Ammissibile la liquidazione del patrimonio di gruppo proposta dai coniugi congiuntamente

02 Ottobre 2018

È ammissibile il ricorso per la liquidazione del patrimonio proposto congiuntamente dai due coniugi quando la gran parte dell'indebitamento è comune e deriva da un mutuo fondiario a garanzia del quale sono stati offerti beni di cui sono contitolari i due mutuatari in regime di comunione legale.
Massima

È ammissibile il ricorso per la liquidazione del patrimonio proposto congiuntamente dai due coniugi quando la gran parte dell'indebitamento è comune e deriva da un mutuo fondiario a garanzia del quale sono stati offerti beni di cui sono contitolari i due mutuatari in regime di comunione legale. Appare ragionevole consentire ai coniugi di affrontare congiuntamente lo squilibrio finanziario correlato alla vita in comune mostrandosi incongruo e inefficiente che ciascuno fronteggi su binari paralleli quel medesimo squilibrio.

Ai fini della Legge n. 3/2012, deve essere ammessa una lettura estensiva della nozione di "debitore" fino a ricomprendervi congiuntamente i componenti della famiglia che versino in stato di sovraindebitamento.

Il caso

Il Tribunale di Mantova ha aperto una (sola) procedura di liquidazione del patrimonio su ricorso di due coniugi in regime di comunione legale dei beni, con la quale i ricorrenti hanno offerto il proprio patrimonio costituito da beni immobili e dalla quota pignorabile di un quinto del proprio reddito. Il giudicante ha giudicato che le ragioni dell'indebitamento, da ricercarsi nella perdita del lavoro di uno dei coniugi e nella malattia dell'altro, trovassero radice comune e necessitassero pertanto di una regolazione unitaria: diversamente si dovrebbero dedicare risorse giurisdizionali immotivatamente a due ricorsi e la possibile mancanza di coordinamento nell'alternativa duale tra le singole procedure dei coniugi finirebbe per ledere i creditori medesimi, che si vedrebbero “spacchettati e porzionati i debiti”.

Anticipando il disposto dei Decreti delegati circolati in bozza (art. 70), la sentenza in commento ha aperto una sola procedura di liquidazione, attribuendo ai creditori cessionari del quinto le porzioni di retribuzioni oggetto di garanzia per il limite del triennio e solo ove opponibili perché munite di data certa, secondo l'interpretazione inaugurata dal Tribunale di Monza (26 luglio 2017).

La questione giuridica e la relativa soluzione

L'arresto in commento si pone nel solco di un filone di pronunce che attribuisce al familiare la possibilità di esperire un solo ricorso per accedere ad uno degli istituti del sovraindebitamento. Già il Tribunale di Napoli Nord per un piano del consumatore (18 maggio 2018), il Tribunale Milano per un accordo di composizione della crisi (6 dicembre 2017) avevano ammesso un ricorso congiunto per ragioni sostanzialmente assimilabili a quelle dell'arresto in commento: la soluzione della crisi da sovraindebitamento non può essere risolta con il ricorso di un solo coniuge, soprattutto se il ceto creditorio è composto da creditori di entrambi i componenti del nucleo familiare. Del resto, la Legge n. 3/2012 non impedisce il ricorso congiunto: esiste solo il limite della garanzia patrimoniale generica, che evidentemente deve essere rispettato nel pagamento dei creditori per evitare che quote del patrimonio di uno dei ricorrenti vengano destinate al pagamento dei debiti dell'altro, con evidente lesione dell'art. 2740 c.c..

Il ricorso a una procedura concorsuale di gruppo è stato escluso recentemente dalla Cassazione per il solo concordato preventivo (Cass. 20559/2015): ciò che in ogni caso osta all'apertura di una procedura collettiva è la confusione delle masse attive e passive (Cass. n. 19014/2017).

Il Tribunale di Mantova legittima il ricorso collettivo argomentando che il concetto di "debitore" di cui all'art. 6 L. n. 3/2012 può essere interpretato estensivamente financo a comprendere i componenti della famiglia che versi nella situazione rappresentata dalla norma e questo per rispondere a ragioni di economia processuale per agevolare i debitori e per una miglior tutela dei creditori”.

L'ordinanza si segnala inoltre per aver nominato un solo liquidatore per la procedura di gruppo e per la delimitazione dei debiti di massa con riferimento ai creditori cessionari del quinto dello stipendio secondo la soluzione tracciata dal Tribunale di Monza (26 luglio 2017), nei limiti del triennio e solo ove opponibili poiché muniti di data certa.

