Le spese straordinarie condominiali a carico del nudo proprietario

27 Settembre 2018

Nella suddivisione delle spese condominiali fra usufruttuario e nudo proprietario, a quest'ultimo spettano quelle di carattere straordinario, che riguardano non solo le opere per la manutenzione straordinaria, ma anche i lavori di riparazione straordinaria
Il quadro normativo

Poiché anche rispetto alla nuda proprietà di un immobile condominiale si applica l'art. 1005 c.c., è necessario individuare con precisione il criterio di attribuzione al nudo proprietario delle spese e, quindi, chiarire quelle che possono dirsi straordinarie ai sensi della norma menzionata.

L'art. 1005, comma 2, c.c. individua come straordinarie (e, dunque, spettanti al nudo proprietario) le riparazioni necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, dei solai, delle scale, degli argini, degli acquedotti, dei muri di sostegno o di cinta.

Questa elencazione – anche tenendo conto della differente formulazione del previgente art. 504 c.c. del 1865, che, dopo l'elenco delle riparazioni straordinarie, stabiliva che tutte le altre erano ordinarie – non ha carattere tassativo, ma solo esemplificativo (in questo senso, si vedano già le risalenti Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 1963; Trib. Venezia, 25 gennaio 1962).

Come è facile constatare, la norma si riferisce quasi esclusivamente all'ipotesi di edifici, e, comunque, solo alle opere murarie.

Si è, poi, deciso che la distinzione fra riparazioni ordinarie e straordinarie, che viene prevista relativamente agli immobili nell'art. 1005 c.c. in esame, nell'art. 1025 c.c. (per l'uso), nell'art. 1576 c.c. (per la locazione) e nell'art. 1621 c.c. (per l'affitto), riguarda la materialità delle riparazioni sotto il profilo della tecnica edilizia, e non la funzione e le finalità del negozio giuridico che ha come oggetto i beni medesimi (Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1973, n. 2061).

Cercando ora di ricavare un criterio di ordine generale, può distinguersi fra direzione delle opere ad perpetuam utilitatem, vel ad utilitatem praesentis temporis.

Si ottiene, così, la definizione delle spese di manutenzione come quelle necessarie per conservare, per uno spazio di tempo limitato (e non mai oltre la durata della vita umana), il reddito della cosa, e delle riparazioni straordinarie come quelle che si richiedono per conservare nell'immobile la fonte del reddito, e mediatamente e secondariamente, per un tempo indefinito il reddito stesso (Trib. Catanzaro 2 marzo 2011).

Si è, poi, osservato che sono straordinarie le riparazioni aventi una certa urgenza e una certa entità, necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrità. Fra spese ordinarie e straordinarie si distingue sulla base del criterio generale ricavabile dalla ragione stessa dell'imposizione dell'obbligo di manutenzione all'usufruttuario.

In particolare, con riguardo ai beni immobili, la qualità straordinaria attiene alla prevenzione o eliminazione di cedimenti o deterioramenti rilevanti. All'interno di tale categoria si individuano gli interventi concernenti parti dell'immobile aventi natura strutturale, oppure parti aventi qualità strumentale alla stabilità del bene, ed infine la sostituzione o il ripristino di un elemento o parte essenziale del bene medesimo.

Con tali criteri ed elementi, rispettivamente di genere e di specie, si individuano gli interventi e gli oneri straordinari di esclusiva competenza del nudo proprietario, così come fissati nel primo dei genus dedotti e come precisati nelle species dei casi di applicazione poi distinti dall'art. 1005, comma 2, c.c., ed in quanto tali non attribuibili all'usufruttuario (Trib. Bologna 19 febbraio 2007).

Un ulteriore criterio proposto è quello che si basa sulla prevedibilità e normalità della riparazione e della relativa spesa, individuandosi come straordinarie le riparazioni rese necessarie a breve o a medio termine, dal godimento normale della cosa e consistenti nella sostituzione o nel ripristino di sue parti essenziali con corrispondente costo sproporzionato al reddito.

In ogni caso, la distinzione fra spese ordinarie e straordinarie e, in genere, la necessità di riparazioni deriva da uno stato oggettivo del bene, posto in relazione alla possibilità di godimento secondo una gestione razionale; non si tratta, dunque, di un apprezzamento soggettivo degli interessi, in base alla volontà delle parti.

