Cauzione in generale
11 Luglio 2018
Inquadramento
La cauzione, nel processo civile, consiste nella dazione o deposito di una quantità di cose mobili fungibili od infungibili, a scopo di garanzia. Nella vigente legislazione non è rinvenibile una disciplina generale della cauzione, istituto, peraltro, richiamato dal legislatore in numerose norme di diritto sostanziale e processuale, e largamente utilizzato nella pratica negoziale. Tralasciando l'analisi della cauzione negoziale e delle numerose previsioni normative che, nel codice civile, la contemplano (a titolo esemplificativo, artt. 50, 381, 492, 1002-1005, 1171-1172 c.c.), si esamineranno di seguito i caratteri e la funzione della cauzione nell'ambito del processo civile. Sul piano processuale, la cauzione deve essere inserita nell'ampio novero degli istituti cautelari, potendo definirsi come cautela imposta ai fini dell'ottenimento di un provvedimento che possiede sovente anch'esso natura cautelare, o che presenta comunque un coefficiente di pericolo eventuale derivante dalla sua esecuzione. La cauzione ha pertanto un precipuo carattere strumentale ed è disposta dal giudice in presenza di un, sia pure generico, periculum in mora, quale effettiva controcautela, ossia «onere processuale volto a conseguire ulteriori risultati di ordine processuale» (De Petris).
Originariamente la fattispecie più rilevante di cauzione processuale era rappresentata dalla “cautio pro expensis” di cui all'art. 98 c.p.c., la cui prestazione poteva essere imposta dal giudice istruttore, sotto pena, in mancanza, di estinzione del processo, a favore del convenuto e nei confronti dell'attore ai fini della garanzia di rimborso delle eventuali spese processuali, quando vi fosse fondato timore che la condanna potesse restare ineseguita. La norma è stata, però, dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., con sentenza della Corte costituzionale n. 67 del 29 novembre 1960. Attualmente, quindi, il codice di procedura civile fa riferimento all'istituto della cauzione in una sola norma di carattere generale, l'art. 119, a mente del quale «Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire». La norma è integrata dall'art. 86 disp. att. c.p.c., secondo il quale «Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma dell'art. 119 del codice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari. Il documento contenente la prova del versamento è inserito nel fascicolo d'ufficio», e dall'art. 155 disp. att. c.p.c., che attribuisce al cancelliere la competenza afferente il rilascio del relativo certificato qualora l'efficacia del titolo esecutivo sia subordinata a cauzione (art. 478 c.p.c.). Dal contenuto dell'art. 119 c.p.c., inserito nel Capo del codice dedicato ai “Poteri del giudice”, si desume la rilevanza dell'elemento discrezionale nel provvedimento impositivo del giudice, che conserva ampia libertà nel determinare, a seconda della fattispecie concreta, l'oggetto, il modo ed il termine di prestazione. Il relativo provvedimento giudiziale, nonché quello di svincolo, ha forma di ordinanza revocabile e reclamabile (il relativo provvedimento non ha comunque natura decisoria e non è conseguentemente impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.: Cass. civ., 4 settembre 1986, n. 5406). L'ordinanza giudiziale dovrà in primo luogo determinare l'oggetto della cauzione, che potrà essere rappresentato da denaro liquido, ma anche da titoli rappresentativi di merci, titoli al portatore, azioni e/o obbligazioni di società di capitali, vincolati a garanzia. Il vincolo cauzionale potrà, altresì, consistere nella costituzione, su beni della parte istante o di un terzo, di vincoli ipotecari o pignoratizi, nonché nell'assunzione da parte di terzi di obblighi fideiussori, particolarmente sub specie di polizza fideiussoria e/o negozio autonomo di garanzia, contratti con compagnie assicuratrici o istituti di credito. Si è, ad es., ritenuto che la cauzione offerta dalla parte che ha chiesto la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto può anche essere prestata, se il giudice lo dispone, mediante garanzia fideiussoria di un terzo, proprio perché, fuori dei casi in cui non sia diversamente disposto dalla legge, è sempre il giudice a determinare le concrete modalità dell'oggetto e del tempo della cauzione, che non deve, quindi, necessariamente consistere nel deposito di una somma di denaro (Cass. civ., 2 dicembre 1992, n. 12861). Le modalità di prestazione possono anche prevedere la forma alternativa, a scelta del cauzionante o del cauzionato. La parte onerata dal versamento di una cauzione, ove ritenga – anche giuridicamente – impossibile prestare la cauzione