La nuova disciplina del concordato preventivo

Luigi Gaffuri
09 Agosto 2018

La legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 ha previsto criteri direttivi per la riforma della disciplina delle procedure concorsuali. Nel mese di dicembre dello scorso anno sono state pubblicate le bozze dei decreti legislativi (tra i quali “Il Codice della Crisi e dell'Insolvenza”: “Il Codice”) che hanno riformulato la normativa fallimentare, dando attuazione ai criteri contenuti nella Legge Delega.
Premessa

La legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 ha previsto criteri direttivi per la riforma della disciplina delle procedure concorsuali.

Nel mese di dicembre dello scorso anno sono state pubblicate le bozze dei decreti legislativi (tra i quali “Il Codice della Crisi e dell'Insolvenza”: “Il Codice”) che hanno riformulato la normativa fallimentare, dando attuazione ai criteri contenuti nella Legge Delega.

Si riportano di seguito alcune riflessioni su questioni concernenti la riforma del concordato preventivo.

La legittimazione al deposito della domanda

La legge delega non ha confermato la possibilità, prevista nel disegno di legge delega, di riconoscere la legittimazione del terzo a promuovere la domanda di concordato; legittimazione che avrebbe avuto la finalità di stimolare anche lo stesso debitore a formulare domande e proposte appetibili.

Tale possibilità era contemplata solo nell'ipotesi del debitore in stato di insolvenza (e non meramente in stato di crisi) al fine di evitare una prematura e ingiustificata sottrazione dell'azienda al proprio titolare.

L'estensione della legittimazione al terzo avrebbe poi necessariamente dovuto far rientrare il debitore tra i soggetti legittimati a proporre proposte concorrenti.

La proposta di concordato iniziale potrà pertanto essere presentata unicamente dal debitore che versi in una situazione di crisi o di insolvenza.

Il concordato liquidatorio

Come si rileva dalla Relazione accompagnatoria dello schema di legge delega, di regola il concordato trova piena giustificazione solo quando sia volto a garantire la continuità aziendale, quando la proposta preveda il superamento della situazione di crisi o di insolvenza mediante prosecuzione (diretta o indiretta) dell'attività aziendale, sulla base di un adeguato piano che sia anche idoneo al miglior soddisfacimento dei creditori.

Si è voluto tuttavia mantenere anche la possibilità di ricorrere al concordato liquidatorio integrando l'attuale requisito di ammissibilità – rappresentato dall'assicurazione del pagamento del 20% del credito chirografario - con l'offerta di un quid pluris rispetto al solo patrimonio dell'impresa insolvente che consenta al concordato di essere più vantaggioso rispetto alla liquidazione giudiziale.

L'art. 89, comma 1, del Codice precisa che “il concordato preventivo, ove la proposta non preveda diversamente, è in continuità aziendale o liquidatorio” lasciando peraltro intendere implicitamente che potrebbero ritenersi ammissibili altre forme di concordato (ad esempio, il concordato con garanzia), oltre quelle espressamente contemplare e regolate dal legislatore.

In base al criterio direttivo contenuto nella legge delega è possibile prevedere l'ammissibilità di proposte che abbiano natura liquidatoria esclusivamente quando è previsto l'apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori; è assicurato, in ogni caso, il pagamento di almeno il 20 per cento dell'ammontare complessivo dei crediti chirografari”.

L'art 89, comma 4, del Codice ha definito l'importo percentuale minimo delle risorse esterne nella misura del 10 per cento del soddisfacimento dei creditori chirografari, “che non può essere in ogni caso inferiore al venti per cento dell'ammontare complessivo del credito chirografario”.

Il testo della legge delega e dello schema del decreto legislativo può prestarsi a diverse interpretazioni; la più corretta sembra essere la seguente.

La percentuale minima di soddisfazione del credito chirografario è rimasta del 20%, ma in questa percentuale devono concorrere anche delle risorse esterne significative; significative nel senso che dette risorse devono soddisfare almeno il 10% del credito chirografario.

