I rimedi processuali contro il decreto di revoca del concordato

25 Luglio 2018

Il provvedimento di revoca del concordato preventivo ai sensi dell'art. 173 l. fall. non ha carattere decisorio e, esaurendo il procedimento concordatario, non è modificabile dalla autorità giudiziaria che lo ha emesso.
Massima

Il provvedimento di revoca del concordato preventivo ai sensi dell'art. 173 l. fall. non ha carattere decisorio e, esaurendo il procedimento concordatario, non è modificabile dalla autorità giudiziaria che lo ha emesso.

Esso risulta reclamabile ex art. 26 l. fall., applicato per analogia, come si ricava implicitamente dalle disposizioni di cui agli artt. 162, 179 e 180 l. fall.

Il caso

Disposta a norma dell'art. 173 l. fall. la revoca della ammissione alla procedura di concordato preventivo, e dichiarato il fallimento, la società debitrice proponeva reclamo alla Corte d'Appello di Venezia la quale, a sua volta, revocava la sentenza dichiarativa, annullando il decreto e rimettendo gli atti al giudice di prime cure.

La curatela impugnava la decisione della corte territoriale e la Corte di Cassazione dichiarava la nullità della sentenza di fallimento (in quanto pronunciata in violazione del diritto al contraddittorio), riformando anche il provvedimento della Corte d'Appello in ordine alla revoca del concordato preventivo.

Poiché la sentenza di legittimità, nel rinviare al giudice di primo grado, aveva circoscritto il thema decidendum alla sola parte della decisione riguardante i presupposti per la dichiarazione di fallimento, lasciando immutato il decreto di revoca del concordato preventivo (e provocandone così la reviviscenza), il Tribunale di Rovigo si è soffermato sulla sorte di tale provvedimento, ed in particolare sulle proprie prerogative in ordine alla possibilità o meno di modificarlo.

La risposta negativa muove dal presupposto che il decreto di revoca dell'ammissione al concordato preventivo esaurisca il procedimento da quella originato, sicché esso deve ritenersi non riformabile dalla autorità giudiziaria che l'ha emesso.

Ad avviso del Tribunale il provvedimento di revoca (cui non abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento), in quanto privo di contenuto decisorio, è piuttosto reclamabile ai sensi dell'art. 26 l. fall., applicato in via analogica.

Tanto si ricava sia dal testo stesso dell'art. 173 l. fall., che a differenza di altre disposizioni in tema di concordato preventivo non esclude esplicitamente la reclamabilità del provvedimento di revoca assunto in forza della predetta norma, sia dalla considerazione secondo la quale, laddove l'omologazione venisse negata per effetto della medesima fattispecie, il relativo decreto di rigetto risulterebbe reclamabile ai sensi dell'art. 183 l. fall.

Di qui, ricorrendone tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi, la dichiarazione di fallimento della società debitrice.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Attesa la peculiare complessità della articolata vicenda processuale conclusasi con il decreto qui annotato, e considerati altresì i molteplici scenari ai quali la fattispecie di cui all'art. 173 l.fall. può dare luogo, conviene anzitutto delimitare il tema oggetto di approfondimento.

E' noto che, per effetto delle modifiche che hanno interessato la predetta norma nell'ambito delle significative riforme intervenute nel decennio scorso, il sub-procedimento che scaturisce dalla segnalazione, da parte del commissario giudiziale, di circostanze rilevanti ai sensi della stessa non necessariamente si chiude, come in passato, con la sentenza di fallimento dell'impresa ammessa al concordato preventivo.

Ed invero, venuta meno l'iniziativa ufficiosa in capo al tribunale, per procedere alla dichiarazione di fallimento è ora indispensabile apposita istanza da parte dei creditori o del pubblico ministero.

Per altro verso, anche il presupposto oggettivo di apertura delle rispettive procedure concorsuali potrebbe non coincidere, dal momento che per l'accesso al concordato preventivo è sufficiente che l'impresa versi in stato di crisi.

Alla stregua del nuovo assetto normativo, la segnalazione ex art. 173 l.fall. può dunque provocare:

  • un decreto di non luogo a provvedere, laddove il tribunale ritenga che essa non sia fondata, o comunque che le ragioni addotte dal commissario giudiziale non siano rilevanti ai sensi della norma e della sua elaborazione giurisprudenziale;
  • la revoca del decreto di ammissione alla procedura concordataria e, ricorrendone le anzidette condizioni, la dichiarazione di fallimento del debitore;
  • la revoca del decreto di ammissione al concordato preventivo, con il semplice arresto della procedura concorsuale, senza ulteriori conseguenze in capo all'impresa debitrice.

Nel primo caso, non è previsto alcun rimedio processuale. Fermo restando che la segnalazione può essere ripresentata, evidentemente in relazione a circostanze diverse da quelle già valutate negativamente, il commissario giudiziale non risulta infatti legittimato (né, a ben vedere, figura titolare di un interesse in tal senso) a richiedere la riforma del provvedimento di diniego.

