I motivi della rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio e della sostituzione del CTU

27 Settembre 2018

Il consulente tecnico d'ufficio è uno degli ausiliari dell'ufficio giudiziario, indispensabile al giudice per valutare fatti che richiedano delle cognizioni ulteriori rispetto a quelle giuridiche. Il giudice è libero di considerare l'adeguatezza e la sufficienza delle nozioni fornite dal consulente tecnico d'ufficio e, di conseguenza, di disporre l'integrazione se non la totale rinnovazione della consulenza ovvero la sostituzione del CTU precedentemente nominato. Le ragioni per cui il giudice può prendere una simile decisione, non sono sindacabili dal Giudice di legittimità, purchè il provvedimento sia correttamente motivato.
Il quadro normativo

Lo scarno disposto dell'art. 196 c.p.c. non dice nulla intorno ai motivi in virtù dei quali può essere disposta dal giudice la rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio, mentre lo stesso articolo afferma che per gravi motivi può essere sostituito il consulente tecnico d'ufficio.

La norma non specifica se sia necessaria l'istanza di parte o, come nel caso di prima nomina del consulente tecnico, possa essere disposta d'ufficio.

Dobbiamo partire dal presupposto che la consulenza tecnica d'ufficio è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio incontra il duplice limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dall'onere probatorio e dall'obbligo di motivare il rigetto della relativa richiesta. Perciò, se il giudice non dispone la consulenza richiesta dalla parte è tenuto a fornire adeguata dimostrazione – suscettibile di sindacato in sede di legittimità – di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l'istanza stessa ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe verosimilmente accertato (così Cass. civ., 8 gennaio2004, n. 88).

Trattandosi del medesimo istituto, in assenza di indicazioni contrarie nel contesto dello stesso corpo di disposizioni, anche in questo caso si deve concludere che il supplemento di consulenza, il suo rinnovo totale o la rinnovazione, ovvero la sostituzione del consulente possa essere disposta d'ufficio ovvero possa rispondere ad un'istanza di parte. In proposito, va considerato un nutrito filone della giurisprudenza di Cassazione secondo il quale il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (così: Cass. civ., 24 settembre 2010, n. 20227; Cass. civ., 19 luglio 2013, n. 17693; Cass. civ., 4 maggio 2016, n. 8881; Cass. civ., 29 settembre 2017, n. 22799).

Comunque, è dal complesso della motivazione della decisione che si deve desumere la necessità di un supplemento di indagine su di alcuni fatti; infatti, non va dimenticato che gli ulteriori costi della nuova CTU vanno a carico del soccombente, il quale non può essere tenuto a pagare spese sovrabbondanti ed è suo diritto impugnare lo specifico capo sulle spese anche in Cassazione.

Non va trascurato, inoltre, che l'eventuale inutile ampliamento dell'istruzione probatoria sarebbe contraria al principio di ragionevole durata; non a caso una sentenza della Cassazione (Cass. civ., 1 agosto 2013, n. 18410). meno recente di quelle citate in precedenza, ha espresso una posizione differente «Il giudice di merito, ove intenda disporre una nuova consulenza tecnica d'ufficio, è tenuto a motivare adeguatamente – in base ad idonei elementi istruttori o cognizioni proprie, eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza – le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del CTU già in atti, rispondendo tale esigenza a ragioni di economia processuale e dei costi del giudizio, oltre al rispetto del canone della ragionevole durata del processo, per la cui valutazione si tiene conto anche dei tempi necessari per l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, che non possono risultare sprecati».

L'art. 196 c.p.c. prevede, in verità, due istituti almeno parzialmente diversi: la rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio e la sostituzione del consulente tecnico d'ufficio. Ciò non toglie che i due strumenti possano essere in alcuni casi utilizzati in combinato disposto tra di loro: la rinnovazione della CTU potrebbe essere affidata ad un esperto differente da quello che ha eseguito la prima relazione, ove sussistano i gravi motivi richiesti dall'art. 196 c.p.c., indicati nel provvedimento di nomina del nuovo CTU.

In entrambi i casi la decisione viene presa con ordinanza revocabile ai sensi dell'art. 177 c.p.c..