Osservazioni

Il provvedimento mantovano suggella l'indirizzo ormai maggioritario della giurisprudenza di merito che ammette il ricorso congiunto dei debitori componenti della medesima famiglia. L'unico precedente noto che giunge a conclusioni apparentemente difformi non esclude la possibilità di risolvere in una procedura opportunamente coordinata il ricorso “di famiglia”, ma rigetta il doppio piano del consumatore proposto dai coniugi perché inammissibilmente la proposta confondeva le masse attive e passive dei debitori vilando il principio generale già richiamato dell'art. 2740 c.c..

Ancorché non vi siano pronunce di legittimità, è possibile affermare che il ricorso congiunto sia divenuto diritto vivente con riferimento al piano e all'accordo se la proposta evita la confusione dei patrimoni e se si condizioni l'accoglimento di un ricorso all'accoglimento dell'altro, poiché diversamente, almeno in presenza di obbligazioni solidali tra i coniugi, la definizione della crisi di un solo membro della famiglia determinerebbe la crisi dell'altro, così da imporre il ricorso al sovraindebitamento in un secondo momento, con dispendio inutile di risorse giurisdizionali e con il rischio che i creditori di un'obbligazione solidale vengano soddisfatti due volte per mancanza di coordinamento tra le procedure.

L'ordinanza di Mantova affronta il tema per la prima volta nella liquidazione del patrimonio. Proprio la richiamata necessità di rispettare il principio di cui all'art. 2740 c.c.. impone qualche riflessione circa la nomina di un solo liquidatore operata nella decisione in commento. Anche se non è dato comprenderlo dal dispositivo, il liquidatore nominato dovrà procedere alla redazione di due distinti stati passivi e di due distinti programmi di liquidazione a norma dell'art. 14-novies L. n. 3/2012, senza la possibilità di confondere le masse.

Il programma di liquidazione e lo stato passivo dovranno inoltre indicare quale sia il trattamento dei debitori titolari della cessione del quinto dello stipendio: appare infatti eccessivo che il decreto di apertura della liquidazione si occupi della sorte dei crediti, come motiva la pronuncia mantovana, per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo il decreto di apertura della liquidazione ha un contenuto tipico a norma dell'art. 14-quinquies e non attribuisce al Tribunale alcun potere in ordine alla partecipazione dei creditori al riparto. In secondo luogo, la sorte dei crediti garantiti dalla cessione del quinto dello stipendio deve essere vagliata dal liquidatore nella formazione del passivo, e solo in caso di contestazione insanabile tra l'organo di liquidazione e il creditore istante è previsto il ricorso al giudice in via residuale. Definire i contorni e i limiti della partecipazione alla distribuzione sin dal decreto di apertura, determina infatti il rischio che si sovrappongano le competenze del liquidatore e del Tribunale, in evidente violazione del riparto di poteri tra gli organi delineato dalla legge 3/2012.

Merita un breve cenno anche la questione della fattibilità del piano di liquidazione, menzionata nell'ordinanza per specificare che la distribuzione non consentirà il pagamento dei creditori chirografari, e la “meritevolezza” delle cause dell'indebitamento, riscontrata dal Tribunale mantovano quale indebitamento incolpevole poiché originatosi dalla perdita del lavoro e da una malattia, pertanto in modo indipendente dalla sfera di controllo del debitore.

Quanto alla fattibilità della liquidazione, essa non è richiesta, essendo possibile anche una liquidazione senza beni (Tribunale di Milano 16 novembre 2017 ,), poiché la legge richiede che il Tribunale verifichi solo l'inesistenza di atti di frode e la completezza della documentazione nell'istruttoria, mentre non si fa cenno alla possibilità di rigettare la domanda se non vi siano beni da liquidare.

Ciò tanto più se si osserva che la liquidazione del patrimonio non ha per unico scopo un beneficio per il singolo debitore, ma per la massa dei creditori che grazie all'apertura del concorso possono evitare di subire spese inutili se non vi siano beni e possono profittare di sopravvenienza attive anche dopo aver svalutato il credito oggetto di recupero. Inoltre, la “fattibilità” è predicato di un piano, che nella liquidazione del patrimonio non ricorre: la ragionevole probabilità che la monetizzazione degli attivi determini una qualche forma di soddisfacimento dei creditori è aspetto che al massimo potrà riguardare il programma di liquidazione a norma dell'art. 14-novies, di pertinenza del liquidatore. Una simile impostazione è confermata dall'art. 15, comma sesto, della legge n. 3/2012, che limita l'attestazione del piano, e quindi la sua fattibilità, al piano e all'accordo di composizione della crisi ex art. 9, comma secondo, e non richiama la liquidazione del patrimonio, per la quale l'OCC deve limitarsi a redigere la situazione particolareggiata prevista dall'art. 14-ter, terzo comma, dove non è richiamata alcuna attestazione di fattibilità.

