Il rinnovo automatico dell'incarico di amministratore

Paolo Gatto
29 Agosto 2018

La l. n. 220/2012, in riforma della materia condominiale non muta le caratteristiche fondamentali della figura dell'amministratore di condominio, che rimane un mandatario esterno, persona fisica, rappresentante dei condomini, né modifica la durata dell'incarico, ma introduce l'istituto del rinnovo automatico, peraltro senza disciplinarne, in maniera dettagliata, il contenuto e le condizioni di applicazione del nuovo istituto. Si presentano, pertanto, diversi dubbi pratici; ad esempio, da quando si applica l'istituto e a quali tipologie? La proroga è limitata ad un anno o è illimitata nel tempo?...
Il quadro normativo

L'art. 1129 c.c., al comma 2, dispone: «Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'art. 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata».

L'art. 1129 c.c., al comma 10, dispone: «L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore».

L'art. 1129 c.c., al comma 11, dispone: «Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità: 1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge».

Intanto, è da rilevare che, affinché si possa discutere sul rinnovo automatico, è necessario che, la nomina di amministratore, sia avvenuta validamente (ovvero con la maggioranza qualificata contemplata dalla legge) successivamente al 18 giugno 2013; un amministratore in regime di prorogatio, all'entrata in vigore della legge, non può validamente fare valere l'automaticità del rinnovo in quanto la nuova normativa deve ritenersi applicabile ai rapporti sorti validamente dopo l'entrata in vigore della legge.

Le posizioni della dottrina

Secondo la dottrina maggioritaria, il rinnovo di cui alla l.n. 220/2012, deve essere considerato limitato ad un anno, dopo di che, si deve procedere ad una nuova votazione e, non raggiungendosi la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. l'amministratore rimane in carica in regime di prorogatio, per cui sarà necessaria una nuova pronuncia dell'assemblea o dovrà intervenire l'Autorità giudiziaria con la nomina in sede di volontaria giurisdizione.

A questo teoria, si può eccepire che la lettera della legge non limiti la proroga ad una sola volta e, preveda la revoca giudiziale dell'amministratore il quale, a richiesta, non ponga la sua revoca e/o la nomina dell'amministratore all'ordine del giorno dell'assemblea; tale disposizione, infatti, sarebbe priva di significato qualora il rinnovo non fosse sine die in quanto, l'amministratore, in prorogatio, non potrebbe essere revocato ma, semplicemente, sostituito da uno effettivo nominato dal giudice.

Inoltre, la giurisprudenza in materia di prorogatio (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531, Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405, Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2012, n. 18660) è orientata nel senso che l'istituto si fondi sulla “presunzione di conformità dell'assemblea”; non si intravvede il motivo, pertanto, di dover ricorrere, in presenza di una presunzione di conformità, ad una nomina giudiziale dell'amministratore come avveniva con il vecchio istituto della prorogatio; la nuova legge, pertanto, sostituirebbe la prorogatio imperii con una volontà presunta salva diversa decisione di revoca e /o sostituzione.

Il secondo orientamento, pertanto, prende atto che, nella normativa condominiale, solo l'assemblea può disporre la nomina e la revoca dell'amministratore, per cui non vi è alcun motivo per limitare ad un solo anno il rinnovo automatico.

A ben vedere, peraltro, c'è un altro profilo che non è stato esaminato; qualora si considerasse “un rinnovo del contratto” alle medesime condizioni, non sussisterebbe la necessità di dichiarare i dati, compreso il prezzo della prestazione, in quanto il rapporto rimarrebbe, tale a quale, come avviene per il rinnovo di una locazione; nel caso in esame, invece, si è in presenza di una nuova nomina, ancorché implicita, quindi, di un nuovo rapporto, benché sorto dalla volontà inespressa dell'assemblea di confermare il vecchio amministratore, non di prorogare gli effetti del vecchio contratto; trattandosi di volontà tacita, pertanto, non si vede per quale motivo debba essere limitata ad un solo anno.

Le conseguenze del contrasto

Seguendo l'interpretazione più restrittiva, l'amministratore dovrebbe, alla scadenza del secondo anno, mettere la nomina dell'amministratore all'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria; qualora, peraltro, ciò avvenga e l'assemblea non raggiunga la maggioranza, ci si troverebbe nel dubbio se la sua permanenza sia da considerarsi in regime di prorogatio o meno; nel primo caso, infatti, un condomino potrebbe ricorrere al giudice per la nomina di un amministratore, ma il Tribunale potrebbe respingere l'istanza in quanto, seguendo la seconda interpretazione, potrebbe ritenere l'amministrazione ancora nel pieno delle sue funzioni.

Qualora, al contrario, l'amministratore non mettesse, alla scadenza del secondo anno, la nomina all'ordine del giorno, confidando nell'orientamento estensivo, potrebbe, invece, essere ritenuto in carica in regime di prorogatio per cui, ogni condomino, potrebbe richiedere l'assemblea per la nomina dell'amministratore e, qualora non si raggiungesse la maggioranza qualificata, potrebbe adire l'Autorità giudiziaria per la nomina dell'amministratore; lquesti, peraltro, così come richiesto, potrebbe rifiutare la convocazione, posponendola alla successiva ordinaria, ritenendosi nelle piene funzioni e, di fatto, violando i canoni di legge.

In conclusione

La formulazione poco chiara della normativa in materia di rinnovo automatico della carica di amministratore, come si è visto, si può prestare a diverse interpretazioni e, sicuramente, ad abusi.

Al fine di limitare le occasioni di contrasto, l'amministratore dovrebbe, al termine del secondo anno, mettere la nomina dell'amministratore all'ordine del giorno e, comunque, l'assemblea, in occasione della riunione ordinaria relativa al primo anno dopo la nomina, dovrebbe richiedere espressamente che l'argomento sia posto all'ordine del giorno all'ordinaria dell'anno successivo.

Qualora, peraltro, l'assemblea non raggiungesse, in relazione al terzo anno, la maggioranza qualificata per la nomina dell'amministratore, il condomino che ritenesse sussistere la prorogatio, dovrebbe evitare il ricorso all'Autorità giudiziaria, chiedendo, semplicemente, che l'amministratore ponga l'argomento alla ordinaria successiva agendo, in mancanza, per la revoca giudiziale.

Sta di fatto che, al fine di dirimere la questione, sarebbe necessario un intervento legislativo, soprattutto in quanto la materia non sarebbe sottoposta al vaglio della Cassazione in quanto limitata alla volontaria giurisdizione.

Guida all'approfondimento

Capponi, Sulla durata in carica dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. e cond., 2015, 268;

Cuffaro, Incarico all'amministratore, durata e rinnovo, in Arch. loc. e cond., 2013, 715;

Sforza Fogliani, Durata e rinnovo dell'incarico di amministratore, in Arch. loc. e cond., 2013, 282;

Nucera, La durata dell'incarico dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. e cond., 2013, 436.

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