La responsabilità per mala gestio dell'amministratore di condominio

17 Settembre 2018

In tema di responsabilità dell'amministratore di condominio nella gestione dei beni comuni, si sono formati diversi orientamenti giurisprudenziali che hanno evidenziato le primarie fattispecie rilevanti sul piano dell'assunzione della responsabilità sul duplice piano personale e risarcitorio in presenza di un danno concretamente risarcibile arrecato alla collettività dei condomini ovvero a quest'ultimi singolarmente intesi. In particolare...
Il quadro normativo

La legge prevede che il condominio debba avere un amministratore. La giurisprudenza prevalente qualifica la figura dell'amministratore del condominio come un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (Cass. civ., sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815; Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7891; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286). A norma dell'art. 1131 c.c., l'amministratore ha la rappresentanza dei condomini nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio. La figura dell'amministratore di condominio nell'ordinamento italiano vigente non si esaurisce nell'aspetto squisitamente contrattuale delle prerogative proprie dell'ufficio. Infatti a tale figura professionale il codice civile e le leggi speciali imputano tutta una serie di doveri e obblighi finalizzati ad impedire principalmente che il modo d'essere dei beni condominiali provochi danno a terzi.

La responsabilità dell'amministratore di condominio nel contratto di appalto

In relazione ai beni condominiali, l'amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo d'essere, si trova quindi nella posizione assimilabile a quella del custode.

Ciò si verifica in particolare quando l'assemblea decide di appaltare lavori a terzi. In tal caso il controllo dei beni comuni nell'interesse del condominio deve infatti considerarsi attribuito all'amministratore difatti, quante volte accade che da un lato, l'appaltatore non è posto in una condizione di esclusivo custode delle cose sulle quali si effettuano i lavori e dall'altro l'assemblea non affida l'anzidetto compito ad una figura professionale diversa dallo stesso amministratore. Questi allora deve curare che i beni comuni non arrechino danni agli stessi condomini o a terzi, come del resto ha già riconosciuto la giurisprudenza allorché ha considerato l'amministratore del condominio responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento degli suoi obblighi legali o regolamentari: si pensi in specie ai danni derivanti dalla negligente omissione delle necessarie riparazioni al lastrico solare od al tetto, decise da una delibera assembleare e non attuate dall'amministratore (Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25251; Cass. civ., sez. II, 17 maggio 1994, n. 4816; ma v. anche Cass. civ., sez. II, 20 agosto 1993, n. 8804).

Tale indirizzo, tendenzialmente più rigoroso rispetto al passato, è del resto espressione dell'evoluzione della figura dell'amministratore di condominio, i cui compiti vanno vieppiù incrementandosi sì da fare ritenere che gli stessi possano venire assolti in modo più efficace dalle società di servizi, all'interno delle quali operano specialisti in settori diversi, in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte allo stesso amministratore dalle leggi speciali (Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2006, n. 22840; si segnalano, fra le leggi speciali il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in materia di acqua e inquinamento; il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, in materia di certificazione energetica; il d.m. 22 gennaio 2008, n. 37, in materia di impianti; la l. 27 marzo 1992, n. 257 e il d.m. 6 settembre 1994, sulla bonifica dall'amianto; il d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115, in materia di coibentazioni; il d.p.r. 12 gennaio 1998, n. 37 sul certificato di prevenzione incendi e manutenzione degli impianti ed il d.m. 16 maggio 1987, n. 246 e d.m. 1 febbraio 1986 contenenti le corrispondenti norme tecniche; il d.p.r. 30 aprile 1999, n. 162 sulla manutenzione degli ascensori e sulle relative verifiche, certificazione Ce e tenuta del libretto d'impianto; il d.p.r. 26 agosto 1993, n. 412 e il d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 551 sulla nomina del terzo responsabile degli impianti di riscaldamento; il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sulla frequenza obbligatoria da parte del portiere del corso d'informazione su rischi, pronto soccorso e prevenzione incendi; il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sulla durata dei lavori, rischiosità e idoneità delle imprese e verifica della redazione del piano di sicurezza e di coordinamento).

L'amministratore, però, non costituisce un'entità diversa dal condominio del quale è rappresentante, perché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica diversa da quella dei singoli condomini (Cass. civ., sez.VI, 11 gennaio 2012, n. 177). Ciò significa che il condomino che ritenga di essere stato danneggiato da un'omessa vigilanza da parte del condominio nell'esecuzione di lavori sulle parti comuni non può considerare l'amministratore come un soggetto terzo ed estraneo; dovrà comunque rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti del condominio il quale, a sua volta, valuterà se esistono gli estremi di una rivalsa nei confronti dell'amministratore. La responsabilità dell'amministratore, come correttamente ricordato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, si esaurisce nell'ambito dei rapporti interni con i condomini (Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2008, n. 24804). Del resto, anche in una precedente pronuncia di legittimità (Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25251) che pure ha riconosciuto una sorta di responsabilità allargata in capo all'amministratore di condominio, si è escluso che il potere di controllo sui beni comuni permanga quando l'appaltatore sia posto in condizioni di esclusivo custode delle cose sulle quali si effettuano i lavori.

