Osservatorio sulla Cassazione – Luglio e Agosto 2018
12 Settembre 2018
Il bilancio può essere rettificato dal Fisco, per far emergere l'evasione Cass. Civ. – Sez. Trib. – 24 agosto 2018, n, 21106, ord. L'Agenzia delle Entrate può rettificare il bilancio, contestando i criteri utilizzati dall'ente contribuente nella sua redazione, al fine di fare emergere la sussistenza di un credito tributario evaso. Il bilancio, infatti, non è annoverabile fra gli atti che, ai sensi dell'art. 2700 c.c., fanno piena prova, sino a querela di falso, della corrispondenza al vero delle attestazioni che vi sono contenute. L'art. 2379 c.c., infatti, consente a chiunque vi abbia interesse di impugnare la delibera di approvazione del bilancio.
Quando non è punibile l'omesso versamento Iva, tra crisi di liquidità e forza maggiore Cass. Pen. – Sez. III – 21 agosto 2018, n. 38715, sent. Il reato di omesso versamento Iva, di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000, è punibile a titolo di dolo generico e, al fine di escludere la colpevolezza, non può essere invocata la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, a meno che non sia possibile provare la forza maggiore, la quale postula un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell'agente.
Per l'autoriciclaggio conta la capacità dissimulatoria della condotta illecita Cass. Pen. – Sez. II – 9 agosto 2018, n. 38402, sent. L'art. 648-ter c.p., sull'autoriciclaggio, punisce le attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano la caratteristica specifica di essere idonee ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa: ai fini della punibilità occorre che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l'autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo ma sempre finalizzato ad occultare l'origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, ipotesi non ravvisabile, invece, quando l'autore del delitto si limiti a goderne il profitto.
Crisi economica e omesso versamento Iva: la prova è stringente Cass. Pen. – Sez. III – 1 agosto 2018, n. 37089, sent. In tema di omesso versamento delle ritenute, l'imputato può invocare l'assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione, sia sotto il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, che dell'impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto. Occorre, cioè, la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie.
Soci accomandanti sempre responsabili delle sanzioni sui maggiori utili accertati Cass. Civ. – Sez. Trib. – 30 luglio 2018, n. 20099, sent. Il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone, ed imputato al socio ai fini dell'Irpef, ex art. 5 D.P.R. n. 597/1973, art. 5, (poi sostituito dall'art. 5 D.P.R. n. 917/1986), in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l'applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dal D.P.R. n. 600/1973, art. 46, la cui irrogazione, non fondandosi solo sull'elemento della volontarietà ma anche su quello della colpevolezza, non si pone in contrasto con il D.Lgs. n. 472/1997, art. 5, consistendo la colpa, per i soci non amministratori, nell'omesso o insufficiente esercizio del potere di controllo sullo svolgimento degli affari sociali e di consultazione dei documenti contabili nonché del diritto ad ottenere il rendiconto dell'attività sociale, e, per i soci amministratori, nell'omesso o insufficiente esercizio dei poteri di gestione, direzione e controllo dell'attività sociale.
La legittimazione individuale del socio all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità Cass. Civ. – Sez. I – 25 luglio 2018, n. 19745, sent. L'art. 2476, comma 3, c.c., riconosce al socio di una s.r.l. una legittimazione individuale alla proposizione dell'azione sociale di responsabilità: si tratta di una legittimazione straordinaria, riconducibile alla figura della sostituzione processuale contemplata dall'art. 81 c.p.c. Tale legittimazione del socio, benché presenti assonanze col diritto di agire in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., non può considerarsi puntuale declinazione di tale diritto. Deve escludersi che alla legittimazione speciale conferita al socio possa applicarsi il principio, in tema di azione surrogatoria, secondo cui qualora il debitore non sia più inerte, per aver posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui possa sostituirsi il creditore.
Responsabili i sindaci per omessa vigilanza su atti dannosi per la società Cass. Civ. – Sez. I – 25 luglio 2018, n. 19743, sent. In tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza, imposto ai sindaci dall'art. 2407 c.c., comma 2, non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell'art. 2409 c.c.
La responsabilità degli amministratori, tra insindacabilità delle scelte gestorie e diligenza Cass. Civ. – Sez. I – 25 luglio 2018, n. 19742, sent. La responsabilità degli amministratori di società di capitali, per i danni cagionati alla società amministrata, ha natura contrattuale sicchè la società deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei doveri previsti dal nuovo testo dell'art. 2392 c.c.. Ferma l'applicazione della business judgement rule, secondo cui le loro scelte sono insindacabili a meno che, se valutate ex ante, risultino manifestamente avventate ed imprudenti, gli amministratori dotati di deleghe (cd. operativi) rispondono non già con la diligenza del mandatario, come nel caso del vecchio testo dell'art. 2392 c.c., ma in virtù della diligenza professionale esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c.
