in caso di scioglimento della società.

Peraltro, quale conseguenza della sussistenza della caratteristica della mutualità prevalente, attestata nei bilanci e dalla iscrizione nell'apposito albo, il codice civile, con la previsione di cui all'art. 223-duodecies, disp. att. c.c., prevede solo l'accesso alle agevolazioni fiscali concesse dalla legislazione speciale (sulla cui compatibilità con la normativa europea si potrebbe aprire un interessante dibattito).

Le cooperative diverse, che mantengono comunque dignità costituzionale, risultano essere invero espressione di una mutualità attenuata, ma comunque presente (tanto è vero che, come si vedrà successivamente, la revisione di cui al D. Lgs. 220/2002 è diretta alla verifica della sussistenza della mutualità più o meno accentuata nei confronti di tutte le cooperative), essendo alle medesime concesso di far ricorso al mercato dei capitali di rischio, così come di potersi giovare della trasformazione in società lucrative a fronte dell'impossibilità di accedere a provvidenze agevolative pubbliche.

La giurisprudenza (come anche la dottrina) si è, quindi, interrogata sulla rilevanza (o meno) di tale qualifica anche in relazione alla riconoscibilità del privilegio previsto dall'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c., fornendo tuttavia risposte differenziate, o meglio, antitetiche. A questo proposito, infatti, occorre sottolineare come vi sia un indirizzo che ha ritenuto come la riforma societaria in tema di cooperative a mutualità prevalente abbia rilevanza anche in relazione al riconoscimento del privilegio in parola. A questo proposito, è stato sostenuto che solo le cooperative a mutualità prevalente possono aspirare alla collocazione privilegiata dei propri crediti (cfr. Trib. Napoli 12 aprile 2005, in Giur. comm., 2007, II, 836. Analogamente sembrerebbe Trib. Monza 13 luglio 2005, in Fall., 2006, 445). Vi è stato persino chi ha sottolineato come la novella in tema di cooperative a mutualità prevalente non abbia fatto altro che fare propri i risultati interpretativi precedenti (cfr. Trib. Napoli 12 aprile 2005, cit.).

Tuttavia, a tale orientamento è stato efficacemente obiettato come la limitazione del privilegio mobiliare alle sole cooperative a mutualità prevalente non sarebbe sostenibile anche nel presente quadro normativo per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, il favor fiscale cui è espressamente preordinata la disciplina della mutualità prevalente non può di per sé essere considerato indice di limitazione all'accesso della tutela del credito prevista dal privilegio in questione, che si pone su un piano prettamente civilistico e non già tributario. Anzi, la mancata modifica della previsione di cui all'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c., nonostante la ricordata novella del diritto societaria in tema di cooperativa induce a ritenere che non fosse intenzione del legislatore restringere il riconoscimento del privilegio alle sole società a mutualità prevalente.

Inoltre, viene sottolineata l'irrilevanza (e, comunque, per la disapplicabilità ex art. 5, l. 20 marzo 1865, n. 2248) dell'iscrizione al registro prefettizio previsto dall'art. 13, D.L.C.p.S. 1577/1947, e ora all'albo di cui al D.M. 23 giugno 2004, attuativo della previsione di cui agli artt. 2512 c.c. e 223-sexiesdecies disp. att. c.c.: iscrizione alla quale non è neppure attribuibile natura costitutiva (e che non è mai stata considerata elemento rilevante per l'attribuzione del privilegio, a differenza di quanto avviene per le imprese artigiane, cfr. Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Fall., 1995, 1131; Trib. Trento 7 giugno 2001, in Giur. merito, 2002, 371; Trib. Napoli 2 marzo 1999 in Fall., 1999, 1270; Trib. Milano, 21 maggio 1998, in Fall., 1998, 1093; Trib. Bergamo 23 ottobre 1997, in Fall., 1998, 104) e la cui finalità è limitata alla possibilità di accedere alle disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali, come indicato dall'art. 223-duodecies delle disp. att. c.c.

D'altra parte, non appare neppure possibile argomentare dalle stesse norme una sorta di “immeritevolezza” delle cooperative diverse in merito al privilegio de quo, se solo si consideri che la nozione di cooperativa a mutualità prevalente non si riduce, tra altro, alla sussistenza della prevalenza del lavoro dei soci, ma richiede, altresì, ulteriori requisiti, tra cui rilevanti e specifiche limitazioni statutarie, come indicato poc'anzi.

