Criteri per liquidazione dell'onorario dell'avvocato nelle cause di divisione ereditaria

Redazione scientifica
11 Settembre 2018

La Suprema Corte coglie l'occasione per ripercorre i criteri che devono essere applicati dal giudice di merito ai fini della liquidazione del compenso dell'avvocato che abbia prestato il proprio patrocinio in una causa di divisione ereditaria.

Il caso. Un avvocato chiedeva agli eredi dalla parte a cui aveva prestato i propri servizi professionali in un giudizio d'appello – relativo all'impugnazione di un testamento – il pagamento del relativo compenso. La Corte d'appello riteneva applicabile la tariffa forense di cui al d.m. n. 127/2004 e affermava che il valore della causa di divisione dovesse essere rapportato non al valore dell'intera massa attiva ma al valore della quota in contestazione ma, non potendo determinare quest'ultimo, applicava la tariffa prevista dal succitato d.m. per le causa di valore indeterminabile di particolare importanza.

L'avvocato ricorre in Cassazione dolendosi per i criteri di liquidazione adottati dal giudice di merito.

Criteri per la liquidazione del compenso. Ai fini della liquidazione, il Collegio ricorda che il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c. ma quello della quota in contestazione posto che l'art. 6 del d.m. n. 127/2004 «pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione “alla quota o ai supplementi di quota in contestazione”». La norma collega in tal modo il valore della causa all'interesse concretamente perseguito dalla parte ed è analogicamente applicabile anche per la liquidazione degli onorari nell'azione di riduzione. Tale valore deve dunque essere determinato secondo i criteri di cui agli artt. 14 e 15 c.p.c. in base alla natura - mobiliare o meno – dei beni che costituiscono il patrimonio ereditario. Aggiunge infatti l'ordinanza in commento che «il valore della causa di petizione dell'eredità e di annullamento del testamento deve determinarsi – anche ai fini del calcolo degli onorari di avvocato e procuratore – in applicazione analogica dell'art. 12, comma 3, c.p.c. in base al valore dei beni controversi secondo il disposto, rispettivamente, dell'art. 14 per i mobili e 15 per gli immobili, al lordo delle passività». Inoltre, «qualora sia stata proposta domanda riconvenzionale, il valore della causa, ai fini della determinazione del compenso non si cumula con la domanda principale dell'attore, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore».

In merito all'esclusione della maggiorazione dell'onorario prevista in caso di pluralità delle parti, la Corte ricorda che il d.m. n. 123/2004 consente al giudice, in caso di assistenza e difesa di una parte avverso più controparte, di prevedere una maggiorazione del 20% del compenso laddove la prestazione comporti l'esame di particolari situazioni di fatto o di diritto. Si tratta dunque di una valutazione rimessa alla discrezionalità del giudice di merito sulla base delle concrete circostanze del caso.

In conclusione, la Corte di cassazione accoglie il ricorso limitatamente alla prima censura e cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'appello di Napoli.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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