Irrilevante la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria ai fini della competenza

20 Settembre 2018

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte si è occupata di stabilire se la domanda di garanzia può derogare al foro convenzionale stabilito dalle parti.
Massima

Posto che la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria non rileva ai fini della applicazione dell'art. 32 c.p.c., ne discende che la deduzione della clausola del foro convenzionale diviene cedevole allo stesso modo in cui lo diviene rispetto ad altre ipotesi di connessione e tanto in applicazione del principio secondo cui il foro stabilito dalle parti (convenzionale), essendo di origine pattizia e non legale, dà luogo ad un'ipotesi di competenza derogata, e non inderogabile, e, anche quando sia stabilito come esclusivo (art. 29 c.p.c.), non impedisce, al pari di ogni altro criterio determinativo della competenza, che questa possa essere modificata per ragioni di connessione.

Il caso

A seguito della sottoscrizione di un contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo di natura transitoria, funzionale alla esecuzione di un'opera pubblica commissionata dalla società conduttrice ad altre due società appaltatrici, la società locatrice citava in giudizio la conduttrice per chiedere il risarcimento dei danni conseguenti alla impossibilità di stipulare un nuovo contratto di locazione con altra locataria per impossibilità di disporre del bene. Il tribunale di Roma declinava la propria competenza in favore di quello di Lamezia Terme, nel cui circondario si trovava l'immobile oggetto della locazione, che disponeva la chiamata in causa in garanzia delle società appaltatrici ritenute dalla società conduttrice responsabili del ritardo del rilascio del capannone. Il tribunale calabrese accoglieva l'eccezione di incompetenza sollevata dalle società appaltatrici in virtù di apposita clausola convenzionale di foro esclusivo contenuta nel contratto di appalto. La società conduttrice proponeva regolamento di competenza.

La questione

La questione in esame è la seguente: la domanda di garanzia può derogare al foro convenzionale stabilito dalle parti?

Le soluzioni giuridiche

I Giudici di legittimità dopo aver ricostruito – richiamando i principi affermati dal giudice della nomofilachia con la sentenza n. 24707/2015 – la disciplina della garanzia propria e di quella impropria, concludono per il riconoscimento dell'applicabilità dell'art. 32 c.p.c. tanto nella ipotesi di garanzia propria quanto in quelle di garanzia impropria, con la conseguenza che il foro stabilito convenzionalmente dalle parti dà luogo ad un'ipotesi di competenza derogata, e non inderogabile, e, anche quando sia stabilito come esclusivo (art. 29 c.p.c.), non impedisce, al pari di ogni altro criterio determinativo della competenza, che questa possa essere modificata per ragioni di connessione, come avvenuto nel caso di specie.

Come noto, le ipotesi di garanzia propria sono state ravvisate in quei casi nei quali la struttura tipica dell'azione di garanzia sotto il profilo funzionale – che è sempre la pretesa a che taluno si faccia carico verso un soggetto, sulla base di un rapporto che si dice di garanzia, delle conseguenze sfavorevoli patite da quel soggetto sulla base di altro rapporto giuridico verso altro soggetto e, quindi, se esse si sono verificate all'esito del giudizio su di esso, della sua soccombenza verso quest'altro soggetto – trova una giustificazione già nella previsione di una norma che stabilisce essa stessa un collegamento fra il rapporto giuridico garantito ed il rapporto giuridico di garanzia.

Le ipotesi di garanzia impropria sono state invece ravvisate in quelle ipotesi nelle quali l'operare del meccanismo strutturale della garanzia non ha un referente per così dire preliminare ed astratto in una norma che prevede il collegamento fra il rapporto garantito e quello di garanzia, ma emerge perché un fatto storico, insorto nell'ambito di un rapporto giuridico fra due soggetti e sfavorevole ad uno di essi, integra, come accadimento della vita, e, quindi, in via del tutto occasionale, il presupposto per cui in un diverso rapporto, che lega quel soggetto ad un altro, è previsto (per lo più, si dice, in via negoziale) che una certa tipologia di fatti, cui quel fatto risulta ex post riconducibile, dia luogo all'insorgenza a favore del soggetto dell'altro rapporto ad un dovere di prestazione di garanzia, cioè di farsi carico delle conseguenze negative del fatto sfavorevole.