Se il concetto di riparazione include senz'altro quello di necessità, si è osservato che la gestione oculata del buon usufruttuario e del buon proprietario (quest'ultimo in base alla funzione sociale della proprietà), fa sì che in tale nozione rientri anche la riparazione semplicemente utile.

Nella divisione degli oneri di spesa fra nudo proprietario e usufruttuario non è dirimente tanto la distinzione, per quanto di fonte normativa, fra “manutenzione” e “riparazione”: assume, infatti, rilevanza la qualità ‘straordinaria' o ‘ordinaria' dell'opera (o attività) da compiere (Trib. Bologna 19 febbraio 2007).

Si segnala, infine, che l'art. 1005 c.c., con le relative esemplificazioni, in esame appare suscettibile di applicazione analogica.

Così, ad esempio, al fine di stabilire se la garanzia assicurativa per danni, derivanti da lavori di ordinaria manutenzione in un edificio condominiale, si estenda o meno ad opere di ripristino di solai, l'indagine diretta alla qualificazione di queste ultime, come di ordinaria o straordinaria manutenzione, va condotta anche alla stregua dell'art. 1005 c.c., ove elenca in via esemplificativa le riparazioni straordinarie in un immobile concesso in usufrutto.

Si tratta, infatti, di una norma rispondente a criteri di portata generale, che appaiono applicabili, perciò, anche a istituti diversi dall'usufrutto in esame (Cass. civ., sez. II, 3 aprile 1979, n. 1881).

Manutenzione straordinaria e riparazione straordinaria

La norma di cui all'art. 1005 c.c. deve essere, poi, coordinata con l'art. 67 disp. att. c.c.

Al riguardo, si può dire che, nel caso in cui faccia parte del condominio un piano o appartamento oggetto di usufrutto, l'art. 67 disp. att. c.c. non contrasta con l'art. 1005 c.c., benchè nell'uno si parli di manutenzione straordinaria e nell'altro di riparazioni straordinarie.

Ciò in quanto per riparazione si intende l'opera che rimedia ad un'alterazione già verificatasi nello stato delle cose in conseguenza dell'uso o per cause naturali, mentre per manutenzione si intende l'opera che previene l'alterazione.

Tale distinzione non interessa, quindi, la maggiore o minore attualità del danno da riparare, rilevando invece l'essenza e la natura dell'opera, il suo carattere di ordinarietà o straordinarietà, poichè solo tale caratterizzazione incide sul diritto di cui l'uno o l'altro dei due soggetti (usufruttuario e nudo proprietario) sono titolari.

Spetta, infatti, all'usufruttuario l'uso e il godimento della cosa, salva rerum substantia, per cui necessariamente si deve a lui lasciare la responsabilità e l'onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva.

Si devono, invece, riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perchè afferiscono alla nuda proprietà. La qualificazione delle opere, e l'attribuzione all'una o all'altra categoria, spettano al giudice di merito, involgendo anche indagini di fatto, ed il relativo apprezzamento si sottrae a censura in sede di legittimità, se sia sorretto da esatti criteri normativi e sia adeguatamente motivato.

La riparazione dell'immobile e l'innovazione condominiale

Quanto ad un confronto fra la disciplina sul condominio e quella in tema di usufrutto, nei particolari aspetti in esame, può dirsi che il concetto di rinnovamento delle entità abbisognevoli di riparazione, cui si riferisce l'art. 1005 c.c. in tema di ripartizione delle spese relative alla cosa oggetto di usufrutto, è ben diverso dal concetto di innovazione, cui si riferiscono, in tema di condominio negli edifici, gli artt. 1120 e 1121 c.c.

Il primo concetto va posto in relazione ad opere che comportano la sostituzione di entità preesistenti, ma ormai inefficienti con altre pienamente efficienti; il secondo riguarda, invece, opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza, con aggiunta di entità non preesistenti o trasformazione di alcuna di quelle preesistenti (Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1998, n. 12085).

Il carico delle riparazioni straordinarie per il nudo proprietario

Con riguardo alle riparazioni straordinarie, per il proprietario vale senza alcun dubbio il criterio della mancanza di obbligatorietà (Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 1967, n. 86).

A parte quanto previsto dall'art. 1005 c.c. (e dall'art. 982 c.c., avente a oggetto la consegna del bene), si può osservare che il nudo proprietario viene posto in una posizione di estraneità rispetto al bene sul quale l'usufrutto viene esercitato, il cui godimento libero e autonomo compete all'usufruttuario.