A titolo esemplificativo, se la percentuale complessiva di soddisfazione è pari al 20%, la risorsa esterna dovrà rappresentare il 50% delle risorse complessive messe a disposizione dei creditori chirografari; se le disponibilità dell'impresa in crisi sono in grado di soddisfare soltanto il 5% del credito chirografario, le risorse esterne dovranno consentire di soddisfare il 15% dei crediti chirografari perché la percentuale minima complessiva di soddisfazione non può essere inferiore al 20%.

Si potrebbe tuttavia interpretare la norma con maggior rigore, considerando il 20% quale percentuale minima da soddisfare con le risorse interne, alla quale deve aggiungersi una percentuale ulteriore di soddisfazione del 10% alimentata da risorse esterne.

In base ad una terza soluzione interpretativa, opposta a quella precedente, potrebbe infine ritenersi che la percentuale delle risorse esterne debba essere calcolata sul livello di soddisfazione assicurato dalle risorse interne.

Quanto alla natura della risorsa esterna, non essendo precisato che debba essere finanziaria, si ritiene che possa essere rappresentata da disponibilità liquide o da beni da destinare alla liquidazione, unitamente a quelli che costituiscono il patrimonio del debitore.

Pare necessario che la risorsa esterna sia messa a disposizione in tempo utile, e quindi prima del deposito della relazione del commissario giudiziale, affinché possa essere valutato l'effettivo impatto sul livello di soddisfazione del credito chirografario.

In merito alla terzietà dell'apporto, si ritiene che le risorse possano essere apportate anche da soci o creditori dell'impresa in crisi; si dovrà tuttavia prestare attenzione che non si tratti di elementi del patrimonio della società fatti fuoriuscire in epoca precedente alla richiesta di ammissione.

La proposta liquidatoria potrebbe essere formulata come proposta concorrente da un creditore, magari in alternativa ad una proposta in continuità non soddisfacente del debitore, qualora il proponente reputi più conveniente mettere a disposizione proprie disponibilità per rilevare il patrimonio aziendale dell'impresa.

Va considerato che la risorsa esterna potrebbe non essere comunque sufficiente a rendere il concordato liquidatorio più conveniente della liquidazione giudiziale, ad esempio perché non consentirebbe di esperire azioni revocatorie volte alla reintegrazione del patrimonio del debitore.

Il concordato in continuità

La legge delega contiene tre criteri direttivi specificamente orientati alla revisione della disciplina del concordato in continuità aziendale.

Il primo criterio direttivo prevede che “il piano possa contenere, salvo che sia programmata la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussista la causa di prelazione, una moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca per un periodo di tempo anche superiore ad un anno, riconoscendo in tal caso ai predetti creditori il diritto di voto”.

L'art. 91 del Codice ha previsto una moratoria fino a 2 anni, confermando il diritto di voto per l'intero credito; si ricorda in proposito che l'art. 186 bis L.F. prevede il termine di un solo anno per il pagamento dei crediti summenzionati e l'esclusione del diritto di voto.

Il secondo criterio direttivo è volto a consentire che la disciplina del concordato in continuità si applichi anche alla proposta di concordato che preveda la continuità aziendale e nel contempo la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa, a condizione che possa ritenersi, a seguito di una valutazione in concreto del piano, che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale”;

Si tratta di un principio che recepisce la tesi giurisprudenziale della prevalenza secondo cui nelle procedure di carattere misto il concordato può essere considerato in continuità quando il soddisfacimento dei creditori derivi in via maggioritaria dai flussi generati dalla prosecuzione dell'attività caratteristica.

L'art. 89, comma 3, ribadisce tale criterio prevedendo quale presupposto per l'applicazione della disciplina del concordato in continuità “che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale, diretta o indiretta….”e ricomprendendo espressamente nei ricavi della gestione caratteristica anche i corrispettivi derivanti dalla cessione del magazzino.

L'applicazione del summenzionato criterio presuppone una valutazione prospettica della prevalenza dei flussi finanziari rivenienti dalla gestione in continuità dell'impresa rispetto ai flussi derivanti dalla liquidazione dei beni non strategici.

