Cesare Taraschi
11 Luglio 2018

Sul piano processuale, la cauzione deve essere inserita nell'ampio novero degli istituti cautelari, potendo definirsi come cautela imposta ai fini dell'ottenimento di un provvedimento che possiede sovente anch'esso natura cautelare, o che presenta comunque un coefficiente di pericolo eventuale derivante dalla sua esecuzione. La cauzione ha pertanto un precipuo carattere strumentale ed è disposta dal giudice in presenza di un, sia pure generico, periculum in mora, quale effettiva controcautela.
Inquadramento

La cauzione, nel processo civile, consiste nella dazione o deposito di una quantità di cose mobili fungibili od infungibili, a scopo di garanzia.

Nella vigente legislazione non è rinvenibile una disciplina generale della cauzione, istituto, peraltro, richiamato dal legislatore in numerose norme di diritto sostanziale e processuale, e largamente utilizzato nella pratica negoziale.

Tralasciando l'analisi della cauzione negoziale e delle numerose previsioni normative che, nel codice civile, la contemplano (a titolo esemplificativo, artt. 50, 381, 492, 1002-1005, 1171-1172 c.c.), si esamineranno di seguito i caratteri e la funzione della cauzione nell'ambito del processo civile.

Sul piano processuale, la cauzione deve essere inserita nell'ampio novero degli istituti cautelari, potendo definirsi come cautela imposta ai fini dell'ottenimento di un provvedimento che possiede sovente anch'esso natura cautelare, o che presenta comunque un coefficiente di pericolo eventuale derivante dalla sua esecuzione. La cauzione ha pertanto un precipuo carattere strumentale ed è disposta dal giudice in presenza di un, sia pure generico, periculum in mora, quale effettiva controcautela, ossia «onere processuale volto a conseguire ulteriori risultati di ordine processuale» (De Petris).

In evidenza

Il potere cauzionale del giudice non è ritenuto un principio generale, poiché la cauzione può essere imposta solo nei casi (tassativamente) previsti dalla legge, tanto che il giudice non può, ad es., accogliere l'istanza di una parte che subordini il suo consenso all'espletamento di un atto istruttorio al versamento di una cauzione a carico della controparte, a garanzia dei danni derivatile, proprio perché la cauzione, come tutti i provvedimenti cautelari, può essere imposta dal giudice soltanto nei casi previsti dalla legge (Cass. civ., 23 novembre 1999, n. 12967).

Oggetto e modalità di prestazione

Originariamente la fattispecie più rilevante di cauzione processuale era rappresentata dalla “cautio pro expensis” di cui all'art. 98 c.p.c., la cui prestazione poteva essere imposta dal giudice istruttore, sotto pena, in mancanza, di estinzione del processo, a favore del convenuto e nei confronti dell'attore ai fini della garanzia di rimborso delle eventuali spese processuali, quando vi fosse fondato timore che la condanna potesse restare ineseguita.

La norma è stata, però, dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., con sentenza della Corte costituzionale n. 67 del 29 novembre 1960.

Attualmente, quindi, il codice di procedura civile fa riferimento all'istituto della cauzione in una sola norma di carattere generale, l'art. 119, a mente del quale «Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire».

La norma è integrata dall'art. 86 disp. att. c.p.c., secondo il quale «Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma dell'art. 119 del codice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari. Il documento contenente la prova del versamento è inserito nel fascicolo d'ufficio», e dall'art. 155 disp. att. c.p.c., che attribuisce al cancelliere la competenza afferente il rilascio del relativo certificato qualora l'efficacia del titolo esecutivo sia subordinata a cauzione (art. 478 c.p.c.).

Dal contenuto dell'art. 119 c.p.c., inserito nel Capo del codice dedicato ai “Poteri del giudice”, si desume la rilevanza dell'elemento discrezionale nel provvedimento impositivo del giudice, che conserva ampia libertà nel determinare, a seconda della fattispecie concreta, l'oggetto, il modo ed il termine di prestazione.

