Accordi di ristrutturazione e loro attuazione giuridica: il ruolo del notaio

Vincenzo Gunnella
30 Luglio 2018

La normativa, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti ha seguito un percorso, di per sé coerente, che ha progressivamente trasformato l'istituto, all'origine indiscutibilmente di natura negoziale, fino a far pensare alla sua assimilabilità tout court agli istituti di natura concorsuale ed in particolare al concordato preventivo.
Premessa

Come molti Autori hanno osservato, la normativa, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti ha seguito un percorso, di per sé coerente, che ha progressivamente trasformato l'istituto, all'origine indiscutibilmente di natura negoziale, fino a far pensare alla sua assimilabilità tout court agli istituti di natura concorsuale ed in particolare al concordato preventivo.

La disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti è stata inserita nella l. fall. ad opera della l. 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del d.l. 14 marzo 2005 n. 35 (cd. “decreto competitività”) per recepire la prassi degli accordi extragiudiziali che venivano stipulati tra imprenditori di grandi dimensioni e la maggior parte dei loro creditori. Contestualmente alla conversione in legge del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 è stato presentato un emendamento contenente la delega per la riforma organica delle procedure concorsuali che ha trovato esecuzione con il D.lgs n. 6/2005 perseguendo due obiettivi fondamentali :

  • spostare l'interesse delle procedure dalla par condicio creditorum alla salvaguardia dei valori aziendali (occupazione, innovazione ecc.);
  • semplificare il ricorso alle procedure per ridurre i tempi di gestione, consentendo la possibilità di tutelare il valore aggiunto dell'azienda.

Questo secondo intervento normativo modifica la rubrica del capo V del titolo III del R.D. 267/1942 sostituendola con una nuova formulazione: “Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione dei debiti”.

La prassi di questi accordi extragiudiziali tendeva a superare i difetti del ricorso alle tradizionali procedure concorsuali soprattutto basandosi sulla loro flessibilità e rapidità, non essendo soggetti ad alcun controllo giudiziario; superati i dubbi che potevano nascere in ordine alla possibilità per l'autonomia privata di individuare soluzioni alternative rispetto alla procedura concorsuale, rimanevano tuttavia cinque ordini di rischio, cui le parti dell'accordo erano esposte:

  • revocatoria fallimentare;
  • azioni esecutive sul patrimonio del debitore;
  • mancata garanzia di prededucibilità della nuova finanza;
  • sanzioni penali;
  • abusiva concessione di credito.

La prima versione dell'articolo 182-bis, quella del 2005, risolveva solamente il primo degli elementi di rischio sopra segnalati, statuendo l'esenzione da revocatoria, in caso di fallimento, degli atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione dell'accordo omologato, similmente a quanto previsto per i piani attestati di risanamento e per il concordato preventivo (art. 67, 3° comma, lett. d) ed e) l.f.).

In seguito, con il decreto correttivo n. 169/2007, è stato introdotto il divieto, per i creditori anteriori alla pubblicazione dell'accordo, di iniziare o proseguire, per un periodo di sessanta giorni, azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore.

Il quadro normativo si è inoltre ulteriormente arricchito, rispetto alla versione originaria, con la previsione dei pre-accordi (sesto, settimo e ottavo comma dell'art. 182-bis) che consentono di anticipare l'effetto protettivo al momento di apertura delle trattative per i creditori e con la estensione, nel 2011, dell'istituto agli imprenditori agricoli.

Sempre nell'ambito dell'evoluzione normativa degli accordi di ristrutturazione:

  • l' art. 182-quater, introdotto dal d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito in legge 30/07/2010, n. 122 e modificato dal d.l. 22/06/2012, n. 83, convertito nella legge n. 134 del 7/08/2012 e dal d.l. 83/2015 ha introdotto il riconoscimento della prededuzione alla nuova finanza erogata in funzione degli accordi di ristrutturazione ;
  • l'art. 182-quinques introdotto dal d.l. 22/06/2012, n. 83, convertito in legge 7/08/2012, n. 134, e modificato dal d.l. 27/06/2015, n. 83, convertito, con modifiche, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 favorisce la continuità aziendale e la stabilità del concordato, promuovendo l'accesso al credito attraverso la prededucibilità;
  • l'art. 182-sexies, anch'esso introdotto dal d.l. n. 83/2012, dimostra la predilezione del legislatore per la risoluzione preventiva della crisi dell'impresa concedendo che, durante i procedimenti di concordato preventivo e di omologazione degli accordi di ristrutturazione, gli obblighi di capitalizzazione della società rimangano sospesi;
  • l'art. 182-septies introdotto con d.l. 83/2015 ha introdotto la variabile degli accordi conclusi con gli intermediari finanziari, consentendo all'accordo di produrre effetti anche al di fuori della sfera giuridica di coloro che li hanno sottoscritti.

Sempre nel 2012 è stato previsto che la domanda ex art. 161 possa contenere la richiesta di ammissione al concordato preventivo ovvero di omologa di un accordo, dando luogo a quella fattispecie chiamata a X dagli addetti ai lavori.

