Nullità della notificazione a mezzo PEC – sanatoria per raggiungimento dello scopo

Giuseppe Vitrani
05 Settembre 2018

L'onere di indicare nell'atto notificato per via telematica in corso di procedimento l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo della causa, previsto a pena di nullità, rilevabile anche d'ufficio, assolve al fine di consentire l'univoca individuazione del processo al quale si riferisce la notificazione.
Massima

L'onere di indicare nell'atto notificato per via telematica in corso di procedimento l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo della causa, previsto a pena di nullità, rilevabile anche d'ufficio, dagli artt. 3-bis, comma 6, e 11 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, assolve al fine di consentire l'univoca individuazione del processo al quale si riferisce la notificazione.
Consegue che, ove l'atto contenga elementi altrettanto univoci, quali –nel caso del controricorso o del ricorso incidentale per Cassazione– gli estremi della sentenza impugnata, la notificazione non potrà essere dichiarata nulla, ai sensi dell'art. 156, terzo comma, c.p.c., avendo comunque raggiunto il suo scopo.

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione trae origine da un contenzioso relativo ad una richiesta di risarcimento danni avanzata da un soggetto che imputava una condotta negligente ad un'azienda sanitaria umbra, condotta che, a dire di costei, aveva cagionato un ictus con danni psicofisici permanenti. Il contenzioso si protraeva sino al giudizio di legittimità in quanto la ricorrente giudicava insufficienti entità e misura del risarcimento danni riconosciuti dal tribunale, prima, e della Corte d'appello, dopo.

In sede di giudizio di Cassazione parte ricorrente eccepiva la nullità della notificazione del controricorso (da parte dell'azienda sanitaria) in quanto mancante delle indicazioni previste dall'art. 3-bis, comma VI, legge n. 53 del 1994 (ovvero sezione, numero e anno di ruolo della causa), sia in quanto redatta senza rispettare le previsioni del d.p.c.m. 13 novembre 2014, recante le regole tecniche in materia di formazione, trasmissione e copia del documento informatico.

La questione

La questione giuridica che merita di essere approfondita verte dunque intorno ad un punto essenziale e cioè se il mancato rispetto delle disposizioni della legge n. 53 del 1994 in tema di notificazioni in corso di procedimento comporti necessariamente la declaratoria di nullità prevista dall'art. 11 della medesima legge.

Altro quesito sottoposto all'esame della Corte è relativo alla sanzione ipotizzabile nel caso di mancato rispetto delle disposizioni in materia di redazione delle attestazioni di conformità (che nel caso di specie comprendevano anche quanto previsto dal d.p.c.m. 13 novembre 2014 in materia di formazione, trasmissione e copia del documento informatico).

Le soluzioni giuridiche

La soluzione giuridica cui perviene la Corte di Cassazione a proposito della notificazione che non riporti i dati di cui all'art. 3-bis, comma VI, legge n. 53 del 1994, consacrata nel principio di diritto riportato in massima, appare in linea con l'ampia applicazione dell'istituto del raggiungimento dello scopo, cui la giurisprudenza è solita ricorrere soprattutto in tema di notificazioni per via telematica.

In effetti, la decisione appare la logica applicazione di quanto dichiarato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7665 del 2016, proprio in relazione ad una notificazione effettuata a mezzo della posta elettronica certificata.

In quella sede si era affermato a chiare lettere che “il principio, sancito in via generale dall'articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali -pertanto- la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario”.

Il medesimo consesso aveva poi altrettanto chiaramente affermato che dev'essere giudicata “inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte”.

A fronte di tali chiare affermazioni, mai smentite dalla giurisprudenza successiva, la terza sezione civile della Corte di legittimità ha ritenuto doveroso precisare che anche la casistica contemplata al sesto comma dell'art. 3-bis della legge n. 53 del 1994 può rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 156 c.p.c. laddove in effetti all'interno del documento in esame si rinvengano elementi ulteriori in grado di “ricondurre con certezza l'atto notificato per via telematica ad un preciso giudizio pendente.

