Banche in default: non regge il segreto professionale dell’Autorità di vigilanza
14 Settembre 2018
I risparmiatori danneggiati dal default delle banche possono richiedere l'accesso alla documentazione della Banca d'Italia, per valutare se agire in giudizio, senza che l'Autorità di vigilanza possa opporre il segreto professionale. Lo afferma la Corte di Giustizia UE, nella sentenza depositata il 13 settembre nella causa C-594/16. Il caso. A seguito della sottoposizione a l.c.a. di una banca, un correntista otteneva il rimborso di una parte della somma depositata sul conto, e riteneva responsabili per le perdite finanziarie subite sia l'ente creditizio in default che la Banca d'Italia, quale Autorità di vigilanza. Per ottenere informazioni supplementari, al fine di valutare l'opportunità di agire in giudizio, chiedeva alla Banca d'Italia che fossero divulgati alcuni documenti relativi alla vigilanza sull'ente. BankItalia respingeva la domanda, opponendo il segreto professionale. Il Consiglio di Stato sospendeva il procedimento, avviato dal correntista, e sottoponeva alla Corte di Giustizia UE alcune questioni pregiudiziali. La questione. Il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l'art. 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, letto in combinato disposto sia con l'art. 15 TFUE sia con l'art. 22, paragrafo 2, e con l'art. 27, paragrafo 1, Reg. n. 1024/2013, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità competenti degli Stati membri divulghino informazioni riservate a una persona che ne faccia richiesta per poter avviare un procedimento civile o commerciale volto alla tutela di interessi patrimoniali che sarebbero stati lesi a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa di un ente creditizio. Confermando l'impostazione seguita dall'Avvocato Generale nelle sue conclusioni (si veda, sul punto, la precedente news in questo portale) la Corte UE rileva come, con l'art. 53 cit., il legislatore europeo abbia inteso consentire all'autorità competente di divulgare alle sole persone direttamente interessate dal fallimento o dalla l.c.a. dell'ente creditizio informazioni riservate che non riguardino i terzi coinvolti in tentativi di salvataggio di tale ente, ai fini del loro utilizzo nell'ambito di procedimenti civili o commerciali, sotto il controllo dei giudici competenti. Ma tali procedimenti non devono essere necessariamente già stati avviati. La divulgazione delle informazioni di cui si tratta, nel corso di un procedimento avente carattere amministrativo secondo il diritto nazionale, è idonea a garantire, ancor prima dell'avvio di un procedimento civile o commerciale, i requisiti rilevati al punto 32 della presente sentenza e quindi l'efficacia dell'obbligo del segreto professionale di cui all'art. 53. In conclusione, la Corte ritiene che la possibilità di escludere l'obbligo del segreto professionale, ai sensi dell'art. 53, paragrafo 1, comma 3, della direttiva, richiede che la domanda di divulgazione verta su informazioni in merito alle quali il richiedente fornisca indizi precisi e concordanti che lascino plausibilmente supporre che esse risultino pertinenti ai fini di un procedimento civile o commerciale in corso o da avviare, il cui oggetto dev'essere concretamente individuato dal richiedente e al di fuori del quale le informazioni di cui trattasi non possono essere utilizzate. Il principio. Questo il principio di diritto: “L'articolo 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, dev'essere interpretato nel senso che esso non osta a che le autorità competenti degli Stati membri divulghino informazioni riservate a una persona che ne faccia richiesta per poter avviare un procedimento civile o commerciale volto alla tutela di interessi patrimoniali che sarebbero stati lesi a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa di un ente creditizio. Tuttavia, la domanda di divulgazione deve riguardare informazioni in merito alle quali il richiedente fornisca indizi precisi e concordanti che lascino plausibilmente supporre che esse risultino pertinenti ai fini di un procedimento civile o commerciale, il cui oggetto dev'essere concretamente individuato dal richiedente e al di fuori del quale le informazioni di cui trattasi non possono essere utilizzate. Spetta alle autorità e ai giudici competenti effettuare un bilanciamento tra l'interesse del richiedente a disporre delle informazioni di cui trattasi e gli interessi legati al mantenimento della riservatezza delle informazioni coperte dall'obbligo del segreto professionale, prima di procedere alla divulgazione di ciascuna delle informazioni riservate richieste.” |