La redazione della relazione sulla gestione ex art. 2428 c.c.: il documento congiunto CNDCEC e Confindustria

Claudio Sottoriva
17 Luglio 2018

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e Confindustria hanno pubblicato in data 28 giugno 2018 il documento “Relazione sulla gestione”. L'intendimento dei due enti è quello di predisporre un contributo applicativo che, in linea con le norme di legge e i principi contabili nazionali, possa orientare i comportamenti degli operatori verso soluzioni e interpretazioni condivise. Nello specifico, la relazione sulla gestione è un tema che esula dall'ambito di riferimento dei principi contabili dell'Organismo Italiano di Contabilità, poiché la relazione sulla gestione è un documento che non costituisce parte integrante del bilancio di esercizio.
Premessa

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e Confindustria hanno pubblicato in data 28 giugno 2018 il documento “Relazione sulla gestione”.

L'intendimento dei due enti è quello di predisporre un contributo applicativo che, in linea con le norme di legge e i principi contabili nazionali, possa orientare i comportamenti degli operatori verso soluzioni e interpretazioni condivise. Nello specifico, la relazione sulla gestione è un tema che esula dall'ambito di riferimento dei principi contabili dell'Organismo Italiano di Contabilità, poiché la relazione sulla gestione è un documento che non costituisce parte integrante del bilancio di esercizio. Le indicazioni fornite due enti partono, quindi, principalmente dalle pertinenti previsioni del Codice Civile e della legislazione speciale.

Il documento è sviluppato in modo tale da esporre, dopo aver introdotto la disciplina giuridica di base e la metodologia con cui predisporre la relazione, la parte generale della relazione, le informazioni specifiche, la prevedibile evoluzione della gestione e la disclosure contabile e non contabile (con specifico riferimento alle nuove previsioni del D.Lgs. n. 254/2016).

L'utilità della redazione della relazione sulla gestione

La relazione sulla gestione costituisce, dal punto di vista normativo, un allegato di bilancio - non oggetto di approvazione da parte dell'assemblea - da redigere nel rispetto dei contenuti minimi prescritti dall'art. 2428 c.c.

La predisposizione della relazione è obbligatoria per la generalità delle società di capitali, con esclusione delle società di minori dimensioni che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis, comma 7, c.c.) e in forma semplificata (art. 2435-ter, comma 2, c.c.). Tali soggetti sono esonerati dalla predisposizione della relazione sulla gestione, purché forniscano apposite informazioni nella nota integrativa (per le società che predispongono il bilancio in forma abbreviata), ovvero, in calce allo stato patrimoniale (per le società che predispongono il bilancio in forma semplificata).

Tenuto conto che, attualmente, l'Organismo Italiano di Contabilità (OIC) non ha elaborato un apposito principio contabile nazionale, appare di interesse il documento congiunto del CNDCEC e Confindustria del giugno scorso che aggiorna precedenti documenti, tra cui il documento “La relazione sulla gestione. Art. 2428 Codice Civile”, pubblicato dal CNDCEC nel 2009, e il “Documento n. 1. La relazione sulla gestione. Alcune considerazioni”, pubblicato dall'IRDCEC nel 2008.

La finalità della relazione sulla gestione dovrebbe essere quella di comunicare le informazioni più appropriate a descrivere la realtà aziendale ed illustrare lo stato di salute della società.

Per tale motivo, l'approccio del Legislatore è quello di prevedere un documento a maglie larghe, in quanto definisce le finalità della comunicazione, mentre lascia al redattore del documento la scelta di individuare le modalità con cui raggiungere gli obiettivi comunicativi preposti.

La predisposizione della relazione sulla gestione non è vincolata ad uno schema particolare; pertanto, nonostante la presente guida cerchi di fornire un ordine di esposizione delle tematiche, è possibile sviluppare forme espositive differenti in cui l'unico vincolo è rappresentato dal fatto che l'illustrazione deve presentare uno sviluppo logico in un'ottica integrata, chiara e di facile lettura.

Nella relazione sulla gestione, come previsto ai fini del bilancio, le informazioni sono indicate sulla base della loro rilevanza ai fini di una corretta ed esaustiva interpretazione della situazione aziendale. Si deve considerare che, come sarà evidenziato meglio in seguito, la relazione di revisione deve riportare un “giudizio sulla coerenza della Relazione sulla gestione con il bilancio” e, come indicato nel D.Lgs. n. 135/2016, una “dichiarazione” sull'eventuale identificazione di errori significativi nella relazione sulla gestione.

