Il sottile spartiacque tra lavori di manutenzione urgenti e riparazioni ordinarie o straordinarie
24 Settembre 2018
Il quadro normativo
La rilevanza dei lavori ordinari e la differenza con quelli straordinari, è sempre stata al centro dell'attenzione del legislatore sia quando ha disciplinato l'istituto dell'usufrutto che del condominio. In particolare, in materia di usufrutto dei beni: Art. 1004 c.c.: «Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell'usufruttuario. Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione». Art. 1005 c.c.: «Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario. Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero, o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta». In materia di condominio dei beni: Art. 1136, comma 2, c.c.: «Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio»; Art. 1136, comma 3, c.c.: «(...) l'assemblea in seconda convocazione delibera (...) è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio. Le deliberazioni che concernono (...) la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117 quater, secondo comma, 1122 ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo”. Catalogare quindi un intervento nell'alveo dell'ordinarietà piuttosto che della straordinarietà è rilevante sia nell'inquadrare il soggetto tenuto alle spese (nell'usufrutto), sia nel capire il giusto quorum deliberativo (nel condominio). Lo stabile condominiale e/o le parti comuni dell'edificio possono sovente aver necessità di lavori urgenti, non procrastinabili. Trattasi quindi di interventi la cui natura è incompatibile con le classiche dinamiche deliberative, l'iter formativo imposto per adottare ogni decisione nel condominio. In questi casi l'urgenza sta a significare che la mancata esecuzione delle opere necessarie potrebbe generare un danno grave e irreparabile. Pertanto, in costanza di situazioni come quella in commento, l'amministratore ha piena legittimazione, o meglio un vero e proprio obbligo, a porre in essere ogni intervento e conferire ogni necessario appalto al fine di rimuovere la causa che genera il danno. Detto obbligo è previsto dal legislatore all'art. 1130, comma 1, n. 4), c.c., che appunto testualmente precetta: «L'amministratore (...) deve: 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio». Due gli aspetti che risaltano chiaramente: a) la forma imperativa del verbo dovere usato nel dato normativo: «L'amministratore (...) deve». Quindi, in capo all'amministratore non ricade una facoltà, ma un vero e proprio obbligo che, se disatteso e inadempiuto, comporta in capo ad esso un grappolo di responsabilità rilevanti. Infatti, non solo l'amministratore non compie un dovere professionale, ma questa omissione potrebbe generare a catena una serie di conseguenze dannose in capo al condominio e/o ad uno o più condomini e/o a terzi, delle quali ne dovrebbe poi rispondere a titolo di responsabilità professionale. A puro titolo esemplificativo, una rottura della falda del tetto che procura infiltrazioni all'appartamento sottostante se non prontamente arginata potrebbe implementare i danni sino a rendere inagibile il bene e/o procurare cedimenti di parte del soffitto. b)La natura conservativa dell'intervento. Questo costituisce un passaggio delicato, in quanto i lavori che l'amministratore può appaltare e le opere che decide di eseguire devono essere volte a conservare il bene, nel caso specifico rimuovere la causa del danno, eliminare ovvero quel “pregiudizio grave ed irreparabile”, ma non altro. Insomma, il sottile confine potrebbe essere costituito da due concetti: rimuovere la fonte del danno e fare la manutenzione. L'amministratore è tenuto d'ufficio a eseguire “la rimozione” della fonte del danno, mentre l'assemblea è tenuta a deliberare le manutenzioni. Qui emergono i limiti del mandato e le individuazioni delle responsabilità dell'amministratore. Infatti, se per le opere appaltate al fine di rimuovere un pericolo imminente ed irreparabile, l'amministratore ha piena legittimazione a mettere le relative spese nel bilancio consuntivo e/o comunque pretenderne la refusione, la questione è molto diversa quando i lavori non hanno caratteristica d'urgenza. Infatti, nell'ipotesi in cui l'amministratore appalti interventi che invece potevano ben seguire l'iter formativo di una delibera (valutazione capitolato e preventivi, scelta ditta e/o altre figure necessarie), il soggetto vincolato avverso i fornitori è l'amministratore ben potendo il Condominio contestare la sua legittimazione passiva al pagamento. In buona sostanza, l'amministratore con i poteri (obblighi e attribuzioni ex artt. 1129 e 1130 c.c.) lui conferiti con la nomina, non ha carta bianca su tutto ciò che attiene il condominio, ma solo quei doveri nei limiti indicati. Il condominio che non raggiunge la maggioranza ex art. 1136 c.c. prevista per la tipologia dell'intervento è e rimane l'unico responsabile. In tal senso l'art. 1135, comma 2, c.c. ha un testo chiaro: «L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea». Tornando agli esempi sopra fatti, rimosse le parti pericolanti vengono eliminate le irreparabili conseguenze legate ai fatti, ma lì si deve fermare l'attività d'ufficio dell'amministratore. Gli interventi conseguenti di rifacimento della facciata devono essere deliberati nell'osservanza dell'art. 1136 c.c. Sul punto