Ebbene, nel caso di specie si è giudicato che l'inserimento in relata di notifica degli estremi della sentenza impugnata assolva alla medesima funzione per la quale è stato dettata la norma violata dal controricorrente; in effetti anche attraverso il numero di sentenza è possibile risalire sia all'ufficio giudiziario presso il quale pendeva il procedimento oggetto di ricorso per Cassazione, sia alla sezione presso cui era incardinato il procedimento e al numero di ruolo dello stesso.

È evidente che in siffatta fattispecie la declaratoria della nullità della notificazione avrebbe avuto chiaramente i caratteri di un provvedimento abnorme, fondato sulla violazione di un elemento di carattere meramente formale e dunque non sarebbe stata in linea né con il disposto dell'art. 156 c.p.c. né con l'insegnamento delle Sezioni Unite della medesima Corte di legittimità.

Per quanto concerne l'altra eccezione di natura “telematica” sollevata dalla ricorrente, ovvero la presunta irregolarità dell'attestazione di conformità, la Corte di Cassazione ha invece ritenuto di non aver alcuna necessità di analizzare le tematiche relative all'applicabilità o meno delle regole tecniche attuative del Codice dell'Amministrazione Digitale e ha invece richiamato la propria costante giurisprudenza in materia di irrilevanza degli eventuali vizi di sottoscrizione che affliggano la copia notificata e non l'originale.

Da ciò si desume che verosimilmente l'azienda sanitaria controricorrente aveva redatto il proprio atto in forma analogica e poi lo aveva notificato alla controparte previa scansione dello stesso e successiva attestazione di conformità. Da tale modus operandi discende la considerazione della Suprema Corte, che si è trovata ad analizzare un atto “cartaceo”, sottoscritto in originale ed esente da difetti di sorta.

Osservazioni

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione in punto raggiungimento dello scopo della notifica è certamente corretta e condivisibile e dimostra una volta di più come l'art. 11 della legge n. 53 del 1994 sia norma fin troppo rigida, che mal si adatta al sistema disegnato dal codice di rito.

Una norma che preveda la nullità, addirittura rilevabile d'ufficio, “se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica”, se applicata rigidamente, aprirebbe in effetti la strada alla proliferazione di eccezioni e alla declaratoria di nullità di stampo esclusivamente formalistico, il cui unico effetto sarebbe peraltro l'allungamento dei tempi processuali. Va perciò salutato con favore lo sforzo interpretativo della giurisprudenza che, facendo larga applicazione, del disposto dell'art. 156 c.p.c. supera gli (apparentemente) rigidi dettami della legge n. 53 del 1994 recuperando una visione “sostanzialistica” che porta a valorizzare l'eccezione di carattere formale solo laddove abbia avuto ripercussioni sul diritto di difesa.

In effetti, una lettura simile può essere data anche per le problematiche attinenti le modalità di notificazione della copia autentica del controricorso per Cassazione da parte dell'azienda sanitaria convenuta.

Anche in quel caso le doglianze della controparte si appuntavano su di un requisito esclusivamente formale, non essendo allegata né compressione del diritto di difesa né la mancata allegazione, ad esempio, di parti dell'atto che lo avevano reso incomprensibile per il ricevente.

In conclusione si può senza dubbio concordare con il dictum e, in generale, con l'orientamento assunto dalla Corte di Cassazione sin dal debutto delle prime questioni attinenti il processo telematico e, in generale, l'informatica applicata al rito civile.

L'approccio tenuto dai giudici di legittimità è stato invero lineare in questi primi anni di applicazione del processo civile telematico e ha fatto leva su di un ampio ricorso ai principi sanciti dall'art. 156 c.p.c. salvo però arrestarsi laddove una sanzione di carattere procedurale sia imposta direttamente dallo stesso codice di procedura civile (è il caso ad esempio delle plurime declaratorie di improcedibilità in caso di mancata attestazione di conformità in calce alla copia analogica della notifica della sentenza di appello effettuata a mezzo PEC).

Da tale orientamento dovrebbe giungere, ad avviso di chi scrive, un monito al legislatore affinché si intraprenda un meditato percorso di riforma della materia, soprattutto nei suoi aspetti patologici e proprio con il fine di evitare reiterate pronunce in punto applicazione dell'art. 156 c.p.c. oppure decisioni che appaiono fortemente penalizzanti laddove si tratti di fare applicazione dell'art. 369, comma I, n. 2 c.p.c..

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