Anche alla luce di quanto sopra riportato, i contenuti della relazione dovrebbero fornire una informativa “aggiuntiva” e “integrativa” rispetto a quanto il lettore può ricavare dal bilancio (pensiamo, solo per fare un esempio, ai potenziali rischi commerciali per le imprese che operino in contesti particolarmente complessi in ragione della presenza di variabili politiche o economiche difficilmente prevedibili). Al fine di evitare duplicazioni informative con la nota integrativa (redatta ex art. 2427 c.c.), può essere opportuno, laddove la ripetizione non sia funzionale ad inquadrare meglio la questione esposta, richiamare il contenuto della nota integrativa. In taluni casi, invece, la scelta di replicare tali informazioni nella Relazione potrebbe rispondere alla volontà del redattore di rivolgersi ad un soggetto diverso rispetto al lettore della nota integrativa.

I riferimenti normativi relativi alla redazione della relazione sulla gestione

La relazione sulla gestione, come noto, non costituisce parte integrante del bilancio di esercizio redatto ai sensi del Codice Civile, ma lo correda.

La relazione sulla gestione è utile a correlare i dati di quest'ultimo con le informazioni sull'andamento economico, la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa ed i principali rischi ed incertezze di gestione cui la stessa è esposta.

Il riferimento principale al suo contenuto è rappresentato dall'art. 2428 c.c., modificato – da ultimo – dal D.Lgs. n. 139/2015 (di attuazione della Direttiva 2013/34/UE) che ha riformato la redazione del bilancio di esercizio in precedenza disciplinata dal D.Lgs. n. 127/1991 (di attuazione della Direttiva IV e VII CEE).

Si rammenta che nella relazione sulla gestione gli amministratori devono segnalare le ragioni della dilazione del termine ordinario di approvazione del bilancio (entro il maggior termine di 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale), come disposto dagli artt. 2364 e 2364-bis, c.c.

Si rammenta che, con il D.Lgs. n. 32/2007, è stato inserito il comma 2-bis nell'art. 40 D.Lgs. n. 127/1991, che ha consentito la predisposizione di una Relazione sulla gestione di “gruppo”, disponendo che la Relazione sulla gestione consolidata “[…] e la relazione di cui all'articolo 2428 del codice civile possano essere presentate in un unico documento, dando maggiore rilievo, ove opportuno, alle questioni che sono rilevanti per il complesso delle imprese incluse nel consolidamento”.

La redazione della relazione sulla gestione soggiace, oltre che alle disposizioni civilistiche, anche ad altre leggi speciali prescritte per talune tipologie di imprese, quali il D.Lgs. n. 58/1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria); le Direttive Consob per le società quotate, nonché il D.Lgs. n. 135/2016, concernente “Attuazione della direttiva 2014/56/UE che modifica la direttiva 2006/43/CE concernente la revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati”.

L'art. 2391-bis richiede alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio di rendere note nella relazione sulla gestione le regole fissate a livello societario per assicurare “la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate”.

L'approccio metodologico per la redazione della relazione sulla gestione pro-posto dal CNDCEC e dalla Confindustria

Il paragrafo 2 del Documento in commento precisa che la normativa vigente attribuisce alla Relazione sulla gestione il compito di fornire un'informazione completa sulla situazione reale e potenziale della società, nonché sull'andamento della gestione; dalla sua lettura il destinatario del bilancio dovrebbe poter meglio comprendere i contenuti del bilancio stesso o trarre informazioni che non possano emergere dalla lettura dello stesso documento.

L'art. 2428, c.c., infatti, recita: “[..] un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società, dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti [...]”.

Per comprendere il termine «fedele» è possibile fare riferimento alle clausole generali del bilancio, secondo cui: “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio”. Per quanto attiene al significato di «equilibrata ed esauriente» è ragionevole assumere che la Relazione debba contenere una descrizione sufficientemente dettagliata di tutti gli aspetti importanti e rilevanti della gestione.

Secondo tale approccio si può ritenere che un'analisi della situazione della società possa qualificarsi “fedele, equilibrata ed esauriente” qualora siano considerati in modo complementare tutti i seguenti profili:

  1. patrimoniale: ad esempio, corretto bilanciamento tra patrimonio netto (o capitale proprio) e debiti (o capitale di terzi);
  2. finanziario: ad esempio, le relazioni esistenti tra fabbisogni di capitale e modalità di copertura, tra flussi di entrate e flussi di uscite monetarie e finanziarie nonché, l'attitudine dell'impresa a soddisfare il proprio fabbisogno finanziario in modo efficiente ed efficace;
  3. economico: ad esempio, verifica dell'attitudine dell'impresa a mantenere nel tempo un costante equilibrio economico tra il flusso dei costi e quello dei ricavi.