La Cassazione (Cass. civ., sez.III, 30 settembre 2014, n.20557) ha precisato che sul piano della responsabilità per danni derivante da culpa in vigilando, non può pervenirsi a differenti conclusioni in considerazione del ruolo di direttore dei lavori affidato all'amministratore di condominio. Il direttore dei lavori per conto del committente, infatti, presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto; rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonchè l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. Il direttore dei lavori, in sostanza, assume la specifica funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità a quanto stabilito nel capitolato di appalto. Da questo, tuttavia, non deriva a suo carico né una responsabilità per cattiva esecuzione dei lavori imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, né un obbligo continuo di vigilanza anche in relazione a profili marginali riguardanti l'opera appaltata.

La responsabilità dell'amministratore di condominio quale mandatario dei condomini

L'amministratore del condominio opera in regime di rappresentanza volontaria dei partecipanti al condominio, e come tale è soggetto alla disciplina comune dell'art. 1703 ss. c.c., applicabile a qualsivoglia mandatario, ed a quella specifica dell'art. 1130 c.c., salvo come si è precisato innanzi, i maggiori poteri che il regolamento di condominio o l'assemblea dei condomini possono conferirgli ai sensi dell'art. 1131, comma 1, c.c. In tale veste giuridica, pertanto, egli eroga le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni (art. 1130, n. 3, c.c.).

La sua responsabilità quale mandatario nello svolgimento di quest'ultima attività non è esclusa né dalla circostanza che detti servizi siano prodotti da impianti a loro volta comuni ad altri condomini, né dal fatto che per la relativa gestione non sia stato nominato un amministratore della comunione, che l'intero procedimento di erogazione della spesa - che oltre all'accertamento e all'impegno comprende anche il pagamento - si colloca nel rapporto interno fra l'amministratore stesso ed il condominio mandante. Ne deriva che, ai sensi dell'art. 1717, comma 1, c.c., l'amministratore che nell'esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso senza esservi autorizzato dal condominio o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita.

E poiché la volontà del condominio si forma e si manifesta attraverso atti collegiali a contenuto formale, anche l'autorizzazione a valersi di sostituti nell'esecuzione del mandato, al pari di ogni altra autorizzazione, deve risultare da un'apposita delibera dell'assemblea condominiale, a nulla rilevando che la sostituzione sia conforme a precedenti prassi note ai condomini, trattandosi di circostanza che di per sé non vale ad esprimere la volontà del condominio (Cass. civ., sez. II, 9 aprile 2014, n. 8339).

L'amministratore di condominio può essere revocato?

L'art. 1129 c.c. prevede che l'autorità giudiziaria, in presenza di gravi irregolarità, può disporre la revoca dell'amministratore del condominio. Ciò impone al giudice di verificare se ricorrendo in astratto una ipotesi rientrante nell'ambito della previsione normativa, sussista nel caso concreto la prova di un comportamento contrario ai doveri imposti per legge, dovendo escludersi un'applicazione meccanica della norma anzidetta (Trib. Mantova 22 ottobre 2015).

In diritto, gli obblighi torna utile ricordare come gli obblighi che l'amministratore è tenuto ad adempiere, sono quelli previsti dagli artt. 1129, 1130, 1131 e 1135 c.c. che nel disciplinare i poteri dell'amministratore e le sue capacità giuridiche di rappresentanza del condominio, regolano anche a contrariis le responsabilità che gli derivano per l'inosservanza degli oneri e degli obblighi che allo stesso incombono.

La responsabilità dell'amministratore di condominio per inadempimento alle obbligazioni assunte con il suo ufficio

Ai sensi dell'art. 1710 c.c., l'amministratore del condominio è tenuto a eseguire gli obblighi contrattualmente assunti con la diligenza del buon padre di famiglia (Trib. Salerno 13 gennaio 2016; Cass. civ., sez. II 27 maggio 1982, n. 3233), ovverosia quella che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, ed è sulla scorta di tale criterio, di generale applicazione in tema di adempimento delle obbligazioni (art. 1176 c.c.) che deve valutarsi la condotta del mandatario, onde stabilire se egli sia venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del mandante (Cass. civ., sez.III, 23 dicembre 2003, n. 19778).