Difficile pensare che l'accertamento del mancato verificarsi della condizione della prevalenza – che è condizione di ammissibilità al concordato in continuità - in epoca successiva all'omologa possa rappresentare un motivo di risoluzione del concordato qualora le percentuali di soddisfazione del piano siano comunque realizzate; è da escludere che un creditore, accertata la prevalenza dei flussi derivanti dalla liquidazione dei beni e la conseguente natura liquidatoria del concordato, possa invocare la mancata messa a disposizione ab origine di una risorsa esterna aggiuntiva destinata a incrementare il livello di soddisfazione dei creditori chirografari; non si tratterebbe infatti in questo caso di inadempimento della proposta.

Il terzo criterio direttivo prevede che la disciplina del concordato in continuità “si applichi anche nei casi in cui l'azienda sia oggetto di contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato”.

L'art. 89, comma 2, del Codice aggiunge tra i casi di continuità aziendale indiretta anche l'affitto di azienda, non necessariamente finalizzato alla cessione, anche se stipulato anteriormente al deposito del ricorso e quindi in una situazione in cui il rischio di impresa si sia già trasferito ad altro soggetto prima dell'apertura della procedura concordataria, limitandosi in questo caso il debitore alla riscossione dei canoni di affitto.

Lo stesso art. 89, comma 2, precisa che l'attività di impresa deve essere diretta al ripristino dell'equilibrio economico-finanziario nell'interesse dei creditori, oltre che dell'imprenditore e dei soci; la continuità può essere diretta, in capo all'imprenditore che ha presentato domanda, o indiretta, qualora la gestione sia trasferita a soggetto diverso dal debitore, nei casi di cessione, affitto, conferimento d'azienda.

L'art. 92 richiede che il piano debba rappresentare le ragioni per le quali la continuità aziendale è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, senza necessità che ciò sia attestato dal professionista nominato dalla società debitrice.

In linea con la vigente normativa, viene confermato che deve essere comunque assicurata a ciascun creditore un'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile; è poi precisato dall'art. 89, comma 4, che l'utilità può essere rappresentata da vantaggi fiscali o dalla prosecuzione o rinnovazione dei rapporti contrattuali con il debitore.

Le modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di verifica della fattibilità del piano

Nella relazione di accompagnamento allo schema di legge delega si erano espressi dubbi in merito al mantenimento, nel nuovo quadro normativo, della figura del professionista indipendente designato dal debitore ad attestare la veridicità dei dati e la fattibilità del concordato; in proposito si era osservato che le attestazioni del professionista sono destinate, soprattutto nel concordato con riserva, ad una revisione da parte del commissario, con rischio di sostanziale duplicazione di attività e spreco di tempo e aumento dei costi per l'impresa.

Si tratta di considerazioni di difficile condivisione atteso che l'attestazione di dati aziendali e del piano è attività diversa dalla revisione dell'attestazione da parte del commissario in quanto implica tempistiche e metodologie diverse.

L'art. 92, comma 2, prevede che “il debitore può presentare, insieme alla domanda, la relazione di un professionista indipendente da lui designato che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano, nonché, in caso di prevista continuità aziendale, avendo riguardo al miglior soddisfacimento dei creditori”.

La norma non è chiara e per certi versi contraddittoria. Nella prima parte lascia chiaramente intendere che il debitore ha la facoltà, ma non l'obbligo, di depositare la relazione del professionista; in seguito, considera necessaria l'attestazione nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano e qualora sia prevista la continuità aziendale.

Ora, la previsione di rendere necessaria l'attestazione nel caso di modifiche della proposta o del piano può valere solo se il debitore abbia già depositato una prima relazione insieme alla domanda e si renda necessario integrarla per adeguare l'attestazione alle variazioni successivamente apportate; non avrebbe senso rendere obbligatoria la relazione per il solo fatto che siano state introdotte modifiche ad una domanda originariamente non corredata di analoga relazione.