Le regole poste dall'art. 1005 c.c. (come dall'art. 1004 c.c.) circa il riparto delle spese di manutenzione valgono in ogni ipotesi e, quindi, pure se la necessità di provvedere a riparazioni sia frutto di una valutazione dell'autorità amministrativa, come nell'ipotesi di disposizione dipendente dal regolamento edilizio, imposta da un'ordinanza dell'autorità comunale.

Se il nudo proprietario opta per l'esecuzione delle riparazioni straordinarie, l'usufruttuario non ha la possibilità di opporsi.

Ciò poiché si tratta di una facoltà riguardante la conservazione dell'immobile e non assume rilevanza l'eventuale temporaneo pregiudizio arrecato al suo godimento dall'esecuzione dei lavori ordinati dal nudo proprietario.

Per questo, l'usufruttuario non può chiedere un'indennità, come avviene nell'ipotesi di locazione: tale ultimo negozio costituisce un contratto con prestazioni corrispettive, non presenti nell'usufrutto.

L'eventualità dell'onere delle spese straordinarie per l'usufruttuario

Si è visto che, spettando le spese straordinarie al nudo proprietario in base all'art. 1005 c.c. e all'art. 67 disp. att. c.c., l'usufruttuario ne è normalmente esentato.

Possono, tuttavia, esservi casi in cui egli è chiamato a risponderne. Si tratta dell'ipotesi in cui l'usufruttuario vi è tenuto poiché le riparazioni straordinarie sono state causate dall'inesecuzione di quelle ordinarie, che la legge pone a suo carico (Cass. civ., 24 febbraio 2009, n. 4426).

Stante quanto sopra, la giurisprudenza ritiene, inoltre, che all'usufruttuario non può essere addebitata responsabilità per avere omesso di comunicare al nudo proprietario dell'immobile condominiale la necessità di porre in essere degli interventi di straordinaria manutenzione, non sussistendo alcun obbligo in tal senso per l'usufruttuario (Cass. civ., 24 febbraio 2009, n. 4426).

In proposito, si è anche giudicato che all'usufruttuario che, per effetto di un'apposita clausola testamentaria, sia esonerato da qualsiasi responsabilità in ordine alla manutenzione e conservazione dei beni, possono addebitarsi - ai sensi dell'art. 1015 c.c. - soltanto atti colposi o dolosi che, violando il precetto del salva rerum substantia e pregiudicando il diritto del nudo proprietario, possano essergli imputati anche a titolo di responsabilità aquiliana.

Fra tali atti non è stato ritenuto rientrare il comportamento consistente nel trascurare la manutenzione di beni immobili, quali ad esempio fabbricati, e nell'omettere di segnalare al nudo proprietario le opere necessarie per la loro conservazione (Cass. civ., 13 ottobre 1958, n. 3230).

Spese straordinarie e pagamento degli interessi

Il sistema di distribuzione individuato nell'art. 1005 c.c. appare coerente (anzi, completa) con quello ex art. 1004 c.c., come dimostra anche l'identità dell'espressione “sono a carico” utilizzata per il proprietario con riferimento alle riparazioni straordinarie e analogamente adoperata per l'usufruttuario con riguardo sia alla manutenzione ordinaria, sia alle riparazioni straordinarie, rese necessarie dall'omissione della prima.

In entrambe le fattispecie, questo carico è un termine economico, che diviene giuridico solo negli sviluppi successivi. Ma primariamente non significa imposizione di un dovere giuridico, poiché giuridicamente, in via generale, sia l'usufruttuario sia il proprietario hanno solo un onere, nel loro stesso interesse, di effettuare le riparazioni rispettivamente a loro carico.

L'onere menzionato diviene obbligo per l'usufruttuario, quando al suo inadempimento si riannodi il sorgere di esigenze straordinarie, che si sarebbero evitate con la manutenzione ordinaria.

Anche la sanzione prevista dall'art. 1015 c.c. appare in rapporto diretto con questa previsione: l'art. 1015 c.c. stesso non stabilisce che l'usufrutto possa terminare se l'usufruttuario non adempie all'obbligo della manutenzione ordinaria, ma se, per mancanza di ordinarie riparazioni, consente che i beni vadano in perimento.

Ciò conferma che l'omissione della manutenzione ordinaria non assume rilevanza in se stessa, quanto piuttosto qualora divenga la causa (della necessità di riparazioni straordinarie e) dell'andare in perimento.

