I limiti alla concessione dei benefici processuali ex art. 41 T.U.B. al cessionario del credito fondiario

31 Luglio 2018

Il diritto a proseguire l'esecuzione individuale in pendenza di fallimento non si trasferisce ipso jure al cessionario del credito garantito da ipoteca fondiaria, non trattandosi di un privilegio sostanziale, bensì processuale.
Massima

Il diritto a proseguire l'esecuzione individuale in pendenza di fallimento non si trasferisce ipso jure al cessionario del credito garantito da ipoteca fondiaria, non trattandosi di un privilegio sostanziale, bensì processuale.

L'esenzione dal divieto di proseguire l'esecuzione individuale prevista all'art. 51 l.fall. viene concessa esclusivamente nell'ambito delle operazioni di trasferimento di aziende bancarie o comunque nelle situazioni cui si estende la disciplina dell'art. 58 T.U.B.; in ogni altro caso, ed in particolare se il cessionario del credito fondiario non sia un intermediario finanziario autorizzato, l'azione individuale deve essere dichiarata improcedibile.

Il caso

La decisione in commento si occupa di una fattispecie tanto comune nella pratica quanto singolarmente poche volte affrontata da decisioni giurisprudenziali e che riguarda i limiti dell'esenzione dal divieto di proseguire azioni esecutive su beni di pertinenza di un'impresa fallita.

Come è noto, infatti, in forza del disposto dell'art. 51 l.fall., l'esecuzione concorsuale prevale di norma su qualsiasi iniziativa che il singolo creditore potrebbe avviare a tutela dei propri diritti, che per l'effetto incorre nella sanzione di improcedibilità; il divieto di avviare o proseguire azioni esecutive individuali, tuttavia, è previsto “salvo diversa disposizione della legge”.

Tra le eccezioni cui fa riferimento l'inciso ora richiamato, la principale è proprio quella dettata a vantaggio degli istituti di credito fondiario che, a norma dell'art. 41 del T.U.B., non solo possono proseguire l'esecuzione individuale, ma altresì ottenere in quella sede l'assegnazione delle somme ricavate dalla vendita.

La questione esaminata dai giudici toscani concerne i limiti soggettivi posti a tale facoltà; la sentenza in commento conclude, infatti, per la non estensibilità del beneficio – qualificato come privilegio meramente processuale e non attinente al credito (e quindi non trasferibile ex art. 1363 c.c.) - a favore del soggetto che se ne sia reso cessionario al di fuori delle situazioni precipuamente previste dall'art. 58 del T.U.B. nelle quali il trasferimento è espressamente consentito.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

Ai fini di dirimere la questione sottoposta al Tribunale fiorentino, occorre muovere dalla qualificazione del privilegio di cui godono gli istituti di credito fondiario rispetto agli altri creditori, costituito dalla possibilità di aggredire con l'esecuzione individuale i beni di un soggetto fallito, facoltà che l'ente creditizio può esercitare non solo promuovendo l'azione esecutiva, ma anche qualora sia intervenuto in un'iniziativa promossa da altro creditore (arg. per tutte da Cass., Sez. I, 28 maggio 2008, n. 13996; Trib. Modena, 17 settembre 2017, in Ilcaso.it).

Come nota anche la sentenza in commento, l'art. 41 T.U.B. non attribuisce alla banca un privilegio sostanziale (che invece va ravvisato nella prelazione ipotecaria, che, di per sè, al di fuori dell'esecuzione fondiaria, non consente la deroga all'art. 51 l.fall.), bensì attribuisce al creditore un mero privilegio processuale di natura chiaramente eccezionale, che comporta una duplice deroga alle regole ferree del concorso: per un verso, poiché permette la prosecuzione dell'esecuzione individuale – laddove viceversa l'esecuzione a vantaggio di tutti i creditori dovrebbe prevalere sulle iniziative del singolo – e, in secondo luogo, in quanto al creditore fondiario è altresì consentito – e ciò anche quando il fallimento sia intervenuto nell'esecuzione – di apprendere le somme ricavate dalla vendita pur se rivenienti dal realizzo di un bene assoggettato al concorso ex art. 42 l.fall..

