Decreto dignità: decremento occupazionale e delocalizzazione dei beni
02 Ottobre 2018
Decremento occupazionale
La restituzione degli aiuti Nell'ambito delle misure volte a proteggere l'occupazione, con l'art. 6 del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, oltre all'ipotesi della delocalizzazione, è stata anche considerata quella in cui una impresa italiana o estera, operante nel territorio nazionale, beneficia di misure di aiuto di Stato che prevedono la valutazione dell'impatto occupazionale. Anche in tal caso, infatti, si è inteso evitare che gli imprenditori, una volta incamerati gli aiuti di Stato, riducessero il livello occupazionale eludendo, in tal modo, gli obiettivi che si erano intesi conseguire con l'erogazione degli aiuti. Indubbiamente, la ratio del provvedimento è fondata, fermo restando che occorra superare alcune difficoltà sul piano applicativo. Nessun dubbio in ordine sia alla categoria economica destinataria della disposizione in quanto interessa i soli imprenditori e, quindi, qualsiasi soggetto che possa essere qualificato tale a sensi degli art. 2082 e 2135 c.c. Analoga conclusione vale per quanto concerne i finanziamenti che debbano essere considerati aiuti di Stato atteso che, per giurisprudenza consolidata a livello sia di Corte di Giustizia sia di Corte di Cassazione, i caratteri che rivestono tali benefici sono ormai stati chiaramente delineati.
I motivi oggettivi di giustificazione
La decadenza dal beneficio scatta “fuori dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo”. Di qui la necessità di chiarire allorquando un determinato accadimento ovvero una particolare situazione di carattere economico – finanziario possa configurare tale presupposto. Innanzitutto, occorre domandarsi se la formula utilizzata dal legislatore si possa identificare con la causa di forza maggiore oppure possa assumere una portata più ampia. In un contesto economico ancora caratterizzato da una modesta crescita e con casi di insolvenza abbastanza frequenti le situazioni che possono indurre ad una ristrutturazione aziendale sono le più disparate. Escluse le ipotesi di procedure fallimentari, le difficoltà attengono non tanto alla potenziale perimetrazione della causa di giustificazione oggettiva bensì al suo accertamento. In altre parole, al fine di evitare un contenzioso – e, quindi, demandare la decisione alla magistratura – sarebbe stato necessario definire il procedimento da seguire al fine di incorrere nella decadenza del beneficio. La natura oggettiva del “motivo” induce a ritenere che, proprio tale carattere, dovrebbe evitare, sul nascere, qualsiasi differente valutazione del fatto, della situazione, dell'accadimento, ecc. che giustifichi la riduzione del livello occupazionale. Senonché la realtà è del tutto di afferente anche perché la valutazione del fatto può avvenire secondo angolazioni e parametri differenti con conseguente divergenza delle relative conclusioni. Indubbiamente, il compito dell'accertamento dei presupposti per la revoca non possono che competere all'Amministrazione che eroga l'aiuto di Stato.
In merito, va evidenziato che il legislatore ha disposto che “per le restituzioni dei benefici si applicano le disposizioni di cui all'art. 5, commi 3 e 5”, cioè le stesse disposizioni che regolano la restituzione degli aiuti in caso di delocalizzazione dell'attività economica interessata o una sua parte all'estero ovvero, dal sito incentivato in favore di unità produttiva situata, al di fuori dell'ambito territoriale del predetto sito in ambito nazionale, dell'Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo. Nulla dispone, per contro, relativamente al procedimento da porre in essere ai fini della restituzione ovvero ai poteri esercitabili a tal fine. Pur ritenendo che, per motivi di chiarezza, sarebbe stato opportuno richiamare la Legge 7 agosto 1990, n. 241, si ritiene che, trattandosi di un procedimento amministrativo occorra richiamarsi a tale provvedimento in quanto detta disposizioni di carattere generale in tema di procedimenti amministrativi.