Il relativo provvedimento giudiziale, nonché quello di svincolo, ha forma di ordinanza revocabile e reclamabile (il relativo provvedimento non ha comunque natura decisoria e non è conseguentemente impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.: Cass. civ., 4 settembre 1986, n. 5406).

L'ordinanza giudiziale dovrà in primo luogo determinare l'oggetto della cauzione, che potrà essere rappresentato da denaro liquido, ma anche da titoli rappresentativi di merci, titoli al portatore, azioni e/o obbligazioni di società di capitali, vincolati a garanzia.

Il vincolo cauzionale potrà, altresì, consistere nella costituzione, su beni della parte istante o di un terzo, di vincoli ipotecari o pignoratizi, nonché nell'assunzione da parte di terzi di obblighi fideiussori, particolarmente sub specie di polizza fideiussoria e/o negozio autonomo di garanzia, contratti con compagnie assicuratrici o istituti di credito. Si è, ad es., ritenuto che la cauzione offerta dalla parte che ha chiesto la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto può anche essere prestata, se il giudice lo dispone, mediante garanzia fideiussoria di un terzo, proprio perché, fuori dei casi in cui non sia diversamente disposto dalla legge, è sempre il giudice a determinare le concrete modalità dell'oggetto e del tempo della cauzione, che non deve, quindi, necessariamente consistere nel deposito di una somma di denaro (Cass. civ., 2 dicembre 1992, n. 12861).

Le modalità di prestazione possono anche prevedere la forma alternativa, a scelta del cauzionante o del cauzionato. La parte onerata dal versamento di una cauzione, ove ritenga – anche giuridicamente – impossibile prestare la cauzione nelle modalità fissate dal giudice, ha l'onere di chiedere al giudice medesimo di modificarle, mentre non le è consentito scegliere autonomamente di prestare la cauzione con modalità diverse da quelle stabilite dal giudice (Cass. civ., 23 febbraio 2009, n. 4334).

Il termine di prestazione è, quasi unanimemente, ritenuto di tipo ordinatorio e non perentorio, suscettibile quindi di proroga ad istanza di parte, da depositarsi prima dello spirare del termine inizialmente concesso, ai sensi dell'art. 154 c.p.c..

Una volta depositate, le cose concesse in cauzione non potranno essere svincolate senza previo ordine del giudice, ben potendo tuttavia essere oggetto di successivo pignoramento o sequestro.

Il vincolo cauzionale, infine, non attribuisce in fase esecutiva alla parte garantita alcuna causa legittima di prelazione.

In merito al disposto dell'art. 86 disp. att. c.p.c., va segnalata l'importanza pratica dell'onere di inserimento, nel fascicolo d'ufficio, del documento comprovante l'avvenuto versamento. Laddove non si tratti di versamento ma di costituzione di garanzia reale o personale, dovrà essere prodotta agli atti copia del documento negoziale da cui la garanzia stessa scaturisce (atto di fideiussione, nota di iscrizione ipotecaria, etc.).

L'omissione dell'adempimento qui richiamato non determina comunque nullità, ma mera irregolarità quando la prestazione sia, di fatto, avvenuta (App. Genova, 25 marzo 2002).

La documentazione del vincolo cauzionale sarà altresì essenziale nella valutazione della possibilità di compiere atti esecutivi, nell'ipotesi appunto di titoli condizionati, da parte dell'ufficiale giudiziario, il quale potrà rilevare ictu oculi l'inefficacia del titolo in assenza di cauzione documentata.

La cauzione nel codice di rito civile

Piuttosto numerose sono le norme che fanno riferimento, nel tessuto del codice di rito, alla facoltà del giudice di imporre cauzione a garanzia del periculum eventuale insito, volta per volta, negli atti del processo esecutivo, nelle tutele sommarie ed in quelle cautelari.