Da ultimo, la legge delega di riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza ha previsto che tra le materie che il Governo dovrà riformare vi siano gli “accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento”. La legge incentiva le forme di risoluzione stragiudiziale e a t tale fine il Governo deve attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) estendere la procedura di cui all'articolo 182-septies delle L.F. all'accordo di ristrutturazione non liquidatorio o alla convenzione di moratoria conclusi con creditori, anche diversi da banche e intermediari finanziari, che rappresentano almeno il 75% dei crediti di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee;

b) eliminare o ridurre il limite del 60 % dei crediti previsto dall'art. 182-bis L.F., se il debitore non propone la moratoria del pagamento dei creditori estranei, né richiede le misure protettive previste dal comma 6 dell'art. 182-bis;

c) assimilare la disciplina delle misure protettive degli accordi di ristrutturazione dei debiti a quella prevista per la procedura di concordato preventivo, in quanto compatibile;

d) estendere gli effetti dell'accordo ai soci illimitatamente responsabili, alle stesse condizioni previste dalla disciplina del concordato preventivo;

e) prevedere che il piano attestato abbia forma scritta, data certa e contenuto analitico;

f) imporre la rinnovazione delle prescritte attestazioni nel caso di successive modifiche, non marginali, dell'accordo o del piano.

Istituto di natura privatistica o concorsuale?

Tutto questo percorso normativo ha indotto alcuni interpreti ad individuare una assimilazione di questo istituto ad una vera e propria procedura concorsuale.

La recezione della tesi della concorsualità è stata sostenuta dalla Corte di Cassazione in una recentissima sentenza (Cass. n. 1896/2018), la quale - nel riconoscere il beneficio della prededuzione ai crediti professionali derivanti da prestazione di attività funzionali alla omologazione di un accordo ex art. 182-bis l.fall. nel fallimento consecutivo, ha affermato l'appartenenza al diritto concorsuale dell'istituto de quo (pur senza dichiararne esplicitamente la natura di procedura concorsuale).

Affermano i Giudici della Suprema Corte che “per quanto suscettibile di venir in considerazione come ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi dell'impresa, e per quanto oggetto di annosi dibattiti dottrinali, l'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro, suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali. L'appartenenza al diritto concorsuale può del resto considerarsi implicitamente contrassegnata dalle decisione nelle quali questa Corte ha accostato l'accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell'ottica delle procedure alternative al fallimento”.

La pronuncia merita dunque di essere segnalata in quanto è destinata senz'altro ad alimentare un dibattito in cui, in assenza di un intervento del legislatore, non si sono ancora raggiunte delle certezze interpretative e applicative.

E' stato tuttavia giustamente rilevato che, non essendovi alcuna norma di chiusura che preveda l'applicabilità della disciplina del concordato preventivo agli accordi, in quanto compatibili, anche a voler accettare tale principio, occorre limitarne l'applicazione al caso concreto esaminato dalla Cassazione, vale a dire la prededucibilità dei crediti funzionali all'apertura degli accordi di ristrutturazione, senza poterne trarre conclusioni di carattere sistematico.

Invero, l'impostazione negoziale dell'accordo di ristrutturazione dei debiti risulta pregnante in considerazione non solo della piena libertà e autonomia del debitore nello scegliere il contenuto dell'accordo ed i creditori con i quali raggiungere l'intesa, ma soprattutto per la natura e le caratteristiche del procedimento di formazione di tali accordi, il quale non prevede la nomina di alcun organo della procedura (né la figura del Giudice Delegato né quella del commissario giudiziale), né una compiuta organizzazione dei creditori come collettività.

Inoltre, non è prevista né può verificarsi una regolazione concorsuale del dissesto, in quanto non tutti i creditori sono coinvolti nell'accordo, e qualunque intesa venga recepita ed attuata essa limita i propri effetti ai sottoscrittori dell'accordo, giacché, come per tutti i contratti, ed in ossequio al principio di relatività ai cui all'art 1372 c.c., gli effetti vincolano solo le parti contraenti. L'accordo di ristrutturazione non svolge, da ultimo, alcun effetto sull'autonomia negoziale e patrimoniale del debitore, il quale non subisce alcuna forma di spossessamento o di limitazione dei poteri, né è soggetto ai controlli esercitati dal Tribunale fallimentare.

In conclusione, essendo limitato l'intervento del Tribunale unicamente all'omologa dell'accordo, i migliori interpreti riconoscono che l'istituto si colloca in una zona di confine tra l'autonomia privata e la supervisione pubblicistica che pure è necessaria affinché si accerti la rispondenza dell'accordo alla fattispecie legalmente prevista, e questo rende particolarmente dedicato l'intervento dell'interprete, che deve essere attento a conservare il valore negoziale dell'istituto, senza compromettere le garanzie che spettano a coloro che non hanno partecipato all'accordo. Di tale assetto sostanziale sembra tener conto l'amministrazione finanziaria, che nella circolare 27/E del 21 giugno 2012 osserva che “tali accordi sono caratterizzati da una prima fase a carattere stragiudiziale, nella quale il debitore e i creditori pervengono ad un accordo sul risanamento dell'impresa mediante regolamento consensuale della situazione debitoria, ed una seconda a carattere giudiziale, nella quale l'accordo raggiunto, pubblicato nel registro delle imprese al fine di consentire la formulazione di eventuali opposizioni, è soggetto alla procedura di omologazione”. A tale ultimo proposito, il legislatore ha lasciato ampia libertà all'autonomia privata con riferimento all'oggetto del piano di ristrutturazione dei debiti.

