Amministratore (polizza per la responsabilità civile)

Paolo Gatto
03 Settembre 2018

È un fatto ormai condiviso da tutti che la l. n. 220/2012 non tracci il profilo di una nuova professione per gli amministratori di condominio, anche se il Ministero dello Sviluppo Economico aveva, inizialmente, espresso delle riserve sulla possibilità di iscrizione all'elenco delle professioni non regolamentate...
Inquadramento

La prima stesura della riforma del condominio, approvata dal Senato, prevedeva l'obbligo di fideiussione, a carico dell'amministratore, per ogni stabile amministrato, con l'onere di adeguamento in caso di lavori di rilevante entità; la suddetta statuizione, nonostante si dimostrasse l'unica vera soluzione a favore dei condomini (considerati, a tutti gli effetti, consumatori) rappresentava, peraltro, un notevole sacrificio a carico degli amministratori e, probabilmente, un adempimento, di fatto, poco attuabile in pratica in quanto avrebbe fatto lievitare, in maniera notevole, i costi di gestione che, indirettamente, sarebbero andati a gravare sugli amministrati.

La soluzione sarebbe stata determinante in quanto la polizza fideiussoria, pur non garantendo il patrimonio dell'amministratore in caso di danno (atteso che, lo stesso, avrebbe dovuto rifondere il garante degli esborsi subiti) avrebbe garantito, con azione diretta, il ristoro dei danni a favore degli amministrati, e ciò anche in caso di dolo.

La stesura definitiva, pertanto, ha scelto la via del compromesso, fissando l'obbligo sia di assicurazione, che di adeguamento in caso di lavori straordinari, solo a discrezione dell'assemblea all'atto dell'incarico.

Neppure la l.n. 4/2013 prevede un obbligo di assicurazione per gli esercenti di professioni non regolamentate, prevedendolo solo in caso di “attestazione di qualità”. L'attestazione di qualità, riconoscimento conferito dalle associazioni è rimasto un istituto di fatto inutilizzato, probabilmente perché non in grado di assicurare maggiori introiti economici rimanendo, i prezzi, livellati al basso.

L'opzione attuale dal legislatore, peraltro, lascia irrisolti alcuni problemi.

Tipologie di responsabilità dell'amministratore

Come da giurisprudenza, ormai uniforme, il condominio non è dotato di alcuna forma di personalità giuridica per cui l'amministratore non è un organo interno, ma un mandatario esterno, persona fisica, che agisce in nome e per conto dei condomini in forza di un rapporto contrattuale di mandato collettivo con rappresentanza; la conseguenza è che, a differenza di quanto avvenga per le società, dove i componenti del consiglio di amministrazione sono organi interni e, pertanto, rispondono a titolo di responsabilità extracontrattuale, l'amministratore, nei confronti dei condòmini, risponde a titolo contrattuale; le conseguenze sono note: la prescrizione è decennale e l'onere della prova, in relazione al profilo soggettivo (dolo o colpa) è a carico del professionista; per cui il danneggiato è tenuto a dimostrare il danno e l'imputabilità all'amministratore, ma quest'ultimo dovrà dimostrare l'assenza di colpa.

È da rilevare che, fino ad oggi, ovvero in presenza di pronunce relative alla vecchia legge, la casistica a carico dell'amministratore appare ben limitata; la maggior parte delle azioni intraprese, nei confronti degli amministratori, riguardano malversazioni per appropriazioni e/o distrazioni di fondi condominiali, fattispecie che rimangono al di fuori del tema in esame, costituendo tipologie dolose e, pertanto, non indennizzabili.

I motivi di tale assenza di decisioni in merito sono molteplici, e sono confermati dagli importi ridotti dei premi assicurativi, che vanno dai quattrocento ai settecento euro annui; intanto, l'amministratore è organo, per lo più esecutivo, per cui risponde, al limite per negligenza per ritardi ma, essendo difficile dimostrare il danno nel ritardo, non esiste una casistica, neppure in caso di violazione di norme di natura tributarie, vista l'esiguità delle sanzioni, ad esempio, in caso di omessa o ritardato pagamento delle ritenute d'acconto; è da rilevare che la l.n. 220/2012 espressamente contempla l'obbligo, per l'amministratore, di osservare le normative fiscali, ma si tratta di norma pressoché inutile in quanto le normative fiscali sono di ordine pubblico, per cui cogenti già in precedenza. Unica fattispecie potrebbe riguardare gli omessi adempimenti diretti alle detrazioni, ma tale fattispecie è difficilmente riconducibile ai compiti dell'amministratore in quanto riguarda non tanto la gestione delle parti comuni, quanto il patrimonio privato dei singoli condomini.