Tale conclusione, tuttavia, se risolve un aspetto del problema, con riferimento sia alla competenza a procedere all'emanazione del provvedimento di restituzione e di irrogazione delle sanzioni, lascia insolito l'interrogativo principale risudante la corretta individuazione del relativo presupposto. È da ritenere che l'emanazione del citato provvedimento debba essere, in ogni caso, preceduto dal contraddittorio in modo da consentire agli imprenditori di documentare i motivi che hanno portato alla riduzione del livello occupazionale, fermo restando che la formulazione della disposizione è infelice considerato che, nel campo giuridico, la portata del “motivo oggettivo” appare alquanto opinabile. La percentuale di riduzione
Una prima ipotesi di restituzione è prevista qualora si riducano, in misura superiore al 50 per cento, i livelli occupazionali degli addetti all'unità produttiva o all'attività interessata dal beneficio nei cinque anni successivi alla data di completamento dell'investimento. È di tutta evidenza che il vincolo introdotto dal legislatore, pur essendo costituito da un parametro valevole a carattere generale, produce effetti diversi a seconda delle dimensioni delle aziende e, in particolare, dell'unità produttiva o dell'attività interessata. Invero, la riduzione di più della metà del personale occupato consente manovre di pianificazione senza alcuna conseguenza giuridica in misura inversamente proporzionale al numero degli addetti essendo innegabile che, ove sia costituito da poche unità, l'area della riorganizzazione eventuale risulta di fatto molto limitata ovvero inesistente. Probabilmente, proprio in relazione a tale profilo è stata prevista anche una seconda ipotesi di riduzione del livello occupazionale. Invero, qualora sia superiore al 10 per cento, il beneficio è ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale.
In altri termini, la restituzione è totale, nella prima ipotesi; proporzionale nella seconda, fermo restando la validità delle precedenti osservazioni. Ancora una volta, pertanto, ne restano penalizzate le imprese con un numero di personale addetto molto limitato. Ai fini della verifica del superamento delle richiamate soglia va sottolineato che il legislatore ha fatto riferimento al “personale addetto” senza alcuna distinzione in termini di mansioni, funzioni, inquadramento giuridico, ecc. In altri termini, rileva il profilo numerico quantitativo senza alcuna diversificazione per categoria di dipendenti. L'adozione di tale criterio consente, di conseguenza, una compensazione tra le differenti posizioni giuridiche nell'ambito della medesima unità o attività incentivata. Si ritiene, per contro, che analoga compensazione non possa essere effettuata tra unità ed attività produttive diverse. Un ulteriore profilo che dovrà essere chiarito in sede di emanazione delle norme di attuazione da parte delle Amministrazioni competenti riguarda il parametro di riferimento temporale. Al riguardo, la norma giuridica richiama “i cinque anni successivi” per cui occorre domandarsi se la verifica debba essere fatta al termine dei cinque anni oppure per ciascun periodo d'imposta.
Considerato che, in base all'art. 7 del TUIR, l'imposta è dovuta per anni solari “a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma”, sarebbe logico ritenere che la verifica debba essere fatta a conclusione di ciascun anno solare. Si è dell'avviso che l'adozione del criterio fiscale, pur non essendo stata richiamata espressamente, sia stata comunque considerata dal legislatore il quale non ha fatto riferimento al compimento del quinquennio, bensì alla riduzione del livello occupazionale “nei cinque anni successivi”, espressione che induce, pertanto, a ritenere che la verifica debba essere fatta di anno in anno. Una differente interpretazione potrebbe prestarsi anche a fenomeni elusivi, soprattutto nelle piccole aziende che potrebbero garantire la sussistenza del requisito richiesto con assunzioni nell'ultimo anno. Pare pacifico, poi, che il riferimento di partenza debba essere costituito dal livello occupazionale, nei termini innanzi chiariti, esistenti alla data di completamento dell'investimento. Le disposizioni si applicano ai benefici concessi o per i quali sono stati pubblicati i bandi, nonché agli investimenti agevolati avviati, successivamente alla data del 14 luglio 2018. Cessione o delocalizzazione dei beni
I soggetti interessati Con l'art. 1, comma 9, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, è stato disposto che, al fine di favorire processi di trasformazione tecnologica e digitale per gli investimenti in alcuni beni materiali strumentali nuovi espressamente indicati il costo di acquisizione è maggiorato del 150 per cento relativamente agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 settembre 2018, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
Il beneficio è connesso all'avvento della cosiddetta quarta rivoluzione industriale; grazie alla diffusione di nuove tecnologie (digitali e non), il comparto industriale sta vivendo una profonda trasformazione dei meccanismi attraverso cui ha storicamente prodotto valore, innovazione e benessere. La quarta rivoluzione non investe solo il processo produttivo, la sua efficienza e produttività ma anche, grazie all'accresciuta capacità di interconnettere e far cooperare tutte le risorse produttive (asset fisici e persone, sia all'interno che all'esterno della fabbrica), e allo sfruttamento di un nuovo fattore produttivo ovvero i dati e le informazioni, sta trasformando il funzionamento di intere catene del valore, consentendo una crescente integrazione dell'impresa con le reti di fornitura e sub fornitura a monte e i clienti, intermedi e finali, a valle, abilitando infine una rivisitazione anche profonda dei modelli di business e degli approcci al mercato.