Nozione e natura giuridica

Se le considerazioni sin qui svolte sono condivise, una volta acquisita la natura autonoma, rispetto al concordato preventivo, dell'istituto in questione, appare possibile analizzare con maggior consapevolezza il profilo strutturale dell'accordo di ristrutturazione; abbastanza intuibile, infatti, è la sua configurazione come istituto di diritto privato, e più precisamente come contratto.

In particolare, secondo alcuni autori, l'istituto in esame può essere inquadrato nella categoria del contratto plurilaterale con comunione di scopo, sorretto da una causa unitaria (la sopravvivenza del complesso produttivo o la continuazione dell'attività). La configurazione dell'accordo in termini di contratto plurilaterale ne determina tuttavia l'esposizione rispetto alle vicende che vanno ad incidere sulla validità e l'efficacia del vincolo tra il debitore e uno dei creditori aderenti, nel senso che il venir meno dell'accordo con una sola parte può determinare la caducazione dell'intero accordo, ove venga dimostrata l'essenzialità (per il raggiungimento degli scopi dell'accordo) della partecipazione di quel creditore.

Siffatta impostazione non convince anche per altri due ordini di ragioni: è ben possibile infatti che l'accordo di ristrutturazione sia semplicemente bilaterale, coinvolgendo un solo creditore.

Inoltre, appare difficile ravvisarvi uno scopo comune: nonostante l'unitarietà dell'elemento causale, le posizioni contrattuali coinvolte continuano a rimanere distinte, talvolta anche confliggenti.

Altri autori perciò ricostruiscono gli accordi come la sommatoria di distinti contratti bilaterali ciascuno dotato di una propria autonomia.

Questa tesi, seppure ha il merito di valorizzare le peculiarità e le esigenze sottese alle singole negoziazioni intercorrenti tra debitore e creditore, tuttavia non consente di inquadrare correttamente la fattispecie, che si inserisce necessariamente all'interno di una operazione economica unitaria dal punto di vista causale.

La giurisprudenza di merito si è poi espressa sul punto qualificando l'accordo di ristrutturazione dei debiti come un contratto bilaterale plurisoggettivo a causa unitaria.

La tesi che appare più convincente è quella che inquadra l'accordo come un fascio di negozi bilaterali, tra loro funzionalmente collegati: tale connessione fa sì che gli obblighi assunti nell'ambito delle singole contrattazioni siano tra loro interconnessi e funzionali alla realizzazione dell'unitaria causa negoziale, di modo che l'omologazione avrà ad oggetto l'accordo, unico nella sua dimensione giuridica e non i singoli accordi autonomamente considerati.

Ciò detto, occorre prestare attenzione nella formulazione degli accordi, particolarmente per chiarire la loro sorte nell'ipotesi di mancata omologazione dell'accordo: in assenza di una clausola condizionale, che ne sospenda gli effetti fino all'intervenuta omologazione (ovvero alla favorevole pronunzia della Corte di Appello in caso di reclamo sull'omologa), gli accordi rimarrebbero comunque validi e vincolanti, ma solo per le parti che li hanno sottoscritti, con tutti gli inconvenienti connessi.

Presupposti

Le varie riforme, introdotte in materia nel corso degli ultimi anni, hanno chiarito quali sono i presupposti necessari per la richiesta di omologazione di un accordo di ristrutturazione.

Per quanto attiene al profilo soggettivo, occorre considerare che l'effetto più significativo conseguente all'omologazione dell'accordo è l'esenzione dalla revocatoria fallimentare la cui azione presuppone la dichiarazione di fallimento. Ai sensi dell'art art 67, comma 3, lett. d) l.f., in particolare, sono esenti da revocatoria gli atti i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione purché questo sia omologato.

Gli imprenditori diversi dai soggetti fallibili non avrebbero dunque interesse a richiedere l'omologazione di tale accordo in quanto non sarebbero comunque esposti a revocatoria.

Così argomentando, la maggior parte della dottrina individua quali soggetti legittimati gli imprenditori sopra la soglia di fallibilità di cui all'art 1 l.f. nonché, ai sensi dell'art 23, comma 43, D.L. 98/2011, gli imprenditori agricoli. i quali possono quindi scegliere tra questa procedura e le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento; l'imprenditore agricolo, benché non sia soggetto a revocatoria fallimentare, può infatti volersi avvantaggiare della temporanea moratoria da azioni esecutive e cautelari.

Quanto al presupposto oggettivo, l'art 182-bis l.f. ha chiarito che l'imprenditore deve trovarsi in stato di crisi.

Tra l'altro, il d.lgs. 273/2005 ha precisato che per stato di crisi deve intendersi anche lo stato di insolvenza, conclusione cui tra l'altro era già pervenuta la maggioranza degli autori.

Dunque, la nozione di crisi d'impresa dovrebbe abbracciare tutte quelle situazioni prossime all'insolvenza o di insolvenza manifesta in cui un'impresa venga a trovarsi.

Contenuto

Sembra abbastanza evidente, alla luce delle considerazioni sopra esposte in merito alla natura privatistica degli accordi di ristrutturazione, che l'imprenditore in crisi gode di ampia libertà nel negoziare con i propri creditori le modalità di ristrutturazione dei propri debiti.