Il discrimine, però, come bene è stato sottolineato, risulta così più apparente che reale, perché, sebbene solo ex post – cioè solo quando la fattispecie concreta oggetto sia del rapporto che assume la consistenza di rapporto garantito e quella oggetto del rapporto che assume la funzione di rapporto di garanzia si verificano – anche nella garanzia impropria la comunanza di un fatto è necessaria per l'operare della garanzia. Essa è solo rivelata non dalle fattispecie normative regolatrici dei due rapporti, sebbene sempre all'esito della realizzazione di tali fattispecie in concreto, bensì esclusivamente dalla loro, per così dire, effettiva concretizzazione, la quale essa sola, potrebbe dirsi casualmente, determina la relazione di garanzia.

In pratica nelle ipotesi di garanzia propria la relazione di garanzia fra due rapporti è descritta già a livello normativo, ma ciò non toglie che le due fattispecie si debbano realizzare in concreto perché il fenomeno della garanzia operi. Nelle ipotesi di garanzia impropria quella relazione non è percepibile già a livello normativo, ma si rivela quando le fattispecie concrete dei due rapporti si verifichino.

In particolare, la garanzia propria sussiste nelle fattispecie in cui una previsione normativa pone in collegamento la posizione dell'attore e quella del garante, mentre la garanzia impropria è ravvisabile nelle ipotesi in cui non v'è spazio per dirette pretese tra di essi ed il nesso tra obbligo principale e di manleva passa per un mero accadimento storico (Cass. civ., Sez. Un., n. 13968/2004; Cass. civ., n. 8898/2014; Cass. civ., n. 17688/2009; Cass. civ., n. 1515/2007, per cui si ha garanzia propria a fronte dell'identità del titolo o in caso di connessione oggettiva tra diritto principale e diritto di manleva, unico essendo il fatto generatore delle due responsabilità, mentre ricorre garanzia impropria laddove detta connessione sussista in via meramente occasionale).

La sentenza in commento consolida l'orientamento affermato dal giudice nomofilattico a mente del quale la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria deve essere mantenuta soltanto a livello descrittivo delle varie fattispecie di garanzia, con il conseguente superamento – sia agli effetti dell'art. 32, sia agli effetti dell'art. 108 c.p.c., sia agli effetti dell'art. 331 c.p.c. – a livello di conseguenze applicative e ciò perché non esistono ragioni normative che giustificano differenze sotto tale aspetto (Cass. civ., Sez. Un., n. 24707/2015).

Del resto le stesse Sezioni Unite avevano evidenziato l'irrilevanza della distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria, ai fini dell'applicazione dell'art. 6, comma 2 della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con l. 21 giugno 1971, n. 804 – il quale prevede che, qualora sia proposta un'azione di garanzia o una chiamata di un terzo nel processo, il convenuto può essere citato davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, sempreché questa ultima non sia stata proposta per distogliere il convenuto dal giudice naturale del medesimo (Cass. civ., n. 8404/2012).

In altri termini, il Giudice di legittimità aveva, ancorché riferito alla soluzione della sola questione di giurisdizione, già intrapreso la strada della svalutazione della distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria.

Per affermare l'irrilevanza della distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria sotto il profilo della competenza, sono stati presi in considerazione gli artt. 32, 106 e 108c.p.c., quali norme recanti la disciplina del rapporto di garanzia e della chiamata del terzo in giudizio per averne da questi la manleva.