La previsione di cui al comma 2 dell'art. 2428, secondo cui l'informativa contenuta nella relazione sulla gestione deve essere “[…] coerente con l'entità e la complessità degli affari della società”, dal punto di vista operativo consente di affermare che le società di maggiori dimensioni, che presentano una rilevanza economica proporzionalmente superiore, siano tenute tendenzialmente a fornire maggiori informazioni in merito all'attività aziendale, rispetto a quanto dovuto dalle società di dimensioni minori.

La possibile articolazione interna della relazione sulla gestione

La redazione della relazione può essere sviluppata in due sezioni:

  • in una prima sezione vengono fornite informazioni generali, che contestualizzano l'attività d'impresa nell'ambiente di riferimento, evidenziando le condizioni generali che possono portare all'evoluzione futura aziendale;
  • in una seconda sezione vengono fornite informazioni più specifiche.

La sezione delle informazioni generali, nel rispetto del principio della rilevanza, della proporzionalità dell'informazione e della sensibilità dei dati aziendali, può essere dettagliata in informazioni esterne ed interne relative all'impresa.

Le informazioni esterne, vale a dire legate a fattori esogeni, sono volte a contestualizzare l'attività dell'impresa nell'ambiente in cui opera e possono riferirsi ai:

  • fattori economici generali di mercato, quali, ad esempio, l'andamento del livello dei consumi, l'esistenza di nuove tecnologie che modificano la concorrenza, le condizioni politiche e legislative che interessano l'attività, la congiuntura economica, l'andamento dei cambi o dei tassi di interesse, la modifica del sistema tributario, ecc.;
  • fattori economici specifici dell'ambiente in cui l'impresa opera, quali, ad esempio, l'andamento del settore o dei settori di riferimento, lo sviluppo della domanda, la situazione dei mercati di approvvigionamento, l'introduzione di disposizioni normative che possono impattare sull'attività operativa, l'ingresso di nuove forze competitive sul mercato (il settore o i settori possono essere intesi come settori merceologici o geografici, in base alla rilevanza che tale classificazione può acquisire nel contesto generale. Da ciò deriva l'esigenza che la relazione sulla gestione contenga il richiamo a taluni indicatori contabili –finanziari- generali, raggiunti nel corso dell'esercizio, nonché altri elementi informativi legati “ai costi, ai ricavi e agli investimenti” da approfondire nelle sezioni specifiche).

Le informazioni interne, vale a dire legate a fattori di natura endogena alla società - soggetti al controllo del management aziendale - contengono un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente dei seguenti profili:

  • l'assetto della società, con riferimento alla governance dell'impresa (la composizione degli organi sociali e, qualora esistente, del gruppo), ed all'efficacia ed all'efficienza dei processi operativi; la presentazione della società deve includere anche l'indicazione delle eventuali sedi secondarie dell'impresa (art. 2428, comma 5, c.c.); insieme all'analisi della struttura societaria è utile riportare una descrizione della struttura aziendale, distinguendo le diverse aree (es. produttiva, amministrativa, commerciale, ecc.);
  • le strategie adottate che hanno condotto ai risultati esposti nel bilancio;
  • le strategie che si intendono adottare in relazione alle prevedibili evoluzioni di mercato, rinviando anche ad eventuali business plan elaborati dall'impresa in relazione al piano complessivo di sviluppo dell'attività (es. processi di trasformazione nell'ambito delle tecnologie industria 4.0), ovvero a supporto di specifici progetti di investimento (es. commesse di particolare rilevanza);
  • i fatti di rilievo che caratterizzano e che potrebbero caratterizzare positivamente e negativamente la gestione;
  • i risultati attesi dalla gestione nel suo complesso e nei vari settori in cui la società opera direttamente ed indirettamente attraverso imprese controllate, ponendo la giusta attenzione ai costi, ai ricavi e agli investimenti.

Quanto sopra indicato dovrebbe essere analizzato sia retrospettivamente (ultimi esercizi e confronto con i principali competitor) sia prospetticamente rispetto all'analisi dei rischi, attraverso l'utilizzo di strumenti descrittivi, numerici e di sintesi utili a meglio rappresentare tutte le grandezze qualitative e quantitative.

Le informazioni che in ogni caso si dovrebbero poter desumere sono i rischi che possono compromettere il going concern ossia l'evoluzione prospettica della società.

La quantità delle informazioni da fornire, come chiarito dal comma 2, dell'art. 2428, c.c., deve essere “[…] coerente con l'entità e la complessità degli affari della società […]” e “[…] nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società dell'andamento e del risultato della sua gestione […]” cioè, capace di soddisfare il fabbisogno informativo degli utilizzatori del bilancio.