Non occorre anzitutto un giudizio di meritevolezza, perché, trattandosi di un istituto tipico, con una causa tipica, la valutazione di meritevolezza è fatta a priori dal legislatore.

Non è richiesto il rispetto della par condicio creditorum, né il contenuto dell'accordo può dirsi limitato ad una prospettiva meramente liquidatoria, potendosi anche prospettare il risanamento e la continuazione dell'attività di impresa.

Gli unici punti fermi sembrano potersi individuare nell'accettazione dell'accordo da parte dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei debiti aziendali, e nell'integrale pagamento dei creditori estranei.

Detto inoltre che una delle parti deve essere necessariamente il creditore, e che non dovendosi assicurare la parità di trattamento diventa del tutto irrilevante formare classi di creditori, si rileva che il ceto creditorio non viene concepito come una collettività organizzata, ma come la somma di singoli consensi che divengono rilevanti quando raggiungono la soglia sopra indicata.

Un autore ha ricostruito come segue le possibili obbligazioni:

- del creditore:

dilazioni di pagamento o riduzione degli interessi, riduzione o postergazione del credito, remissione totale o parziale del debito, pactum de non petendo, erogazione di nuova finanza --> spesso indispensabile per soddisfare i creditori non aderenti;

- del debitore:

nuove garanzie, cessione dei beni ai creditori, obbligo di eseguire operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, trasformazioni) e/o sul capitale (aumenti), conversione del credito in capitale di rischio, spesso in una Newco che prosegue l'attività, emissione di strumenti finanziari, mutamento della compagine amministrativa, coinvolgendo i creditori nell'amministrazione.

Di particolare interesse la correlazione tra operazioni straordinarie ed accordi di ristrutturazione dei debiti, la quale risulta alquanto problematica in dipendenza della dibattuta qualificazione dell'istituto di cui all'art. 182-bis l.fall. come procedura concorsuale. È evidente tuttavia che, disconosciuta la natura di “procedura concorsuale” agli accordi di ristrutturazione, a priori si sgombera il campo dalla interferenza dell'art. 2499 c.c. e, a maggior ragione, si legittima il ricorso agli istituti della fusione e della scissione.

E' stato osservato tra l'altro che la generica e volutamente lata espressione “procedura concorsuale” di cui all'art. 2499 c.c. si spiega giacché il legislatore non era in grado di immaginare il quadro dei possibili rimedi di prevenzione della crisi di impresa che sarebbero stati concepiti nel tempo.

Ne discende che, anche volendo considerare gli accordi di ristrutturazione come procedura concorsuale, nessun ostacolo si frappone all'operatività dei limiti ex art. 2499 c.c. sia nell'evenienza in cui agli accordi si correli l'operazione di trasformazione, sia nell'ipotesi in cui vi si correlino le operazioni di fusione e di scissione.

Invero, l'art. 2499 c.c. esprime un principio generale applicabile a tutte le operazioni straordinarie. A ciò si aggiunga che la natura giuridica delle operazioni di trasformazione, fusione e scissione quali vicende meramente evolutive dello stesso soggetto giuridico comportanti solo una modificazione della struttura organizzativa dell'ente, è perfettamente compatibile con le finalità dell'istituto di cui all'art 182-bis l.f.

L'intera operazione, e quindi i singoli atti, sono subordinati alla “condizione” dell'omologazione dell'accordo da parte del Tribunale.

L'intervento del notaio, e la sua consulenza, potranno essere di aiuto quando vi siano da programmare o perfezionare operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, trasformazioni), ovvero l'emissione di strumenti finanziari e/o partecipativi, o la ricapitalizzazione della società in crisi, o infine da perfezionare garanzie (pegni su quote o titoli, ipoteche, ecc.) contestuali all'omologazione e/o sotto sua condizione.

Esaminiamo, infine, alcune fattispecie, con riferimento alle ipotesi di liquidazione di beni immobili (anche se le considerazioni svolte possono facilmente essere estese alle ipotesi di liquidazione di quote sociali), nelle quali può essere efficacemente valorizzato l'intervento del notaio, nell'esecuzione dell'accordo.

a) Nell'accordo si prevede la prestazione di garanzie da parte di un terzo, ovvero la messa a disposizione, sempre da parte di un terzo, di propri asset da liquidare.

In queste ipotesi, potrà essere utilizzato, similmente a quanto accade per il concordato preventivo, lo strumento del vincolo di destinazione (2645-bis), mediante il quale si può segregare il bene messo a disposizione dal patrimonio del terzo, prevedendone la vendita, in genere con un mandato irrevocabile conferito ad un soggetto estraneo, e prevedendo l'impiego del ricavato per le finalità di soddisfazione dei creditori.

nelle ipotesi di concordato preventivo il mandato a vendere viene usualmente conferito agli organi della procedura ( in tal senso si è espresso il Tribunale Ravenna, 22 Maggio 2014: “In particolare il vincolo di destinazione, ex art. 2645 ter c.c., persegue interessi meritevoli di tutela ove lo stesso si innesti su di una procedura di concordato, poiché da questa riceve la propria causa concreta, purché contenga un mandato irrevocabile a vendere gli immobili (o altro atto dispositivo) in favore degli organi della procedura ed in particolare del liquidatore giudiziale nominato dal tribunale, realizzandosi perciò di fatto una irrevocabilità della messa a disposizione dei beni condizionata alla sola omologa del concordato”) e la vendita viene eseguita nelle modalità previste per la vendita fallimentare; nel nostro caso nulla vieta che il mandato a vendere sia conferito ad un rappresentante del ceto creditorio ovvero ad un professionista di fiducia comune del debitore e del ceto creditorio; la vendita potrà essere effettuata con modalità competitive, anche con affidamento delle operazioni ad un notaio, e se del caso riutilizzando le esperienze positive nell'utilizzo del sistema di Asta Notarile Telematica maturate in questi anni.