Considerato il tenore letterale della norma, pare invece obbligatoria l'attestazione del professionista nel caso di previsione di continuità aziendale e ciò, non solo in caso di modifiche, ma già in occasione del deposito della domanda originaria.

Se così è il deposito dell'attestazione del professionista si conferma un obbligo del debitore nel caso di continuità aziendale, rappresentando una invece una facoltà nel concordato liquidatorio.

Va poi osservato che la relazione del professionista è considerata comunque necessaria nel caso di proposta concorrente; l'art. 95 comma 5 della bozza del Decreto Legislativo prevede infatti che “le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui al comma terzo dell'articolo 92 il professionista indipendente (non)attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il trenta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari” (nel testo del Codice non è stato, presumibilmente per errore, riportato l'avverbio “non”).

Entità massima dei compensi dei professionisti

Tra gli obbiettivi della Legge Delega vi è quello di ridurre i costi di procedura e, in particolare, i costi dei professionisti che a vario titolo sono incaricati dal debitore di svolgere prestazioni e consulenze connesse al concordato preventivo.

Sono pertanto previsti criteri direttivi volti a determinare l'entità massima dei compensi da commisurare proporzionalmente all'attivo dell'impresa soggetta alla procedura e a prevedere altresì che i crediti dei professionisti sorti in funzione del deposito della domanda, della proposta, del piano e della documentazione accessoria siano prededucibili soltanto a condizione che la procedura sia effettivamente aperta.

Gli artt. 8 e 9 della bozza del Codice prevedono a questo riguardo:

  • aliquote percentuali massime decrescenti riferite all'attivo per il calcolo cumulativo dei compensi del professionisti, ridotte della metà nel caso di concordato liquidatorio;
  • la possibilità di percepire acconti nei limiti del 25% del compenso, con previsione di revocabilità delle eccedenze;
  • la prededucibilità dei compensi nel limite del 75% a condizione che il concordato sia stato ammesso.
I poteri del tribunale riguardo alla valutazione della fattibilità del piano

E' stabilito che il Tribunale non si debba limitare ad un controllo di legittimità sulla fattibilità giuridica del concordato, come avviene ora avvalendosi della relazione dell'attestatore, ma sia tenuto a svolgere un controllo sulla fattibilità economica della proposta, sulla concreta possibilità di adempimento della proposta, svolgendo una valutazione aziendalistica.

L'art. 51 del Codice prevede che a seguito del deposito del piano e della proposta di concordato, il Tribunale, verificate le condizioni di cui agli articoli da 89 a 93, anche con riferimento alla fattibilità del piano e tenuto conto dei rilievi del commissario giudiziale,con decreto dichiara l'apertura della procedura di concordato.

Il Tribunale potrà tener conto della eventuale relazione del professionista, nominato dal debitore, volta ad attestare la veridicità dei dati e la fattibilità del Piano; relazione che , come si è detto, pare necessaria soltanto nel caso di concordato con continuità aziendale e di proposte concorrenti; è indubbio che la relazione del professionista possa agevolare il compito del Tribunale, e dello stesso commissario, e pertanto il suo deposito sia decisamente opportuno.

Va peraltro considerato che la futura disciplina prevede che il commissario giudiziale ai sensi dell'art. 48, comma 1, lett. b) del Codice sia nominato a seguito del deposito della domanda di accesso alla procedura di concordato, e quindi prima del deposito della domanda e del piano, e pertanto sia messo nella condizione di supportare il Tribunale nella valutazione della fattibilità economica del piano, depositando i suoi rilievi sui contenuti della domanda e del piano; è stata così introdotta una integrazione degli attuali compiti del commissario che in questo modo può condizionare la valutazione del Tribunale.

Al commissario dovrà essere concesso un termine congruo per analizzare il piano e per formulare i suoi rilievi e ciò potrebbe dilatare i termini necessari per l'apertura della procedura di concordato.

Suddivisione dei creditori in classi

La Legge Delega richiede che siano individuati i casi in cui la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, debba ritenersi obbligatoria, stabilendo che tale obbligo sussiste in presenza di creditori assistiti da garanzie esterne.