Accertamenti tributari: anche i finanziamenti soci rientrano negli incrementi patrimoniali Cass. Civ. – Sez. Trib. – 24 luglio 2018, n. 19613, ord. A norma dell'art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. n. 600/1973, si intende per "spesa per incrementi patrimoniali" ogni esborso effettuato a tale scopo, sicché degli incrementi patrimoniali fanno parte anche i finanziamenti soci e tutte le altre forme di capitalizzazione, da considerare spese per le quali vi sia stata effettiva uscita finanziaria da parte del contribuente.
Ammissibile il sequestro impeditivo verso gli enti nel D.Lgs. n. 231/2001 Cass. Pen. – Sez. II – 20 luglio 2018, n. 34293, sent. in tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, è ammissibile il sequestro impeditivo di cui al comma primo dell'art. 321 c.p.p., non essendovi totale sovrapposizione e, quindi, alcuna incompatibilità di natura logica-giuridica fra il suddetto sequestro e le misure interdittive.
Anche i nomi di città sono registrabili come marchi delle squadre di calcio Cass. Pen. – Sez. V – 19 luglio 2018, n. 33900, sent. I marchi delle squadre di calcio impressi sulle magliette sono pienamente tutelabili in quanto celebri o comunque notori, circostanza che li rende comunque registrabili ex art. 8, comma 3, c.p.i., oltre che aventi forte capacità distintiva. Le società sportive professionistiche sono imprese a tutti gli effetti e, come tali, nell'esercizio della loro attività economica, possono utilizzare e registrare marchi commerciali. Tra questi, anche una denominazione geografica può essere inserita in un marchio e dare luogo ad un marchio "forte" purché l'insieme del segno, in concreto, faccia desumere l'avvenuta trasposizione del messaggio dal piano di riferimento del luogo a quello di individualizzazione del prodotto.
Società tra avvocati: la partecipazione di soci non iscritti all'albo è limitata Cass. Civ. – Sez. Unite – 19 luglio 2018, n. 19282, sent. Dal 1 gennaio 2018 l'esercizio in forma associata della professione forense è regolato dalla L. n. 247 del 2012, art. 4-bis (inserito dalla L. n. 124/2017, art. 1, comma 141, e poi ulteriormente integrato dalla L. n. 205/2017), che - sostituendo la previgente disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 96 del 2001, artt. 16 e ss. - consente la costituzione di società di persone, di capitali o cooperative i cui soci siano, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni, società il cui organo di gestione deve essere costituito solo da soci e, nella sua maggioranza, da soci avvocati.
La meritevolezza del contratto di swap Cass. Civ. – Sez. I – 13 luglio 2018, n. 18724, sent. Lo swap è un contratto aleatorio che non può essere ritenuto, in sé, immeritevole, in applicazione del principio di autonomia negoziale sancito dall'art. 1322, comma 2, c.c. L'eventuale giudizio di meritevolezza giuridica, comunque, va compiuta secondo una valutazione operata ex ante, non ex post, sì da giudicare meritevoli i contratti di swap in cui l'investitore ha guadagnato e immeritevoli quelli in cui ha perso.
Esclusa la prededuzione per il finanziamento ponte dei soci a società in concordato Cass. Civ. – Sez. I – 12 luglio 2018, n. 18489, ord. Non sono prededucibili i finanziamenti ponte effettuati dai soci in favore di una società in concordato preventivo, ai sensi della regola generale di cui all'art. 111 l. fall., trattandosi comunque di crediti sorti "in funzione" di una procedura concorsuale. E' vero, infatti, che sussiste il requisito della funzionalità delle somme erogate per coprire le spese necessarie per la procedura, determinate dal tribunale con il decreto di ammissione del concordato ai sensi dell'art. 163, comma 2, n. 4), l. fall.; tuttavia, la natura postergata dei finanziamenti effettuati dai soci ad una società in crisi al fine di accedere alla procedura concorsuale minore, deve ritenersi ostativa al riconoscimento di qualsivoglia trattamento preferenziale rispetto ai restanti creditori siano essi privilegiati o chirografari.
Patti parasociali stipulati tra coniugi separati Cass. Civ. – Sez. I – 10 luglio 2018, n. 18138, sent. Sulla efficienza di un patto parasociale - che trova la sua causa giustificativa nell'ambito degli accordi di divisione del complessivo compendio di una comunione sciolta per separazione personale tra coniugi - non hanno influenza, per sè, le vicende che concernono il successivo svolgimento dell'impresa sociale a cui è relativo, quale un aumento di capitale.
Lecito l'accordo per la manleva di un socio di s.p.a. in occasione di finanziamento partecipativo Cass. Civ. – Sez. I – 4 luglio 2018, n. 17500, sent. E' lecito e meritevole di tutela l'accordo negoziale concluso tra i soci di società azionaria, con il quale gli uni, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighino a manlevare un altro socio dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell'acquisto, pur con l'aggiunta di interessi sull'importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società.
Business judgment rule e responsabilità dell'amministratore Cass. Civ. – Sez. I – 4 luglio 2018, n. 17494, sent. Il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, e quindi, l'eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.
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