In relazione alla responsabilità nei confronti di terzi, può individuarsi nelle ipotesi di danni dovuti a distacchi e crolli di parti condominiali ma, nella specie, per il danneggiato è più agevole agire contro i condòmini (nei confronti dei quali l'obbligazione è solidale ai sensi dell'art. 2055 c.c.) che rispondono oggettivamente, piuttosto che dimostrare la colpa dell'amministratore nel verificarsi dell'evento.

Una pronuncia del Giudice di Pace di Genova (n. 1917/2015), ha riconosciuto, in vigenza delle nuova legge, la responsabilità dell'amministratore per non aver ripartito la spesa relativa ad un credito di un fornitore e, di conseguenza, non aver potuto comunicare il nome dei morosi rendendo, di fatto, il credito inesigibile; l'Ufficio Giudicante, peraltro, non aveva individuato la fonte dell'obbligazione, se di origine extracontrattuale, in quanto nascente dalla legge, ovvero di natura contrattuale per “contatto sociale” nei confronti del terzo creditore.

La polizza per la responsabilità professionale

La polizza per la responsabilità professionale dell'amministratore è una polizza per la responsabilità civile, per cui è diretta a garantire il patrimonio dell'amministratore in caso di richieste risarcitorie a lui dirette, da parte di terzi o condòmini, per danni da lui provocati nell'esercizio della sua attività.

Normalmente, la polizza interviene a copertura di danni dovuti a condotte del professionista o di dipendenti e collaboratori; solitamente, esistono garanzie accessorie per danni provocati a terzi da parti o impianti dell'ufficio o per danni prodotti a terzi che, occasionalmente, si trovino a visitare l'ufficio (cadute accidentali o altro), mentre difficilmente, se non a fronte di notevole maggiorazione del premio, viene garantito il danno da custodia di documenti, titoli o denaro e tale fattispecie dovrebbe essere tenuta in considerazione vista la consuetudine, di molti condòmini, di pagare le spese in contanti al fine di risparmiare sul bonifico e vista la giurisprudenza che afferma la responsabilità del custode anche qualora la suddetta attività sia prestata a titolo gratuito, e ciò in quanto la gratuità sia da considerarsi elemento facente parte del sinallagma contrattuale a titolo oneroso (Cass. civ., sez. III, 9 settembre 2008, n. 22658).

Normalmente, la garanzia per sanzioni amministrative che abbiano subito gli amministrati, per colpa dell'amministratore, viene riconosciuta in quota minima (normalmente un terzo della sanzione) mentre, per ogni indennizzo, è prevista una franchigia. La presenza della franchigia, peraltro, può rappresentare un elemento a danno dell'amministratore anche in relazione alla clausola di gestione del sinistro presente, in genere, in tutte le polizze; in presenza di minimi danni, infatti, l'assicurazione, che gestisce il sinistro preferisce, anche in difetto di elementi decisivi sulla responsabilità del professionista, riconoscere il danno per evitare costi legali e, soprattutto, in relazione alla circostanza che l'assicurato versi buona parte del risarcimento, al terzo, di tasca sua, stante la franchigia.

Per quanto concerne, più propriamente, la clausola di gestione del sinistro, essa consta nel diritto, peraltro rinunciabile, da parte della compagnia, di gestiredirettamente la controversia, sia a livello giudiziale che stragiudiziale; tale clausola comporta la conseguenza che la compagnia non riconosca le spese di procuratori e tecnici di parte che non siano scelti o accettati dall'assicurazione.

Nonostante tale fattispecie si trovi in contrasto con il diritto di scegliersi il proprio difensore (nelle polizze tutela legale), contenuto nell'art. 174 del Codice delle assicurazioni, la giurisprudenza ha sempre riconosciuto la legittimità della clausola. Potenziale fonte di danno è anche l'applicazione pratica che le compagnie attuano della statuizione contrattuale; in caso di controversia giudiziaria, infatti, le imprese di assicurazione, anziché surrogarsi in forza della clausola contrattuale, magari mediante procura notarile, impongono la sottoscrizione della procura al loro legale da parte, direttamente dell'assicurato che, in questa ipotesi, si trova a dover subire le conseguenze di un conflitto di interessi da parte del legale e della compagnia.

La compagnia, infatti, in caso di esito sfavorevole potrebbe, non solo contestare la copertura assicurativa, ma persino negare il compenso al legale che, di fatto, è stato incaricato dall'assicurato, addossandone a quest'ultimo l'onere; sarebbe, pertanto, opportuno che il legislatore intervenisse portando ordine nel settore.

Come si avrà motivo di trattare in seguito, la scelta di un'assicurazione anziché di una polizza fideiussoria obbligatoria per legge, dà luogo a conseguenze che si sarebbero potute evitare prevenendo una tipologia di indennizzo diretto, come avviene per la responsabilità civile autoveicoli.