In sintesi, nell'esecuzione forzata vanno segnalati:

  • l'art. 478 in tema di efficacia del titolo esecutivo subordinata a cauzione, la cui portata si estende anche al precetto, con la conseguenza che, ove sia disposta la cauzione, la sua mancata prestazione comporta preclusione pure per la stessa intimazione del precetto (Cass. civ., 3 febbraio 1984, n. 828);
  • l'art. 482 in tema di esenzione dal termine dilatorio ad adempiere in seguito a notifica dell'atto di precetto;
  • l'art. 532 che prevede la facoltà di imporre cauzione al commissionario per la vendita;
  • l'art. 571 in tema di inefficacia dell'offerta d'acquisto per mancata prestazione della cauzione (cfr. Cass. civ., 24 luglio 2012, n. 12880, secondo cui, quando sia disposta la vendita senza incanto, è inefficace l'offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell'ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell'ordinanza di vendita stabilite dal giudice di sua iniziativa, ed in assenza di una previsione di legge in tal senso);
  • l'art. 576 in tema di vendita con incanto (secondo Cass. civ., Sez.Un., 12 gennaio 2010, n. 262, il termine che il G.E. fissa nell'ordinanza di vendita con incanto per il deposito della cauzione da parte degli offerenti è perentorio e, pertanto, non può essere prorogato; il deposito della cauzione rappresenta infatti la modalità attraverso la quale la parte che lo esegue manifesta la volontà di essere ammessa a partecipare al procedimento di vendita, il quale, essendo informato al canone base della parità tra quanti vengono sollecitati ad offrire, postula che le condizioni fissate dal giudice nell'avviso di vendita restino inalterate);
  • l'art. 580 che disciplina la cauzione per partecipare alla vendita con incanto (la cui mancata presentazione, nel termine perentorio previsto, impedisce all'offerente la partecipazione alla gara ed integra una causa di radicale nullità del provvedimento di aggiudicazione dell'immobile in suo favore, senza che l'omessa impugnazione dello stesso da parte di controinteressati possa sanare il vizio precludendo l'aggiudicazione in favore di altro offerente: Cass. civ., 6 agosto 2014, n. 17728);
  • l'art. 584. in tema di cauzione da versare in caso di offerte dopo l'incanto;
  • l'art. 173-quinquies disp. att. c.p.c., il quale prevede che la cauzione di cui agli artt. 571, 580 e 584 c.p.c. possa essere prestata con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nei circuiti bancario e postale, nonchè mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari vigilati;
  • l'art. 624 sulla sospensione dell'esecuzione per opposizione subordinata a cauzione;

nelle tutele sommarie assumono rilevanza:

  • gli artt. 642 e 648 c.p.c. in tema di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo (si veda Cass. civ., 12 marzo 2001, n. 3582, in ordine agli effetti sulla cauzione della declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo), l'art. 663 c.p.c. in tema di convalida di sfratto (laddove la necessaria attestazione, da parte del locatore, sulla persistenza della morosità è suscettibile anch'essa di essere garantita da cauzione);

in materia cautelare in senso stretto, rilevanti sono:

  • l'art. 669-undecies per i provvedimenti cautelari in generale e l'art. 684 che prevede la possibilità di revoca del sequestro conservativo previo versamento della cauzione.

La cauzione nei procedimenti cautelari

L'ambito cautelare offre per sua stessa natura le applicazioni più rilevanti dell'istituto in esame, ed il referente normativo che, a seguito dell'introduzione nel sistema del rito cautelare uniforme, estende tale operatività a tutti i provvedimenti cautelari, si rinviene nell'art. 669-undecies c.p.c..

Trattasi di una “controcautela”, diretta ad evitare che la decisione cautelare pregiudichi irreversibilmente gli interessi del resistente contro cui viene emesso il comando; all'evidenza, essa serve ad assicurare il risarcimento dei danni che potranno essere causati alla controparte dalla eccessiva celerità del provvedimento cautelare, contemperando in tal modo le discordanti esigenze delle parti in causa.

In sostanza, la cauzione è imposta a garanzia della eventuale responsabilità risarcitoria processuale aggravata ex art. 96 comma 2 c.p.c., o, comunque, a garanzia di ogni possibile risarcimento, compresa senz'altro la refusione delle spese di lite.