L'art. 90, comma 2, del Codice prevede l'obbligatorietà delle classi per quanto attiene la suddivisione:

  • dei creditori privilegiati, dei quali non sia previsto l'integrale pagamento o sia previsto il pagamento dilazionato ai sensi dell'articolo 91 e a seconda dell'oggetto della garanzia;
  • dei creditori titolari di crediti previdenziali o fiscali dei quali del pari non sia previsto l'integrale pagamento;
  • dei creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro;
  • dei creditori titolari di garanzie prestate da terzi;
  • dei creditori proponenti il concordato e delle parti ad essi correlate;
  • dei creditori postergati.

È inoltre contemplato che il piano possa prevedere la formazione di ulteriori classi.

Adunanza dei creditori

L'adunanza dei creditori, quale momento di espressione del voto, è stata soppressa; l'esercizio del voto e la formazione del contraddittorio avverrà infatti secondo modalità telematiche in base ad una specifica regolamentazione.

E' prevista l'emanazione di un decreto del Ministro della Giustizia per regolare le modalità tecniche di svolgimento del procedimento e di manifestazione del voto.

Calcolo delle maggioranze

L'art. 114, comma 1, del Codice recepisce integralmente il criterio direttivo che prevede l'adozione di un sistema di calcolo delle maggioranze anche «per teste», nell'ipotesi in cui un solo creditore sia titolare di crediti pari o superiori alla maggioranza di quelli ammessi al voto.

Lo stesso articolo, al comma 6, sempre in coerenza con il criterio direttivo, prevede che sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto d'interessi precisando che si reputano tali i creditori portatori di un interesse in conflitto con il miglior soddisfacimento dei creditori, fatte salve le cause legittime di prelazione.

La risoluzione del concordato

La Legge Delega dispone di “riordinare la disciplina della revoca, dell'annullamento e della risoluzione del concordato preventivo, prevedendo la legittimazione del commissario giudiziale a richiedere, su istanza di un creditore, la risoluzione del concordato per inadempimento”.

L'art. 124, comma 1, del Codice applica il suddetto criterio direttivo disponendo che la risoluzione del concordato per inadempimento possa essere richiesta oltre che dal creditore, anche dal commissario giudiziale, ma in questo caso su istanza del creditore; rimane quindi sempre necessaria un'iniziativa del creditore per richiedere la risoluzione, non essendo prevista la possibilità per il commissario di agire autonomamente.

Finanziamenti alle imprese in crisi

La legge delega prevede “il riordino e la semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi, riconoscendo stabilità alla prededuzione dei finanziamenti autorizzati dal giudice nel caso di successiva liquidazione giudiziale o amministrazione straordinaria, salvo il caso di atti in frode ai creditori”.

Gli articoli 104 e 106 del Codice precisano che la prededuzione del credito è riconosciuta anche nel caso di successiva liquidazione giudiziale.

Con riferimento ai finanziamenti prededucibili autorizzati prima dell'omologa del concordato ai sensi dell'art. 104 la prededuzione viene meno se, congiuntamente:

  • il ricorso di autorizzazione a contrarre finanziamenti o la relazione del professionista volta ad attestare la sussistenza di uno o più requisiti circa la funzionalità dei finanziamenti all'esercizio dell'attività aziendale sino all'omologa, all'apertura e allo svolgimento della procedura e alla migliore soddisfazione dei creditori, contengano dati falsi o omettano informazioni rilevanti, ovvero in caso di atti in frode dei creditori da parte del debitore;
  • i soggetti che hanno erogato i finanziamenti fossero o potessero essere a conoscenza, sulla base dell'ordinaria diligenza, delle suddette circostanze.