anche la giurisprudenza di legittimità è univoca: di recente, Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2017, n. 2807,la quale - richiamando anche precedenti pronunce - ha enunciato il seguente principio: «in materia di lavori straordinaria amministrazione disposti dell'amministratore di condominio, in assenza di previa delibera assembleare, non è (…) configurabile alcun diritto di rivalsa o di regresso del condominio, atteso che i rispettivi poteri dell'amministratore dell'assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile (artt. 1130 e 1135 c.c.), che limitano l'attribuzione dell'amministratore all'ordinaria amministrazione e riservano all'assemblea di condominio le decisioni in materia di amministrazione straordinaria, con la sola eccezione dei lavori di carattere urgente». Di conseguenza, nel caso in cui l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 1135, comma 2, c.c., abbia assunto l'iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l'obbligazione è direttamente riferibile al condominio; laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano i requisiti dell'urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza esterna delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135, comma 2, c.c. Per completezza, si riporta il dato giurisprudenziale, in ultimo di Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4684,con la qualesi ribadisce come l'urgenza «è un intervento che non può essere rimandato fino alla decisione dell'assemblea condominiale senza danno o pericolo di danno». Riparazioni ordinarie
I lavori ordinari sono quelli volti al periodico rinnovo o sostituzioni da apportare allo stabile ovvero riparazioni non caratterizzate da urgenza. Negli anni sono stati fatti sforzi sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza nel tracciare il perimetro dell'ordinarietà delle riparazioni. I dati normativi richiamabili sono l'art. 3, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 380/2001, il quale definisce le opere di manutenzione ordinaria come interventi volti alla riparazione, al rinnovamento e alla sostituzione delle finiture degli edifici, nonché quelli necessari ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti. In relazione agli impianti posti all'interno degli edifici, il d.m. n. 27/2008, il cui art. 2, lett. e), specifica che ordinari sono gli interventi volti a «contenere il degrado normale d'uso, nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessità di primi interventi, che comunque non modificano la struttura dell'impianto su cui si interviene o la sua destinazione d'uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore». Nel settore del diritto condominiale, non è scontata la sovrapposizione del concetto di “ordinario” con l'uso che ne viene fatto nel campo tecnico e/o urbanistico. Infatti, alcuni interventi nel dizionario del diritto condominiale sono assolutamente ordinari (salvo eccezioni), mentre nel glossario dell'edilizia sono straordinari. A titolo esemplificativo il rifacimento della facciata o del tetto volte al mantenimento delle caratteristiche preesistenti sono interventi ordinari e con ogni conseguenza in relazione al quorum deliberativo, mentre sono straordinari se gli interventi sono migliorativi o modificativi del profilo della facciata (v. oltre). Sempre come mero titolo esemplificativo sono da ritenere manutenzioni ordinarie la sostituzione integrale o parziale di pavimenti e relative opere di finitura e conservazione, la riparazione di impianti per servizi accessori (impianto idraulico, impianto per lo smaltimento delle acque bianche e nere), i rivestimenti e tinteggiature di prospetti esterni senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori, il rifacimento di intonaci interni e tinteggiatura, rifacimento pavimentazioni esterne e manti di copertura senza modifiche ai materiali, sostituzione tegole e altre parti accessorie deteriorate per smaltimento delle acque, il rifacimento delle impermeabilizzazioni, riparazioni ai balconi e alle terrazze e relative pavimentazioni, sostituzione di elementi di impianti tecnologici, sostituzione infissi esterni e serramenti o persiane con serrande, senza modifica della tipologia di infisso. Il concetto di “straordinarietà” è dato sia dalla portata tecnica che economica, portando questo secondo aspetto alla “notevole entità”. Infatti, la lettura dell'art 1136 c.c. parrebbe dare rilevanza non tanto alla riparazione straordinaria, ma a quella di “notevole entità”. Anche in questo caso una prima definizione, vedremo poi come e se trasferibile al diritto condominiale, viene fornita dal d.p.r. n. 380/2001 (c.d. Testo unico sull'edilizia) ove all'art. 3, lett. b), per interventi di manutenzione straordinaria si intendono: «le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità”. In linea generale, si può sostenere che nel condominio la spesa straordinaria attiene interventi non inseriti nel bilancio di previsione che esula quindi dall'ordinaria opera di conservazione dei beni comuni, al di fuori delle periodiche e sistematiche manutenzioni e, quasi sempre, oggetto di apposito rendiconto contabile. L'ulteriore differenza che il legislatore parrebbe operare per la valida delibera è tra le riparazioni semplicemente straordinarie e quelle straordinarie di notevole entità che rileva solo al fine della validazione