La disposizione non precisa che forma debba avere tale provvedimento, ma, in linea generale, è presumibile che esso assuma quella dell'ordinanza. Nella prassi la cauzione non viene disposta con provvedimento autonomo, essendo configurata tale pronuncia sempre come accessoria al provvedimento di accoglimento del ricorso cautelare (decreto inaudita altera parte, ordinanza a seguito di udienza di comparizione delle parti, ordinanza di conferma ex art. 669-sexiesc.p.c., ordinanza di modifica ex art. 669-deciesc.p.c., ordinanza emessa a seguito dello svolgimento di fase di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.). La cauzione deve essere, inoltre, svincolata dallo stesso giudice che ha emanato il provvedimento (Cass. civ., 13 agosto 1980, n. 4937).

Con il reclamo cautelare può essere proposta impugnazione circa la mancata imposizione della cauzione richiesta, e l'eventuale sospensione dell'efficacia del provvedimento cautelare in fase di reclamo può, a sua volta, essere condizionata dal collegio alla prestazione della cauzione (art. 669-terdecies c.p.c.).

La mancata prestazione della cauzione determina inefficacia della misura cautelare, ai sensi dell'art. 669-novies comma 3 c.p.c., distinguendosi in tal caso l'inefficacia originaria del provvedimento cautelare emesso ab origine unitamente all'ordine cauzionale (ed avente efficacia condizionalmente sospesa), dall'inefficacia sopravvenuta rispetto ad un provvedimento cautelare emesso inizialmente senza cauzione, cauzione poi in ipotesi ordinata, e non prestata nel quantum e/o nel termine prescritti: nel primo caso, l'inefficacia opera ipso iure, nel secondo invece si ritiene necessario che l'inefficacia sopravvenuta sia dichiarata con l'instaurazione del procedimento ex art. 669-novies,comma 2, c.p.c..

Trattandosi di istituto dall'indubbia natura cautelare, debbono ritenersi applicabili alla cauzione, in quanto compatibili, tutte le altre norme sul procedimento cautelare uniforme, con esclusione, tuttavia, del procedimento di attuazione ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c., non potendosi dare attuazione coattiva alla cauzione, il cui difetto dà luogo, per legge, a mera inefficacia del provvedimento emesso.

All'interno del capo dei procedimenti cautelari, l'art. 684 disciplina, infine, un'ipotesi tipica di applicazione dell'istituto della cauzione al caso di revoca del sequestro conservativo, prevedendo che «Il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate».

Si discute se la revoca consista in un ritiro, con effetto ex nunc, del provvedimento autorizzativo o, piuttosto, in una mera conversione del suo oggetto, diretta a consentire al debitore di ottenere la disponibilità dei beni. Da un lato, infatti, la ratio della norma deve essere ricercata nel consentire al debitore lo svincolo del proprio bene dal sequestro, prestando appunto le opportune garanzie; dall'altro, considerare la cauzione prestata come oggetto del perdurante sequestro permette il rispetto del principio della par condicio creditorum di cui all'art. 2741 c.c., consentendo, in seguito alla conversione del sequestro conservativo in pignoramento ai sensi dell'art. 686 c.p.c., il concorso degli altri eventuali creditori nell'esecuzione forzata (la prestazione della cauzione si trasformerebbe altrimenti, come afferma Satta, in una specie di privilegio per il sequestrante).

La giurisprudenza (App. Lecce, 12 gennaio 1995, in Dir. maritt., 1996, 175) è orientata per la seconda tesi, essendosi affermato che l'art. 684 c.p.c., al di là della rubrica “revoca del sequestro”, integra una sorta di conversione del sequestro in un deposito cauzionale, che, non implicando il riconoscimento della legittimità del sequestro e concretandosi soltanto nell'adozione di una misura provvisoria diretta a consentire la disponibilità delle cose sequestrate senza perdita per il creditore della garanzia a tutela del suo credito, lascia intatta la necessità di tutti gli adempimenti successivi richiesti a pena di inefficacia della misura (Cass. civ., 3 settembre 1999, n. 9291).

