Decreto Bersani: con patto di quota lite leciti compensi superiori al massimo tariffario
19 Luglio 2018
Il caso. Il tribunale di Torre Annunziata, in parziale accoglimento dell'opposizione proposta contro un decreto ingiuntivo avente ad oggetto somme per compensi dovuti per prestazioni professionali dell'avvocato, riteneva valido il patto di quota lite intercorso tra le parti in data 15.12.2009 (in quanto sottoscritto nell'arco temporale di vigenza del d.l. n. 223/2006 cd. decreto Bersani). La Corte d'appello di Napoli rigettava il gravame.
Gli opponenti hanno proposto ricorso per cassazione contro tale decisione.
Decreto Bersani e patto di quota lite. Il patto di quota lite oggetto del giudizio è stato stipulato il 15.12.2009 ed è relativo all'attività prestata dall'avvocato in favore degli opponenti in una controversia conclusasi con una transazione; detto patto prevedeva che il professionista avrebbe avuto diritto al 50% dell'importo da recuperare.
Non vi è dubbio, a parere del Collegio, che tale patto è stato stipulato nella vigenza del d.l. n. 223/2006 è quindi regolamentato dalla disposizioni in esso contenute.
Compensi superiori al massimo tariffario. Pertanto, la questione di cui si sono occupati i Giudici è se con il patto in esame, si possa o meno superare il massimo tariffario.
La Corte ritiene che le tariffe massime hanno un ruolo sussidiario e recessivo rispetto all'accordo delle parti e continuano ad essere obbligatore, in base al disposto dell'art. 2, comma 2, d.l. n. 223/2006, solo nel caso in cui tra avvocato e cliente non sia stato concluso un patto. Ne consegue che, una volta affermata la legittimità del patto di quota lite ed il ruolo sussidiario delle tariffe rispetto alla volontà delle parti, è consentito a quest'ultime, attraverso tale patto, accordarsi per un compenso anche superiore al massimo tariffario.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e, data la novità della questione trattata, compensato le spese di lite tra le parti. |