L'utilizzo di indicatori contabili e non contabili

L'art. 2428 c.c. prevede che la relazione sulla gestione contenga il riferimento (e l'analisi) a “[…] indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all'attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti sull'ambiente e al personale […]” .

Gli indicatori

Secondo il Documento congiunto CNDEC e Confindustria con il termine “indicatori finanziari” il Legislatore ha voluto riferirsi a qualsiasi aggregato di informazioni sintetiche significative rappresentabile attraverso: un margine, un indice, un quoziente, estrapolabile dalla contabilità ed utile a rappresentare le condizioni di equilibrio patrimoniale, finanziario, monetario ed economico dell'impresa.

Per “indicatori non finanziari” si intendono gli strumenti di misura quantitativi o qualitativi, normalmente ma non necessariamente di natura non monetaria, in grado di illustrare circostanze e fattori che generano o possono generare effetti e impatti sulla situazione aziendale. Se ritenuti necessari, secondo quanto già indicato all'inizio del documento, quindi, gli indicatori non finanziari sono individuati a seconda del settore di appartenenza della società, avendo riguardo all'entità e alla complessità dei suoi affari.

I principali indicatori contabili (finanziari) e i key performance indicators per gli indicatori non contabili (non finanziari) sono indicati illustrati nell'allegato 1 e nell'allegato 2 del Documento in commento.

Si vuole cioè favorire l'utilizzo di strumenti descrittivi, numerici e di sintesi, per meglio rappresentare le grandezze qualitative e quantitative che descrivono l'azienda nel contesto di mercato.

In merito, dovrebbe sussistere una gerarchia nell'informativa da fornire nella relazione sulla gestione e, conseguentemente, si dovrebbe ricorrere agli indicatori non contabili (non finanziari) finanziari solo nei casi in cui gli stessi siano necessari, come previsto dal Codice Civile, “alla comprensione della situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione” (la loro omissione renderebbe pertanto il bilancio poco trasparente e/o veritiero e, quindi, fuorviante per i suoi utilizzatori).

In particolare, al fine di far comprendere i contenuti del bilancio a tutti gli operatori, il Legislatore ha introdotto nella normativa una specifica richiesta di disclosure di indicatori noti nella prassi.

Correttamente il Documento congiunto CNDEC e Confindustria precisa che sarebbe più corretto distinguere, anziché tra indicatori finanziari e indicatori non finanziari, tra indicatori estrapolabili dalla contabilità (patrimoniali, economici e finanziari) e indicatori non estrapolabili dalla contabilità (ad esempio, indicatori specifici del settore in cui opera l'azienda o di benchmarking). In particolare, la base di dati da cui ricavare gli “indicatori finanziari” è rappresentata dal bilancio d'esercizio, dalla contabilità generale o, ove possibile, dalla contabilità industriale; qualora la disclosure fornita dagli indicatori finanziari non sia sufficiente ad offrire “[…] un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società […]“, ad essa va affiancata la disclosure di “indicatori non finanziari”, cioè quelli che derivano dall'elaborazioni di fonti informative esterne al bilancio ed alla contabilità aziendale in genere. La rappresentazione dell'impresa attraverso i predetti indicatori dovrebbe riferirsi a più esercizi raffrontabili tra loro, integrati da un'apposita nota esplicativa ove vengano chiarite quantomeno le modalità di calcolo adottate e la significatività dei risultati conseguiti. Si segnala che se da un esercizio all'altro si modificano gli indicatori utilizzati o le relative modalità di calcolo, sarebbe auspicabile motivare la scelta compiuta e cercare di rendere comunque assimilabile l'informativa. Per quanto attiene specificamente la misura della quantità di informazioni che devono essere fornite è opportuno richiamare il concetto secondo cui le informazioni devono essere “[…] nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell'andamento e del risultato della sua gestione […]”. Paradossalmente, se le informazioni riportate in bilancio fossero in grado di fornire una corretta informativa economico-finanziaria nei termini fino ad ora descritti, la società non sarebbe tenuta a fornire ulteriori indicazioni. In ogni caso, anche al solo fine della leggibilità dei trend aziendali, si ritiene opportuno esporre gli indicatori relativi ad almeno due/tre esercizi consecutivi (quello in corso e quello degli esercizi precedenti) inoltre, se ritenuto necessario, si consiglia di riportare alcuni indicatori economico – reddituali per settore di attività o settore geografico in cui opera l'impresa (gli indicatori patrimoniali e di liquidità sono solitamente riferiti all'intera impresa).

Le scelte di selezione, riclassificazione e presentazione dei financial indicator non possono che essere effettuate dalle singole imprese sulla base del principio della capacità informativa degli indicatori nel contesto settoriale e congiunturale dell'impresa.