Sotto tale ultimo profilo, peraltro, occorre considerare che l'eccezionalità della deroga trova indiretta conferma nel rilievo che, a fronte delle facoltà processuali concesse, permane l'obbligo per la Banca (introdotto con la riforma della “legge bancaria” con effetto dal 1° gennaio 1994, come rammenta, ad esempio Cass., Sez. I, 19 febbraio 1999, n. 1395, in Fallim., 2000, 80 con nota di D. Colombini) di insinuare il credito al passivo ipotecario, ammissione privilegiata in difetto della quale viene meno il diritto dell'istituto di credito di trattenere le somme ricavate dalla vendita (e, per taluni, a monte il diritto all'assegnazione nell'ambito dell'esecuzione individuale nella quale sia intervenuto il fallimento: cfr. Cass., Sez. I, 30 marzo 2015, n. 6377, in Fallim., 2015, 784, con nota di F. Casa).

Per l'effetto, l'assegnazione a favore dell'istituto di credito fondiario delle somme ricavate dal realizzo del bene esecutato è per così dire provvisoria; ciò, anzitutto, perché resta comunque fermo l'obbligo del soggetto creditore di far accertare il proprio diritto nell'ambito del passivo fallimentare, di modo che in mancanza dell'ammissione al passivo ipotecario viene meno tout court il diritto della banca di trattenere l'importo ricevuto. Non solo, ma il soddisfo spettante al creditore fondiario viene stabilito in via definitiva proprio in seno alla procedura concorsuale e nell'ambito dei piani di riparto in essa approvati, che potranno sancire in capo alla banca l'obbligo di restituire al fallimento la somma eccedente ricevuta rispetto al credito ammesso ovvero comunque di rifondere l'importo corrispondente alle spese di procedura gravanti (in quanto specifiche o in quanto spese generali indirettamente imputabili pro quota) sul realizzo immobiliare (si segnala sul punto Trib. Milano, 1° aprile 2017, in Fallim., 2018, 369, che ha espressamente sancito la prevalenza di tali crediti prededucibili sul privilegio ipotecario).

Una volta chiarita la natura eccezionale e parziale della deroga, si deve ritenere che il collegamento tra la sussistenza di un credito fondiario ed il privilegio processuale debba essere rigorosamente intesa e quindi si pone un duplice problema: anzitutto, ci si chiede sotto il profilo oggettivo se possa godere dei benefici anche il credito che, qualificato come fondiario, tale non sia per violazione dei limiti previsti al capoverso dell'art. 38 T.U.B.; sul punto, sovvertendo un orientamento che pareva consolidato (nel senso che l'irregolarità desse luogo a mere sanzioni amministrative per la banca senza influire sulla validità del negozio giuridico: Cass., Sez. I, 28 novembre 2013, n. 26672 e Cass., Sez. I, 2013, n. 27380 , principio ribadito sino a Cass., Sez. I, 24 giugno 2016, n. 13164; v. V. Sangiovanni, Superamento dei limiti di finanziabilità nel mutuo fondiario ed effetti sul contratto, in Fallim., 2016, 1242), di recente si è ritenuto che, in tal caso, la banca conservi la prelazione ipotecaria – pervero se ed a condizione che chieda la conversione del finanziamento fondiario nullo (Cass., Sez. I, 13 luglio 2017, n. 17352, in Contr., 2018, 169, con nota di M. Farina ripresa da Cass., Sez. I, 16 marzo 2018, n. 6586) – , ma venga privata degli altri vantaggi connessi con la natura fondiaria del credito (anzi, pur in assenza di precisazioni che consentano di comprendere se la banca avesse chiesto o meno la conversione in mero mutuo ipotecario, la più recente Cass., Sez. I, 12 aprile 2018, n. 9079 ha dichiarato tout court nullo il mutuo e risulta che i giudici del merito avessero ricondotto l'obbligo di rifondere le somme mutuate alla mera categoria della restituzione di indebito; pervero, la nullità del negozio fondiario era già stata dedotta da precedenti pronunzie, ma nell'ipotesi peculiare in cui mancava la funzione finanziaria, essendo il mutuo contratto al solo scopo di coprire una precedente esposizione chirografaria in danno della par condicio – cfr. per tutte, Cass., Sez. I, 28 settembre 2016, n. 19196, in Fallim., 2017, 410, con nota critica di G. Tarzia).