b) Nell'accordo si prevede di affidare ad un mandatario del debitore l'attività di liquidazione di alcuni asset; anche in questo caso la vendita potrà essere effettuata, occorrendo, con modalità competitive, come sopra illustrato.

nella ipotesi di vendita di asset può anche prevedersi il deposito del prezzo ai sensi dell'art.1, comma 63, lett. c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147 come modificato dall'art. 1, comma 142, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ed affidare al notaio il mandato di eseguire i pagamenti previsti nell'accordo, con l'utilizzo delle somme depositate.

c) Nell'accordo si prevede l'esecuzione di un contratto preliminare già stipulato tra il debitore ed un terzo, per la dismissione di asset non funzionali alla prosecuzione dell'attività, ovvero del principale asset del debitore, con funzione liquidatoria.

in questo caso il contratto preliminare di vendita sarà sospensivamente condizionato all'omologazione dell'accordo, e potranno essere utilizzati gli strumenti sopra previsti del mandato conferito al notaio di effettuare i pagamenti funzionali all'adempimento dell'accordo con l'utilizzo del ricavato della vendita; sarà inoltre opportuno prevedere, ove necessario, nell'accordo, un impegno dei creditori a rinunziare alle azioni esecutive e cautelari ed a cancellare le ipoteche, che dovessero gravare sui beni promessi in vendita.

Il notaio e l'accordo - aspetti rilevanti della procedura

L'accordo di ristrutturazione è opportuno che sia sottoposto alla condizione dell'omologazione e, nel caso di reclamo sull'omologa, alla favorevole pronuncia della Corte di Appello.

Oggetto dell'accertamento giudiziale in sede di omologa è l'idoneità dell'accordo intervenuto tra l'imprenditore e i creditori a rimuovere lo stato di crisi.

La lacuna più rilevante dei vari interventi legislativi riguarda i limiti del controllo che il Tribunale deve effettuare ai fini dell'omologazione, vale a dire se questo sia esteso comunque e, direi, automaticamente al merito dell'accordo ed alla sua rispondenza ai presupposti sostanziali per l'omologazione, oppure, sia ristretto alla sola verifica della legittimità dell'accordo, alla sua regolarità formale, espandendosi alla valutazione nel merito solo ove siano proposte una o più opposizioni.

Le peculiarità della procedura di omologazione - rimessa interamente alla disponibilità delle parti nonché i brevi termini concessi per l'opposizione - fanno assumere al controllo di merito del Tribunale un ruolo fondamentale alla luce del possibile pregiudizio che potrebbe derivare dall'omologazione ai creditori estranei.

Prodromica al giudizio del Tribunale per l'omologazione dell'accordo è la relazione del professionista indipendente che deve certificare l'attuabilità del piano, ossia l'idoneità ad assicurare il regolare soddisfacimento dei creditori non aderenti. L'esperto deve essere indipendente, nel senso che è precluso qualunque rapporto personale e professionale con l'imprenditore o con soggetti interessati al risanamento e implica la presenza dei requisiti stabiliti dall'art 2399 c.c.

Alcuni autori hanno sottolineato la necessità di integrare la disciplina della procedura, assai asciutta, prevista dall'art 182-bis l.f., con quella del concordato preventivo, applicandosi l'istituto di cui all'art 152 l.f.

Non vi è ragione tuttavia di richiedere l'onere del preventivo deposito e l'iscrizione al registro delle imprese della deliberazione degli amministratori, previsto dall'art. 152, ultimo comma, l.fall.: ciò che il debitore fa è semplicemente richiedere l'omologazione di un accordo già stipulato con i creditori senza che sia richiesto alcun provvedimento di apertura della procedura, né alcuna udienza di comparizione né un organo, quale il commissario giudiziale, che funga da controparte nei cui confronti instaurare il contraddittorio.

Non essendo necessaria una delibera dell'assemblea straordinaria per l'approvazione dell'accordo, il notaio dovrà limitarsi a recepire l'accordo di ristrutturazione nella forma idonea ad assicurarne la pubblicazione al Registro Imprese.

Forma e pubblicità

Sia che sia visto come negozio unitario, che come fascio di negozi, la forma scritta è sicuramente necessaria visto che l'accordo, per raggiungere i suoi effetti, deve essere depositato presso il Registro delle Imprese.

Non sembrerebbe invece testualmente prevista l'autentica notarile; però, se si abbraccia la ricostruzione della formalità pubblicitaria dell'accordo non come mero deposito al Registro delle Imprese, bensì come iscrizione, la forma notarile è necessaria, in quanto sono suscettibili di iscrizione solo atti in forma autentica. L'art 11, co. 4, del Regolamento di attuazione in materia di istituzione del Registro delle Imprese (d.P.R.581/1995) richiede l'autentica quale elemento necessario ai fini dell'iscrizione al Registro Imprese.