Infine, al fine di esaurire anche l'informativa richiesta in termini di investimenti, il Documento in commento suggerisce di inserire tra gli indicatori contabili anche quelli idonei a rappresentare la capacità dell'impresa di autofinanziarsi e/o la sua necessità di ulteriori fabbisogni finanziari per fronteggiare le scelte programmatiche che intenda porre in essere in funzione della prevedibile evoluzione di mercato.

Ciò al fine di evidenziare il legame tra la serie storica degli indicatori e la sezione dei rischi e delle incertezze cui è esposta l'attività d‘impresa.

Come accennato in precedenza, l'art. 2428 richiede di riportare gli indicatori contabili (finanziari) e, solo “se del caso”, quelli non contabili (non finanziari): il riferimento agli indicatori non finanziari deve essere pertanto fornito solo nelle situazioni in cui né il bilancio, né gli indicatori contabili (finanziari) siano capaci di esprimere significativamente e con chiarezza la situazione della società nonché l'andamento ed il risultato della gestione.

Per “indicatori non finanziari” si intendono gli strumenti di misura quantitativi o qualitativi, normalmente ma non necessariamente di natura non monetaria, in grado di illustrare circostanze e fattori che generano o possono generare effetti e impatti sulla situazione aziendale. Se ritenuti necessari, secondo quanto già indicato all'inizio del documento, quindi, gli indicatori non finanziari sono individuati a seconda del settore di appartenenza della società, avendo riguardo all'entità e alla complessità dei suoi affari. Secondo il Documento congiunto CNDEC e Confindustria è possibile identificare almeno quattro aree all'interno delle quali collocare gli indicatori non contabili (non finanziari):

a. posizionamento sul mercato;

b. customer satisfaction;

c. efficienza dei fattori produttivi e dei processi produttivi;

d. innovazione.

L'illustrazione dei rischi e delle incertezze principali di natura gestionale

La relazione sulla gestione ha il compito anche di comunicare i rischi a cui è esposta l'attività dell'impresa in una prospettiva gestionale, fornendone una corretta lettura dei potenziali effetti. In questa logica, la relazione sulla gestione deve illustrare:

  • i “principali rischi e incertezze” di natura gestionale;
  • i rischi di natura finanziaria.

Secondo il Documento in commento, al redattore del bilancio di esercizio è richiesto di informare i lettori sui rischi a cui soggiacciono sia le stime di bilancio, sia le decisioni che da esso si potrebbero desumere.

In tale ottica, il rischio è definibile come un evento che può produrre effetti negativi, e può essere rappresentato quantitativamente in termini di misura dell'eventualità di subire un danno derivante dai processi in corso o da eventi futuri.

I rischi

I rischi possono essere distinti in rischi esterni e rischi interni:

  • i rischi esterni sono provocati da eventi esogeni all'azienda quali la competizione, il contesto socio-economico e geo-politico, crescenti esigenze della clientela, il contesto normativo e regolamentare, gli eventi naturali, ecc.;
  • i rischi interni sono invece eventi dipendenti da fattori endogeni, quali la strategia aziendale, i modelli organizzativi e di governance ed in generale collegati alle azioni poste in essere dall'azienda per il perseguimento dei propri obiettivi, la dipendenza da personale chiave, la dipendenza da clienti.

Nell'ambito dei rischi esterni ed interni è possibile effettuare ulteriori distinzioni tra rischio inerente e rischio residuo:

  • i rischi inerenti sono i rischi ipotizzabili in assenza di qualsiasi attività di controllo e mitigazione del rischio stesso. Sono quindi quei rischi che esistono indipendentemente dalle azioni mitigatrici poste in essere;
  • i rischi residui sono i rischi che rimangono in capo all'azienda successivamente alla messa in atto delle azioni di mitigazione.

L'obiettivo è quello fornire agli stakeholders un'informativa su obiettivi e strategie aziendali adottate o da adottare per raggiungerli.

A differenza di quanto previsto per gli indicatori contabili (finanziari) e non contabili (finanziari), con riferimento ai principali rischi e incertezze, il Legislatore richiede una “descrizione”, ossia un'illustrazione che possa essere proposta in forma discorsiva.

In linea generale, devono essere inseriti e descritti i rischi che presentano le seguenti caratteristiche:

i) avere un impatto significativo, ossia tali da incidere significativamente sull'attività dell'impresa;

ii) avere un'alta probabilità di accadimento.