Di contro, si pone il problema soggettivo esaminato dal tribunale toscano, ovvero se il privilegio processuale possa essere esercitato anche dal cessionario del credito ed in particolare al di fuori di un trasferimento assoggettato alla disciplina dell'art. 58 T.U.B. in quanto attuato, nella fattispecie, nei confronti di un soggetto che non rivesta la qualifica di intermediario finanziario qualificato ai sensi dell'art. 106 T.U.B..

La soluzione proposta dai giudici fiorentini è negativa: escluso che il privilegio processuale possa trasferirsi per l'automatismo previsto dall'art. 1263 c.c. per i soli privilegi sostanziali, il Tribunale conclude affermando che non possono essere riconosciuti in capo al mero cessionario del credito i presupposti per attribuire le stesse prerogative eccezionalmente concesse al creditore fondiario.

Osservazioni

Ineccepibile la prima conclusione cui perviene il tribunale fiorentino: quello previsto all'art. T.U.B. è chiaramente un privilegio di natura processuale ed in tal senso si è espressa la giurisprudenza costante (per tutte Cass., Sez. I, 17 dicembre 2004, n. 23572, in Fallim., 2005, 1143 con nota di A. Patti e, tra i giudici di merito, Trib. Monza, 13 aprile 2015, in Fallim., 2015, 857; Trib. Reggio Emilia, 11 aprile 2012, in Ilcaso.it; Trib. Torino, 10 ottobre 2008, in Fallim., 2015, 1229).

Altrettanto corretta appare la conseguente esclusione di un trasferimento “automatico”, riconducibile al disposto dell'art. 1263 c.c., che si applica ai privilegi sostanziali e non alle prerogative processuali; il trasferimento di queste potrà avvenire solo qualora la cessione rientri tra quelle previste dall'art. 58 T.U.B., che prevede espressamente il trasferimento anche dei privilegi processuali a soggetto cessionario, che peraltro deve possedere il requisito dell'iscrizione al registro degli intermediari bancari o degli intermediari finanziari di cui all'art. 106 T.U.B. (in forza dell'estensione a tali soggetti della disciplina dettata dall'ultimo comma dell'art. 58 T.U.B.). Il fatto che il legislatore abbia sentito la necessità di prevedere espressamente nella normativa speciale il trasferimento del privilegio processuale conferma che, al di fuori di quell'ipotesi specifica, l'estensione non è invece implicitamente riconducibile ad una mera sostituzione nella posizione sostanziale desumibile dalla norma civilistica generale.

Soprattutto, la decisione in commento prende correttamente spunto dall'eccezionalità della disciplina derogativa rispetto alla prevalenza delle esigenze dell'esecuzione concorsuale – che in realtà sono anche esigenze di “gestione” della procedura a vantaggio dei creditori concorrenti – sulla possibilità del singolo creditore di soddisfare coattivamente il proprio credito, ancorchè privilegiato. Dalla natura eccezionale della deroga discende la necessità di una sua applicazione quantomai restrittiva e quindi limitata alle sole ipotesi in cui ad agire in executivis sia lo stesso creditore fondiario ovvero, come detto, un soggetto al medesimo subentrato per effetto del trasferimento operato nel rispetto dei presupposti di cui all'art. 58 del T.U.B., che sembra dettare un subentro generale del cessionario qualificato nella posizione del creditore fondiario (arg. da Cass., Sez. I, 20 aprile 2016, n. 7960, in tema di trasmissione al cessionario della peculiare esenzione da revocatoria accordata in relazione ai rapporti dell'ex Banco di Napoli).