Il rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio

Non si può dubitare del fatto che la rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio comprenda due differenti ipotesi: il rinnovo dovuto a nullità del procedimento istruttorio e quindi della consulenza tecnica stessa; quello causato da insufficienza, incoerenza, illogicità, lacunosità delle risposte fornite dal consulente ai quesiti.

Quando il procedimento istruttorio che porta alla formazione della consulenza tecnica è affetto da una nullità assoluta, non sanata e non rilevata, che, perciò, si è riverberata sul risultato del mezzo istruttorio assunto, il giudice, dopo aver pronunciato sulla nullità ai sensi dell'art. 162 c.p.c., è tenuto a disporre la rinnovazione della CTU. In caso contrario, la nullità della CTU porta alla nullità della decisione che è stata presa sulla base di questo mezzo istruttorio. Arrivati a sentenza il vizio può essere fatto valere solo come motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 161 c.p.c..

Nella seconda ipotesi è il giudice a valutare discrezionalmente la sufficienza o meno del mezzo istruttorio assunto. A seconda della gravità della lacuna rilevata, egli, d'ufficio o su istanza di parte, dispone l'integrazione, parziale o la totale rinnovazione della consulenza, da parte dello stesso soggetto ovvero da parte di un consulente nominato ex novo.

La sostituzione del consulente tecnico d'ufficio

La sostituzione del consulente tecnico d'ufficio può avvenire sia prima della consegna della sua relazione che dopo, quando il giudice decida che c'è bisogno della rinnovazione o integrazione della CTU già eseguita. In entrambi i casi, tuttavia, è necessario che sussistano gravi motivi.

Quella dei gravi motivi è una clausola aperta che rinvia ad una serie di situazioni atipiche, anche se i casi più frequenti che si verificano nella pratica riguardano: la mancanza originaria o sopravvenuta nella persona del consulente tecnico dei requisiti richiesti dalla legge in generale o nello specifico per il tipo di indagine che deve compiere; la negligenza o imperizia del consulente nello svolgimento del compito affidatogli. Non è da escludere, tuttavia, che il consulente non adempia in tempo al suo compito per causa a lui non imputabile.

Nel provvedimento di sostituzione il giudice deve indicare i motivi specifici della sua decisione. In proposito la Cassazione (17 settembre 2013, n. 21149) ha sottolineato: «La mancata esplicitazione dei gravi motivi previsti dall'art. 196 c.p.c. per disporre la sostituzione del consulente tecnico d'ufficio già nominato integra una nullità a rilevanza variabile, ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c., la quale, avendo natura relativa, deve essere fatta valere dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso; pertanto, in difetto di tempestiva eccezione, tale nullità non può essere denunciata, "secundum eventum litis", come motivo di impugnazione della sentenza».

Nel silenzio della legge non sembra debba essere sentito il consulente tecnico prima di procedere alla sostituzione.

In conclusione

È il giudice del merito a condurre l'istruzione ed è a lui, perciò, riservata ogni valutazione in ordine alla necessità di ricorrere ad un consulente tecnico per valutare i fatti esorbitanti dalle sue specifiche cognizioni. Nondimeno, è lui che deve considerare se è necessario integrare, rinnovare la CTU o sostituire del tutto il consulente, eventualmente anche sollecitato dall'istanza di parte. Queste sue valutazioni discrezionali, tuttavia, possono essere ritenute esenti dalla necessità di fornire una logica motivazione: la razionalità dell'attività istruttoria del giudice del merito deve essere controllabile in sede di legittimità, perché è contrario al principio di economia processuale, latamente inteso, sprecare soldi e tempo in attività che appaiano inutili perché sovrabbondanti.

In ogni caso, il giudice nella sua attività di valutazione delle prove deve essere considerato libero di ritenere più attendibile la prima piuttosto che la seconda consulenza.

Guida all'approfondimento
  • Consolo, Le prove civili, Torino, 2010;
  • Mandrioli – Carratta, Diritto processuale civile, 26ª ed., Torino, 2017, 200;
  • E. Protettì, M.T. Protettì, La consulenza tecnica nel processo civile, 3ª ed., Milano, 1999, 98;
  • Vellani, Consulenza tecnica nel diritto processuale civile, in Digesto civ., III, Torino, 1988, rist. 1995, 536.

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