L'ammissione al passivo dell'appaltatore fallito

Beatrice Armeli
16 Luglio 2018

Il contratto di nolo “a caldo”, soggetto alla disciplina del subappalto contenuta nel d.lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici ratione temporis applicabile), in mancanza dell'autorizzazione della stazione appaltante è nullo ex art. 1418 c.c., perché in contrasto con le norme imperative di cui all'art. 118 d.lgs. 163/2006 e all'art. 21 l. 646/1982.
Massima

Il contratto di nolo “a caldo”, soggetto alla disciplina del subappalto contenuta nel d.lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici ratione temporis applicabile), in mancanza dell'autorizzazione della stazione appaltante è nullo ex art. 1418 c.c., perché in contrasto con le norme imperative di cui all'art. 118 d.lgs. 163/2006 e all'art. 21 L. n. 646/1982. Pertanto il negozio, del tutto privo di efficacia, non può costituire la base di qualsivoglia pretesa creditoria, né rappresentare valido titolo sul quale fondare la richiesta di ammissione al passivo del fallimento dell'appaltatore.

Il caso

Nel settembre 2011 veniva stipulato un contratto di appalto pubblico di lavori tra la stazione appaltante e la società aggiudicataria. Quest'ultima, a marzo 2012, stipulava con un consorzio locale un contratto di subappalto preordinato all'esecuzione dei lavori assegnati. Tale contratto veniva autorizzato dal committente pubblico nel luglio 2012. A settembre 2012 il consorzio subappaltatore affidava specifici lavori oggetto di subappalto, tra cui lavori di sabbiatura e verniciatura, a una propria consorziata, la quale manifestava di accettare.

Tuttavia, ancor prima di ottenere l'autorizzazione del contratto di subappalto da parte della stazione appaltante, la società aggiudicataria, al fine di iniziare i previsti lavori di sabbiatura e verniciatura, domandava direttamente alla società consorziata il distacco dei propri operai presso il cantiere con il contemporaneo noleggio di macchinari e attrezzature per l'esecuzione dei suddetti lavori. Conseguentemente, da aprile 2012 e fino ad ottobre dello stesso anno, la consorziata eseguiva le prestazioni richieste a favore dell'aggiudicataria, la quale però provvedeva al pagamento delle sole fatture emesse per il distacco dei lavoratori, rimanendo debitrice degli importi dovuti a titolo di corrispettivo del nolo di macchinari e attrezzature. Intervenuto il fallimento della stessa società appaltatrice, la consorziata presentava domanda di ammissione al passivo per il credito relativo alle fatture rimaste insolute. A seguito dell'integrale esclusione del credito da parte del giudice delegato, la ricorrente presentava opposizione allo stato passivo avanti il Tribunale che, con il decreto in epigrafe, ha confermato la decisione di prima istanza per essere il credito oggetto di insinuazione nato da accordi intercorsi direttamente tra l'aggiudicataria fallita e la consorziata del subappaltatore “per prestazioni rese prima dell'inizio dei lavori in costanza di subappalto ed al di fuori degli effetti negoziali di quest'ultimo”.

Le questioni giuridiche e la soluzione

L'integrale esclusione del credito vantato dalla società esecutrice dei lavori subappaltati dal passivo fallimentare della società appaltatrice aggiudicataria del contratto pubblico viene motivato sulla base di una duplice considerazione. La prima: il credito per il quale è stata presentata domanda di ammissione al passivo si riferisce a prestazioni eseguite anteriormente all'autorizzazione pubblica del contratto di subappalto sottoscritto tra l'aggiudicataria e il consorzio al quale la società esecutrice appartiene. La seconda: non è data prova di un valido contratto di subappalto tra le due società avente ad oggetto le prestazioni asseritamente eseguite dalla consorziata a favore della fallita nel periodo di riferimento.

