Sì delle Sezioni Unite alla domanda di arricchimento proposta nella memoria 183
02 Ottobre 2018
Il caso. Con il ricorso per cassazione viene lamentata violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 c.c. e 183 c.p.c., contestando la ritenuta inammissibilità della domanda di indennizzo per arricchimento senza causa perché non proposta dall'attore in citazione ma con la memoria ex art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c.. La seconda sezione civile della Suprema Corte, investita del ricorso, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, ponendo tale questione di massima di particolare importanza: «Se nel giudizio promosso nei confronti di una Pubblica Amministrazione per l'adempimento di un'obbligazione contrattuale la parte possa modificare la propria domanda in una richiesta di indennizzo per arricchimento senza causa con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c.».
Domanda di arricchimento proposta nella memoria 183. Il Collegio ha ritenuto di dover dare continuità sul punto all'indirizzo indicato con la sentenza n. 12310/2015 che, superando in senso evolutivo il precedente criterio della differenziazione di petitum e causa petendi su cui si basava il precedente orientamento, sposta l'attenzione dell'interprete dall'ambito circoscritto di una valutazione relativa alla invarianza degli elementi oggettivi della domanda modificata rispetto a quella iniziale, in una prospettiva di più ampio respiro, volta alla verifica che entrambe tali domande ineriscano alla medesima vicenda sostanziale sottoposta all'esame del giudice e rispetto alla quale la domanda modificata sia più confacente all'interesse della parte.
Domanda modificata. Occorre, pertanto, verificare se la domanda di arricchimento senza causa, come proposta nel giudizio all'esame con la memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., sia riconducibile alla nozione di “domanda modificata” ritenuta ammissibile con la sentenza richiamata.
Nel concreto, è necessario accertare se, tra la domanda inizialmente proposta e quella successivamente formulata con la memoria ex art. 183 sussista un rapporto di connessione per “alternatività” od “incompatibilità”.
Nel caso di specie, entrambe le domande proposte (di adempimento contrattuale e di indebito arricchimento) si riferiscono alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, intesa come unica vicenda in fatto che delinea un interesse sostanziale; sono attinenti al medesimo bene della vita, tendenzialmente inquadrabile in una pretesa di contenuto patrimoniale e sono legate da un rapporto di connessione “di incompatibilità”.
Principio di diritto. Ed è per tale ragione che, accogliendo il motivo di ricorso, le Sezioni Unite pronunciano il seguente principio di diritto: «È ammissibile la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. proposta, in via subordinata, con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., nel corso del processo introdotto con domanda di adempimento contrattuale, qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa (per incompatibilità) a quella inizialmente formulata». |