Una decisione analoga a quella in commento riferita ad una situazione precipuamente decisa dal tribunale fiorentino (che infatti la sentenza richiama) è costituita da Trib. Napoli 3 marzo 2009, in Ilcaso.it. In quel frangente, i giudici partenopei notarono, non a torto, come il privilegio processuale – che comporta appunto il diritto del creditore procedente ad apprendere il ricavato della vendita, salvo poi doverlo restituire al fallimento per l'eccedenza – si fondi anche sulla certezza (quantomeno teorica alla luce dei recenti eventi che hanno travolto taluni noti istituti bancari) che la banca potrà provvedere a rifondere al fallimento quanto percepito in eccedenza rispetto a quanto risulterà spettare all'istituto di credito in sede di riparto, certezza che viene meno in capo al mero cessionario del credito.

Si tratta, evidentemente, di un argomento più pratico che giuridico, ma in tal modo si coglie ancora una volta la peculiarità ed eccezionalità della disciplina, legata ad un favor per una determinata tipologia di soggetti (e situazioni negoziali), che perde la propria ragion d'essere quando la banca creditrice si spogli del rischio creditizio assunto, trasferendolo ad un terzo che compie un'operazione speculativa e non di finanziamento all'impresa.

Le questioni aperte anche alla luce della legge delega di riforma

Come si notava, la sentenza in commento ammette che il trasferimento del privilegio processuale sia ammissibile non solo in caso di trasferimento di aziende bancarie, ma anche di operazioni di cartolarizzazione regolarmente attuate a favore di soggetti finanziari autorizzati. Un aspetto che resta da chiarire, peraltro, è quello dell'opponibilità o meno di tali cessioni in caso di mancata trascrizione.

In questi casi la disciplina dettata dall'art. 45 l.fall. parrebbe avere una valenza limitata: vero è che, a prescindere dalla datazione certa dell'atto, in assenza di annotazione del trasferimento ai Registri Immobiliari la cessione non sarà opponibile al fallimento; tale sanzione, tuttavia, colpisce il cessionario che non appartenga alla categoria degli intermediari bancari e finanziari, laddove viceversa parrebbe esclusa quando si verifichi la situazione prevista dall'art. 58 T.U.B., ove gli adempimenti della pubblicazione del trasferimento nel registro delle imprese e della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale rendono opponibile la cessione ai sensi dell'art. 1264 c.c. e, per effetto di una modifica alla norma citata introdotta dall'art. 12 del D.lgs. 342/1999, ne rendono superflua l'annotazione (arg. da Cass., Sez. I, 12 febbraio 2013, in GI, 2013, I, 2242).

Sotto altro profilo, a ben vedere, se la ratio originaria del privilegio fondiario andava reperita nella volontà di favorire l'accesso al credito da parte di imprese dotate di patrimoni immobiliari ma carenti di liquidità, collegata alla tutela dello sviluppo dell'attività edilizia (v. G. Tarzia, La Cassazione modifica il suo orientamento sulla validità dei finanziamenti fondiari eccedenti il c.d. limite di finanziabilità, in Fallim., 2017, 1278), si potrebbe ipotizzare che – stante il concreto utilizzo attuale del credito fondario – si tratti di una normativa anacronistica. A conferma di tale valutazione, basti rilevare come le problematiche ora esaminate avrebbero trovato fine nella normativa che sarebbe dovuta scaturire dalla L. 19 ottobre 2017 n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, pubblicata in G.U. il 30 ottobre 2017), posto che con la delega riformatrice veniva prevista (al comma quarto dell'art. 7) la soppressione di ogni eccezione alla regola del divieto di azioni esecutive individuali: scelta quantomai apprezzabile, in quanto la possibilità che un creditore singolo possa vendere in executivis un cespite rientrante nell'attivo fallimentare cozza, a seguito della riforma del 2006, con il tentativo del legislatore di imporre una liquidazione armonica e comunque “programmata” dell'attivo ai sensi dell'art. 104-ter l.fall., con predilezione per le soluzioni conservative dell'attività aziendale che potrebbero risultare frustrate, ad esempio, se ad essere venduto ad opera della banca (ed acquistato da terzi disinteressati all'azienda della fallita) fosse proprio l'immobile in cui viene esercitata l'attività (con conseguente perdita del valore di avviamento e minor vendibilità di macchinari che dovrebbero essere poi asportati dal cessionario di azienda).

