L'istituto deflattivo del contenzioso tributario: mediazione

Leonardo Margiotta
13 Settembre 2018

L'istituto della mediazione è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario, utilizzato per prevenire ed evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al Giudice e, quindi, senza adire la Commissione Tributaria territorialmente competente. Si precisa, altresì, che la mediazione tributaria obbligatoria è stata introdotta dall'art. 39, comma 9, D.L. n. 98/2011 che ha inserito l'art. 17-bis nel D.Lgs. n. 546/1992.Quest'ultima disposizione è stata modificata dall'art. 9, comma 1, lett. l), D.Lgs. n. 156/2015 e dall'art. 10 D.L. n. 50/2017 (c.d. “Manovrina”).
Il reclamo/mediazione.

Innanzitutto preme sottolineare come il ricorso avverso l'atto impositivo deve essere notificato all'Ufficio competente entro 60 giorni dalla notificazione dell'atto stesso e, nel caso di silenzio (ipotesi prevista dall'art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992), fino a quando il diritto alla restituzione non sia prescritto (entro 10 anni). Tale ricorso, che produce anche gli effetti del reclamo, può essere corredato altresì da una proposta di mediazione completa per la rideterminazione dell'ammontare della pretesa.

Orbene, con specifico riferimento alla disciplina del reclamo e della mediazione appena menzionata, si evidenzia come l'art. 17-bis D.Lgs. n. 546/1992 è stato completamente sostituito dal D.Lgs. n. 156/2015.

Secondo quanto stabilito dalla nuova disposizione, in vigore dal 1° gennaio 2016, il ricorso diventa procedibile solo trascorsi i 90 giorni necessari per la conclusione della procedura di reclamo. In tal caso, il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio di parte ricorrente decorre da quando è esaurito il summenzionato termine di 90 giorni, riservato alla mediazione. Se la costituzione in giudizio avviene anzitempo, il ricorso non è procedibile (se la notifica del ricorso è effettuata a mezzo del servizio postale, il termine decorre dalla data di ricezione del ricorso da parte dell'ente impositore, come il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente).

Tale improcedibilità potrà essere eccepita dall'Ufficio (o da altro Ente impositore), in sede di rituale costituzione in giudizio, ossia mediante il deposito delle controdeduzioni di cui all'art. 23, comma 3, D. Lgs. 546/1992, entro il termine di 150 giorni dalla presentazione dell'istanza.

A sostegno di quanto poc'anzi affermato, l'art. 17-bis, comma 2, D. Lgs. n. 546/1992 stabilisce che “Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo. Si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale”.

È evidente, quindi, lo si ripete, come il ricorso (che deve avere comunque i requisiti di cui all'art. 18 D.Lgs. 546/1992) può produrre anche gli effetti del reclamo e può (o meno) contenere anche la proposta di mediazione [secondo la Circolare Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso n. 1/E del 12 febbraio 2014, a seguito della modifica normativa ex Legge n. 147/2013, la presentazione dell'istanza di reclamo non costituiva più condizione di ammissibilità del ricorso, bensì di sola procedibilità dello stesso (così come, del resto, avviene anche in base alla formulazione risultante dalla modifica di cui all'art. 9, comma 1, lett. l), D.Lgs. n. 156/2015)].

Al ché, ricevuto il ricorso, l'ente impositore:

(i) può accogliere il reclamo e quindi annullare in tutto o in parte l'atto impugnato, in via di autotutela

(ii) può rigettare il reclamo e successivamente proporre un accordo e

(iii) può resistere.

Sicché, nel caso non dovesse essere accolta l'ipotesi del reclamo/mediazione, il Cittadino-Contribuente dovrà provvedere semplicemente all'iscrizione a ruolo del ricorso (contenente il reclamo/mediazione) innanzi alla competente Commissione Tributaria territorialmente competente, senza ulteriori integrazioni, modifiche e/o produzione di documenti e atti. Infatti, il dianzi citato ricorso dovrà comunque contenere l'intero programma difensivo del ricorrente, per l'ipotesi in cui la fase non contenziosa, attivata mediante il reclamo stesso, non abbia esito positivo, e si verifichi quindi il passaggio alla fase giudiziale.