Ulteriori rischi possono essere descritti solo se il loro inserimento fornisce informazioni utili al lettore del bilancio. In altri termini, devono essere oggetto di analisi soltanto eventuali rischi specifici corsi dalla società, diversi da tutti quei fenomeni connessi con la sua natura d'impresa: non si devono descrivere i rischi ordinari che corrono tutte le società in quanto tali, ovvero le società operanti in quel particolare settore.

L'identificazione delle informazioni da inserire nella relazione sulla gestione deve avvenire attraverso un percorso che comprende i seguenti passi logici:

a) comprendere il contesto in cui si opera. E' importante comprendere il contesto ambientale, al fine di individuare i rischi e le incertezze a cui si è maggiormente esposti. La gestione di tali rischi deve essere coerente con il raggiungimento dei propri obiettivi strategici;

b) identificare i rischi. Successivamente alla comprensione del contesto, la società deve identificare i rischi inerenti (o rischi potenziali). Esistono numerose metodologie a supporto di tale attività, ma in generale l'identificazione dei rischi può avvenire partendo da mappe di rischi standard. L'individuazione del contesto di cui al punto precedente è importante per identificare, rispetto all'elenco di partenza, se la società è esposta ad uno o più di tali rischi;

c) valutare i rischi. La successiva analisi deve portare, da parte della direzione delle società, alla valutazione di ogni singolo rischio in termini di impatto e probabilità di accadimento (ad esempio attribuendo i valori alto-medio-basso), non considerando, in questa fase, l'effetto di eventuali azioni di mitigazione poste in essere. In linea generale, nella Relazione sulla gestione devono essere riportati i rischi con alto impatto e con alta probabilità di accadimento; la società può comunque valutare l'inserimento di ulteriori rischi quando la disclosure così realizzata possa portare benefici informativi al lettore del bilancio;

d) individuare le azioni di mitigazione. Sebbene il comma 1 dell'art. 2428 c.c. non richieda esplicitamente di inserire le azioni di mitigazione attuate dalla società con riferimento ai rischi descritti, la loro indicazione, come detto, può rappresentare un'opportunità per rendere le informazioni pubblicate maggiormente complete ed esaustive, aumentando nel contempo la loro trasparenza e qualità, nonché la reputazione aziendale. Le azioni di mitigazione sono intese come le risposte al rischio inerente che la direzione ha individuato e che possono agire sulla probabilità di accadimento e/o sull'impatto. L'azione di mitigazione, contrastando il rischio inerente, permette di ridurre il cosiddetto “rischio residuo”. Tanto più l'azione di mitigazione è efficace tanto più il rischio residuo è basso.

L'illustrazione dei rischi di natura finanziaria

Le informazioni richieste nella relazione sulla gestione sui rischi finanziari (n. 6-bis dell'art. 2428, c.c.) possono suddividersi in due classi:

  • informazioni qualitative, volte a descrivere gli obiettivi della direzione aziendale, le politiche e i criteri utilizzati per fronteggiare i rischi finanziari;
  • informazioni quantitative, volte a fornire indicazioni circa la dimensione dell'esposizione ai rischi finanziari da parte della società. Le informazioni quantitative devono essere fornite soltanto se quelle contenute nella nota integrativa si considerano insufficienti.

L'informativa deve essere fornita solamente “in relazione all'uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell'esercizio”. Agli amministratori è in sostanza richiesto di operare una valutazione sul grado di dettaglio dell'informativa da fornire, basandosi sia sulla quantità che sulla qualità degli strumenti finanziari utilizzati dalla società, in dipendenza delle caratteristiche di gestione operativa legate al perseguimento dell'oggetto sociale.

In tale ottica, il principio contabile internazionale IFRS 7 “Strumenti finanziari: informazioni integrative” può rappresentare la principale fonte interpretativa della disciplina civilistica per quanto riguarda il rischio di mercato, il rischio di credito ed il rischio di liquidità, come di seguito definiti:

  1. il rischio di mercato è il rischio che il fair value o i flussi finanziari futuri di uno strumento finanziario fluttuino in seguito a variazioni dei prezzi di mercato. Il rischio di mercato comprende tre tipi di rischio: il rischio di valuta, il rischio di tasso d'interesse e altro rischio di prezzo;
  2. il rischio di credito è il rischio che una delle parti di uno strumento finanziario causi una perdita finanziaria all'altra parte per il mancato adempimento di un'obbligazione;
  3. il rischio di liquidità è il rischio che un'entità abbia difficoltà ad adempiere alle obbligazioni conseguenti alle passività finanziarie.
Le informazioni specifiche

Il Legislatore ha inteso inserire all'interno della relazione sulla gestione una serie di richieste di comunicazione specifiche ritenute di particolare interesse per il lettore del bilancio di esercizio. Tali informazioni riguardano:

  • ambiente e personale
  • attività di ricerca e sviluppo;
  • rapporti con imprese del gruppo;
  • azioni proprie e azioni o quote di società controllanti possedute dalla società;
  • rapporti con il soggetto che esercita l'attività di direzione e coordinamento.