Come è noto, peraltro, i decreti attuativi già predisposti giacciono in attesa di un Governo che possa legittimamente farsi carico della promulgazione di una riforma così attesa, ma anche così delicata (e che secondo taluni presenta aspetti di criticità pratica che potrebbero renderla quasi concretamente inattuabile).

Conclusioni

La sentenza commentata appare dunque apprezzabile sia sotto il profilo sistematico, laddove limita l'estensione di una disciplina eccezionale – oltretutto destinata nelle intenzioni del legislatore ad essere soppressa in quanto anacronistica – a situazioni per le quali non sussistono i presupposti per la deroga, sia in quanto si pone su una via – quella della limitazione (anzi dell'esclusione, nelle intenzioni de jure condendo) delle esecuzioni individuali sul patrimonio dell'impresa fallita, in linea con la vocazione per una liquidazione programmata ed armonica dell'attivo e più in generale con le esigenze di una armonica gestione delle attività concorsuali.

Guida all'approfondimento

In dottrina, per una disamina generale sulle questioni connesse ai rapporti tra esecuzione concorsuale ed esecuzioni individuali proseguite dal creditore fondiario, si vedano: F. Casa, Appunti sul credito fondiario tra privilegio processuale e concorso formale, in Fallim., 2015, 786, W. Celentano, Effetti del fallimento per i creditori, in G. Fauceglia - L. Panzani (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, 511; F. Ciani, Divieto di azioni esecutive ed azioni cautelari, in L. Ghia – C. Piccininni – F. Severini, Trattato delle procedure concorsuali, Vol. II, Torino, 2010, 481 ss.; E. Forgillo, Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, in A. Nigro – M. Sandulli – V. Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 740; F. Marelli, Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, in A. Jorio – M. Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare, Torino, 2006, 768; M. Piras, I rapporti tra l'esecuzione fondiaria e il fallimento, in DF, 2016, II, 576; S. Sanzo, Effetti del fallimento per i creditori, in O. Cagnasso – L. Panzani (a cura di), Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Torino, 2016, 1079 s.; V. Zanichelli, Gli effetti del fallimento per i creditori, in A. Iorio – B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali - Il fallimento, tomo II, Milano, 2014, 62 ss.

Se vi è sostanziale concordanza in dottrina sulla natura processuale dei benefici accordati al creditore fondiario, gli autori sono, peraltro, divisi sulla questione della trasmissibilità del privilegio: a fronte della corrente che esclude che il cessionario possa proseguire l'esecuzione individuale (in tal senso, E. Forgillo, Divieto di azioni esecutive, cit., 742) altri commentatori ritengono che il privilegio processuale si trasferisca in tutti i casi – ivi comprese le operazioni di “cartolarizzazione” – previste dall'art. 58 T.U.B. (F. Ciani, Divieto di azioni esecutive ed azioni cautelari, cit. 488). In giurisprudenza, in senso conforme alla sentenza in commento si è espresso anche Trib. Bari, 12 gennaio 2006, in Fallim., 2006, 685 ed anche la Suprema Corte - seppure con riguardo alla diversa problematica della richiesta dell'ipotecario resosi aggiudicatario dell'immobile esecutato di compensare il prezzo con il proprio credito ex art. 585 c.p.c. – aveva escluso che le prerogative processuali del creditore fondiario si estendano al cessionario (Cass., Sez. III, 26 luglio 2004, n. 14003).

Sulla progettata riforma ad oggi non attuata, con riguardo alla soppressione dei benefici riconosciuti al creditore fondiario: A. Patti, Finanziamenti all'impresa, credito fondiario e (riconsiderazione del) privilegio processuale, in Fallim., 2017, 253.

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