Si evidenzia anzitutto che il preteso credito insinuato troverebbe la sua fonte in un negozio diverso dal contratto di subappalto stipulato tra l'aggiudicataria e il consorzio, in quanto intervenuto direttamente tra la prima e una delle società consorziate del secondo, in tempo antecedente rispetto all'autorizzazione del subappalto rilasciata dalla stazione appaltante, ancorché avente ad oggetto prestazioni allo stesso correlate. Detto negozio dovrebbe inoltre qualificarsi, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, non già come contratto di nolo “a freddo”, bensì come contratto di nolo “a caldo”, in quanto le prestazioni asseritamente eseguite sono consistite non solo nella fornitura di beni, ma pure nel distacco del personale addetto al relativo impiego. Tale (ri)qualificazione consente di ricondurre (anche) detto negozio (oltre, propriamente, al contratto tra l'aggiudicataria e il consorzio) alla disciplina del subappalto prevista dal codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006 ratione temporis applicabile e, specificatamente, all'art. 118. La normativa de qua si applica infatti a qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate richiedenti l'impiego di manodopera, come i noli a caldo. Il contratto di nolo a caldo, dunque, come ogni contratto di subappalto disciplinato dal predetto codice, deve essere stipulato per iscritto e sottoposto all'autorizzazione della stazione appaltante, considerato anche che l'assenza di determina pubblica, in caso di cessione in subappalto dell'esecuzione di opere o di una loro parte, comporta l'applicazione di sanzioni penali a carico sia del sub-committente che del subappaltatore a norma dell'art. 21 L. n. 646/1982. Sulla scorta del carattere imperativo delle disposizioni richiamate, la giurisprudenza di legittimità ha perciò chiarito che l'autorizzazione del soggetto pubblico è elemento di validità del contratto di subappalto e il difetto di tale elemento è causa di nullità del negozio ex art. 1418 c.c. (Cass. 22841/2016; Cass. 11131/2003), come tale rilevabile anche d'ufficio dal giudice. Conseguentemente, il contratto di nolo a caldo, ove effettivamente intervenuto con l'aggiudicataria poi fallita, risulterebbe nullo e, in quanto privo di efficacia, non potrebbe costituire la base della pretesa creditoria.

In conclusione, poiché la società consorziata ha eseguito prestazioni a favore dell'appaltatore prima dell'intervenuta autorizzazione da parte della stazione appaltante del contratto di subappalto stipulato dal consorzio e non ha prodotto alcuna determina pubblica autorizzativa del nolo a caldo da cui trarrebbe origine il credito per il quale è stata presentata domanda di insinuazione, la stessa non dispone di un valido titolo sul quale fondare la richiesta di ammissione al passivo del fallimento dell'appaltatore. Da ciò si deduce dunque l'integrale esclusione del credito insinuato.

Osservazioni

La pronuncia è chiara e non tratta di alcuna questione giuridica controversa, essendo pacificamente riconosciuta la nullità, per contrarietà a norme imperative, dei contratti di subappalto di opere pubbliche – e dei negozi agli stessi assimilati – in mancanza della prescritta autorizzazione amministrativa, e la conseguente infondatezza delle domande dei subappaltatori a pretendere il pagamento dei corrispettivi relativi alle proprie prestazioni. Né, qui si aggiunge, la nullità dei contratti non autorizzati potrebbe essere superata mediante la stipula di una clausola che subordini l'efficacia del subappalto alla condizione sospensiva del rilascio dell'autorizzazione della stazione appaltante, successiva alla stipula del subcontratto, ostandovi proprio il richiamato art. 21 L. n. 646/1982, posto a protezione di rilevanti interessi pubblici (Cass. n. 22841/2016).

La soluzione prospettata peraltro non muterebbe affatto alla luce del quadro normativo attuale. Anche sotto il vigente art. 105 d.lgs. n. 50/2016, infatti, costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali i noli a caldo, e i soggetti affidatari di contratti pubblici possono a loro volta affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, soltanto previa autorizzazione della stazione appaltante.

In sostanza, come si evince dalle considerazioni finali della pronuncia in commento, il credito insinuato è stato escluso in quanto “la società opponente non ha offerto idonea prova dell'an e del quantum dei crediti per i quali essa ha chiesto di essere ammessa al passivo del fallimento”. Ciò che peraltro si fa notare è il fatto che l'esclusione sia stata disposta integralmente, a nulla valendo che le fatture emesse dalla consorziata, rimaste insolute, riportassero una data successiva rispetto a quella del rilascio dell'autorizzazione del subappalto da parte della stazione appaltante (nel senso che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non assumono efficacia probatoria le fatture cui si riferiscono i crediti oggetto di domanda di ammissione da parte di un imprenditore: Cass. n. 14054/2015). Il collegio ha dunque ritenuto di non ammettere al passivo fallimentare, indifferentemente, non solo il credito vantato per prestazioni eseguite prima dell'autorizzazione amministrativa del contratto di subappalto tra l'aggiudicataria e il consorzio – per nullità degli accordi intercorsi tra l'aggiudicataria e la consorziata riconducibili a un contratto di nolo a caldo non autorizzato –, ma altresì il credito relativo a prestazioni eseguite dopo l'autorizzazione da parte della stazione appaltante del contratto di subappalto – per essere dette prestazioni state rese al di fuori degli effetti negoziali di quest'ultimo e, comunque, in difetto della prova dello specifico ammontare.

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