L'obbligo dell'imprenditore di tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori
09 Luglio 2018
Il caso. Una lavoratrice aveva convenuto in giudizio il datore di lavoro lamentando di aver subìto una serie di infortuni sul lavoro durante il compimento di attività per le quali era stata esonerata (nella specie, movimentazione di carichi di circa 30/40 kg, incompatibile con il proprio stato di salute) chiedendo che l'azienda fosse condannata al risarcimento dei danni biologici e morali per aver violato gli artt. 2087 e 2043 c.c. Il Tribunale di Bologna aveva accordato il risarcimento dei danni biologici e morali, mentre la Corte territoriale aveva poi parzialmente riformato la sentenza di primo grado respingendo la domanda relativa al danno morale.
L'imprenditore ha l'obbligo di adottare misure specifiche per la protezione dei lavoratori. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso promosso dall'azienda, affermandone la piena responsabilità per i danni occorsi alla lavoratrice ai sensi dell'art. 2087 c.c. La Corte di cassazione nell'affrontare la questione procede a una ricostruzione generale dei principi e delle norme, anche di rango costituzionale, volte a proteggere la salute e l'integrità psicofisica dei lavoratori. Sul punto, la Corte costituzionale ha affermato che l'ideale produttivistico non è più l'unico criterio cui improntare l'agire imprenditoriale che, sebbene sia protetto dall'art. 41 Cost., è subordinato all'utilità sociale, da non intendersi solo come benessere economico e materiale per la collettività ma anche come realizzazione di un pieno e libero sviluppo della persona e dei valori della sicurezza, della libertà e della dignità, protetti sia dall'art. 32 Cost. sia dalle specifiche disposizioni antinfortunistiche. Per tale ragione, l'art. 2087 c.c. prevede un obbligo per il datore di lavoro che non si esaurisce nell'adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di tipo igienico-sanitario o infortunistico ma attiene anche e soprattutto alla predisposizione di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori da ogni evento lesivo.
L'art. 2087 c.c. quale norma di chiusura del sistema infortunistico. La Corte di cassazione ricorda che la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore discende da norme specifiche o, nell'ipotesi in cui esse non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'art. 2087 c.c. che costituisce disposizione di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione e che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che, avuto riguardo alla particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, siano necessarie a tutelare l'integrità psicofisica dei lavoratori. La Suprema Corte rammenta come l'onere della prova grava interamente sul datore di lavoro, che è tenuto a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno subito dal lavoratore (la cd. “prova liberatoria”), attraverso l'adozione di cautele previste in via generale e specifica dalle norme antinfortunistiche. |