della delibera che le assume. Infatti, nell'art. 1136 c.c. il legislatore ha tenuto a precisare che il quorum più importante disposto dal secondo comma occorre solo per le riparazioni straordinarie di notevole entità. A questo punto occorre domandarsi quali sono. Dinanzi ad un quesito così tanto semplice, si apre un vasto campo di valutazioni e interpretazioni. Un dato certo è che “notevole entità” non è definizione statica, certa e determinabile. È sicuramente invece elastica, variando di volta in volta a seconda della fattispecie concreta. A titolo esemplificativo, un condominio di 30 unità abitative che deve eseguire un intervento straordinario di euro 100.000,00 avrà una partecipazione individuale di una certa entità che varia a seconda se lo stabile conta 9 condomini piuttosto che 80. La “notevole entità” dinanzi allo stesso intervento si troverebbe in certe realtà condominiali e non in altre. Al giudicante in questi casi viene chiesta un'interpretazione quasi personale. La giurisprudenza agevolmente supera il primo nodo inquadrando la spesa straordinaria in base ai tre criteri della ricorrenza temporale, della natura strutturale e della rilevanza del costo, sul secondo si esprime la sentenza in commento, che affida tale valutazione al prudente apprezzamento del giudice del merito il quale deve valutareoltre la spesa relativa alla riparazione straordinaria, anche della effettiva partecipazione di ogni condomino (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2008 n. 2673; Cass. civ., sez. II, 20 marzo 2003, n. 4064; Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1969, n. 10). Differenze e quorum deliberativi
Individuare la natura giuridica della spesa e/o della riparazione è quindi decisamente rilevante affinché si possa capire con quali numeri il condominio possa adottare validamente la scelta di eseguire quelle determinate opere. Infatti, partendo dal dato di fatto che i condominii adottano le proprie scelte generalmente in seconda convocazione, se la spesa è ordinaria “l'assemblea in seconda convocazione delibera (...) è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio”. Se invece la riparazione è straordinaria di notevole entità «sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio». Resta un vuoto da colmare che attiene le spese straordinarie non di notevole entità. Per logica giuridica e secondo i principi basilari del diritto istituzionale, non essendo contemplate queste nel comma 4 (spese di notevole entità) si ritiene che possano essere deliberate al pari delle spese ordinarie. In linea generale l'ordinarietà per il diritto condominiale attiene quella spesa sistematica volta alla conservazione del bene e inquadrabile nel quadro di previsione. Insomma, un intervento programmabile nell'ottica di apportare la dovuta conservazione del bene comune. La straordinarietà invece attiene interventi che fuoriescono da quel quadro generale di previsione, opere per le quali la locuzione “riparazione” si attaglia in modo perfetto. Nel cercare di dare una definizione, con il margine di errore dovuto, si può sostenere che la riparazione è straordinaria tutte le volte in cui è necessario il ripristino di parti essenziali del bene e, in generale, di opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione di questo Anche la magistratura ha tracciato questo solco sottileenunciando il principio secondo il quale:«la distinzione tra le spese di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria risulta correttamente affidata ai profili della normalità e/o prevedibilità dell'intervento e dell'entità materiale della spesa, con il necessario adeguamento della nozione civilistica di riparazioni straordinarie di cui all'art. 1005 c.c. allo statuto del rapporto di locazione, quale consacrato, nella specie, nell'accordo in deroga. Invero per spese straordinarie, facenti carico al locatore, devono intendersi le opere che non si rendono prevedibilmente o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell'ambito dell'ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione; rientrando nella categoria anche le opere di manutenzione di notevole entità, finalizzate non già alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell'intervento manutentivo» (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2013, n. 27540). Orbene, detta sentenza, sebbene emessa nell'àmbito di una controversia locativa, enuncia un principio perfettamente esportabile nel diritto condominiale. In conclusione
Alla luce della lunga analisi compiuta, si può concludere asserendo che il testimone più pesante nella questione “riparazioni e manutenzioni” lo ha in mano l'amministratore. È lui che si trova a valutare l'urgenza che lo obbliga a dare corso a lavori per rimuovere una situazione di pericolo, situazione però che se di pericolo non dovesse essere comporta che la relativa spesa rimanga di spettanza all'amministratore non potendo essere ritenuto vincolato il condominio. Ed ancora, la difficile e soggettivamente individuabile soglia della “notevole riparazione straordinaria” da quella non notevole. Questa può comportare che la delibera assunta passi dal campo della validità a quella dell'invalidità. Come detto, non esiste una risposta certa ad ogni domanda, ma solo un'attenta e zelante analisi dell'operatore può arginare e ridurre il rischio di controversie condominiali. |