Qualora, invece, il reclamo fosse parzialmente accolto, il contribuente potrà inoltrare il ricorso innanzi alla Commissione Tributaria per la parte del reclamo non accolta e i termini per la sua presentazione alla competente Commissione decorrerebbero dalla notificazione dell'atto di accoglimento parziale.

Infine, se tale summenzionata proposta di reclamo/mediazione dovesse essere accolto integralmente dall'Ente di riferimento, questa (proposta) potrebbe consentire la rideterminazione/annullamento dell'ammontare della pretesa.

Sulle controversie oggetto di reclamo/mediazione

L'art. 17-bis D. Lgs. n. 546/1992 dispone al primo periodo del primo comma che “Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa”.

Pertanto, possono essere oggetto di reclamo e mediazione solo le controversie di valore inferiore a 50.000,00 euro.

In evidenza:
Si ha riguardo al solo importo dei tributi, senza considerare sanzioni e interessi, così come stabilito dall'art. 12, comma 5, secondo periodo, D.Lgs. n. 546/1992. In caso di controversie relative esclusivamente alle sanzioni, il valore è costituito dal loro ammontare. L'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nelle controversie riguardanti il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi, il valore della lite corrisponde all'importo del tributorichiesto a rimborso, al netto degli accessori; qualora l'istanza di rimborso riguardi più periodi d'imposta, il valore della lite è dato dal tributo chiesto a rimborso per singolo periodo di imposta.

Tale (nuovo) limite si applica agli atti impugnati notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018, in quanto, con riguardo agli atti notificati in precedenza, è valido ancora il limite di 20.000,00 euro vigente prima della modifica apportata dall'art. 10 del D.L. 50/2017, conv. in L. n. 96/2017.

Il reclamo/mediazione si applica anche qualora, in sede di autotutela parziale, l'Amministrazione finanziaria riduca l'ammontare del tributo accertato al di sotto della soglia dei 50.000,00 euro, purché ciò avvenga in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso; l'istituto non trova, invece, applicazione qualora tale riduzione abbia luogo dopo la notifica del ricorso.

Si precisa, tuttavia, che le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili (art. 17-bis, comma 1, terzo periodo, D. Lgs. n. 546/1992Le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di quelle di cui all'art. 2, comma 2, primo periodo”).

La mediazione, inoltre, può riguardare tutte le controversie, eccetto quelle attinenti a tributi che costituiscono risorse proprie tradizionali UE.

Costituiscono, ad esempio, risorse proprie della Comunità europea:

1) i prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli: ossia tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali ed altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i Paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero;

2) i dazi doganali: ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri;

3) i proventi dell'IVA, ottenuti mediante applicazione di un tasso inizialmente pari all'1%; secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,5% nel 2004;

4) l'ultima risorsa, istituita con l'Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio del 1988, ha carattere complementare e consiste in contributi versati dagli Stati membri nell'ipotesi in cui le precedenti risorse non risultassero sufficienti a garantire la copertura del bilancio comunitario.

Ed ancora, si evidenzia come il più volte menzionato istituto deflattivo del contenzioso è stato esteso a tutti gli enti impositori, ed in particolar modo:

(i) alle agenzie fiscali che provvedono all'esame del reclamo attraverso proprie strutture diverse da quelle che hanno emesso gli atti reclamabili,

(ii) agli altri enti impositori che individuano la struttura eventualmente deputata alla trattazione del reclamo e

(iii) agli agenti della riscossione e ai soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 D.Lgs. n. 446/1997 se compatibile. Con riguardo a quest'ultimo caso si fa riferimento ai vizi, ad esempio, delle cartelle di pagamento da essi emesse o all'impugnazione di fermi di beni mobili registrati al fine di consentire anche a questi soggetti di precedere al ritiro dei loro atti impugnati.

Inoltre, al fine di qualificare un rapporto come “tributario”, e quindi assoggettarlo alla normativa in esame, occorre che siano presenti le caratteristiche della doverosità della prestazione e del collegamento di questa alla spesa pubblica, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante.

Sebbene la giurisdizione tributaria si configuri come una “giurisdizione sul rapporto”, deve inoltre ricordarsi che l'art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 prevede una espressa elencazione di atti impugnabili mediante ricorso tributario, per cui trova applicazione - in tali ipotesi - la disposizione in commento a controversie di valore non superiore a 50.000,00 euro (precedentemente 20.000,00 euro), per i quali il ricorso produce gli effetti del reclamo.