Qualora alla revoca del decreto di ammissione si accompagni la dichiarazione di fallimento, è espressamente prevista (al capoverso dell'art. 173 l.fall.) la possibilità di proporre reclamo secondo quanto stabilito dall'art. 18 l.fall. e col più ampio effetto devolutivo, potendosi allegare a sostegno del gravame anche argomentazioni di diritto e circostanze di fatto non sollevati nel procedimento davanti al tribunale (Cass. 18 gennaio 2017, n. 1169; Cass. 22 giugno 2016, n. 12964; Cass. 23 giugno 2011, n. 13817).

L'ultima ipotesi investe la questione di diritto affrontata e risolta dal Tribunale di Rovigo con il provvedimento in epigrafe.

Come si è esposto nel paragrafo precedente il Tribunale, dato atto che il decreto di revoca precedentemente assunto (e non travolto dalle decisioni susseguitesi per effetto delle impugnazioni rispettivamente interposte dalla ricorrente e dalla curatela) non risultava modificabile dall'autorità giudiziaria che l'aveva emesso, e richiamato un recente arresto (vedi infra) della corte regolatrice in ordine al carattere non decisorio di siffatto provvedimento, ne ha affermato la impugnabilità, individuando a tal fine, quale rimedio attuabile sul piano processuale, il reclamo previsto dall'art. 26 l.fall.

I riferimenti dottrinali e giurisprudenziali citati a conforto di tale soluzione, e che come si dirà non risultano affatto univoci, testimoniano le incertezze che la revoca del concordato preventivo in dipendenza delle fattispecie di cui all'art. 173 l.fall., non accompagnata dalla dichiarazione di fallimento, suscita tra gli interpreti.

Tali criticità derivano dal silenzio della ripetuta norma (che appunto si limita a prevedere il reclamo ex art. 18 l.fall. nei soli casi di consequenziale fallimento) circa le conseguenze processuali che si determinano laddove il provvedimento del tribunale si limiti a provocare il solo arresto della procedura concordataria.

Secondo il Tribunale di Rovigo proprio l'assenza di apposita disciplina della fattispecie, raffrontata a quanto stabilito dagli artt. 162 e 179 l.fall., che invece prevedono espressamente la non reclamabilità dei decreti di con i quali viene dichiarata l'inammissibilità della domanda e l'improcedibilità per la mancata approvazione della proposta, autorizza a ritenere reclamabile il decreto di revoca.

Tale soluzione, oltre a garantire il controllo giurisdizionale sul provvedimento di revoca, è avvalorata anche dalla considerazione che, nell'ipotesi di diniego della omologazione per ragioni riconducibili all'art. 173 l.fall., il relativo decreto sarebbe impugnabile ai sensi dell'art. 183 l.fall.

Osservazioni

La decisione in punto reclamabilità del decreto di revoca ex art. 173 l.fall. appare condivisibile, ma non del tutto convincente sotto il profilo argomentativo.

Al riguardo, desta anzitutto qualche riserva il criterio interpretativo in virtù del quale l'omessa previsione della non impugnabilità di tale provvedimento, diversamente da quanto stabilito dall'art. 162 l.fall., giustificherebbe la soluzione adottata.

Ed invero, al cospetto di una lacuna normativa, l'argomentazione a contrariis rappresenta canone ermeneutico sussidiario rispetto a quello per analogia, la cui applicazione avrebbe condotto alla soluzione opposta, dal momento che entrambe le fattispecie (il decreto di inammissibilità della domanda ed il provvedimento di revoca dell'ammissione) si riferiscono all'arresto della procedura concordataria.

Anche il richiamo al principio di diritto contenuto nel recente arresto delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SS.UU., 28 dicembre 2016, n. 27073), che ha ribadito il carattere non decisorio (e non definitivo) del decreto di revoca emesso ai sensi dell'art. 173 l.fall., negando conseguentemente che esso possa formare oggetto di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., non risulta pertinente.

Ancorché incidentalmente, infatti, la corte regolatrice ha rammentato di avere già dato risposta negativa al quesito circa la reclamabilità alla corte d'appello del provvedimento di revoca dell'ammissione, citando un precedente della giurisprudenza di legittimità sulla specifica questione (Cass., 8 maggio 2014, n. 9998).

Inoltre, l'affermazione del carattere non decisorio di siffatto provvedimento pare condurre in tutt'altra direzione, potendosi (se non dovendosi) interpretare nel senso della riproponibilità della domanda di concordato preventivo, che renderebbe dunque superfluo il reclamo.

Si è detto che le incertezze sulla impugnabilità del decreto di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, non accompagnata dalla dichiarazione di fallimento, derivano dal silenzio della norma circa la sussistenza o meno di rimedi esperibili in tale situazione.

Più precisamente, trattasi di un difetto di coordinamento: venuto meno l'automatismo revoca/fallimento, il legislatore ha omesso di disciplinare siffatta eventualità, non infrequente nella prassi.

