L'intervento dell'agente della riscossione nella procedura esecutiva: quali vizi sono deducibili in sede di opposizione?

Giuseppe Lauropoli
27 Agosto 2018

La pronuncia in commento si preoccupa di tracciare alcune importanti coordinate in tema di intervento nella procedura esecutiva da parte dell'agente della riscossione. Una decisione importante, dunque, se si considera la sostanziale assenza di significativi precedenti giurisprudenziali che siano intervenuti nella materia in esame.
Massima

L'intervento dell'agente della riscossione nell'esecuzione forzata non è subordinato alla previa notifica della cartella di pagamento, atteso che, a mente dell'art. 499 c.p.c., l'intervento nella espropriazione postula l'esistenza di un credito assistito da titolo esecutivo (costituito, per i crediti fatti valere dall'agente della riscossione, dal ruolo) e non anche la notificazione di esso e l'intimazione del precetto (attività accorpate, per i menzionati crediti, nella notificazione della cartella di pagamento ex art. 25, comma 2, d.P.R. n. 602/1973).

Il caso

Non è dato evincere, dalla pronuncia in commento, molti elementi in merito alla fattispecie dalla quale ha tratto origine la controversia poi approdata all'esame dei Giudici di legittimità.

Quel che si apprende è che nel corso di una procedura esecutiva immobiliare pendente innanzi al tribunale di Milano era intervenuto l'agente della riscossione (all'epoca Equitalia Nord S.p.a.) sulla base di estratti di ruolo relativi ad un credito molto cospicuo avente natura tributaria.

A fronte di tale intervento, aveva proposto opposizione il debitore esecutato, deducendo la irregolarità formale dell'atto di intervento per omessa indicazione del credito posto a base dell'intervento, nonché l'inesistenza del credito stesso, atteso che le cartelle che veicolavano il ruolo giammai erano state notificate al contribuente.

L'opposizione era stata respinta tanto dal tribunale di Milano, quanto, in sede di appello, dalla Corte d'appello meneghina.

Quest'ultima, nel confermare il rigetto dell'opposizione, aveva osservato come la questione concernente la omessa notifica delle cartelle di pagamento sottese all'atto di intervento dovesse essere proposta dinanzi alla competente Commissione Tributaria, restando esclusa la proponibilità di un tale vizio dinanzi al giudice ordinario.

Contro tale pronuncia è stato quindi proposto ricorso per cassazione.

La questione

Il d.P.R. n. 602/73 tratteggia una disciplina peculiare con riguardo alla espropriazione forzata di beni e di crediti da parte dell'agente della riscossione.

Una disciplina di sicuro favore, se è vero che la stessa consente all'agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata (sia essa mobiliare, immobiliare, ovvero presso terzi) con specifiche modalità che in molti casi derogano alle ordinarie disposizioni codicistiche, rendendo per lo più solo eventuale la “giurisdizionalizzazione” della procedura esecutiva esattoriale (tipico è il caso di opposizione proposta dal contribuente, la quale dovrà necessariamente essere trattata in sede giudiziale).

Resta comunque salva per l'agente della riscossione la facoltà di intervenire in una ordinaria procedura esecutiva.

Per la verità l'art. 51 del d.P.R. n. 602/73, nel disciplinare l'ipotesi nella quale sul bene oggetto di pignoramento sia già presente una ordinaria procedura esecutiva, si limita a prevedere, con una disciplina ancora di sicuro favore per l'agente della riscossione, la possibilità di surroga dello stesso nei diritti del creditore procedente, ma non può dubitarsi che resti comunque salva la facoltà per l'esattore di procedere ad intervento nelle forme ordinarie.

Si pensi, così, con riguardo alla espropriazione immobiliare, a tutti i casi nei quali il credito esattoriale sia inferiore a quello indicato al comma 1 dell'art. 76 del d.P.R. n. 602/73: in tali casi per l'agente della riscossione non sarà possibile intraprendere autonoma esecuzione esattoriale prevista dalla disciplina speciale e non resterà che intervenire ai sensi dell'art. 499 c.p.c. in una ordinaria esecuzione individuale immobiliare promossa da altri.

Ora, con specifico riguardo all'art. 499 c.p.c., deve osservarsi che tale disposizione prevede, al suo primo comma, che l'intervento in una procedura esecutiva già in essere debba ordinariamente avvenire sulla base di un titolo esecutivo (sia esso di origine giudiziale, ovvero rientrante nelle altre ipotesi previste dall'art. 474 c.p.c.; ma, stando al chiaro tenore letterale del primo comma dell'art. 49 del d.P.R. n. 602/73, titolo esecutivo è anche il ruolo predisposto dagli enti impositori a norma degli artt. 10 e ss. del citato d.P.R. n. 602/73).