La migliore dottrina e la giurisprudenza prevalenti, infatti, riconoscono che la pubblicazione nel Registro delle Imprese prevista dall'art. 182-bis deve intendersi come iscrizione, con valenza costitutiva degli effetti legali individuati dalla norma in commento.

Una particolare menzione va fatta per l'eventualità che l'accordo preveda, oltre alla condizione di omologa, anche ulteriori condizioni destinate a verificarsi dopo l'omologa; come è stato rilevato da un autore, tali condizioni sono da considerarsi legittime, purché riguardino solamente gli effetti negoziali dell'accordo e non quelli legali (non derogabili dalle parti); in tali ipotesi pare opportuno che nel testo dell'accordo siano previste clausole che impegnino le parti ad addivenire a un successivo atto di verifica delle condizioni (o del mancato verificarsi delle medesime), in forma autentica, onde consentirne la pubblicità nel Registro delle Imprese.

Regime fiscale

L'accordo, in quanto formalizzato in atto notarile, deve ritenersi soggetto ad annotazione a repertorio, e soggetto a registrazione.

L'amministrazione finanziaria, nella Circolare 12/E del 2012, ha riconosciuto, coerentemente con la giurisprudenza della Cassazione che propende per la tesi pubblicistica, ed inquadrando l'accordo nell'ambito di un procedimento che culmina nell'omologa, l'impossibilità di applicare l'imposta proporzionale, e l'applicabilità della lettera g) dell'art. 8 della Tariffa; tuttavia, se l'atto giudiziario (l'omologa) costituisce titolo per il trasferimento o la costituzione di diritti reali su immobili, si applicherà l'art. 8, lettera a), e quindi l'imposta di registro in misura proporzionale.

La liquidazione degli asset con modalità competitive

Nell'accordo potrebbe essere prevista la liquidazione di attività a mezzo di procedure competitive, tra le quali potrebbe essere annoverata anche una vendita effettuata da un soggetto specializzato come il notaio, se pure fuori dalla previsione di una delega giudiziaria.

Le positive esperienze maturate in ambito fiorentino, ma non solo, in materia di affiancamento della figura del notaio a quella del curatore o del liquidatore giudiziale, nella predisposizione e gestione di procedure competitive di vendita ai sensi del primo comma dell'art. 107 L.F. , possono sicuramente essere replicate per la materia che trattiamo.

Come abbiamo visto, il nostro istituto presenta, quanto meno, una affinità con le procedure concorsuali, e quindi, nell'ipotesi in cui si prevedano nell'accordo attività di liquidazione degli asset, in analogia con il concordato preventivo, sarà il contenuto dell'accordo a determinare le modalità di liquidazione.

in questo caso la liquidazione è affidata allo stesso debitore, che può anche avvalersi di un soggetto terzo cui affidare le attività di liquidazione mediante mandato, irrevocabile in quanto conferito anche nell'interesse di terzi, contenuto nell'accordo. Non essendo prevista la figura del decreto di purgazione dei gravami a valle delle fase di vendita, se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a gravami dai creditori, questi nel piano devono impegnarsi a liberarli consentendone la cancellazione. L'assistenza del notaio potrà riguardare in primis una c.d. “due diligence” preventiva, e quindi l'analisi dello stato del bene sotto il profilo dei vincoli ipotecari (ed in tal senso si potrà ricorrere alla redazione di una certificazione ipo-catastale notarile), sotto il profilo urbanistico ed edilizio (ricorrendo all'esame della perizia di stima del bene per enucleare eventuali informazioni rilevanti).

Successivamente potrebbero essere demandati al notaio la predisposizione di un bando di vendita, la tenuta dell'asta, il perfezionamento della conseguente vendita, ed infine la predisposizione degli atti necessari alla cancellazione dei gravami, e l'esecuzione delle formalità fiscali ed ipotecarie successive.

Si può utilizzare lo schema del negozio di destinazione o del trust a servizio della procedura?

L'argomento è stato trattato con riferimento alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, dalla Risposta a Quesito n. 344-2015/C , ed il quesito riguardava se potesse raffigurarsi un interesse meritevole di tutela, ai sensi dell'art. 2645-ter c.c., il riservare i proventi della vendita di determinati immobili “a favore di tutti i propri creditori personali attuali nonché del designando Organismo di Composizione della Crisi ex art. 15 l. n. 3/2012 s.m.i. (nei limiti delle competenze, che dovessero maturare a favore di quest'ultimo) come risultanti dalla redigenda proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento ex art. 9 l. n. 3/2012 ovvero da analogo accordo da formalizzarsi in sede stragiudiziale”, ed analogo problema può porsi anche in ordine alla ricevibilità di un trust con funzione liquidatoria.