Con riguardo ai finanziamenti prededucibili in esecuzione di un concordato preventivo, ai sensi dell'art. 106 la prededuzione viene meno se ricorra una delle seguenti condizioni:

  • il piano di concordato, sulla base di una valutazione da riferirsi all'epoca, sia manifestamente inattuabile sin dall'origine o basato su dati falsi o sull'omissione di informazioni o in caso di atti in frode dei creditori da parte del debitore e la conoscenza di dette circostanze possa essere presunta sulla base dell'ordinaria diligenza da parte dei finanziatori;
  • nel corso dell'esecuzione del piano di concordato si siano verificati scostamenti (significativi) tra i dati del Piano e i dati a consuntivo tali da rendere, sulla base di una valutazione da riferirsi all'epoca, il predetto Piano manifestamente inattuabile.

La valutazione sulla sussistenza delle condizioni della prededucibilità non potrà che essere svolta dagli organi della procedura di liquidazione giudiziale successiva a quella di concordato.

Azione di responsabilità

La legge delega ha ritenuto necessario, nel caso di procedura riguardante società, che venissero chiariti i presupposti, la legittimazione e gli effetti dell'azione sociale di responsabilità e dell'azione dei creditori sociali, in conformità ai princìpi dettati dal codice civile.

Nella relazione accompagnatoria allo schema di legge delega si è dato atto che l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti degli organi della società nel caso di continuità aziendale presumibilmente non dovrà discostarsi dalla disciplina del codice civile; l'impulso all'azione non può infatti che essere dato, di regola, dagli stessi organi che hanno governato e condotto la società nello stato di crisi.

L'azione di responsabilità è così prevista dall'art. 120 del Codice solo con riferimento al concordato liquidatorio; legittimato è in questo caso il liquidatore giudiziale il quale esercita oppure, se pendente, prosegue l'azione sociale di responsabilità.

Ne deriva che un'azione di responsabilità è certamente più probabile nel concordato liquidatorio in quanto vi è un soggetto terzo qualificato e indipendente, non riconducibile all'organo amministrativo, che dispone delle informazioni necessarie per la valutazione dei profili di responsabilità e del danno

E' stato poi precisato che è inopponibile nei confronti del liquidatore e dei creditori sociali l'esclusione dalla cessione da parte della società concordataria dell'azione sociale di responsabilità; resta ferma, in ogni caso, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione di ciascun creditore sociale a esercitare o proseguire l'azione di responsabilità prevista dall'articolo 2394 del codice civile.

Nella proposta di decreto legislativo recante modifiche al codice civile è prevista l'introduzione di un terzo comma dell'art. 2486 c.c., norma che, in presenza di una causa di scioglimento, limita i poteri degli amministratori alla conservazione dell'integrità e valore del patrimonio sociale e ne prevede la responsabilità personale e solidale in caso di inosservanza.

Il proposto terzo comma indica i criteri di determinazione del danno risarcibile facendo riferimento al pregiudizio arrecato dai singoli atti vietati.

E' tuttavia stabilito che in caso di scritture contabili mancanti o comunque inattendibili il danno risarcibile corrisponde alla differenza tra il netto patrimoniale al momento in cui si è verificata la causa di scioglimento e il netto patrimoniale al momento in cui è cessata la prosecuzione indebita dell'attività oppure si è aperta la procedura di liquidazione della società.

Brevi conclusioni

L'impostazione della futura disciplina del concordato rischia di esasperare il ricorso da parte delle imprese in crisi a soluzioni di continuità aziendale per evitare la liquidazione giudiziale.

La nuova disciplina del concordato liquidatorio è infatti certamente migliorativa per i creditori rispetto a quella attuale , ma rende tale procedura priva di interesse per l'imprenditore per i seguenti motivi:

  • nel caso di società non esclude l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti degli organi aziendali;
  • richiede all'imprenditore sacrifici economici aggiuntivi per incrementare il livello di soddisfazione dei creditori;
  • i benefici reputazionali per l'imprenditore non sono più apprezzabili; l'eliminazione dal corpo normativo del termine “fallimento” rendono meno gravoso sotto il profilo personale l'accesso alla procedura di liquidazione giudiziale;
  • i costi della procedura di concordato non risultano inferiori a quelli della liquidazione giudiziale.

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