Il secondo comma dell'art. 499 c.p.c. prevede che l'intervento debba essere formalizzato mediante ricorso, da depositarsi nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, mediante il quale si faccia domanda di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita (ovvero alla assegnazione del credito pignorato) e si formalizzi la propria dichiarazione di residenza.

Ordinariamente il ricorso per intervento non deve essere notificato al debitore (è quanto può evincersi dal terzo comma dell'art. 499 c.p.c. che impone un tale incombente unicamente ai creditori intervenienti non muniti di titolo esecutivo).

L'intervento svolto potrà ritenersi tempestivo se formalizzato «prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, ai sensi degli artt. 530, 552 e 569» (art. 499, comma 2, c.p.c.).

Tali previsioni normative trovano applicazione anche nel caso in cui l'intervento nella procedura esecutiva sia posto in essere proprio dall'agente della riscossione in relazione a somme iscritte a ruolo.

Anche in questo caso dovrà essere quindi formalizzato nella procedura esecutiva già pendente un ricorso per intervento, fondato sul credito di cui all'estratto di ruolo prodotto in atti dalla parte creditrice.

Il ruolo, sempre che sia conforme alle indicazioni contenute nell'art. 12 del d.P.R. n. 602/73 (purché contenga, quindi, l'indicazione del «numero di codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento» e purché sia stato sottoscritto, anche elettronicamente, dal titolare dell'ufficio o da un suo delegato), integra i caratteri propri del titolo esecutivo, cosicché null'altro occorrerà al fine della partecipazione dell'agente della riscossione alla procedura esecutiva.

In particolare, non occorreranno, ai fini del perfezionamento dell'atto di intervento, gli ulteriori atti che ordinariamente connotano l'attività di riscossione coattiva, quali la formazione e la notifica della cartella di pagamento, ovvero la notifica dell'avviso di intimazione, dal momento che tali atti sono propedeutici unicamente all'inizio dell'esecuzione forzata da parte dell'agente della riscossione e non, invece, al suo mero intervento in una procedura esecutiva già in essere.

Le soluzioni giuridiche

Proprio su tale ultimo profilo si concentra la sentenza in commento.

La doglianza espressa dal debitore esecutato con riguardo all'intervento svolto dall'agente della riscossione atteneva infatti alla omessa preventiva notifica di qualsiasi atto prodromico all'inizio dell'esecuzione.

I Giudici di legittimità confermano la sentenza appellata, sia pure con diversa motivazione.

Viene affermato, così, che una volta verificata l'esistenza del ruolo, quale titolo posto a base dell'atto di intervento, non vi è alcuna necessità di verificare anche l'avvenuta notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione, dal momento che tali adempimenti mentre sono imprescindibili ai fini dell'inizio dell'esecuzione forzata, non lo sono invece ai fini della formalizzazione di un atto di intervento.

I giudici osservano come nel caso in cui l'agente della riscossione si limiti a svolgere un intervento nella procedura esecutiva, non possa trovare applicazione l'art. 50 del d.P.R. n. 602/73 (il quale sancisce la necessità che l'inizio dell'esecuzione esattoriale sia anticipato dalla notifica della cartella di pagamento, ovvero, ove trascorso oltre un anno da tale notifica senza che sia cominciata l'esecuzione forzata, dalla notifica di un avviso di intimazione), dal momento che tale disposizione fa espresso riferimento agli adempimenti necessari ai fini dell'inizio dell'esecuzione, con l'effetto che laddove l'esecuzione forzata abbia già avuto inizio e l'agente della riscossione si limiti ad intervenire in una procedura esecutiva ordinaria già in essere, non ci sarà ragione di prevedere la necessaria applicazione di tale disposizione.

Né, poi, la preventiva notifica del titolo può trovare un qualche fondamento nelle disposizioni ordinarie dettate in tema di intervento nella procedura esecutiva, dal momento che, stando al citato art. 499 c.p.c., laddove l'intervento sia fondato su titolo esecutivo, non occorrerà che lo stesso sia preventivamente notificato al debitore esecutato, il quale ultimo, avendo avuto notizia del pignoramento, ben avrebbe potuto costituirsi nella procedura esecutiva o eleggere quanto meno domicilio, al fine di avere contezza degli interventi che vi venivano spiegati.

