L'amministratore nella sua veste notarile: obblighi e responsabilitàFonte: Cod. Civ. Articolo 1129
13 Settembre 2018
Il quadro normativo
La questione in commento trova spunto da una chiara previsione normativa costituita dall'art. 1129, comma 2, c.c.: «Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130 c.c., nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata».
Il soggetto richiedente
Il legislatore, molto probabilmente, in modo del tutto inconsapevole nelle ultime parole del comma 2 dell'art. 1129 c.c. ha creato due “pertugi” giuridici di non poco conto. L'interessato come soggetto che può fisicamente accedere allo studio di amministrazione, esaminare tutti gli incartamenti afferenti il condominio e chiederne copia, a sue spese, di quelli di suo interesse. Interesse che legittima questa attività, ma che dall'altro non può ricevere alcun giudizio di sindacabilità da parte dell'amministratore che, pertanto, nulla può obiettare. Il rifiuto, anzi, potrebbe condurlo a chiare responsabilità non solo civilistiche. In buona sostanza un soggetto, manifestando un interesse, ha pieno diritto ad entrare nell'ufficio dell'amministratore e svolgere le attività lui facoltizzate dalla legge. Questo aspetto deve convivere non solo con l'infinita ipotesi di “interesse”, ma anche con la normativa dei dati personali e la loro gestione anche alla luce della normativa europea del GDPR. Ogni dubbio che il lettore e/o l'operatore si potrebbero porre è legittimo, ma non si può prescindere dal dato normativo che istituisce la figura dell'interessato con certi e chiari diritti. Quanto sopra, già di per sé è idoneo ad aprire ampi dibattiti e sviluppare zelanti studi in attesa che si pronunci la magistratura fornendo una “stella polare” per gli addetti ai lavori, in realtà non è stato l'unico problema generato nella parte finale del comma 2 dell'art. 1129 c.c. Infatti, l'interessato non ha solo diritto a ricevere copia dei documenti che richiede, ma l'amministratore deve persino firmare le copie che rilascia. Occorre quindi capire cosa intende il riformatore del 2012 quando scrive “la firma dell'amministratore” e le conseguenze ascrivibili a questa incombenza. La prima osservazione che sorge spontanea è che la norma è imperfetta in quanto accanto al precetto non corre alcuna sanzione (lex imperfecta). La seconda è che l'amministratore non è solo tenuto, seppur compensato, a fotocopiare i documenti richiesti, ma deve anche firmare le copie che rilascia. La firma, seppur non scritto in modo chiaro, è la sigla che certifica come “quelle” copie rilasciate siano “quelle” dei documenti richiesti nella loro completezza. Insomma, una sorta di autentica. Ma ciò apre lo scenario ad una valutazione, verosimilmente corretta, ovvero che sino ad oggi “l'autentica” era attività messa in campo solo da un soggetto: il pubblico ufficiale. Chiunque attesta l'autentica lo fa nella sua veste usuale o temporanea (in quel preciso momento) di pubblico ufficiale. Così avviene dal notaio, dal cancelliere, dal funzionario di un Comune o anche dall'avvocato quando autentica la firma del cliente al rilascio della procura alle liti. L'autentica, quindi, come tale è matrice di obblighi, responsabilità e gravose conseguenze se attestata in modo non corretto. Solo a titolo esemplificativo, il legale che autentica la firma del cliente non vera incorre nella più gravosa delle sanzioni previste, lo stesso dicasi per le altre categorie di soggetti sopraddetti. In questo quadro, l'amministratore dove si colloca? La firma normata alla fine del secondo comma dell'art. 1129 c.c. che valore ha? Il legislatore non lo dice e lascia un vuoto colmabile solo con l'interpretazione. Un dato incontrovertibile è che la norma ha previsto la firma in calce alle copie rilasciate, quindi la logica prima ancora del diritto vuole che detta firma attesti la conformità delle copie stesse ai documenti richiesti. Ciò crea problema solo virtualmente in modo quasi scolastico e banale quando i documenti richiesti sono poche pagine in un piccolo condominio. Caso diverso quando le copie richieste sono centinaia e centinaia di pagine in un grande Condominio o persino in un c.d. supercondominio (condominio di condominii). Nella fase di fotocopiatura di grandi faldoni, una pagina può non essere fotocopiata o fotocopiata male, un fronte-retro distrattamente non essere visto. Questi aspetti, letti in combinato con la “firma”, creano una responsabilità certa dell'amministratore. In conclusione
Anche l'aspetto in commento denota come ogni operatore del diritto deve quotidianamente fertilizzare la voglia di esplorare le norme in ogni loro aspetto ciò sia per acquisire la dovuta approfondita conoscenza della materia, sia perché in esse di radica la frontiera del nuovo orizzonte del contenzioso condominiale. Non vi è dubbio alcuno, infatti, che a questi dubbi interpretativi può dare risposta solo la magistratura, ma questa deve essere stimolata dalle interpretazioni rassegnate dai legali. Per questo la sensibilità e la conoscenza alla materia sono necessarie, oggi più che mai visto che ormai la “specializzazione” è entrata a gamba tesa nella categoria. Anche altra valutazione non può essere taciuta. L'amministratore è figura professionale ignorata o quasi dalle norme sino alla l. n. 4/2013 che regolamenta i professionisti senza albo o ordine professionale. Da allora ogni norma interna o del legislatore europeo recepita nel nostro paese, vede l'amministratore al centro di attenzioni e interessi. Generalmente ciò avviene riconducendo a detta figura obblighi, incombenze e responsabilità. A ciò si aggiungano quelle che nei meandri delle norme, forse in modo inconsapevole, il legislatore ha posto in modo leggiadro.
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