La linea di demarcazione tra emendatio libelli consentita e mutatio libelli inammissibile

13 Settembre 2018

Il tema di indagine relativo al quesito è identificabile nell'individuazione della corretta linea di demarcazione tra emendatio libelli consentita e mutatio libelli inammissibile.

Dopo aver chiesto nell'atto introduttivo l'accertamento dell'usurarietà del contratto di mutuo con riferimento al tasso di mora, costituisce poi una domanda nuova inammissibile la richiesta, effettuata in sede di memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., di accertamento dell'usurarietà del contratto di mutuo anche con riferimento alla sommatoria tra interessi e ulteriori oneri, comunque dedotti nell'atto introduttivo pur senza una specifica domanda?

Il tema di indagine relativo al suindicato quesito è identificabile nell'individuazione della corretta linea di demarcazione tra emendatio libelli consentita e mutatio libelli inammissibile. Al fine di fornire una risposta al su riportato quesito non si può prescindere dai principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenza n. 12310 del 15 giugno 2015). Con tale intervento, infatti, è stata chiarita la portata precettiva dell'emendatio, della mutatio libelli e sono stati precisati i “margini” di ammissibilità della modifica di domande, eccezioni e conclusioni ex art. 183 c.p.c., affermando il principio di diritto secondo cui «La modificazione della domanda ammessa a norma dell'art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che perciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l'allungamento dei tempi processuali».

La Suprema Corte giunge ad affermare tale principio partendo dalla considerazione per cui la giurisprudenza in materia era univoca nell'affermare che sono ammissibili solo le modificazioni della domanda introduttiva che costituiscono semplice emendatio libelli, ravvisabile quando non si incide né sulla causa petendi (ma solo sulla interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto) né sul petitum (se non nel senso di meglio quantificarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere), mentre sono assolutamente inammissibili quelle modificazioni della domanda che costituiscono mutatio libelli, ravvisabile quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima, ed in particolare su di un fatto costitutivo differente, così ponendo al giudice un nuovo tema d'indagine e spostando i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo.

La Suprema Corte con il predetto intervento chiarificatore ha operato una ricognizione della struttura dell'udienza di comparizione, disciplinata dall'art. 183 c.p.c.. Nell'art. 183 c.p.c., rileva la Suprema Corte, non si rinviene alcun esplicito divieto di domande nuove (come invece, ad esempio, nell'art. 345 c.p.c.). Non solo: l'art. 189 c.p.c., in tema di rimessione della causa al collegio – laddove afferma che il giudice istruttore invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni «nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 183 c.p.c.» – lascia intendere che in realtà le parti possono cambiare le domande e conclusioni avanzate nell'atto introduttivo, anche in modo apprezzabile. A detta della Suprema Corte, per una maggiore comprensione della effettiva portata del cambiamento ammissibile ai sensi dell'art. 183 c.p.c., occorre procedere dalla considerazione che, in rapporto alla domanda originaria, nell'economia della suddetta norma risultano previsti tre tipi di domande: le domande "nuove", le domande "precisate" e le domande "modificate".

Con riguardo alle domande "nuove" va evidenziato che, pur non riscontrandosi un espresso divieto come quello di cui all'art. 345 c.p.c., questo può essere implicitamente desunto dal fatto che risultano specificamente ammesse per l'attore le domande e le eccezioni «che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto», ben potendo l'affermazione suddetta leggersi nel senso che sono (implicitamente) vietate tutte le domande nuove ad eccezione di quelle che per l'attore rappresentano una reazione alle opzioni difensive del convenuto. Le domande “precisate”, invece, sono le stesse domande introduttive che non hanno subito modificazioni nei loro elementi identificativi, ma hanno ricevuto delle semplici precisazioni, utili a meglio definirla e circostanziarla. Quanto alle domande “modificate” la Suprema Corte afferma come la modificazione ex art. 183 c.p.c. sia ammissibile senza limiti, sia con riferimento al petitum che alla causa petendi (contrariamente al precedente orientamento giurisprudenziale).

Ciò premesso, venendo al quesito proposto, in applicazione delle coordinate appena enunciate, appare ragionevole ritenere che la richiesta, effettuata in sede di memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., di accertamento dell'usurarietà del contratto di mutuo anche con riferimento alla sommatoria tra interessi e ulteriori oneri (nell'atto introduttivo la richiesta si riferiva ai soli interessi di mora), non configuri una domanda “ulteriore”, “aggiuntiva” e quindi nuova, ma integri un'ammissibile modificazione della domanda originaria nell'elemento del petitum, restando comunque la domanda in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio(peraltro, le relative deduzioni in fatto erano state dedotte nell'atto introduttivo). La domanda in questione infatti è sovrapponibile a quella formulata nell'atto introduttivo; una simile modificazione, che si ripete incide su uno degli elementi della domanda iniziale (nel caso di specie, il petitum), appare conforme ai dettami della pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite suindicata. E neppure può ritenersi che una simile interpretazione della portata della modificazione ammessa possa “sorprendere” la controparte ovvero mortificarne le potenzialità difensive perché: l'eventuale modifica avviene sempre in riferimento e in connessione alla medesima vicenda sostanziale in relazione alla quale la parte è stata chiamata in giudizio; la parte sa che una simile modifica potrebbe intervenire a norma della disciplina processuale vigente, sicché non si trova rispetto ad essa come dinanzi alla domanda iniziale; alla suddetta parte è in ogni caso assegnato un congruo termine per potersi difendere e controdedurre anche sul piano probatorio.

Per tali ragioni la risposta al suindicato quesito non può che essere negativa.

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