Con riferimento alle informazioni relative all'ambiente e al personale, il Legislatore non ha imposto in senso assoluto la produzione di tali informazioni, subordinandone la presenza alla valutazione della loro idoneità a contribuire “alla comprensione della situazione della società e dell'andamento e del risultato della sua gestione”. L'espressione “se del caso” può intendersi nel senso che all'organo amministrativo sia riconosciuto un certo margine di discrezionalità nella scelta di far confluire nella relazione sulla gestione alcune informazioni sociali e/o ambientali, tenendo conto della loro funzione strategica o della loro criticità economica, dimensionale e settoriale. Una simile elasticità di comportamento, in effetti, sarebbe direttamente correlata al dimensionamento aziendale, al settore produttivo di appartenenza e alle caratteristiche operative. In tema, peraltro, la Direttiva 2014/95/UE, recepita nel nostro Paese con il D.Lgs. n. 254/2016, ha previsto un obbligo più stringente di disclosure rispetto a diversi temi di sostenibilità, cui sono soggetti gli enti di interesse pubblico (EIP) che superino specifici limiti dimensionali (l'allegato 3 al Documento in commento fornisce un'indicazione delle principali informazioni relative all'ambiente e al personale).

Per quanto attiene all'illustrazione dell'attività di ricerca e sviluppo svolta, le informazioni della relazione sulla gestione dovrebbero, quindi, essere riferite agli investimenti effettuati per ricerca e sviluppo, dando conto delle motivazioni sottese alla capitalizzazione (piuttosto che all'imputazione a conto economico), dell'utilità futura rinvenibile nei progetti, del piano degli investimenti ancora da effettuare in sintonia con la strategia aziendale. Qualora le informazioni già risultino nella nota integrativa, può essere opportuno rinviare al contenuto del bilancio. Le indicazioni di cui sopra dovrebbero essere riferite ai singoli settori per le imprese multibusiness, laddove fattibile e utile alla lettura.

Con riferimento ai rapporti con imprese del gruppo, il Documento in commento precisa che per “rapporti” devono intendersi le relazioni intrattenute con le imprese controllate, con le imprese collegate, con le imprese controllanti nonché con le società controllate dalla medesima controllante (c.d. società consorelle o cugine). Ai fini dell'identificazione delle società interessate occorre osservare che vanno considerate anche le controllate e collegate alle quali si partecipi per il tramite di società controllate, di interposta persona o di società fiduciaria.

I sopra richiamati rapporti includono, ma non si esauriscono con, le relazioni finanziarie e commerciali, presenti ma anche future, che non trovano una completa rappresentazione dal semplice richiamo alle informazioni contenute nei prospetti quantitativi. Rientrano nelle relazioni con le imprese del gruppo, quindi, anche le relazioni che non hanno necessariamente una ricaduta in termini monetari sulla gestione aziendale oppure che non l'hanno ancora avuta.

Con riferimento alle operazioni transnazionali realizzate con altre imprese del gruppo, si suggerisce di fornire nella Relazione un commento sulle scelte strategiche adottate dall'impresa in coerenza con gli obiettivi perseguiti dal gruppo (es. acquisizione di una maggiore quota commerciale nel mercato di sbocco dei prodotti o dei servizi commercializzati) e con quanto previsto dall'art. 2427, comma 1, n. 22-bis, A tale riguardo, viene suggerito dal Documento in commento che sarebbe opportuno effettuare nella relazione sulla gestione un espresso rinvio, per maggiori approfondimenti su specifiche operazioni finanziarie e commerciali, alla eventuale documentazione in materia di transfer pricing, elaborata dall'impresa alla data di redazione della relazione.

La relazione sulla gestione deve comprendere anche specifiche informazioni inerenti la posizione di investimento in azioni proprie e in azioni o quote di società controllanti. Nello specifico, si richiede di indicare:

  • il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, con indicazione della parte di capitale corrispondente;
  • il numero e il valore nominale delle azioni proprie e delle azioni o quote di società controllanti acquistate o cedute nel corso dell'esercizio, direttamente o per il tramite di società fiduciaria o di interposta persona, con l'indicazione della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni.

Si ricorda che l'indicazione delle informazioni sopra riportate nella nota integrativa consente alle società che non superano per due esercizi consecutivi due dei tre parametri dell'art. 2435-bis, comma 1, di non redigere la relazione sulla gestione.

