Il bilanciamento fra la tutela del familiare disabile del lavoratore e le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro

Sabrina Apa
11 Luglio 2018

L'art. 33, comma 5, l. n. 104 del 1992, deve essere interpretato nel senso che il diritto del familiare lavoratore dell'handicappato di scegliere la sede più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, non è assoluto o illimitato...

L'art. 33, comma 5, l. 5 febbraio 1992, n. 104, deve essere interpretato nel senso che il diritto del familiare lavoratore dell'handicappato di scegliere la sede più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, non è assoluto o illimitato, ma presuppone, oltre gli altri requisiti esplicitamente previsti dalla legge, altresì la compatibilità con l'interesse dell'impresa, posto che secondo il legislatore - come è dimostrato anche dalla presenza dell'inciso "ove possibile" - il diritto alla effettiva tutela della persona disabile non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere in misura consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro.

Ciò posto, va rimarcato che incombe sul datore di lavoro l'onere di dimostrare in modo specifico e puntuale quali siano le concrete ragioni che rendano impossibile l'assegnazione ad una sede più vicina.

In definitiva, deve ritenersi che l'efficacia della tutela della persona con disabilità – tutela di cui un tassello fondamentale è costituito dalla famiglia – si realizza anche mediante la regolamentazione del contratto di lavoro in cui è parte il familiare della persona tutelata, in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore è in funzione del diritto del congiunto con disabilità alle immutate condizioni di assistenza.

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