La risoluzione del quesito presuppone a sua volta l'ammissibilità, tutt'altro pacifica, del negozio di destinazione con funzione liquidatoria; le varie tesi che si fronteggiano sono riportate per sommi capi nel documento esaminato e non è questa la sede per una loro trattazione; ai fini che ci interessano possono essere sufficienti le conclusioni cui giunge l'Autore e che riteniamo condivisibili, vale a dire che, con tutte le cautele che possono essere suggerite da una giurisprudenza formatasi in materia di procedure concorsuali, e tutt'ora non univocamente orientata, potrebbe ritenersi idoneo strumento di separazione patrimoniale, utilizzabile ai fini dell'adempimento di un Accordo, solamente il trust, che produce l'effettivo spossessamento del debitore con il trasferimento del bene al trustee, mediante negozio bilaterale, garantisce la surrogazione reale dei beni affidati con il ricavato della liquidazione e può prevedere uno strumento di sostituzione del gestore; mentre il negozio di cui all'art. 2645-ter c.c. si rivelerebbe invece inadeguato in quanto ritenuto un vincolo “statico”, che determina una separazione solo unilaterale”.

Ovviamente queste considerazioni sono riferibili solo all'utilizzo del Trust e/o del negozio di cui all'art. 2645-ter c.c. per quanto attiene alla segregazione dei beni del debitore, mentre non vi sarebbe alcun problema per l'utilizzo di questi strumenti giuridici per la segregazione di beni di un terzo, destinati ad essere liquidati per soddisfare le ragioni dei creditori.

L'accordo e l'attività notarile successiva

A differenza della disciplina in tema di concordato preventivo, nella quale la l.f. prescrive dei rigidi controlli da parte del Tribunale in merito al rispetto del piano, l'art 182-bis l.f. non prevede un monitoraggio dell'attuazione degli accordi, successivamente all'omologazione.

L'unico effetto testualmente previsto è l'esenzione dall'azione revocatoria di tutti gli atti esecutivi (meri atti, garanzie e pagamenti), ma solo se corrispondono esattamente al contenuto dell'accordo; occorre cioè un nesso di causalità tra l'atto compiuto e l'atto inserito nel piano: a titolo esemplificativo, non sono compresi gli atti a titolo gratuito, mentre vi rientrano i pagamenti anticipati. Restano estranei pertanto quei possibili atti, pagamenti, concessioni di garanzie che costituiscano un di più rispetto al contenuto proprio dell'accordo nonché gli atti anomali posti in essere dai diversi soggetti partecipanti all'accordo e pericolosi per la sinallagmaticità dell'accordo contrattuale (atti di rinuncia parziale o totale dei crediti o di pretese di qualsiasi genere, alla concessione di dilazioni, alla accettazione di pacta de minus solvendo, o di datio in solutum di beni e di crediti).

La L. 134/2012 ha poi stabilito la sospensione degli obblighi in tema di riduzione/perdita del capitale sociale per le società che abbiano domandato l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione. La ratio è di rinviare il momento della ricapitalizzazione e non sottrarre risorse utili all'attività di impresa. Con l'omologazione tali obblighi riprendono pieno vigore: ne consegue che gli amministratori, a quella data, anche alla luce della ristrutturazione finanziaria prodottasi, dovranno accertare l'eventuale sussistenza di perdite rilevanti ai sensi dei detti articoli e adottare i provvedimenti opportuni.

Per evitare i rischi di successivi scostamenti dall'accordo è opportuno, da parte del professionista incaricato di recepire l'accordo, suggerire al debitore e ai creditori la predisposizione di più scenari possibili e di più ‘‘reazioni'' agli imprevisti. L'approvazione di queste varianti può scongiurare il rischio di arrivare alla fase esecutiva senza regole, con l'inconveniente connesso di dover valutare quali siano le adeguate reazioni ad eventi non previsti al momento dell'omologazione.

Merita una riflessione anche la fattispecie che può presentarsi al notaio quando una delle parti del negozio, che è chiamato a ricevere, è un soggetto che ha stipulato un accordo, o quando comunque l'accordo sia, in qualche modo, un antefatto della fattispecie considerata.

In ogni caso, il notaio, ogni qual volta rilevi la pubblicità di un accordo omologato, sarà tenuto a controllare la pendenza del procedimento o la vigenza dell'eventuale accordo, ed a conoscerne i contenuti, prima di procedere alla stipula.

Per meglio comprendere la questione può essere utile operare una ripartizione secondo le scansioni temporali lungo le quali si articola il procedimento, distinguendo le due fasi, quella anteriore e quella posteriore, sia alla pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese, sia alla sua omologazione.

  1. dopo la pubblicazione di cui al 182-bis l.f. e prima dell'omologa

Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore né acquistare titoli di prelazione se non concordati.

La pubblicazione segna il momento di efficacia dell'accordo mentre l'esenzione dalla revocatoria riguarda gli atti compiuti in esecuzione dell'accordo omologato: l'omologazione è dunque la condicio iuris per l'esenzione, sennonché l'art 182-quinquies prevede che dopo la domanda di omologazione o già prima nel corso delle trattative sia possibile rendere esenti da revocatoria anche i pagamenti eseguiti prima dell'omologazione purché vi sia l'autorizzazione del Tribunale .