Claims made e la pronuncia delle sezioni unite

Letteralmente, claims made significa “a richiesta fatta” e costituisce una clausola specifica contenuta in alcune polizze assicurative.

Secondo le disposizioni normative, art. 1917 c.c., l'assicurazione è tenuta a mantenere indenne l'assicurato da sinistri che si verifichino in vigenza di contratto, quindi, nel periodo di copertura e pagamento del premio (loss occurrance); nel caso di claims made, al contrario, ciò che rileva non è tanto il momento in cui si verifica il sinistro, bensì il momento in cui il sinistro viene denunciato; tale fattispecie, che dovrebbe garantire la retroattività in realtà, nella sua forma denominata “impura” (quando, cioè, la copertura è limitata al periodo assicurato o in un tempo limitato successivo), rappresenta un pericolo, per l'assicurato, di vedersi negata la garanzia in quanto la clausola, in realtà, diventa un mezzo, utilizzato dalle compagnie, per scoraggiare il contraente ad interrompere il rapporto alla scadenza.

Nella claims made impura, infatti, la clausola esclude la copertura per fatti che, pur verificatisi in vigenza di polizza, vengano scoperti e denunciati successivamente, fatto tutt'altro che raro, visto che le conseguenze di un comportamento colposo possono rendersi note dopo anni; chiaramente, se l'assicurato ha stipulato un nuovo contratto con altra assicurazione che, al contrario, non contempla la retroattività, si troverà scoperto, pur avendo sempre onorato il pagamento del premio, sia alla vecchia che alla nuova compagnia assicuratrice.

In presenza di una giurisprudenza orientata nel senso della legittimità della clausola, sul punto, sono intervenute le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140) La decisione si è soffermata su diversi profili; in primo luogo, ha escluso che la clausola fosse da ritenersi vessatoria, in quanto non rientri tra le limitazioni di responsabilità, ma circoscriva l'ambito del contratto; per quanto riguarda il conflitto con norme imperative, l'art. 1917 c.c. non è una norma di ordine pubblico, per cui non sussiste nullità con sostituzione automatica.

L'unico ambito in cui la Corte è intervenuta, sia pur con considerazioni, per lo più programmatiche e di principio concerne la meritevolezza della clausola; tale ambito, peraltro, rimane di stretta valutazione del giudice di merito, che può ritenere la nullità della clausola qualora sussista un notevole squilibrio, per cui possa intervenire l'interprete, anche in applicazione dell'art. 2 Cost., anche in senso modificativo o integrativo in modo da contemperare gli interessi ed eliminare l'abuso del diritto.

Un'altra considerazione, di una certa rilevanza, posta in essere dalle Sezioni Unite riguarda il fatto che le vicende legate all'assicurazione per la responsabilità professionale si ripercuotono all'esterno del sinallagma contrattuale; invero, le diverse normative professionali comportano l'obbligo assicurativo, e ciò a beneficio dell'utente ma, di fatto, la natura della polizza professionale è di garanzia a favore del professionista per cui, in caso di mancato pagamento, il danneggiato sarebbe, soprattutto, l'utente e, in misura ancora maggiore, in caso di insolvenza del professionista.

Non a caso le recenti normative in materia di responsabilità medica e in materia di ordinamento forense, prevedono l'obbligo di retroattività decennale della nuova polizza, con ciò determinando l'impossibilità di “lacune” non indennizzabili.

Le suddette previsioni, ancorché non applicabili agli amministratori di condominio, per i quali non esiste, ad oggi, obbligo assicurativo potrebbero, peraltro, determinare orientamenti interpretativi diretti a ritenere “non meritevoli” quelle formule contrattuali che ponessero il professionista ma, soprattutto, il cittadino, al pericolo della mancata garanzia.

In evidenza

Ad oggi il professionista che intenda stipulare una polizza professionale o, in misura maggiore, se intenda cambiare assicuratore, dovrà compiere una valutazione complessiva, sia della vecchia, che della nuova polizza, diretta alla verifica che non sussista il pericolo di “buchi di copertura”.

Profili critici dell'assicurazione professionale

La questione più rilevante, quale limite all'assicurazione professionale collegata, peraltro, all'argomento sopra trattato relativo alla claims made, riguarda la circostanza che il legislatore incoraggi l'assicurazione per la responsabilità professionale, in vista della tutela dell'utente ma, di fatto, adotti il mezzo della polizza per la responsabilità civile che, in realtà, tutela il patrimonio del professionista e non quello del danneggiato; di conseguenza, la previsione di cui alla l. n. 220/2012 della possibilità, da parte dell'assemblea di esigere l'assicurazione professionale, in assenza di una disciplina specifica, rimane più un regalo alle assicurazioni che una vera tutela a favore del consumatore.