Pertanto, se da un lato, è assai probabile che una cooperativa a mutualità prevalente possa avere i requisiti per ottenere il riconoscimento del privilegio mobiliare sulla scorta dei principi enucleati dalla giurisprudenza in tema di art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c., dovendo rispettare il principio della prevalenza del costo del lavoro dei soci rispetto alle altre forme di lavoro, non è certo escludibile a priori che tale prevalenza sia riscontrabile anche in una cooperativa a mutualità diversa o che, in ipotesi, non abbia effettuato le richieste modifiche statutarie.

Tali considerazioni, aggiunte alla constatazione che il legislatore non ha modificato il testo dell'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c., dovrebbero condurre a escludere che il privilegio mobiliare, a seguito della riforma del diritto societario, possa o debba essere limitato alle sole cooperative a mutualità prevalente, dovendosi in realtà considerarlo applicabile a tutte le cooperative, a mutualità prevalente o a mutualità diversa, che rispettino i criteri, elaborati dalla giurisprudenza, di effettività e pertinenza del lavoro dei soci lavoratori e di prevalenza dell'attività del lavoro di questi ultimi rispetto agli altri lavoratori.

Il contesto di riferimento è stato ulteriormente complicato da nuovi interventi normativi. Come noto, infatti, l'art. 82, comma 3-bis del D. L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98 ha previsto che “Al fine di garantire i crediti spettanti alle cooperative di lavoro, in relazione alla loro finalità mutualistica, il privilegio di cui all'articolo 2751-bis, numero 5), del codice civile, spettante per corrispettivi dei servizi prestati e dei manufatti prodotti, è riconosciuto qualora le medesime cooperative abbiano superato positivamente o abbiano comunque richiesto la revisione di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220”.

Peraltro, il D. Lgs. 220/2002 ha sostituito la precedente normativa di cui al D.L.C.d.S. 1577/1947 in tema di vigilanza e controlli su tutte le cooperative, vuoi a mutualità prevalente, vuoi a mutualità diversa, come risulta dall'art. 1 del detto D. Lgs. 220/2002. Come si vedrà a breve, tale constatazione costituisce l'argomento sulla cui base il primo provvedimento in esame esclude che il privilegio possa essere riconosciuto solo alle cooperative a mutualità prevalente.

Inoltre, la previsione dell'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013 ha, altresì, imposto di verificare quale sia il valore attribuibile agli accertamenti eseguiti in sede amministrativa sulle cooperative secondo la normativa speciale nell'ambito del giudizio civile.

Secondo un primo orientamento, il positivo superamento della revisione costituirebbe, ai sensi dell'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013, una presunzione assoluta in merito alla sussistenza del requisito della mutualità prevalente e renderebbe conseguentemente pleonastico l'accertamento della natura mutualistica della cooperativa o della prevalenza del lavoro dei soci (in questo senso Trib. Modena 14 luglio 2015 in questo portale).

Secondo un'altra visione, invece, fatta propria dal primo provvedimento in esame, il verbale di revisione al limite potrebbe costituire una mera presunzione semplice, concretante una inversione dell'onere probatorio, tenuto conto del fatto che, comunque, il giudice civile ai sensi del disposto dell'art. 5, l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, potrebbe sempre disapplicare il provvedimento amministrativo.

I casi e la soluzione offerta dai provvedimenti in commento. Osservazioni

Così ricostruito il contesto di riferimento, appare opportuno verificare il percorso motivazionale e argomentativo dei due provvedimenti in commento.

Il primo provvedimento dimostra di seguire l'orientamento maggioritario di cui si è dato atto precedentemente, per cui, nel valutare la riconoscibilità del privilegio in parola, occorre accertare:

  • da un punto di vista oggettivo, che il credito sia pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e che l'attività svolta da cui scaturisce il credito sia tra quelle previste dall'oggetto sociale e correlato alla specifica funzione mutualistica dell'ente;
  • da un punto di vista soggettivo, che il lavoro dei soci sia preminente rispetto al lavoro dei soggetti non soci.

Secondo il decreto in esame, il primo aspetto sarebbe stato provato verificando la consonanza tra le prestazioni indicate nelle fatture emesse (servizi di pasti mensa) e l'oggetto sociale della cooperativa, oltre che dal verbale di revisione ex D. Lgs. 220/2002.