Nell'immediatezza della riforma, si è da più parti ritenuto che, per analogia con quanto stabilito dal capoverso dell'art. 162 l.fall. (e dall'art. 179 l.fall., che lo richiama espressamente), il decreto che revoca l'ammissione alla procedura concordataria non potesse formare oggetto di impugnazione.

Nello stesso senso si era espressa anche la giurisprudenza (App. Salerno 19 ottobre 2010; App. Venezia 30 agosto 2011, che tuttavia aveva riconosciuto la ricorribilità in cassazione ex art. 111 cost.).

Tenuto conto della rilevanza della questione, ed approfonditene le conseguenze, si è osservato come la disposizione di cui all'art. 162 l.fall., che regola il diniego di ammissione al concordato preventivo, non potesse applicarsi per analogia alla fattispecie della revoca ai sensi dell'art. 173 l.fall..

Non solo, e non tanto, per la diversità dei presupposti, quanto in considerazione degli effetti che scaturiscono dai provvedimenti emessi nelle ipotesi anzidette.

In particolare, buona parte della dottrina ha rilevato che il rimedio della riproponibilità della domanda non può ritenersi appagante laddove, come spesso accade, il decreto di revoca intervenga nella fase avanzata della procedura, con il pregiudizio che ne consegue.

E sotto questo profilo, la possibilità del ricorso per cassazione, tutt'altro che pacifica, non avrebbe scongiurato tale nocumento, tenuto conto dei tempi normalmente occorrenti per ottenere la pronuncia di legittimità.

Di qui la progressiva affermazione della corrente di pensiero, vieppiù diffusa (e richiamata anche in seno al decreto annotato), secondo la quale il provvedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, senza susseguente dichiarazione di fallimento, può formare oggetto di autonoma e specifica impugnazione.

Tale orientamento risulta ora prevalente in dottrina, nel cui ambito si discute piuttosto del rimedio all'uopo esperibile, ovverosia se il reclamo debba proporsi ai sensi dell'art. 739 c.p.c., quale mezzo generale previsto per il rito camerale, oppure (come opinato dal Tribunale di Rovigo) a norma dell'art. 26 l.fall.

Conclusioni

Ancorché la sua motivazione non risulti pienamente convincente, si ribadisce che il provvedimento appare condivisibile.

In particolare, si deve convenire circa l'autonoma reclamabilità del decreto di revoca dell'ammissione al concordato preventivo.

Oltre alle evidenti ragioni di economia processuale già menzionate, milita in tal senso l'interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all'art. 173 l.fall.

E' infatti indubbio, sotto questo profilo, l'interesse della parte ad ottenere la riforma del decreto di arresto della procedura concordataria, soprattutto laddove esso tragga origine dalla contestazione di condotte fraudolente.

Ciò premesso, è altrettanto pacifico non solo che vi sia una evidente lacuna normativa, ma pure che, secondo la più recente ed autorevole giurisprudenza di legittimità, il predetto provvedimento non risulti impugnabile.

In siffatto contesto la soluzione adottata, e predicata dalla prevalente dottrina, non può ritenersi appagante, tanto più che, versandosi in materia di rimedi processuali, sarebbe necessaria la più assoluta certezza in ordine alla esperibilità, al termine ed alla forma stessa del reclamo.

Guida all'approfondimento

In giurisprudenza, si vedano Cass. SS.UU., 28 dicembre 2016, n. 27073, in questo portale, 2017, con nota di V. Palladino, Il dictum delle S.U. sull'impugnabilità dei provvedimenti emessi nella procedura di concordato; Cass. 23 febbraio 2016, n. 3472, ivi, 2016, con nota di M. Giorgetti – S. Nadin, Il carattere definitivo del provvedimento di inammissibilità del concordato preventivo; Cass. 8 maggio 2014, n. 9998 Cfr. altresì App. Venezia 30 agosto 2011, in Il caso; App. Salerno 19 ottobre 2010, in Fall. 2011.

In dottrina, a favore della reclamabilità del decreto di revoca ex art. 173 l.fall., P.G. Demarchi, I provvedimenti immediati, in S. Ambrosini – P. G. Demarchi – M. Vitiello, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, Bologna, 2009, 145; M. Montanari, Sul regime impugnatorio della revoca dell'ammissione al concordato preventivo non seguita da dichiarazione di fallimento, in Fall., 2011, 341; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 552; A. Penta, La revoca del concordato preventivo, in Fall. 2011, 745; S. F. Canazza, Revoca del concordato preventivo in assenza di contestuale dichiarazione di fallimento e reclamabilità del decreto emesso, in Fall., 2018, 75; R. Fava, Nuovi orientamenti in tema di revoca dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo: i poteri del commissario giudiziale e il regime di impugnazione del provvedimento, in Dir. fall. 2015, II, 217.

Contra, V. Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 235; P.F. Censoni – S. Bonfatti, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2009, 512; M. Gaboardi, Decreti del giudice delegato, in AA.VV., Commentario alla legge fallimentare, Artt. 125-215 e disposizioni transitorie, Milano, 2010, 482.

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