Il secondo tema, la meritevolezza, è un lemma che non ricorre nella legge 3/2012 e che non coincide con gli atti di frode né nella tradizione concorsuale né nell'applicazione fattane dalla giurisprudenza sul sovraindebitamento. Il termine richiama il beneficio del concordato preventivo accordato al debitore onesto ma sfortunato secondo una tradizione che affonda le sue radici nell'introduzione dell'istituto della procedura concorsuale minore ed è stato espunto sin dalla riforma introdotta con il d.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. In diverse pronunce si tende ad accostare il concetto invece all'incolpevolezza nell'origine del sovraindebitamento.

E' ben possibile che siano stati compiuti atti di frode ostativi all'apertura della liquidazione del patrimonio da un soggetto meritevole, per esempio perché in seguito ad un evento esterno imprevedibile si sia sovraindebitato ed abbia ceduto un bene a un familiare perché mal consigliato onde sottrarlo ai creditori. Al contrario è ben possibile che un soggetto immeritevole, che sia stato poco oculato nella gestione delle proprie risorse ed abbia condotto uno stile di vita inadeguato al proprio reddito, così da porsi in una situazione di squilibrio finanziario, non abbia compiuto alcun atto in frode ai creditori.

La meritevolezza, almeno intesa quale involontarietà dell'indebitamento, rischia di ampliare il sindacato del tribunale e di ampliare la discrezionalità del giudice fino ad ostacolare l'effetto del blocco delle azioni esecutive nella liquidazione del patrimonio che non costituisce un atto di grazia per il debitore, ma un provvedimento i cui obiettivi travalicano la sfera dei benefici al ricorrente, poiché si sostanziano in finalità di ordine pubblico economico, sociali e deflattive.

Del resto, anche se nella liquidazione del patrimonio va verificata la diligenza del debitore nell'assumere volontariamente le obbligazioni, riesce difficile immaginare che se l'indagine abbia esito negativo si possa impedire l'apertura del concorso. Gli unici presupposti per il rigetto del ricorso sono l'esistenza di atti di frode e l'incompletezza della documentazione, non la negligenza del debitore nell'aver assunto obbligazioni che non avrebbe potuto adempiere.

Un simile requisito non è richiamato dall'art. 14-quinquies, mentre è esplicitamente richiesto nel piano del consumatore a norma dell'art. 12-bis, comma terzo, che impone al giudice di escludere che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero abbia colposamente determinato il sovraindebitamento prima di omologare il piano.

Conclusioni

Alla luce delle osservazioni sopra svolte, l'arresto mantovano conferma che anche per la liquidazione del patrimonio è possibile proporre un ricorso congiunto per definire la crisi da sovraindebitamento del nucleo familiare, così come già ammesso dalla giurisprudenza di merito per il piano e per l'accordo di composizione della crisi. Nei ricorsi “di famiglia” occorrerà tuttavia sempre distinguere le masse per evitare che vengano dichiarate inammissibili per violazione dell'art. 2740 c.c.. I poteri del giudice nel decreto di apertura non si estendono fino alla verificazione dei crediti, pertanto l'ammissibilità e l'opponibilità della cessione del quinto devono essere vagliate nella formazione dello stato passivo e non nel provvedimento di apertura del concorso. La liquidazione del patrimonio non prevede che venga attestata la fattibilità di un piano di liquidazione, né che venga verificata la “meritevolezza”, intesa come diligenza nell'assunzione delle obbligazioni che hanno determinato il sovraindebitamento, poiché una simile disamina è richiesta per il solo piano del consumatore e non per la liquidazione del patrimonio.

Guida all'approfondimento

Benvenuto, G., Domande congiunte e cessione del quinto in questo portale, 2018; De Matteis, S. - Graziano, N. Casi e Questioni di sovraindebitamento, Fimmanò F.- D'Attorre, G., La composizione della crisi da sovraindebitamento, 2018 Maltese, C. - Russo, E., Le principali questioni sull'ammissibilità di un piano del consumatore individuale o c.d. “di gruppo”, in questo portale, 2017, Rossetti, S. Gli orientamenti della Sezione Fallimentare di Milano sul sovraindebitamento, in questo portale, 2018.

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