Ammesso il transito di auto nel cortile purchè non comprometta il diritto al pari uso da parte degli altri condomini

Redazione scientifica
30 Luglio 2018

Ciascun condomino può servirsi della cosa comune sempre che ne rispetti la destinazione e il pari uso da parte degli altri comproprietari

Transito nel cortile. La Corte d'Appello di Brescia respingeva la domanda proposta da due condomini volta a far dichiarare l'inesistenza di qualsiasi servitù o diritto di passaggio a favore della proprietà di altri due condomini sull'area comune destinata a verde condominiale. I soccombenti lamentavano il transito illegittimo delle auto dei convenuti sull'area verde comune, necessario per poter accedere al giardino di loro esclusiva proprietà. I giudici di appello concludevano ammettendo che, dalle risultanze della CTU, l'utilizzo del cortile comune fosse compatibile con l'uso di fatto dello spazio a “piazzola parcheggio”. La questione finiva in Cassazione.

Motivi del ricorso. Con il primo motivo del ricorso, le parti deducono l'omesso esame di un fatto decisivo, ossia la destinazione dell'area comune a verde condominiale e passaggio pedonale, così come emergerebbe dagli atti di acquisto e dalla scheda catastale.

Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1102 e 1108 c.c. non avendo i giudici del gravame considerato la destinazione contrattuale del cortile, ma l'«uso di fatto» del cortile a parcheggio; inoltre, la vicenda, per i medesimi ricorrenti, avrebbe dovuto essere regolata sulla base dell'art. 949 c.c. e, quindi, come azione negatoria del vincolo di transito carrabile posto dai convenuti sulla proprietà comune.

Nessuna servitù. La Suprema Corte ritiene il ricorso infondato. In primo luogo, sottolineano i giudici di legittimità, non può ipotizzarsi un'azione negatoria ex art. 949 c.c. per la cessazione delle molestie attribuite ai controricorrenti, poiché la qualità di condomini deve essere regolata sulla base dell'art. 1102 c.c. riguardante l'uso legittimo delle cose comuni. Difatti, l'art. 1102 c.c. consente a ciascun condomino di trarre dal bene comune anche un'utilità più intensa e maggiore di quella che viene tratta dagli altri comproprietari, purché venga rispettata la destinazione del bene e non venga compromesso il diritto al pari uso da parte di questi ultimi.

In particolare, la Corte d'Appello, in conformità di tali principi, ha correttamente accertato che il transito dei veicoli nell'area comune sia compatibile con l'uso ad essa impresso; tale valutazione risultava sulla base dello stato effettivo dei luoghi, mediante un'indagine che si risolve in un apprezzamento di fatto, esulante dal sindacato di legittimità a meno che non si tratti di fatto decisivo ai fini della controversia. In merito alla censura sollevata dai ricorrenti sulla violazione dell'art. 360 c.p.c. per omesso esame di un fatto storico, la Suprema Corte sottolinea che, dovendosi trattare di fatto decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia e che non può concernere elementi istruttori già presi in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia preso in considerazione tutte le risultanze probatorie, nel caso di specie l'omesso esame delle schede catastali non era comunque in grado di condizionare il giudizio.

I giudici di legittimità concludono affermando che eventuali limiti restrittivi alla destinazione funzionale di una parte comune, rilevanti ai fini dell'abusività di cui all'art. 1102 c.c., possono discendere o da regolamento condominiale approvato a maggioranza dall'assemblea che determini le modalità di godimento oppure da una successiva deliberazione assembleare che innovi l'originaria destinazione. Per questi motivi, il ricorso è stato rigettato.

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