In particolare, l'art. 32 c.p.c non entra in gioco, se il convenuto si limita a chiedere che gli effetti per lui sfavorevoli si riversino sul terzo, perché in tal modo la sua chiamata di terzo non comporta uno spostamento di competenza.

In questo caso, l'esercizio dell'azione di garanzia si risolve nell'estensione al terzo della veste di parte nel giudizio, con tutti i poteri a contraddirvi e difendersi; nessuna conseguenza può essere attribuita al fatto che l'azione esercitata abbia natura di garanzia propria, invece che quella di garanzia impropria.

Analogamente, anche quando il convenuto chiede, con una apposita domanda, che sia accertato il rapporto di garanzia contro il garante, non ha alcun rilievo che la pretesa garanzia abbia natura propria o impropria, posto che il terzo assicuratore assume nel processo una posizione identica a quella del caso precedente.

In entrambe le situazioni la distinzione tra le due fattispecie di garanzia è priva di effetti pratici. Nell'una, la competenza rimane la stessa ed è inutile richiamare sia l'art. 32c.p.c. che la detta distinzione. Nell'altra, il convenuto aggiunge una domanda, la quale resta, pur sempre, dipendente e pregiudicata dall'accertamento del rapporto principale.

Il cumulo di domande che consegue alla chiamata in giudizio ai sensi dell'art. 106c.p.c. deve previamente rispettare il disposto dell'art. 32c.p.c., ma può anche prescinderne.

Infatti, se il convenuto chiama il terzo garante per riversare su di lui gli effetti sfavorevoli della pronuncia, sul semplice assunto che esista il rapporto di garanzia, la sua chiamata conferisce al terzo la legittimazione processuale a contraddire e impugnare, senza che abbia rilievo la natura propria, o meno, della garanzia invocata.

Se il convenuto chiede anche l'accertamento del rapporto di garanzia (avendone interesse, per evitare la risoluzione del rapporto o per valersene in altre questioni), la posizione del garante non muta e resta irrilevante la natura della garanzia da accertarsi.

Analoghe considerazioni sono svolte a proposito dell'art. 108c.p.c., relativo all'estromissione del garantito.

In altri termini, per le Sezioni Unite non esistono indici normativi che giustifichino l'attribuzione di conseguenze giuridiche diverse, dipendenti dalla distinzione tra garanzia propria e impropria. Anche per questo motivo, la detta distinzione va mantenuta soltanto a livello descrittivo delle varie fattispecie e deve essere abbandonata a livello di conseguenze applicative.

Appare evidente, quindi, come la pronuncia in commento – recettiva degli auspici della dottrina – segna il definitivo superamento dell'incerta dicotomia, ritenendola processualmente irrilevante ad ogni fine.

Pertanto, la competenza territoriale per connessione ai sensi dell'art. 32 c.p.c. sussiste anche a fronte di garanzia impropria, analogamente a quanto già statuito con riferimento alla portata internazionale dell'art. 6, n. 2, Convenzione di Bruxelles del 1968 (Cass. civ., Sez. Un., n. 8404/2012; Cass. civ., Sez. Un., n. 5965/2009). La Corte ha peraltro sottolineato come l'art. 32 c.p.c. operi solo a fronte della effettiva formulazione della domanda di manleva e non anche laddove il garantito, chiamando il garante in giudizio, abbia esclusivamente inteso vincolarlo all'eventuale accertamento dell'obbligo principale (Cass. civ. n. 1375/1993): infatti, solo nella prima delle due ipotesi si verifica il cumulo delle cause simultaneamente trattate innanzi al giudice della lite principale ovvero a quello altrimenti competente per valore; l'estensione meramente soggettiva della lite ai sensi dell'art. 106 c.p.c. si direbbe pertanto ricadere, se del caso, nell'aura precettiva dell'art. 33 c.p.c..