La valutazione del secondo aspetto invece viene basata, per un verso, sulla presenza del detto verbale (che fornisce l'occasione per una disamina della valenza del medesimo nell'ambito dell'accertamento civilistico e della rilevanza della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente) e, per un altro verso, sulla scorta della prevalenza del numero (e non già del costo delle retribuzioni) dei soci lavoratori rispetto ai soci non lavoratori, sottolineandosi purtuttavia come il requisito della mutualità non fosse stato posto in dubbio nel corso del procedimento (peraltro a fronte della mancanza di attività difensiva da parte del Commissario Liquidatore, come pare emergere dal provvedimento).

In sostanza, il Tribunale di Milano non si discosta formalmente dai principi espressi dall'indirizzo maggioritario della Corte di Cassazione. Vi è comunque da rilevare che l'accertamento del requisito oggettivo della pertinenzialità delle prestazioni appare essere stato basato solo sulla consonanza nominale delle indicazioni delle prestazioni di cui alle fatture e delle previsioni dell'oggetto sociale. Inoltre, a tal proposito, il provvedimento non risulta affrontare la problematica della qualificazione della fornitura di pasti quale appalto d'opera o contratto di servizi o somministrazione o come contratto misto (catering) (cfr. in un caso simile A. Bologna 27 luglio 2000, in Giur. comm., 2001, II, 581), ragione per cui non è dato comprendere quale posizione avrebbe assunto in merito all'indirizzo, peraltro problematico, di cui si è dato atto nel precedente paragrafo, che esclude il privilegio cooperativo in presenza di crediti derivanti da appalti d'opera, sulla scorta dell'assunzione che in tale figura contrattuale, a differenza di altre, l'attività lavorativa sarebbe comunque inferiore al capitale impiegato (cfr. Cass. 4 marzo 2015, n. 4383; Cass. 14 gennaio 1995, n. 430, in Giust. civ., 1995, I, 77; Cass. 21 ottobre 1980, n. 5640, in Giur. comm., 1982, II, 141. Nel merito A. Bologna 30 marzo 1982, in Giur. it., 1983, I, 2, 278. Contra Trib. Genova 14 maggio 1992, in Giur. comm., 1993, II, 284, che sostiene l'irrilevanza nell'appalto del fatto che concorrano elementi produttivi diversi dal lavoro dei soci).

Per altro verso, l'accertamento finale del requisito soggettivo della prevalenza, peraltro ad abundantiam, è stato basato solo sul riscontro della prevalenza numerica dei soci rispetto agli altri lavoratori. Accertamento che quindi non appare perfettamente in linea con il principio per cui occorrerebbe invero comparare il costo del lavoro associato ai soci e quello degli altri lavoratori non soci (e non solo i numeri dei lavoratori, potendosi dare costi di lavoro diversificati).

Tali risultati sono stati probabilmente influenzati dall'esistenza, nel caso di specie, del verbale di revisione della cooperativa ex D. Lgs. 220/2002, che invertendo quantomeno l'onere probatorio quale presunzione semplice ai sensi dell'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013, secondo la tesi fatta propria dallo stesso Tribunale, rendeva meno pressante le dette verifiche, a fronte, altresì, della mancata esplicazione di attività difensiva da parte del Commissario Liquidatore.

Infatti, per giungere al giudizio positivo in merito all'attribuibilità del privilegio, per quanto più interessa, il Tribunale ha dovuto esaminare vuoi l'argomentazione della ricorrente basata sulle previsioni di cui all'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013, per cui il privilegio de quo deve essere riconosciuto alle cooperative che abbiano superato positivamente o abbiano chiesto la revisione di cui al D. Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, vuoi la questione della rilevanza della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente ai fini del riconoscimento del privilegio.

Prendendo le mosse da tale ultimo argomento, il Tribunale ricostruisce i termini del dibattito sorto in materia a seguito della riforma del diritto societario e dell'introduzione della nozione di mutualità prevalente e, a tal proposito, afferma che la prova della mutualità prevalente non avrebbe rilevanza alcuna in tema di accertamento del privilegio, con un particolare percorso argomentativo che aggiunge un ulteriore elemento a conforto della tesi che la tutela ex art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c. può essere ancora riconosciuta anche alle cooperative diverse.