In particolare l'amministratore del condominio nel corretto assolvimento del mandato ricevuto dall'ente di gestione ha l'obbligo di utilizzare i versamenti dei condomini, da fare affluire in apposito conto separato, per fare fronte alle spese condominiali di ordinaria e straordinaria amministrazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1130, n. 3), c.c. e 1708 c.c. (Cass. civ., sez.II, 9 aprile 2014, n. 8339; Cass. civ., sez. II, 27 maggio 1982, n. 3233); restituire all'atto della cessazione dell'incarico gestorio ex art. 1713 c.c. al condominio mandante quanto ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto dello stesso, ed in particolare tutti i documenti, in originale, di qualsiasi natura e provenienza relativi alla gestione condominiale (Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13504), anche se riferiti a segmenti temporali, atti e rapporti compresi nei bilanci consuntivi e già approvati dall'assemblea indipendentemente dal periodo di gestione al quale essi ineriscono, poiché questi, oltre a costituire la rappresentazione contabile delle operazioni compiute, consentono al condominio di poter disporre dei giustificativi di spesa e riguardano un interesse collettivo dei condomini; tutte le somme che ha in cassa, relative a quanto riscosso e non impiegato nell'interesse comune, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono (Cass. civ., sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815); di rendere il conto del suo operato ex art. 1713 c.c., che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale e che può ritenersi assolto quando l'amministratore abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma incassata e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali all'individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato o meno ai criteri di buona amministrazione (Cass. civ.,sez.II, 9 giugno 2010, n. 13878).

La responsabilità per l'omesso corretto adempimento degli obblighi contabili

Pertanto, integra grave inadempimento e negligenza dell'amministratore di condominio l'avere tenuto, nell'esercizio del mandato conferito, una contabilità non ordinata, non intellegibile e in ogni caso non corrispondente alla reale situazione patrimoniale condominiale (Trib. Monza 17 dicembre 2015). L'inadempimento all'obbligazione di consegna dei documenti obbliga l'amministratore a risarcire di tutti i danni che il condominio affermi e dimostri di aver subito per effetto di tale mancata e/o ritardata restituzione. Infine l'amministratore alla cessazione del suo mandato non può trattenere i documenti finché non venga rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio, non essendovi corrispettività né interdipendenza tra le suddette prestazioni, originate da titoli diversi (Cass. civ., sez.II, 3 dicembre 1999, n. 13504).

L' amministratore del condominio, ai sensi dell'art. 1130 c.c., alla fine di ogni anno, ovvero al termine del suo mandato se non coincide con la fine dell'anno, deve rendere il conto della sua gestione. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'amministratore del condominio deve fornire la prova degli esborsi effettuati presentando un rendiconto del proprio operato che deve, necessariamente, comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale, sì da potere stabilire se il suo operato si sia adeguato o meno ai criteri della buona amministrazione.

Il rendiconto deve indicare le singole voci di spesa e di incasso (Cass. civ., sez.II, 07 luglio 2000 n. 9099), e deve riguardare tutti gli aspetti dell'attività svolta. Non è richiesto che il rendiconto sia redatto con forme rigorose analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società commerciali, ma è sufficiente che i criteri contabili osservati dall'amministratore siano idonei a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spese, con le relative quote di ripartizione.

La responsabilità per l'omessa restituzione dei documenti condominiali

Inoltre l'amministratore di condominio, alla cessazione del suo mandato, ha l'obbligo di restituire ai condomini quanto ricevuto a causa dello svolgimento dell'incarico, tra cui i documenti concernenti la gestione dei beni comuni (Trib. Bari 12 luglio 2016; Trib. Monza 18 agosto 2016; Cass. civ., sez.II, 3 dicembre 1999, n.13504).

La delibera assembleare di approvazione del rendiconto non preclude la contestazione in sede di proposizione di azione risarcitoria da parte del condominio contro l'ex amministratore sia per il carattere dichiarativo e confessorio dell'atto di approvazione del conto, revocabile o modificabile in caso di dolo o colpa grave del mandatario ex art. 1713 c.c., sia perché l'assemblea dei condomini ex art. 1130 c.c., può approvare ed autorizzare pagamenti soltanto ove si riferiscano a spese effettivamente erogate per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, onde tale presupposto manca quando l'amministratore richieda il rimborso di somme esposte come erogate nell'interesse della collettività condominiale, ma invece trattenute con indebita appropriazione.

La responsabilità per l'omesso esame e rilascio di copia dei documenti condominiali

L'amministratore di condominio è personalmente responsabile, nei confronti di ogni condomino, dell'adempimento dei suoi poteri e doveri nel cui novero è compreso l'adempimento del dovere di consentire l'esame e l'estrazione di copia dei documenti condominiali. Infatti, è ormai pacifico in giurisprudenza, la cui opinione è stata poi trasfusa nell'art. 1130-bis c.c. che l'esibizione dei documenti contabili e amministrativi può essere richiesta dai condomini in qualsiasi tempo e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea dei condomini e senza l'onere di specificare le ragioni della richiesta finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti, purché l'esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sul condomino richiedente (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2001, n. 15159; Cass. civ., sez. II, 26 agosto 1998, n. 8460).

