Ammissione al passivo: ai fini dichiarativi qual è l'importo che concorre alla formazione del reddito?
02 Agosto 2018
Ammissione al passivo di un professionista in una procedura concorsuale per onorario pari ad euro 100.000,00 a privilegio ed IVA pari a euro 22.000,00 a chirografario. Il professionista ha emesso la fattura: onorario: euro 100.000,00 contributo 4%: euro 4.000,00 iva 22%: euro 22.880,00 ritenuta 20%: euro 20.000,00 netto a pagare: 106.880,00 in sede di piano di riparto, il curatore fallimentare ha corrisposto al professionista euro 81.120,00 oltre al pagamento della ritenuta d'acconto per euro 20.000,00 a fronte del minor importo versato, il professionista ha emesso nota di credito per la parte insoddisfatta. Si chiede ai fini dichiarativi qual è l'importo che concorrerà alla formazione del reddito del professionista considerato che la parte chirografaria del credito non sarà mai corrisposta?
Ai fini dichiarativi, nel caso esposto nel quesito il professionista dovrà indicare nel modello Redditi PF – in applicazione dell'art. 54 del TUIR – l'ammontare lordo del compenso percepito nel corso dell'anno, al netto dell'IVA (rigo RE2, colonna 2).
A proposito del compenso nella Risoluzione n. 163/E/2001 l'Agenzia della Entrate, nella Risoluzione n. 163/E/2001, chiarendo le disposizioni di cui all'art. 54 afferma che detto articolo «riferendosi ai compensi percepiti nell'esercizio dell'arte o professione, sembra escludere la possibilità di comprendere le componenti straordinarie di reddito». Inoltre la Circolare n. 46/E/2007 ha chiarito che «affinché un provento sia assoggettato a tassazione è necessario che si configuri come compenso relativo all'attività professionale, oppure relativo alle altre attività che comunque danno luogo a reddito di lavoro autonomo, benché esercitate al di fuori dell'attività professionale».
Tale compenso, al lordo della maggiorazione del 4%, va dichiarato al netto dei contributi previdenziali o assistenziali posti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde. Al riguardo, si ricorda che l'ammontare della maggiorazione del 4 per cento addebitata al committente in via definitiva, non deve essere considerato alla stregua dei contributi previdenziali e pertanto costituisce parte integrante dei compensi da indicare nella dichiarazione dei redditi (art. 1, comma 212, Legge 23 dicembre 1996, n. 662 – Finanziaria 1997; Risoluzione Ministero Finanze 11 luglio 1996, n. 109/E). La maggiorazione del 4% risulta quindi assoggettabile alla ritenuta d'acconto del 20% (ai sensi dell'art. 25 del d.P.R. n. 600/1973) e concorre alla formazione della base imponibile.
Infine, nel rigo RE26 dovrà essere indicato l'ammontare delle ritenute d'acconto (comprese quelle eventualmente sospese) sui compensi in esame, sommato alle altre ritenute, nell'apposito rigo del quadro RN. La determinazione delle ritenute interseca il tema della raccolta delle loro certificazioni. Sul tema l'Agenzia delle Entrate, Risoluzione ministeriale n. 68/E/09, ha ammesso la possibilità di scomputare le ritenute subite anche in assenza delle certificazioni relative. Ciò non toglie che una procedura più corretta, al fine della compilazione del rigo RE26, consisterebbe nella imputazione di quelle ritenute relative alle fatture incassate nel corso dell'anno (corrispondenti ai compensi dichiarati nel rigo RE2) evitando possibili discrasie relative ai compensi percepiti nei giorni vicini alla fine dell'anno. Tale aspetto è chiarito dalla Circolare Agenzia delle Entrate n. 38/E del 2010 in cui si afferma che «Il professionista, peraltro, scomputa la ritenuta subita nel periodo d'imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il proprio reddito professionale».
In conclusione: nel rigo RE2, colonna 2, dev'essere indicato l'ammontare lordo complessivo del compenso percepito nell'anno:
In tema di compensi del professionista nel contesto di procedure concorsuali si segnalano numerosi interventi della giurisprudenza in tema di prededuzione dei costi relativi la predisposizione del piano e del deposito della domanda. Si può notare un orientamento, ormai consolidato, favorevole a tale prededuzione. La concessione è stata riconosciuta anche in caso mancata ammissione al concordato, riconoscendo la funzionalità delle prestazioni relative alla procedura di concordato (vd. Corte di Cassazione, 8 aprile 2013, n. 8534). Il mancato successo del concordato non inficerebbe quindi la prededuzione, estendendola a tutte le attività strumentali al concordato (Corte di Cassazione, sentenze n. 1765 del 30 gennaio 2015 e n. 23108 del giorno 11 novembre 2016). Un limite alla prededucibilità si riscontra nella mancata presentazione del piano e della proposta come affermato da una recente pronuncia del Tribunale di Torino (Trib. Torino del 6 luglio 2017). |