Il provvedimento ha, infatti, il pregio di sottolineare come il riferimento dell'art. 82, comma 3-bis, L. 69/2013 debba essere riferito alla revisione cooperativa biennale di cui agli artt. 2-7 del D. Lgs. 220/2002, la quale si applica ai sensi dell'art. 1 del predetto atto normativo a tutte le cooperative e non solo quelle a mutualità prevalente, essendo espressamente diretta ad accertare la sussistenza dei requisiti di mera mutualità.

Peraltro, nella pronuncia in esame viene altresì correttamente sottolineato che, al fine di riconoscere il privilegio de quo, la normativa speciale di cui all'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013 richiede il superamento della revisione (o, financo, la mera richiesta di revisione), senza necessità di riscontro della prevalenza della mutualità.

Il Tribunale dimostra, quindi, di non condividere l'orientamento di certa giurisprudenza di merito (segnatamente Trib. Modena 14 luglio 2015 cit.) per cui il superamento della revisione configurerebbe una presunzione assoluta circa la sussistenza della mutualità prevalente al fine di ottenere il riconoscimento del privilegio, ritenendo che la disposizione in parola avrebbe al limite configurato una presunzione relativa, vincibile con prova contraria.

Il Giudice ambrosiano argomenta la non pertinenza del richiamo alla mutualità prevalente a fronte del novero dei soggetti cui si rivolge la revisione (che comprende anche le società cooperative a mutualità non prevalente, come testé considerato) e il mancato richiamo di tale requisito da parte dell'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013.

Il Giudice ambrosiano prosegue la propria disamina sottolineando come non sia sostenibile che il legislatore abbia voluto prevedere una presunzione assoluta, risultando invero più aderente alla lettera della legge e al sistema che la previsione de qua abbia inteso creare una presunzione legale ma relativa, vincibile con prova contraria, della sussistenza della mutualità, ancorché non prevalente, ma sufficiente a fondare il riconoscimento del privilegio.

Le considerazioni del Tribunale si basano su almeno tre argomenti. Da un punto di vista formale la previsione di cui all'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013 non esclude espressamente la prova contraria.

In ogni caso, la previsione di una presunzione assoluta, eventualmente ipotizzabile in capo tributario, ove il rapporto è limitato all'erario e al contribuente, non appare compatibile con il sistema civilistico delle garanzie patrimoniali, che, soprattutto in tema concorsuale, involge una pluralità di soggetti e richiede l'accertamento dei presupposti di fatto per l'applicazione della norma. Inoltre, non appare ragionevole che una verifica amministrativa possa elidere ogni possibilità di contraddittorio in sede civile.

Infine, considerato che la norma de qua, se concepita come presunzione assoluta, imporrebbe di riconoscere il privilegio non solo alle cooperative che abbiamo superato la revisione, con certificazione della sussistenza dei requisiti di mutualità in sede amministrativa, ma anche a quelle che si siano limitate a richiedere la revisione, e quindi senza neppure un'attività di controllo.

Così ricostruita la motivazione del provvedimento, al di là di ogni valutazione del percorso interpretativo utilizzato e della condivisibilità o meno della soluzione raggiunta, occorre sottolineare comunque lo sforzo argomentativo del Giudice ambrosiano, quando invece il Tribunale di Modena (con il provvedimento reso il 14 luglio 2015, n. 1307, disponibile in questo portale 2015, 9 settembre) e quello di Reggio Emilia (Trib. Reggio Emilia 16 febbraio 2016, in Red. Giuffré, 2016) hanno stabilito che la previsione di cui all'art. art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013 debba essere considerata una presunzione assoluta, senza tuttavia fornire alcuna spiegazione in merito alla propria scelta ermeneutica.

Certo è che il legislatore, nel redigere la norma speciale di cui all'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013, con ogni evidenza, non ha avuto cura di precisare se la medesima dovesse essere intesa come presunzione assoluta o relativa. Purtuttavia, è un fatto che la previsione non escluda la prova contraria.

Ciò premesso, occorre rilevare che la soluzione cui è giunto il Tribunale di Milano appare invero condivisibile sotto vari profili in quanto, pur valorizzando l'esistente previsione, attribuendo a quest'ultima il valore di presunzione legale relativa, non giunge all'esito estremo di escludere ogni vaglio in sede giudiziale e pare disinnescare in tal modo alcune questioni di legittimità costituzionale, che diversamente parrebbero profilarsi.