Innanzitutto, l'assicurazione esclude la copertura in caso di malversazioni con dolo, in particolare nelle appropriazioni indebite, anche per distrazione (trasferimenti di denaro da un condominio all'altro) questo proprio in quanto il beneficiario continui ad essere il contraente e non il danneggiato, inoltre, in caso l'amministratore venga convenuto in giudizio e non denunci il fatto all'assicurazione o non si costituisca in giudizio (fatto tutt'altro che raro in ipotesi di attività professionale particolarmente in difficoltà o in soggetti già insolventi) il danneggiato non avrà alcun beneficio dall'esistenza di una polizza assicurativa.

Inoltre, è da considerare che, anche a giudizio instaurato, non è possibile, per il danneggiato, estendere la domanda all'assicuratore terzo chiamato in caso di inerzia del convenuto o mancata costituzione nel giudizio d'appello.

Esistono, inoltre, alcune attività che, normalmente espletate dall'amministratore di condominio, non rientrano tra le sue funzioni specifiche e che, pertanto, vengono contestate dalle compagnie assicurative in quanto non coperte dalla polizza; è il caso, ad esempio, del responsabile dei lavori in caso di opere di rilevante entità; la figura del responsabile dei lavori è, automaticamente, attribuibile al proprietario e, pertanto, ai singoli condomini, a meno questi non nominino un professionista che, comunque, dovrebbe essere un tecnico qualificato; spesso avviene che, invece, l'amministratore, pur non in possesso delle competenze tecniche, né dei titoli professionali, accetti l'incarico e, in caso di danno, l'assicurazione ometta l'indennizzo in quanto il danno non derivante dall'attività professionale ma da attività che gli sia inibita per difetto di requisiti.

Allo stesso modo, le assicurazioni professionali relative agli iscritti ad albi, non coprono i danni prodotti in occasione dell'amministrazione di condomini, qualora non venga concordata un'apposita estensione della polizza.

Un'altra questione concerne la retroattività della polizza; in ipotesi di polizza retroattiva, l'assicurato è tenuto a dichiarare di non essere a conoscenza di sinistri avvenuti in precedenza; la falsa dichiarazione fa venir meno il diritto all'indennizzo; invero, la giurisprudenza in materia di assicurazione professionale è orientata nel senso che, qualora l'assicurato, potesse essere, con la dovuta diligenza, ragionevolmente consapevole di aver cagionato un errore che potesse dare luogo, successivamente, ad una richiesta danni, la dichiarazione si ritiene falsa e l'indennizzo viene negato; rilevato che, con il senno di poi, ogni danno è sempre prevedibile ed evitabile, può diventare agevole, per l'assicurazione, sottrarsi all'obbligo di indennizzo qualora l'errore fosse, anche lontanamente, riconoscibile.

L'estensione della globale fabbricati

Esistono due tipologie di assicurazioni professionali: quella più comune è l'assicurazione stipulata con l'amministratore, quale professionista, che stipula il contratto assicurativo al fine di tutelarsi in caso di danno prodotto a terzi o condòmini nell'espletamento della sua attività; esiste un'altra tipologia di polizza, che è un garanzia accessoria nella globale fabbricati ove la compagnia, quale contraente con il condominio, estende la garanzia all'amministratore, mantenendolo indenne in caso di danno.

Chiaramente, il contratto è limitato ai danni che possano verificarsi solo in conseguenza ad attività espletata in quel determinato condominio e l'amministratore, al momento della sottoscrizione, non stipula, quale professionista, bensì quale amministratore, per cui si tratta di una sorta di contratto a favore di terzi; rilevato, peraltro, che il beneficiario è lo stesso amministratore e non, direttamente, i condòmini che, invece, sono onerati dal pagamento del premio, possono sussistere dubbi sulla legittimità qualora l'amministratore non renda noto espressamente, agli amministrati, circa la stipula dell'accordo.

Nonostante la seconda tipologia sia limitata a chi gestisce un numero limitato di immobili e, pertanto, non gli sia economicamente possibile onerarsi del costo di un'assicurazione professionale, esistono casi di professionisti, anche di una certa rilevanza che adottano l'estensione della globale per tutti le gestioni; il premio dell'assicurazione “accessoria” è molto più contenuto in quanto rappresenta un incentivo, per l'amministratore, a stipulare la globale fabbricati, oltre a limitare la copertura per danni di un solo stabile.

Guida all'approfondimento

Scalettaris, La polizza di assicurazione di cui al nuovo 3º comma dell'art. 1129 c.c., in Arch. loc. e cond., 2014, 308;

Tortorici, L'assicurazione: obblighi dell'amministratore, in Amministrare immobili, 2013, 666;

De Tilla, I poteri dell'amministratore e la stipula del contratto di assicurazione, in Immobili & diritto, 2007, fasc. 9, 27;

Russo, La polizza globale fabbricati: responsabilità di condomini e amministratore, in Immob. & proprietà, 2003, 147.

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