Il domicilio digitale dell'avvocato e la notifica delle decisioni disciplinari del CNF

Redazione scientifica
27 Luglio 2018

Con l'introduzione del domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al proprio ordine di appartenenza, non è più possibile la notifica della decisione disciplinare presso gli uffici del Consiglio Nazionale Forense, salvo che l'indirizzo PEC non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

Il caso. Il COA di Velletri aveva istaurato svariati procedimenti disciplinari nei confronti di un avvocato per aver adoperato in atti giudiziari e nella corrispondenza epistolare, «espressioni sconvenienti e offensive» nei confronti di molti soggetti. All'esito dei procedimenti veniva applicata all'avvocato la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione. Tale decisione veniva in parte riformata dal Consiglio Nazionale Forense.

Il professionista ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che erroneamente la sentenza impugnata era stata notificata presso il Consiglio Nazionale Forense, mentre avrebbe dovuto essere eseguita presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo PEC. Di conseguenza, operando il termine lungo per impugnare, il ricorso sarebbe tempestivo.

Termine per impugnare la decisione disciplinare. I Giudici ricordano che la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisione del CNF è soggetta a termine breve di 30 giorni, salvo l'applicabilità del termine lungo «nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d'ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa».

Domicilio digitale e processo davanti al CNF. Osserva il Supremo Collegio che, a seguito dell'introduzione del domicilio digitale, è previsto che ciascun avvocato indichi all'ordine di appartenenza il proprio indirizzo PEC, ai sensi dell'art. 16-sexies d.l. n. 179/12 (come modificato dal d.l. n. 90/2014). A ciò consegue che «non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario procedente (…) anche se l'avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo», salvo che l'indirizzo PEC non sia accessibile per causa imputabili al destinatario.

Il principio richiamato deve essere esteso anche al processo davanti al CNF.

Conseguentemente, rileva la suprema Corte, risulta dagli atti che l'indirizzo PEC dell'avvocato non era inaccessibile e, quindi, non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio Nazionale Forense e, in questo modo, si rende effettivamente operante il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c..

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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