L'antieconomicità dell’attività del contribuente fa scattare l'accertamento da studi di settore

La Redazione
23 Agosto 2018

Le proprietà di autovetture ed immobili, confrontata con i dati del Fisco che dimostrano l'antieconomicità dell'attività del contribuente, fanno scattare l'accertamento sulla base degli studi di settore. È la Corte di Cassazione a stabilirlo con l'ordinanza del 24 luglio 2018 n. 19559.

Le proprietà di autovetture ed immobili, confrontata con i dati del Fisco che dimostrano l'antieconomicità dell'attività del contribuente, fanno scattare l'accertamento sulla base degli studi di settore. È il caso analizzato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza del 24 luglio 2018 n. 19559, con la quale i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.

Il caso riguardava un contribuente che svolgeva la professione di fabbro in un piccolo paesino: l'essenzialità manuale degli arnesi in suo possesso, il basso consumo di energia elettrica, la marginalità economica dell'attività, e ancora la proprietà di immobili e di automobili denotavano l'esistenza di un'attività commerciale fuori mercato e incongruente con le proprietà dell'uomo.

Nel caso in esame, secondo la Cassazione, la CTR aveva sbagliato nell'annullare in toto l'accertamento emesso a carico del contribuente sulla base degli studi di settore: infatti essi, ha ricordato la Corte, costituiscono uno degli strumenti utilizzabili dall'Amministrazione Finanziaria per accertare, in via induttiva, il reddito reale del contribuente: tale accertamento può essere condotto presuntivamente anche sulla base del riscontro di incongruenze gravi tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta altresì valorizzando anche il profilo della anti economicità del comportamento del contribuente.

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