Sull'ambito di applicazione della mediazione

Com'è noto, la richiesta di mediazione permette al Contribuente di formulare una proposta che comprenda la rideterminazione delle imposte così come calcolate e richieste dall'Amministrazione Finanziaria.

L'Ufficio, una volta ricevuta l'istanza, procede preliminarmente alla disamina della stessa per verificare la sussistenza dei requisiti, la fondatezza dei motivi di contestazione dell'atto, la validità della proposta eventualmente formulata dal contribuente, ed in caso di mancanza di quest'ultima, l'Ufficio invita il contribuente al contraddittorio (al contraddittorio il contribuente può partecipare personalmente oppure conferire procura al proprio difensore), a seguito del quale può formulare una rideterminazione della pretesa.

L'esito del contraddittorio viene descritto in un apposito verbale sottoscritto, da un lato, dal contribuente o dal difensore munito di procura e, dall'altro, dal dirigente o dal funzionario incaricato al contraddittorio. Qualora il contribuente non si presenti al contraddittorio, il dirigente o funzionario incaricato annota la “mancata presentazione” dello stesso sull'originale dell'invito al contraddittorio.

Naturalmente, l'Amministrazione finanziaria, in questa fase, valuterà eventuali profili di inammissibilità della istanza (tardività della presentazione, mancanza di sottoscrizione, ecc.).

In caso di palese inammissibilità, l'istanza può comunque essere trattata come una richiesta di autotutela.

Ovviamente se l'Ufficio non dovesse ritenere meritevole di accoglimento il reclamo, o l'eventuale proposta di mediazione, lo stesso dovrà necessariamente formulare una propria proposta tenendo conto della sostenibilità della pretesa e del principio di economicità dell'azione amministrativa [i principi di economicità, efficacia ed efficienza costituiscono corollario del canone di buon andamento dell'azione amministrativa (consacrato dall'art. 97 Cost.), che impone alla Pubblica Amministrazione il conseguimento degli obiettivi legislativamente prefissati con il minor dispendio di mezzi].

Pertanto, in caso di diniego della istanza, l'Ufficio sarà tenuto in modo completo e dettagliato ad esporre le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa tributaria ed il contenuto di questo diniego varrà come atto di controdeduzioni nel giudizio innanzi al competente giudice tributario.

I presupposti oggettivi che, per prassi, sono individuati dall'Ufficio e che giustificano la proposta di mediazione sono:

1) l'incertezza della questione controversa.

Con tale accezione il Legislatore ha voluto riferirsi ad una incertezza rilevabile dalle contestazioni formali e sostanziali che emergono al momento della presentazione del reclamo e della proposta motivata di mediazione. Tale incertezza consente all'Amministrazione di valutare la possibilità di una composizione bonaria della nascente controversia;

2) il grado di sostenibilità della pretesa.

Questa valutazione riguarda l'esame del possibile ed eventuale esito procedimentale-processuale. In altri termini, l'Amministrazione esamina i documenti in suo possesso ed ogni altro elemento che giustifichi la pretesa tributaria in relazione al processo;

3) il principio di economicità dell'azione amministrativa.

Tale criterio risulta indubbiamente il più rilevante, in quanto risponde al fine deflattivo dell'istituto, che si propone di evitare sotto il profilo, sia economico che strettamente processuale, l'instaurazione dei giudizi innanzi alle competenti Commissioni Tributarie.

Tuttavia, il nuovo istituto del reclamo e della mediazione, presenta comunque non poche perplessità e problematiche interpretative oltre che applicative.

Ad ogni modo, l'intento del Legislatore è senza dubbio ispirato al tentativo di un bonario componimento delle controversie in atto, sia pure delimitato a determinati parametri in termini di importi ed imposte; è oltremodo scontato come, soprattutto con riferimento alla fase di mediazione, il successo di questo istituto si fonda su quei principi di collaborazione, buona fede, correttezza e ragionevolezza.

Dulcis in fundo, ci si chiede comunque come un ufficio, facente parte dello stesso ente impositore, possa valutare in modo asettico ed imparziale una proposta basata su un atto emesso proprio dal medesimo Ufficio.