Si è ritenuto che la quantificazione della cauzione in parola debba essere fissata nella minore somma tra l'importo del credito cautelato aumentato delle spese ed il valore delle cose sequestrate.

Secondo altri, invece, appare maggiormente lineare, e più rispondente ad un'ottica di equilibrio degli interessi delle parti contrapposte, che il giudice debba considerare l'ammontare del credito e delle spese così come risultanti allo stato degli atti, a prescindere dalla somma fino all'ammontare della quale sia stato autorizzato il sequestro.

La norma in esame, nel prevedere la revoca del sequestro in conseguenza della prestazione di idonea cauzione e nel commisurare quest'ultima all'ammontare del credito e delle spese (anche se in ragione delle cose sequestrate), realizza pur sempre – mediante il trasferimento del vincolo dai beni asserviti alla cauzione – la funzione primaria di garantire l'adempimento del credito azionato (Cass. civ., 18 gennaio 1995, n. 520).

La revoca del sequestro conservativo dietro prestazione di idonea cauzione (che può consistere anche nella prestazione di una fideiussione assicurativa), costituendo un provvedimento di mera amministrazione della misura cautelare, non ha natura decisoria, e quindi non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. civ., 1 dicembre 1994, n. 10254), né con regolamento di competenza (Cass. civ., 21 maggio 1997, n. 436).

Il giudice competente è, fino all'instaurazione del giudizio di merito, quello che ha autorizzato il sequestro; sarà invece il collegio ove la misura sia stata concessa dallo stesso in sede di reclamo (Trib. Modena, 27 luglio 1998, G. mer. 99, I, 11).

La forma del provvedimento giudiziale presuppone la fissazione di un'udienza di comparizione delle parti: l'ordinanza non è impugnabile, tanto che, secondo la giurisprudenza, è inammissibile un reclamo nei confronti del provvedimento di revoca del sequestro conservativo pronunciato ai sensi dell'art. 684 c.p.c. (Trib. Lanciano, 26 luglio 2002, Giur. it. 03, 920).

CAUZIONE NEI PROCEDIMENTI CAUTELARI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La domanda di cauzione non merita accoglimento se la ricorrente ha dimostrato la sussistenza di una rilevante ed apprezzabile misura di fumus boni iuris a favore della propria istanza cautelare e se la richiesta viene formulata in modo assolutamente generico, senza fornire elementi precisi di riscontro in ordine ai costi sopportati ovvero al volume di affari collegato alla produzione in contestazione e se non è stato addotto alcun elemento che faccia dubitare della solvibilità economica della ricorrente.

Trib. Torino, 2 febbraio 1996, D. ind. 96, 650

La cauzione prevista dall'art. 669-undecies c.p.c. non può essere disposta nell'ambito di un'inibitoria cautelare della contraffazione di un brevetto, quando nelle circostanze concrete appare improbabile che nel prosieguo del giudizio possano emergere dati di fatto tali da indurre a ritenere che la parte richiedente delle misure abbia agito senza la normale prudenza.

Trib. Tortona, 29 agosto 1996, G. d. ind. 97,301

Il termine per la presentazione di cauzione ai sensi dell'art. 669-undecies, in mancanza di un'espressa previsione di perentorietà, deve considerarsi ordinatorio e quindi prorogabile prima della scadenza ex art. 154 c.p.c. quale termine relativo ad un provvedimento modificabile.

Trib. Livorno, 21 aprile 2001, Giust. civ. 02, I, 747

Pret. Torino, 22 dicembre 93, F. it. 94, I, 1266

Casistica

CASISTICA

Nel concordato fallimentare

In tema di concordato fallimentare, la sua risoluzione determina ex art. 140, comma 3, l. fall. l'acquisizione della cauzione versata all'atto della domanda, quale conseguenza del trasferimento a carico del proponente del rischio della mancata attuazione della proposta; ciò sia nel caso di proposta formulata dal debitore che da un terzo assuntore, non estraneo all'iniziativa e dunque alla funzione della cauzione di evitare iniziative fraudolente o dilatorie a supporto della serietà della proposta concordataria (Cass. civ., 4 agosto 2017, n. 19604).