nelle modalità fissate dal giudice, ha l'onere di chiedere al giudice medesimo di modificarle, mentre non le è consentito scegliere autonomamente di prestare la cauzione con modalità diverse da quelle stabilite dal giudice (Cass. civ., 23 febbraio 2009, n. 4334). Il termine di prestazione è, quasi unanimemente, ritenuto di tipo ordinatorio e non perentorio, suscettibile quindi di proroga ad istanza di parte, da depositarsi prima dello spirare del termine inizialmente concesso, ai sensi dell'art. 154 c.p.c.. Una volta depositate, le cose concesse in cauzione non potranno essere svincolate senza previo ordine del giudice, ben potendo tuttavia essere oggetto di successivo pignoramento o sequestro. Il vincolo cauzionale, infine, non attribuisce in fase esecutiva alla parte garantita alcuna causa legittima di prelazione. In merito al disposto dell'art. 86 disp. att. c.p.c., va segnalata l'importanza pratica dell'onere di inserimento, nel fascicolo d'ufficio, del documento comprovante l'avvenuto versamento. Laddove non si tratti di versamento ma di costituzione di garanzia reale o personale, dovrà essere prodotta agli atti copia del documento negoziale da cui la garanzia stessa scaturisce (atto di fideiussione, nota di iscrizione ipotecaria, etc.). L'omissione dell'adempimento qui richiamato non determina comunque nullità, ma mera irregolarità quando la prestazione sia, di fatto, avvenuta (App. Genova, 25 marzo 2002). La documentazione del vincolo cauzionale sarà altresì essenziale nella valutazione della possibilità di compiere atti esecutivi, nell'ipotesi appunto di titoli condizionati, da parte dell'ufficiale giudiziario, il quale potrà rilevare ictu oculi l'inefficacia del titolo in assenza di cauzione documentata. La cauzione nel codice di rito civile
Piuttosto numerose sono le norme che fanno riferimento, nel tessuto del codice di rito, alla facoltà del giudice di imporre cauzione a garanzia del periculum eventuale insito, volta per volta, negli atti del processo esecutivo, nelle tutele sommarie ed in quelle cautelari.
In sintesi, nell'esecuzione forzata vanno segnalati:
nelle tutele sommarie assumono rilevanza:
in materia cautelare in senso stretto, rilevanti sono:
La cauzione nei procedimenti cautelari
L'ambito cautelare offre per sua stessa natura le applicazioni più rilevanti dell'istituto in esame, ed il referente normativo che, a seguito dell'introduzione nel sistema del rito cautelare uniforme, estende tale operatività a tutti i provvedimenti cautelari, si rinviene nell'art. 669-undecies c.p.c.. Trattasi di una “controcautela”, diretta ad evitare che la decisione cautelare pregiudichi irreversibilmente gli interessi del resistente contro cui viene emesso il comando; all'evidenza, essa serve ad assicurare il risarcimento dei danni che potranno essere causati alla controparte dalla eccessiva celerità del provvedimento cautelare, contemperando in tal modo le discordanti esigenze delle parti in causa. In sostanza, la cauzione è imposta a garanzia della eventuale responsabilità risarcitoria processuale aggravata ex art. 96 comma 2 c.p.c., o, comunque, a garanzia di ogni possibile risarcimento, compresa senz'altro la refusione delle spese di lite. La disposizione non precisa che forma debba avere tale provvedimento, ma, in linea generale, è presumibile che esso assuma quella dell'ordinanza. Nella prassi la cauzione non viene disposta con provvedimento autonomo, essendo configurata tale pronuncia sempre come accessoria al provvedimento di accoglimento del ricorso cautelare (decreto inaudita altera parte, ordinanza a seguito di udienza di comparizione delle parti, ordinanza di conferma ex art. 669-sexiesc.p.c., ordinanza di modifica ex art. 669-deciesc.p.c., ordinanza emessa a seguito dello svolgimento di fase di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.). La cauzione deve essere, inoltre, svincolata dallo stesso giudice che ha emanato il provvedimento (Cass. civ., 13 agosto 1980, n. 4937). Con il reclamo cautelare può essere proposta impugnazione circa la mancata imposizione della cauzione richiesta, e l'eventuale sospensione dell'efficacia del provvedimento cautelare in fase di reclamo può, a sua volta, essere condizionata dal collegio alla prestazione della cauzione (art. 669-terdecies c.p.c.). La mancata prestazione della cauzione determina inefficacia della misura cautelare, ai sensi dell'art. 669-novies comma 3 c.p.c., distinguendosi in tal caso l'inefficacia originaria del provvedimento cautelare emesso ab origine unitamente all'ordine cauzionale (ed avente efficacia condizionalmente sospesa), dall'inefficacia sopravvenuta rispetto ad un provvedimento cautelare emesso inizialmente