La suddetta responsabilità in proprio dell'amministratore di condominio, lo rende legittimato personalmente a resistere alle richieste giudiziali inerenti la presunta violazione dei suddetti doveri, ma non coinvolge il condominio dallo stesso amministrato, in quanto la qualità di amministratore è solo incidentalmente necessaria per detenere i documenti del condominio dallo stesso amministrato, in esecuzione del mandato conferitogli, dei quali lo stesso deve consentire l'esame e la riproduzione ai condomini che ne facciano richiesta, ma non è condizione sufficiente a trasformare una responsabilità personale da inadempimento contrattuale, in una responsabilità del condominio nei confronti dei condomini (Trib. Bari 24 giugno 2016). Di conseguenza ove l'amministratore di un condominio sia presente in giudizio, quale rappresentante dell'ente di gestione condominiale, invece che in proprio, per la presunta violazione dei suoi doveri scaturenti del rapporto di mandato esistente nei confronti dei condomini, non sussiste la sua legittimazione processuale, individuata, secondo la pacifica opinione giurisprudenziale di legittimità (Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2006, n. 20819), quale titolarità del potere e del dovere - rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva - di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall'attore.

La responsabilità per appropriazione indebita di somme della cassa condominiale

In ordine al perfezionamento del delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, detta fattispecie si consuma non nel momento della revoca dello stesso amministratore e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si comporta uti dominus rispetto alla res.

Infatti il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè, nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria.

Analogamente deve pertanto ritenersi che l'utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell'amministratore durante il mandato non profila l'interversione nel possesso che si manifesta e consuma soltanto quando terminato il mandato le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore con le dovute conseguenze in tema di decorrenza dei termini di prescrizione. E difatti avendo l'amministratore la detenzione nomine alieno delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell'appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l'interversione nel possesso (Cass.pen., sez.II, 11 maggio 2016, n.27363).

La responsabilità in tema di affidamento di lavori e rimborso spese

Al riguardo è opportuno precisare che secondo il costante orientamento di legittimità, l'amministratore di condominio non ha - salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti - un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. - secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario - deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2014, n. 18084; Cass. civ., sez. VI, 16 aprile 2012, n. 5984; Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1224; Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14197).

L'azione promossa dal condominio contro l'amministratore dello stesso diretta a fare valere il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, si configura come azione volta a far valere l'inadempimento all'obbligo dell'amministratore di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell'art. 1710 c.c. Tale azione è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. (App. Lecce 12 novembre 2015; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1982, n.3233).

In conclusione

Il rapporto tra l'amministratore e il condominio è regolato dalle norme sul mandato oltre che dalle disposizioni del codice civile di cui agli artt. 1129, 1130, 1130-bis, 1131 c.c. L'incarico può essere svolto da una persona fisica o da una società di persone o di capitali, a patto che possieda i requisiti indicati dalla legge (godimento dei diritti civili, assenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 2 anni e nel massimo a 5 anni, non essere stato sottoposto a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione, non essere interdetto od inabilitato, non essere stato annotato nell'elenco dei protesti cambiari, possedere un diploma di scuola secondaria di secondo grado, avere frequentato un corso di formazione iniziale, svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale). La negligente o inadeguata esecuzione dell'incarico può esporre l'amministratore di condominio a delle gravi conseguenze sul piano dell'assunzione della responsabilità per atti e attività anche di tipo omissivo, derivanti dall'accettazione dell'ufficio di diritto privato.

L'assemblea dei condomini nei casi più gravi, in presenza di rilevanti irregolarità fiscali o gestionali (mala gestio) ovvero di grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali, può decidere di revocare l'incarico all'amministratore, posto che in particolari casi la revoca può essere richiesta anche dal singolo condomino con ricorso al giudice territorialmente competente.

Le responsabilità derivanti dalle inadempienze dell'amministratore possono portare alla revoca dell'incarico e a conseguenze risarcitorie per i danni arrecati al condominio, ai singoli condomini ed ai terzi.

La responsabilità dell'amministratore è una responsabilità contrattuale e, quindi, al condominio sarà sufficiente dimostrare l'esistenza concreta di un dannoderivante da un'omissione da parte dell'amministratore, mentre quest'ultimo, ha l'onere di provare di avere eseguito correttamente il proprio incarico e che il danno non è imputabile ad alcuna sua omissione.

Guida all'approfondimento

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Bellante, La revoca giudiziale dell'amministratore del condominio, in Giust. civ., 2010, 167;

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Roselli, La responsabilità riguardante la tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro nell'ambito del condominio, in Arch. loc. e cond., 1999, 37;

Terzago, Sicurezza e responsabilità dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 1998, 487;

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