Nella locazione

In materia di locazione, l'obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione agli obblighi contrattuali – tramite la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell'eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante – sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell'immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell'immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l'attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione. Tuttavia, ove avvenga lo svincolo, volontario o coattivo, dei beni oggetto di deposito, in via di principio non può riconoscersi a siffatta evenienza, proprio in ragione della anzidetta funzione tipica dell'istituto, un effetto diverso ed ulteriore rispetto a quello della perdita della garanzia liquida dal deposito stesso rappresentata, non potendosi, quindi, inferire, sempre e comunque, dalla sua dismissione l'insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire (Cass. civ., 21 aprile 2010, n. 9442).

In tema di locazione, benché sul piano del diritto sostanziale la cauzione produca sempre interessi in favore del conduttore che l'abbia versata, ai sensi degli artt. 11 e 41 della legge 27 luglio 1978, n.392, sul piano processuale, il locatore può essere condannato al pagamento di tali interessi solo se il conduttore abbia proposto ritualmente una domanda in tal senso, non potendo altrimenti il giudice provvedervi di ufficio (Cass. civ., 30 ottobre 2009, n. 23052).

Nell'appalto di lavori pubblici

In tema di appalto di lavori pubblici, la cauzione provvisoria, prevista dall'art. 30 della l. n. 109/1994 (al pari della garanzia fideiussoria da cui può essere sostituita), oltre a svolgere la funzione di garantire la serietà dell'offerta – con la conseguenza che ove l'aggiudicatario non stipuli il contratto decade dall'aggiudicazione e la stessa viene incamerata dall'appaltante – si configura come caparra confirmatoria, e non come clausola penale o come pegno irregolare. Conseguentemente, diversamente dalla clausola penale, dove il danno sopportato dal creditore viene risarcito solo con la promessa di una prestazione di una somma di denaro o cose fungibili, e dal pegno irregolare, dove il danno è risarcito con l'assegnazione, sino a concorrenza, del pegno ad opera del giudice, al contraente beneficiario è consentito, non solo di incamerare immediatamente le somme oggetto della cauzione, ma anche di richiedere il risarcimento del maggior danno da inadempimento (Cass. civ.,Sez.Un., 4 febbraio 2009, n. 2634).

In materia di opposizione all'esecuzione

L'opposizione con la quale si contesti che il cancelliere abbia apposto la formula esecutiva ad un decreto ingiuntivo, nonostante la mancata prestazione da parte del creditore della cauzione imposta ai sensi del secondo comma dell'art. 648 c.p.c. in sede di concessione della provvisoria esecutività, va qualificata come opposizione all'esecuzione, giacché il debitore fonda la sua contestazione sulla negazione della soddisfazione da parte del creditore procedente della condizione di efficacia perché il decreto possa valere come titolo esecutivo (Cass. civ., 5 giugno 2007, n. 13069).

La deduzione da parte del debitore ingiunto – nei cui confronti sia stata concessa provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo a fronte di prestazione di cauzione, ai sensi del secondo comma dell'art. 648 c.p.c. – che la cauzione è stata prestata in favore della creditrice da compagnia assicuratrice posta in liquidazione e, quindi, non in grado mantenere la garanzia, integrando la deduzione del venir meno della garanzia e, quindi, dell'efficacia del decreto come titolo esecutivo, è prospettabile con l'opposizione all'esecuzione, dovendosi escludere che rappresenti questione inerente la formazione del titolo esecutivo da dedursi in sede di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. civ., 5 giugno 2007, n. 13069).

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1954;
  • Carpi – Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile, 2017;
  • De Petris, voce Cauzione (Dir. proc. civile), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1960;
  • Grasso, Dei poteri del giudice, com. Utet, I, 2, Torino, 1973;
  • Martorano, voce Cauzione (Dir. civile), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1960;
  • Satta-Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000.

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