Infatti, non vi è chi non veda come cozzerebbe ineluttabilmente contro ogni principio di giustizia, razionalità e uguaglianza una previsione che attribuisse juris et de jure (invero alquanto arbitrariamente) un privilegio a un creditore sulla base della mera richiesta, dal medesimo effettuata, in sede amministrativa di revisione della propria attività da parte dell'autorità di vigilanza, senza alcuna riscontro in merito agli esiti di tale verifica e senza possibilità di una verifica ex post dei risultati di tale richiesta (che in ipotesi potrebbero financo essere negativi). Per altro verso, rimarrebbe comunque da valutare la costituzionalità di una norma che escludesse la cognizione del giudice civile in tema di diritti soggettivi a fronte di mere verifiche amministrative, che diverrebbero quindi intangibili e assolute, qualora la previsione in discussione potesse essere considerata quale presunzione assoluta.

Per altro verso ancora, l'interpretazione fornita dal provvedimento in commento, oltre a essere conforme a principi di razionalità e uguaglianza, appare altresì più coerente con il carattere eccezionale attribuibile alle presunzioni legali. A tal proposito, si può ricordare che queste ultime si pongono comunque come norme derogatorie rispetto alla regola generale di giudizio e, dunque, quanto più se ne allontanano, tanto più la deroga deve risultare espressa. Pertanto, nel silenzio della legge (come nel caso di specie) la presunzione dovrebbe essere ritenuta non già assoluta, ma relativa, riducendosi in tal modo la portata derogatoria al principio base.

Se ciò non fosse sufficiente, si deve, altresì, sottolineare che le presunzioni assolute dovrebbero ipostatizzare, in forme giuridiche positive, determinate regole di esperienza ovvero modellare la disciplina di un rapporto, riformulando la configurazione sostanziale della fattispecie giuridica (cfr. Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, 650). In particolare, le presunzioni assolute dovrebbero dichiarare nullo un atto o escludere l'azione in giudizio.

Nessuna di tali ipotesi pare ravvisabile nella norma in parola e, là ove lo fossero, si aprirebbe il tema della costituzionalità della norma in parola.

Pertanto, il provvedimento in parola, ritenendo che la previsione di cui all'art. 82, comma 3-bis, D.L. 69/2013, configuri una presunzione legale relativa, per un verso ha comunque valorizzato il favor legislativo al riconoscimento del privilegio alle cooperative che abbiano comunque superato o chiesto la revisione, onerando la controparte della prova della mancanza dei requisiti per l'ottenimento della tutela, e così disinnescando, per altro verso, i profili di criticità della normativa.

Per quanto concerne il secondo provvedimento in commento, in generale si può rilevare che anch'esso pare inserirsi nell'alveo dell'orientamento predominante di cui si è dato atto.

Il Tribunale, innanzi tutto, esclude la necessità di qualsivoglia indagine circa l'entità del credito ovvero del presupposto soggettivo per il riconoscimento del privilegio, considerando entrambi incontestati.

L'attenzione viene, quindi, incentrata sulla ricorrenza del requisito oggettivo relativo alla prestazione resa dalla cooperativa e il Giudice ambrosiano dimostra di avere ben presenti i precedenti della Corte di Cassazione per cui al credito vantato può essere riconosciuto il privilegio cooperativo solo là ove il medesimo abbia attinenza con l'attività nella quale si esplica la funzione cooperativa tutelata dal legislatore, ossia rientri nell'ambito dell'oggetto sociale perseguito. Al contempo, il Tribunale ricorda che la tutela non può essere riconosciuta a tutti i crediti della cooperativa che rientrino nell'oggetto sociale e nella funzione cooperativa, ma solo a quelli che comunque abbiano comportato un'attività lavorativa dei soci, valorizzando la limitazione del privilegio ai corrispettivi derivanti dalla vendita dei manufatti e alla prestazione di servizi della cooperativa.