Le tecnologie abilitanti il paradigma 4.0 sono molteplici, sintetizzabili in tre ambiti (disponibilità di dati digitali e analitica dei Big Data, robotica e automazione avanzata). Come chiarito dall'Agenzia delle Entrate (Circolare 30 marzo 2017, n. 4/E) beneficiari della disposizione sono gli stessi soggetti individuati dalla disposizione che ha originariamente introdotto la disciplina del super ammortamento ossia i titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni. Si ricorda, a tal proposito, che la disciplina del super ammortamento si applica a tutti i soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale e dal settore economico in cui operano. Sono ammesse all'agevolazione sia le imprese residenti nel territorio dello Stato che le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti. Inoltre, possono beneficiare della misura agevolativa anche gli enti non commerciali con riferimento all'attività commerciale eventualmente esercitata. Con riferimento agli esercenti arti e professioni, si ricorda che la disposizione sul super ammortamento si applica ai contribuenti che esercitano le attività di lavoro autonomo, anche se svolte in forma associata, ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del TUIR.
I beni interessati
L'iper ammortamento, com'è noto, spetta, oltre che per l'acquisto dei beni da terzi, in proprietà o in leasing, anche per la realizzazione degli stessi in economia o mediante contratto di appalto. Per gli investimenti con contratto di leasing, la maggiorazione spetta solo all'utilizzatore, e non anche al concedente. È stato anche chiarito che l'agevolazione non viene meno nell'ipotesi in cui il bene oggetto dell'investimento, per il quale si sia fruito del beneficio, formi successivamente oggetto di un contratto di sale and lease back. In tal caso, l'agevolazione continuerà ad essere fruita, sotto forma di maggiorazione del costo originario di acquisizione, secondo la dinamica temporale inizialmente determinata, a nulla rilevando il sopravvenuto contratto di leasing. Sono esclusi dal beneficio i beni utilizzati in base ad un contratto di locazione operativa o di noleggio. Per tali beni, la maggiorazione, al ricorrere dei requisiti previsti, potrà spettare al soggetto locatore o noleggiante. Per questi ultimi soggetti, che il beneficio del super ammortamento spetta solo nell'ipotesi in cui l'attività di locazione operativa o di noleggio costituisca l'oggetto principale dell'attività.
Se le operazioni siano effettuate in maniera occasionale e non abituale con società estere del gruppo, si ritiene che la maggiorazione non spetti in quanto l'investimento sarebbe effettuato solo strumentalmente in Italia, mentre nella sostanza andrebbe a rafforzare una struttura operativa estera.
Con l'art. 7 del D.L. n. 87/2018 il legislatore ha ora delimitato la perimetrazione del beneficio avendo disposto che l'iper ammortamento spetta a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale. Conseguentemente, qualora nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'iper ammortamento. Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Non è stata considerata l'ipotesi, che pure potrebbe rientrare nell'ambito di una sana politica aziendale, di sostituzione dei beni oggetto di investimento con altri beni acquisitati dall'imprenditore o dal professionista. Va da sé che l'eventuale recupero non può che riguardare applicano agli investimenti effettuati successivamente a decorrere dal 14 luglio 2018. Casi di esclusione
Se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo si verifica il realizzo a titolo oneroso del bene oggetto dell'agevolazione, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate, a condizione che, nello stesso periodo d'imposta del realizzo, l'impresa:
Nel caso in cui il costo di acquisizione dell'investimento sostitutivo sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito e sempre che ricorrano le altre condizioni innanzi richiamate la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento. La restituzione degli aiuti è esclusa, infine, nei casi in cui i beni agevolati siano per loro stessa natura destinati all'utilizzo in più sedi produttive e, pertanto, possano essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato.
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