  1. dopo il decreto di omologa:

- se l'atto dispositivo è extra-piano e/o viola il contenuto dell'accordo, nulla quaestio in ordine alla validità ed efficacia dell'atto tra le parti, ma si pone senz'altro un problema di revocabilità;

- se l'atto dispositivo è extra-piano ma idoneo a conseguire la causa dell'accordo ossia il soddisfacimento dei creditori, è ragionevole concludere che il medesimo resti comunque esonerato dal rischio revocatorio;

- se l'atto dispositivo è posto in essere in esecuzione dell'accordo, il notaio dovrà valutare la rispondenza del medesimo all'accordo omologato, nonché dovrà verificare i poteri e le legittimazioni a disporre. Siffatta verifica si presenta più agevole rispetto a quella che il notaio è chiamato a compiere in pendenza di procedura fallimentare o di concordato preventivo, considerato che il debitore resta dominus dell'impresa e dunque mantiene pieni poteri di gestione e direzione, e non subisce alcuna forma di spossessamento, neppure attenuato, di talché i suoi atti non sono soggetti ad alcun vincolo e ad alcun controllo giudiziale; al contempo, però, questa libertà di gestione implica un'attenzione maggiore da parte del notaio rogante, tenuto, nella sua funzione antiprocessualistica, ad obblighi di informativa e di soddisfacimento di tutti gli interessi in gioco.

Le stesse valutazioni sono senz'altro opportune nel caso in cui il notaio trovi nella catena delle provenienze un atto in esecuzione di un accordo regolarmente omologato.

  1. in caso di inadempimento dell'accordo:

una volta chiarito che gli scostamenti dal piano non sono rilevanti ove si possa comunque ravvisare l'adempimento delle finalità dell'accordo medesimo, molteplici sono gli scenari che, al contrario, possono instaurarsi in presenza di un difetto di esecuzione dell'accordo.

Occorre distinguere:

  • i creditori estranei che non sono stati soddisfatti, decorsi 120 giorni dalla pubblicazione nel RI, possono agire esecutivamente (il titolo esecutivo può essere anche lo stesso accordo autenticato) oppure possono richiedere il fallimento, dimostrando che il mancato pagamento è sintomo che l'accordo non si è rivelato idoneo a rimuovere lo stato di insolvenza;
  • i creditori aderenti possono reagire di fronte a vizi funzionali (azione di risoluzione) o genetici (azione di nullità) mentre è da escludersi, stante un profilo di aleatorietà, l'azione di rescissione; potranno anche agire direttamente per la dichiarazione di fallimento, qualora non fosse stato pattuito precedentemente di non promuovere azioni esecutive: in tal caso, permane l'effetto protettivo della revocatoria consolidatosi con l'omologazione.

Non è da escludere che il notaio, in presenza di un inadempimento dell'accordo rispetto ai creditori aderenti o rispetto ai creditori estranei, possa consigliare di far ricorso ad altro strumento di regolazione della crisi o stipulare un nuovo accordo di ristrutturazione.

In conclusione

Le particolarità dell'istituto, che spaziano dall'ampia autonomia lasciata alle parti circa la determinazione dell'accordo alla assenza di qualsivoglia supervisione degli organi giudiziari limitata unicamente all'omologa di detto accordo, hanno di recente portato a un incremento esponenziale delle domande di accordo di ristrutturazione dei debiti, ma hanno anche sollevato una serie di perplessità ancora irrisolte quali quelle relative ai creditori estranei, per i quali non è prevista l'obbligatorietà dell'accordo e all'assenza di prededucibilità - in caso di fallimento successivo - dei crediti sorti durante la “ristrutturazione”.

E' dunque nella valutazione del caso concreto, alla luce delle peculiarità delle fattispecie che via via si prospettano al professionista incaricato di redigere gli accordi, che deve essere valorizzato il ruolo del notaio, il quale, ponderando attentamente rischi e difficoltà, può suggerire soluzioni di equità sostanziale, cercando di contemperare l'interesse dei creditori a veder soddisfatte le proprie ragioni e l'interesse del debitore ad evitare il dissesto dell'impresa e l'apertura del fallimento.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: Bello, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella riforma della legge fallimentare, in Riv. Notariato, 2006, 321; M. Vitiello La nuova stagione degli accordi di ristrutturazione: dalla Cassazione la definitiva spinta verso la natura concorsuale? in questo portale, 2018; D'Ambrogio, Gli accordi di ristrutturazione del debito, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Torino, 2009; Gabrielli, “Accordi di ristrutturazione del debito e tipicità dell'operazione economica”, Riv.dir.comm. e dir. gen. obbl., 2009, 1071 ss.; Lenoci, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2010, 295 ss.; Presti, L'accordo di ristrutturazione al primo vaglio giurisprudenziale, in Fallimento 2006, 171; C. Proto, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2006, 230; T. Marena, L'intervento del notaio negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Rivista del Notariato 2014, 33; F. Innocenti, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel quadro dell'intervento correttivo del 2007: una possibile soluzione della crisi di Impresa, in Dir. Fall., 2007; S. Cannizzaro, Accordo di ristrutturazione dei debiti ex art 182 l.f.-regime fiscale, Ufficio Studi del Notariato, Quesito n. 264/2016-T; D. Romano, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti alla luce del dl. n. 83 del 2012, in Giust. Civ., 2013; L. Abete, Risanamento dell'impresa e operazioni straordinarie; profili sostanziali, in Fallimento, 2017, 10,1041; M. Fabiani, Fase esecutiva degli accordi di ristrutturazione e varianti del piano e dell'accordo, in Fallimento, 6/2013; Massime nn. 31/2013 e 49/2015dell'Osservatorio sul diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, in Orientamenti dell'Osservatorio, Wolters Kluwer, 2016.

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