Ponendo in relazione i due princìpi generali, in base ai quali, da un lato, per il nudo proprietario, deve restare salva la sostanza dell'immobile (condominiale) soggetto ad usufrutto e, per l'usufruttuario, deve essere assicurato il godimento dei frutti dell'immobile medesimo, e, dall'altro, i frutti non si hanno, se non dedotte tutte le spese relative, ne consegue che, ove dall'usufruttuario si faccia una spesa posta a carico del proprietario, quest'ultimo deve rimborsare il primo, ma senza interessi.

Gli interessi medesimi, infatti, sono rappresentati dal godimento che ne ha tratto, in natura, l'usufruttuario. Si pone differentemente la questione per gli interessi che dovessero maturare dopo il termine dell'usufrutto: essi sono dovuti dal nudo proprietario in base all'art. 1282 c.c.).

Nell'ipotesi in cui, per contro, le opere vengano compiute a spese del nudo proprietario dell'immobile condominiale, l'usufruttuario non appare obbligato a rimborsare le spese occorse, ma solo a corrispondere gli interessi sulla somma, per il medesimo motivo, durante tutto il periodo in cui dura l'usufrutto (e indipendentemente dai vantaggi che gli derivino dalle opere eseguite dal proprietario).

In tal modo, il combinato disposto degli artt. 1005 e 1006 c.c. (norme innovative rispetto alla disciplina previgente, come precisa la non recente Trib. Chieti, 6 giugno 1950), ispirandosi al criterio che delle opere di riparazione straordinaria si giova anche l'usufruttuario (in quanto la conservazione del bene contribuisce alla produzione del reddito), dispone in maniera tassativa che, qualora le spese per tali opere siano state sostenute dal proprietario, l'usufruttuario debba corrispondere al primo gli interessi, finché dura l'usufrutto.

Se, invece, sono state erogate dallo stesso usufruttuario, possono essere da lui ripetute nei confronti del nudo proprietario solo alla fine dell'usufrutto (v. l'apposito focus).

Da ciò deriva che, prima di tale momento, egli è carente di azione e la sua domanda, sia essa di condanna con efficacia immediata ovvero di condanna “ora per allora” deve essere rigettata (Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 1958, n. 3230; App. Firenze, 20 maggio 1960).

Quando si tratta di spese che l'usufruttuario non ha alcun obbligo o interesse ad anticipare, o che siano imposte da una qualsiasi autorità competente a ordinarle (per esempio, gli oneri derivanti ai frontisti di una strada pubblica in dipendenza del piano regolatore di una città), secondo una non recente giurisprudenza, spetterebbe all'usufruttuario la facoltà di scelta fra l'anticiparle (perché siano restituite dal proprietario, alla fine dell'usufrutto, senza interessi) o il farle anticipare immediatamente dal proprietario stesso .

L'obbligo di corrispondere gli interessi, durante il periodo di tempo in cui dura l'usufrutto, sussiste a carico dell'usufruttuario anche se le opere sono state eseguite nell'ipotesi appena esaminata di ordine dell'autorità.

Quanto alle spese sostenute dall'usufruttuario per l'immobile condominiale, si è giudicato che questi possa proporre, prima del termine dell'usufrutto, azione di accertamento della sussistenza di presupposti utili per chiedere un soddisfacimento, che viene rimandato al futuro, mentre non abbia la possibilità di intentare azione di condanna differita nel tempo, poiché la domanda di condanna è proponibile solo al momento in cui cessa l'usufrutto (Trib. Sanremo 16 novembre 1964).

In conclusione

Una volta chiarito che l'espressione “riparazione straordinaria” comprende anche le fattispecie di manutenzione straordinaria (ma non le innovazioni condominiali), si deve ricordare che il relativo peso è a carico del nudo proprietario, pur essendovi solidarietà fra quest'ultimo e l'usufruttuario nei riguardi del condominio (e del suo amministratore).

Guida all'approfondimento

Musolino, L'usufrutto, nella collana Strumenti del diritto. Diritti reali, curata da Boero e Musolino, Bologna, 2011, 413;

Caterina, Usufrutto, uso, abitazione e superficie, in Tratt. dir. civ. diretto da Sacco, Torino, 2009, 114;

Bianca, Diritto civile, vol. VI, La proprietà, Milano, 1999, 612;

De Martino, Dell'usufrutto, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1978, 304;

Barbero, L'usufrutto e i diritti affini, Milano, 1952, 340.

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