Osservazioni

La sentenza in commento risulta ineccepibile sotto un profilo squisitamente formale, facendo corretta applicazione delle disposizioni dettate in tema di intervento nella procedura esecutiva, le quali non sembrano trovare espressa eccezione laddove l'intervento sia svolto, anziché da altro creditore, dall'agente della riscossione in relazione a crediti tributari.

E, tuttavia, una tale pronuncia potrebbe suscitare qualche perplessità.

Affermare, come fa la Cassazione nella sentenza n. 3021/2018, che, ai fini dell'intervento nella procedura esecutiva da parte dell'agente della riscossione, non occorra la preventiva notifica di alcun atto (sia esso la cartella di pagamento o l'avviso di intimazione), essendo sufficiente unicamente la avvenuta formazione del ruolo da parte dell'ente impositore, significa ammettere che il contribuente possa vedersi opporre solo in sede esecutiva una pretesa tributaria della quale in precedenza non abbia avuto contezza e rispetto alla quale resti preclusa anche la possibilità di muovere eccezioni riconducibili nell'ambito della opposizione all'esecuzione (stando allo stringente limite imposto dall'art. 57 del d.P.R. n. 602/73: limite, tuttavia, da ultimo parzialmente rimosso da parte della Corte costituzionale con sentenza n. 114/2018).

Una tale conclusione potrebbe forse, ad un primo esame, apparire eccessivamente rigorosa: non c'è dubbio, infatti, che il ruolo esattoriale presenti, rispetto ad altri titoli esecutivi, delle sue indubbie peculiarità.

In particolare, mentre i titoli giudiziali vengono formati a seguito di un iter processuale che deve aver necessariamente garantito la possibilità di partecipazione alla formazione della decisione anche al debitore e mentre i titoli di natura stragiudiziale hanno ad oggetto normalmente un riconoscimento del debito da parte del debitore (si pensi così ai titoli di credito, o al contenuto degli atti pubblici con i quali si contragga un mutuo o si effettui una compravendita), il ruolo è pur sempre formato unilateralmente dall'ente impositore, ossia da una parte creditrice, sia pure all'esito di un procedimento amministrativo che deve aver garantito la possibilità di partecipazione del contribuente alla formazione del provvedimento.

D'altronde, la stessa Suprema Corte, in una ancor recente pronuncia, ha fatto presente come la attività di riscossione esattoriale si risolva pur sempre in una sequenza procedimentale di atti tale che il vizio di un atto presupposto necessariamente inficia l'atto successivo (Cass. civ., n. 9246/2015): una attività, quindi, quella di riscossione coattiva esattoriale, che essendo particolarmente invasiva nei confronti del debitore/contribuente deve necessariamente sottostare ad un controllo di legittimità particolarmente penetrante anche sotto il profilo formale, avuto riguardo all'iter procedimentale dal quale scaturisce la legittimazione dell'agente della riscossione tanto a dare inizio all'esecuzione, quanto a prendervi parte.

Tuttavia, tali perplessità sembrano poter essere senz'altro superate: da un lato perché le stesse non inficiano, nel complesso la correttezza formale della decisione in commento.

Dall'altro, perché, a ben vedere, dalle conclusioni alle quali perviene la Suprema Corte nella sentenza in commento non discende alcuna vera compressione del diritto di difesa del contribuente esecutato: innanzi tutto, perché lo stesso conserva il potere di impugnare dinanzi alla competente Commissione Tributaria l'atto che lo stesso assuma di non aver mai ricevuto (si tratterà, quindi, di una opposizione avente valenza sostanzialmente recuperatoria, con la quale la parte lamenterà la omessa notifica della cartella di pagamento chiedendo l'annullamento della iscrizione a ruolo della quale abbia avuto aliunde notizia, come sancito da Cass. civ., Sez. Un., n. 19704/2015).

Inoltre, perché, come in precedenza osservato, a seguito della recentissima sentenza della Corte costituzionale n. 114/2018 è stata dichiarata la parziale incostituzionalità dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/73, in tal modo schiudendo la possibilità (sia pure entro i ristretti limiti consentiti da una tale pronuncia) alla formulazione di motivi di opposizione all'esecuzione contro l'intervento fondato su crediti tributari.

Ecco segnato, dunque, un altro piccolo tassello nella evoluzione della giurisprudenza di legittimità di tema di riscossione esattoriale: un “universo parallelo”, quello della esecuzione forzata esattoriale, che continuamente impone piccoli ritocchi interpretativi, per adattare una tale disciplina speciale ai generali principi dettati in tema di esecuzione forzata ordinaria.

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