Il CNDCEC e Confindustria avevano avuto, poi, già modo di suggerire - in considerazione del fatto che le azioni proprie a partire dai bilanci dell'esercizio 2016 non sono più iscritte nell'attivo patrimoniale, bensì come riduzione del patrimonio netto - di indicare nella Relazione l'effettivo valore delle azioni proprie possedute. Tale informazione appare, infatti, utile soprattutto laddove le azioni proprie abbiano subito rilevanti riduzioni di valore.

Si segnala, infine, che la norma invita a fornire informazioni sui flussi degli acquisti e delle alienazioni se successivi e ripetuti nel corso dell'esercizio; l'informativa non si deve quindi considerare esaurita con l'indicazione del mero dato statico come emerge alla fine dell'esercizio, ma deve essere la rappresentazione degli scambi posti in essere e delle ragioni economiche che sottostanno a tale scelta.

Rammentando che l'art. 2497-bis, comma 5, prevede che “... gli amministratori devono indicare nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi con chi esercita l'attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette, nonché l'effetto che tale attività ha avuto sull'esercizio dell'impresa sociale e sui suoi risultati”, la relazione sulla gestione dovrà analiticamente illustrare gli stessi al fine di garantire la trasparenza nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento per mettere i soci e i creditori sociali nelle condizioni di essere tutelati nei propri interessi contro l'eventuale pregiudizio che tale attività reca alla società del gruppo. Ulteriormente, l'art. 2497-ter prevede che “Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione”; di esse deve essere dato adeguato conto nella relazione sulla gestione. Attraverso l'informativa desumibile sia dalla nota integrativa sia dalla relazione sulla gestione il lettore del bilancio di esercizio acquisisce quindi gli elementi per valutare in concreto l'eventuale sussistenza dell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento e, conseguentemente, se e in che termini tale esercizio ha pregiudicato la redditività ed il valore della partecipazione sociale ovvero cagionato nocumento all'integrità del patrimonio della società.

In particolare, la richiesta in apposita sezione della nota integrativa dei dati essenziali dell'ultimo bilancio della società o dell'ente che esercita su di essa l'attività di direzione e coordinamento risponde all'esigenza di conoscenza dei soci e dei creditori sociali su quello che è il valore e la composizione del patrimonio a garanzia della responsabilità del soggetto che esercita l'attività di direzione e coordinamento. Il riferimento è dunque all'ultimo bilancio di esercizio approvato in quanto è l'ultimo documento ufficiale da cui si evince il patrimonio posto a garanzia di tale responsabilità.

L'illustrazione dell'evoluzione prevedibile della gestione

Il Legislatore prevede che nella relazione sulla gestione venga data illustrazione della prevedibile evoluzione della gestione anche sulla scorta di documenti di programmazione (per es., budget) predisposti dall'impresa. La relazione sulla gestione deve cioè indicare, anche in modo sintetico, alla luce di quanto indicato all'interno del documento, le previsioni inerenti l'esercizio (o gli esercizi) a venire sviluppate dall'organo amministrativo.

A questo riguardo, considerate anche le informazioni ottenute nel corso del periodo che va dalla chiusura dell'esercizio alla formazione del bilancio, devono essere forniti alcuni orientamenti generali dell'azienda e per settore.

Laddove siano presenti dubbi sulla sussistenza del presupposto della continuità aziendale, l'impresa - richiamando anche il contenuto della nota integrativa – deve esporre le modalità e le attività per mezzo delle quali si auspica un ripristino dell'equilibrio economico e finanziario o altrimenti le operazioni da porre in essere per reagire alla crisi in essere.

Le informazioni contenute nella Nota integrativa, se rilevanti, sono riproposte ed ampliate nella Relazione sulla gestione, tenendo in considerazione elementi non sempre riportati nella Nota integrativa, quali le connessioni con le operazioni intraprese per garantire la continuità aziendale con l'evoluzione strategica e futura dell'attività, l'illustrazione delle assunzioni alla base del piano e un esame più dettagliato concernente l'analisi macro e micro economica considerata.

Guida all'approfondimento

Sui contenuti della Direttiva 2013/34/UE si veda C. Sottoriva, La riforma della redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato, Giuffrè Editore, Milano, 2014.

Per un'analisi della riforma della redazione del bilancio della redazione del bilancio alla luce del D.Lgs. 139/2015 si veda:

AA.VV., a cura di A. Palma, Il bilancio di esercizio. Profili aziendali, giuridici e principi contabili, V, Giuffrè Editore, Milano, 2016.

Savioli G., Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili nazionali, Giuffrè Editore, Milano, 2017.

Superti Furga F., Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, V, Giuffrè Editore, Milano, 2017.

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