E proprio in esito all'applicazione dei principi e alla constatazione che l'istante non ha fornito mezzi di prova, il provvedimento conferma il rigetto della domanda tesa a ottenere il riconoscimento del privilegio richiesto a fronte della considerazione che il corrispettivo per l'attività posta in essere, ossia canone fisso per localizzazione satellitare, senza esplicazione o indicazione dell'attività lavorativa correlata e senza prova in merito, pur rientrando nell'ambito dello scopo perseguito dalla cooperativa, non poteva essere considerato derivante dal lavoro dei soci, riducendosi in sostanza, alla mera messa a disposizione del cliente di prodotti, alla stregua di un noleggio, come peraltro già sancito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Fall., 1995, 1131 e Giust. civ. Mass., 1995, 700).

Si tratta, quindi, di una decisione che pare aver fatto buon governo della normativa e dei principi elaborati dalla giurisprudenza maggioritaria.

Infatti, la mera messa a disposizione di beni non pare rientrare nella vendita di manufatti o nella prestazione di servizi previsti dalla norma.

Nel percorso argomentativo, tuttavia, vi è un riferimento, ad abundantiam, all'indirizzo giurisprudenziale per cui il privilegio sarebbe da escludere anche in caso di corrispettivo derivante da prestazioni di appalto d'opera, al fine di supportare la decisione di non riconoscere alla prestazione di “localizzazione satellitare” il privilegio richiesto.

Come sopra visto, la questione è delicata in quanto potrebbe avere riflessi in relazione all'indirizzo giurisprudenziale per il quale al fine del riconoscimento del privilegio in parola non avrebbe rilevanza la considerazione degli altri fattori produttivi, ma solo la prevalenza del lavoro dei soci rispetto agli altri lavoratori. Tuttavia, a ben vedere, l'esclusione dei corrispettivi dell'appalto d'opera può essere ricollegata all'espressa menzione dei corrispettivi degli appalti di servizi e della vendita di manufatti da parte dell'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c.

Guida all'approfondimento

Estremi giurisprudenza conforme e difforme

In senso conforme

Al primo provvedimento, sulla parte generale

Cass. 2 novembre 2016, n. 22147; Cass. 30 maggio 2014, n. 12136, Cass. 7 aprile 1997, n. 2984, in Giur. comm. 1998, II, 686 (nota di: Genco); Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Fall., 1995, 1131 e Giust. civ. Mass., 1995, 700

Al secondo provvedimento

Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Fall., 1995, 1131 e Giust. civ. Mass., 1995, 700

In senso difforme

Al primo provvedimento

Trib. Modena, 14 luglio 2015, n. 1307, in questo portale 2015, 9 settembre

Trib. Reggio Emilia 16 febbraio 2016

Trib. Napoli 12 aprile 2005, in Giur. comm., 2007, II, 836

Trib. Monza 13 luglio 2005, in Fall., 2006, 445

Al secondo provvedimento

Trib. Genova 14 maggio 1992, in Giur. comm., 1993, II, 284

Sui requisiti per il riconoscimento del privilegio cooperativo: Cass. 2 novembre 2016, n. 22147, in Giust. civ. Mass., 2017; Cass. 30 maggio 2014, n. 12136, in De Jure; Cass. 7 aprile 1997, n. 2984, in Giur. comm. 1998, II, 686 (nota di: Genco); Cass. 27 marzo 1995, n. 3592, in Fall., 1995, 1131 e Giust. civ. Mass., 1995, 700.

Nella giurisprudenza di merito Trib. Modena 11 maggio 2005, in Giur. comm., 2007, II, 721 (nota di: Pederzini); Trib. Savona 29 giugno 2005, in Giur. comm., 2007, II, 30 (nota di: Dal Soglio); Trib. Napoli 2 marzo 1999, in Fall., 1999, 1270 (nota di: Capocchi). Trib. Padova 22 maggio 2001, in Giur. merito, 2001, 977; Trib. Bologna 27 luglio 2000, in Giur. comm., 2001, II, 581.

Sull'esclusione del privilegio mobiliare cooperativo per il credito per compenso di appalto d'opera: Cass. 4 marzo 2015, n. 4383, in Giust. civ. Mass., 2015 e Guida al Diritto, 2015, 61; Cass. 23 settembre 2010 n. 20116, in Giust. civ. Mass., 2010, 1251; Cass. 26 agosto 2005, in Fall., 2006, 936 (nota di: Signorelli). Nella giurisprudenza di merito: Trib. Cremona, 13 giugno 2007, in Fall. 2007, 1377; Trib. Bologna 30 ottobre 2017, in Red. Giuffré, 2017; Trib. Venezia 17 maggio 2016, in questo portale, 2016, 30 agosto.