senza cauzione, cauzione poi in ipotesi ordinata, e non prestata nel quantum e/o nel termine prescritti: nel primo caso, l'inefficacia opera ipso iure, nel secondo invece si ritiene necessario che l'inefficacia sopravvenuta sia dichiarata con l'instaurazione del procedimento ex art. 669-novies,comma 2, c.p.c.. Trattandosi di istituto dall'indubbia natura cautelare, debbono ritenersi applicabili alla cauzione, in quanto compatibili, tutte le altre norme sul procedimento cautelare uniforme, con esclusione, tuttavia, del procedimento di attuazione ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c., non potendosi dare attuazione coattiva alla cauzione, il cui difetto dà luogo, per legge, a mera inefficacia del provvedimento emesso. All'interno del capo dei procedimenti cautelari, l'art. 684 disciplina, infine, un'ipotesi tipica di applicazione dell'istituto della cauzione al caso di revoca del sequestro conservativo, prevedendo che «Il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate». Si discute se la revoca consista in un ritiro, con effetto ex nunc, del provvedimento autorizzativo o, piuttosto, in una mera conversione del suo oggetto, diretta a consentire al debitore di ottenere la disponibilità dei beni. Da un lato, infatti, la ratio della norma deve essere ricercata nel consentire al debitore lo svincolo del proprio bene dal sequestro, prestando appunto le opportune garanzie; dall'altro, considerare la cauzione prestata come oggetto del perdurante sequestro permette il rispetto del principio della par condicio creditorum di cui all'art. 2741 c.c., consentendo, in seguito alla conversione del sequestro conservativo in pignoramento ai sensi dell'art. 686 c.p.c., il concorso degli altri eventuali creditori nell'esecuzione forzata (la prestazione della cauzione si trasformerebbe altrimenti, come afferma Satta, in una specie di privilegio per il sequestrante). La giurisprudenza (App. Lecce, 12 gennaio 1995, in Dir. maritt., 1996, 175) è orientata per la seconda tesi, essendosi affermato che l'art. 684 c.p.c., al di là della rubrica “revoca del sequestro”, integra una sorta di conversione del sequestro in un deposito cauzionale, che, non implicando il riconoscimento della legittimità del sequestro e concretandosi soltanto nell'adozione di una misura provvisoria diretta a consentire la disponibilità delle cose sequestrate senza perdita per il creditore della garanzia a tutela del suo credito, lascia intatta la necessità di tutti gli adempimenti successivi richiesti a pena di inefficacia della misura (Cass. civ., 3 settembre 1999, n. 9291). Si è ritenuto che la quantificazione della cauzione in parola debba essere fissata nella minore somma tra l'importo del credito cautelato aumentato delle spese ed il valore delle cose sequestrate. Secondo altri, invece, appare maggiormente lineare, e più rispondente ad un'ottica di equilibrio degli interessi delle parti contrapposte, che il giudice debba considerare l'ammontare del credito e delle spese così come risultanti allo stato degli atti, a prescindere dalla somma fino all'ammontare della quale sia stato autorizzato il sequestro. La norma in esame, nel prevedere la revoca del sequestro in conseguenza della prestazione di idonea cauzione e nel commisurare quest'ultima all'ammontare del credito e delle spese (anche se in ragione delle cose sequestrate), realizza pur sempre – mediante il trasferimento del vincolo dai beni asserviti alla cauzione – la funzione primaria di garantire l'adempimento del credito azionato (Cass. civ., 18 gennaio 1995, n. 520). La revoca del sequestro conservativo dietro prestazione di idonea cauzione (che può consistere anche nella prestazione di una fideiussione assicurativa), costituendo un provvedimento di mera amministrazione della misura cautelare, non ha natura decisoria, e quindi non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. civ., 1 dicembre 1994, n. 10254), né con regolamento di competenza (Cass. civ., 21 maggio 1997, n. 436). Il giudice competente è, fino all'instaurazione del giudizio di merito, quello che ha autorizzato il sequestro; sarà invece il collegio ove la misura sia stata concessa dallo stesso in sede di reclamo (Trib. Modena, 27 luglio 1998, G. mer. 99, I, 11). La forma del provvedimento giudiziale presuppone la fissazione di un'udienza di comparizione delle parti: l'ordinanza non è impugnabile, tanto che, secondo la giurisprudenza, è inammissibile un reclamo nei confronti del provvedimento di revoca del sequestro conservativo pronunciato ai sensi dell'art. 684 c.p.c. (Trib. Lanciano, 26 luglio 2002, Giur. it. 03, 920).
Casistica
Riferimenti
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