Il perfezionamento della mediazione e successivo recupero delle somme dovute

Anzitutto si sottolinea che per quanto attiene al versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni, anche sanzionatorie, previste (per l'accertamento con adesione) dall'art. 8 D. Lgs. 19 giugno 1997 n. 218.

Fatta questa brevissima premessa, si precisa che la mediazione si perfeziona con il versamento, entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo tra le parti, dell'intero importo ovvero della prima rata (Le rate concedibili saranno un massimo di otto da versarsi entro 24 mesi).

L'importo della prima o unica rata dovrà essere versato, come detto, entro il termine di venti giorni dalla sottoscrizione dell'accordo tra le parti, mentre le successive dovranno essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine del versamento della prima rata.

Il contribuente, dovrà obbligatoriamente far pervenire all'Ufficio la quietanza di pagamento entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata. Con tale prova di versamento, l'Ufficio rilascerà al contribuente copia dell'accordo di mediazione.

Il mancato pagamento di una rata diversa dalla prima consente l'iscrizione a ruolo delle somme residue e la caducazione dal beneficio rateale. Tuttavia, il Legislatore consente al contribuente di non decadere dalla rateazione in caso di lieve inadempimento dovuto

(i) all'insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000,00 euro ed

(ii) al tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni. Ovviamente ad ogni ritardo e/o decadenza è prevista una sanzione amministrativa ex lege prevista.

Quando, invece, la mediazione ha per oggetto rimborsi d'imposta, la stessa si perfeziona dal momento della sottoscrizione dell'accordo.

Quest'ultimo deve necessariamente contenere l'indicazione delle somme dovute con i termini e le modalità di pagamento e - non trascurabile - tale accordo costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute dal contribuente. Ciò significa che in caso di inadempimento della controparte, il contribuente - non potendo avvalersi del giudizio di ottemperanza - potrà agire innanzi al Giudice ordinario (per ottenere, ad esempio, un decreto ingiuntivo).

Nello specifico, il contribuente potrà impugnare, ex art. 19, comma 1, lett. g), D,Lgs. n. 546/1992, il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. Pertanto, secondo quanto disposto dall'art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/1992, se il valore non supera i 50.000,00 euro, il contribuente dovrà necessariamente presentare ricorso/reclamo all'ente con la richiesta di restituzione delle somme, prima di costituirsi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale territorialmente competente.

Ulteriore ipotesi riguarda la mediazione inerente a controversie catastali: in questo caso la mediazione si perfeziona con la sola sottoscrizione dell'accordo, cui deve seguire la modifica degli atti catastali (art. 2, comma 2, primo periodo, D.Lgs. n. 546/1992).

Con riguardo alle sanzioni, con la conclusione dell'accordo di mediazione e secondo a quanto stabilito dall'art. 17-bis, comma 7, D.Lgs. n. 546/1992, le stesse sono dovute nella misura del 35% del minimo previsto dalla legge (misura che è più del terzo previsto in caso di accertamento con adesione e meno del 40% previsto in caso di conciliazione in primo grado).

Inoltre, giova sottolineare come la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all'atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine utile per concludere la mediazione.

Infine, ai sensi dell'art. 15, comma 2-septies, D.Lgs. n. 546/1992 nelle controversie oggetto di mediazione le spese di giudizio sono maggiorate del 50% a titolo di rimborso delle spese del procedimento amministrativo.

In conclusione

La mediazione tributaria obbligatoria si applica ai ricorsi notificati a partire dal 1° gennaio 2018 che abbiano ad oggetto atti fiscali dell'Agenzia delle Entrate, di altri enti creditori o dell'agente della riscossione, purché di valore non superiore a 50.000,00 euro.

Sono, quindi, soggetti a tale istituto gli atti o provvedimenti concernenti imposte e tasse (II.DD., bollo auto, tassa rifiuti, ecc.) o la materia catastale. Tra questi atti rientrano anche la comunicazione di iscrizione di fermo amministrativo sul veicolo o di ipoteca su un immobile.

Per concludere, quindi, giova evidenziare come il reclamo/mediazione costituisce un tipico istituto deflattivo del contenzioso tributario, a carattere premiale per il contribuente che vi faccia ricorso che si estrinseca essenzialmente in una potenziale riduzione della pretesa erariale e nella possibile riduzione delle sanzioni amministrative, che “si applicano nella misura del 35% del minimo previsto dalla legge”.

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