Sull'esclusione del privilegio mobiliare cooperativo in caso di consorzi: Cass. 30 novembre 2017, n. 28830, in Giust. civ. Mass., 2018; Cass. 14 giugno 1999, n. 5855, in Giust. civ. Mass., 1999, 1362; Cass. 12 maggio 1997, n. 4108, in Giust. civ., 1997, I, 2773; Trib. Milano 18 maggio 2007, in Guida al diritto, 2007, 25, 50; Trib. Bologna 17 giugno 1996, in Giur. it., 1997, I, 2, 314 (nota di: Ruffini).

Sulla riconoscibilità del privilegio mobiliare cooperativo alle sole cooperative a mutualità prevalente: Trib. Napoli 12 aprile 2005, in Giur. comm., 2007, II, 836 (nota di: De Cicco); Trib. Monza 13 luglio 2005, in Fall. 2005, 1322 e in Fall., 2006, 445 (osservazioni di: Aprile).

Sull'irrilevanza della sola iscrizione all'albo delle cooperative, Trib. Trento 7 giugno 2001, in Giur. merito, 2002, 371.

Sulla rilevanza di ulteriori parametri quali la prevalenza del lavoro rispetto al capitale investito o ad altri fattori della produzione per il riconoscimento del privilegio mobiliare cooperativo: App. Milano 12 giugno 2008, in Giustizia a Milano, 2008, 43; Trib. Vicenza 15 marzo 2006, in Giur. merito, 2008, 1, II, 173; Trib. Monza 13 luglio 2005 in Fall., 2006, 445 (osservazione: Aprile); Trib. Padova 22 maggio 2005, in Giur. merito, 2001, 977; Trib. Trento 7 giugno 2001, in Giur. merito, 2002, 371; Trib. Parma 24 dicembre 1998, in Giur. comm., 2001, II, 581 (nota di: Iocca).

Sul valore di presunzione legale assoluta della revisione ex art. 82, comma 3-bis, L. 98/2013 Trib. Modena 14 luglio 2015, n. 1307, in questo portale, 9 settembre; Trib. Reggio Emilia 16 febbraio 2016, in Red. Giuffré, 2016.

Sull'ammissibilità dell'interpretazione estensiva in tema di privilegi: Cass. 26 agosto 2005, n. 17396, in Giust. civ. Mass., 2005, 6 e in Fall., 2006, 936 (nota di: Signorelli),

Sui privilegi in generale e sulla loro natura eccezionale: Cass. 26 agosto 2005, n. 17396, in Giust. civ. Mass., 2005, 6 e in Fall. 2006, 936 (nota di: Signorelli); Cass. S.U. 6 maggio 1993, n. 5246, in Giust. civ. 1993, I, 1436; Cass. 14 aprile 1992, n. 4549, in Giust. civ. Mass., 1992, fasc. 4; Cass. 27 febbraio 1990, n. 1510, in Riv. dir. comm., 1993, II, 33 (nota di: Miglietta); Cass. 21 ottobre 1980, n. 5640, in Giur. comm., 1982, II, 141. In dottrina Ferro, Le insinuazioni al passivo. Trattato teorico-pratico dei crediti e dei privilegi nelle procedure concorsuali, Padova, 2005; Patti, I privilegi, in Cicu, Messineo e Mengoni (diretto da), Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Milano, 2003; Napoleoni, Questioni controverse in tema di privilegi generali ex art. 2751-bis, in Giur. comm., 1996, I, 34; Tucci, I privilegi, in Trattato Rescigno, Tutela dei diritti, Torino, 1985.

Sulla infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, comma 1, n. 5), c.c. relativamente all'esclusione dei crediti di appalto d'opera: Cass. 4 marzo 2015, in Giust. civ. Mass., 2015.

Sulle presunzioni: Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, 650; Taruffo, Presunzioni: I - Diritto processuale civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991; Napoleoni, Questioni controverse in tema di privilegi generali ex art. 2751-bis, in Giur. comm., 1996, I, 34.

Sulla riforma delle cooperative: Bonfante, La riforma della cooperazione. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003;Bassi, Principi generali della riforma delle società cooperative, Milano, 2004.

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