Deve ritenersi superato il contrario orientamento a mente del quale in tema di competenza per territorio, con riferimento alla proposizione dell'azione di garanzia, poiché si ha garanzia propria quando la causa principale e quella accessoria abbiano lo stesso titolo, ovvero quando ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande, e si configura invece la garanzia cosiddetta impropria quando il convenuto tenda a riversare su di un terzo le conseguenze del proprio inadempimento in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto, gli ordinari criteri di competenza territoriale, quali stabiliti dalla legge o contrattualmente indicati dalle parti, non rimangono derogati dalla chiamata in causa del soggetto da cui il chiamante pretenda di essere garantito a titolo diverso (garanzia impropria) da quello dedotto in giudizio e, ciò sulla base del principio del giudice naturale precostituito per legge ex art. 25, comma 1, Cost. (Cass. civ., n. 8898/2014; Cass. civ., n. 1515/2007; nella giurisprudenza di merito Trib. Napoli, 26 settembre 2017, n. 9573).

Osservazioni

Le pronunce di legittimità che hanno costantemente richiamato la detta distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria – al fine di farne discendere effetti applicativi diversi, in tema soprattutto di competenza e di litisconsorzio – presentavano caratteri apodittici, senza diffondersi in spiegazioni. Si è sempre sottolineato, ad esempio, la necessità di distinguere le garanzie proprie (personali quali la fideiussione e reali quali la garanzia per evizione) dalle garanzie improprie (che comportano un semplice collegamento a causa di ragioni di fatto economiche); infatti per queste ultime non vi è l'unicità del titolo (ad esempio nella vendita a catena, si può averi il caso in cui l'acquirente agisce contro il venditore ed il venditore contro il fornitore o il produttore). La connessione per garanzia propria può aversi anche in deroga della competenza per territorio ma non in deroga della competenza per valore; mentre la connessione per garanzia impropria non può aversi se vi è una competenza per territorio diversa per le due cause (non si può derogare la competenza per territorio); infatti per potersi avere la riunione è necessario che per le due cause sia competente territorialmente lo stesso giudice. Quindi la connessione per garanzia impropria pur dando vita alla riunione non da vita a modificazioni della competenza per ragioni di territorio.

Con la conseguenza che quando l'invocata garanzia era impropria, la relativa domanda non poteva essere proposta al giudice della domanda principale, nel caso di diversa competenza territoriale.

Si riproponevano le indicazioni assunte a fondamento della distinzione (identità dei titoli delle domande o loro connessione oggettiva, per la garanzia propria; diversità di titoli o connessione soltanto di fatto o occasionale, per la garanzia impropria) ma senza indicare quali ragioni giustificassero il porsi di una siffatta distinzione e perché questa distinzione dovesse ripercuotersi in conseguenze applicative difformi.

I recenti arresti di legittimità, tra i quali si inserisce la sentenza in commento, si sono addentrate in una motivazione intesa a dimostrare, partendo dal piano degli effetti, l'inutilità della cennata distinzione. Negandosi la diversità di conseguenze, infatti, si deve giungere a negare, prima ancora, l'importanza stessa della differenziazione che dovrebbe produrle.

Infatti, una differenza di effetti derivante dalla diversità tra la garanzia propria e la garanzia impropria non si giustifica in quanto non riposa su alcun indice normativo.

La pretesa differenza di effetti risponde, in realtà, ad una simmetria di categorie tutta dogmatica e concettuale: se può farsi una distinzione tra due situazioni, questa deve pur produrre conseguenze corrispondentemente diverse.

Guida all'approfondimento
  • G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, I e II, Bari, 2015, 179 e 367 ss.;
  • F. Bartolini, Garanzia propria e garanzia impropria: categorie giuridiche prive di effetti?, in www.ilProcessoCivile.it, fasc., 10 giugno 2016;
  • A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2014, 349 ss. e 470 ss.;
  • A. Romano, Sulla dubbia utilità della nozione di garanzia impropria e su alcune conseguenze del suo impiego, in Riv. dir. proc.,1999, 937 ss..

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