Reati tributari e bancarotta fraudolenta fallimentare

La Redazione
07 Settembre 2018

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all'art. 223, comma 2, l.fall. possono consistere nel mancato versamento dei contributi previdenziali praticato con carattere di sistematicità.

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all'art. 223, comma 2, l.fall. possono consistere nel mancato versamento dei contributi previdenziali praticato con carattere di sistematicità.

La Corte d'appello confermava la sentenza del tribunale mediante la quale riteneva responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale e di aver cagionato il fallimento tramite operazioni dolose, il socio accomandatario illimitatamente responsabile di una società. All'imputato, inoltre, veniva contestato di aver sottratto e distrutto libri contabili allo scopo di procurarsi ingiusto profitto e di danneggiare i creditori. Avverso tale provvedimento, il socio proponeva ricorso in Cassazione.

Il nesso di causalità tra operazione dolosa e fallimento. In tema di fallimento determinato da operazioni dolose, non interrompono il nesso di causalità tra l'operazione dolosa e l'evento fallimentare né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente verso il dissesto, né il fatto che l'operazione dolosa contestata abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto.

Poiché il fallimento determinato da operazioni dolose configura un'eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l'onere probatorio dell'accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell'operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell'astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell'azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo, la rappresentazione e la volontà dell'evento fallimentare.

La responsabilità del commercialista nei reati tributari

In tema di reati tributari, se è vero che anche il consulente fiscale può essere responsabile a titolo di concorso, per la violazione tributaria commessa dal cliente, quando, in modo seriale, ossia abituale e ripetitivo, attraverso l'elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione, sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente, certamente non può esimersi da responsabilità l'imprenditore che abbia posto in essere la frode, specie in totale difetto di allegazione e dimostrazione della propria pretesa estraneità al progetto criminoso ascritto al commercialista.

Fonte: Ilfallimentarista.it

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