La legittimazione passiva dell'amministratore nelle liti condominiali

03 Ottobre 2018

L'analisi si sofferma sulla legittimazione dell'amministratore del condominio dal lato passivo che, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all'interposizione di ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo di azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino...
Il quadro normativo

Partendo dal presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l'amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza e i suoi limiti.

Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente, disciplinano, il primo, le attribuzioni dell'amministratore ed il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del condominio da parte dell'amministratore. In particolare, dall'art.1131 c.c. si deduce che il potere di rappresentanza dell'amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e ai servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni. All'amministratore del condominio compete l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione giusta l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, egli ha la rappresentanza dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri (art. 1131, commi 1 e 2, c.c.).

Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur essendo ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché costui gli conferisca un'espressa procura in tal senso.

La figura dell'amministratore di condominio

In generale, la figura e il ruolo di amministratore del condominio, nel sistema delineato dalla normativa vigente consiste nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza del condominio.

Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra il medesimo amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato, anche se come carattere meramente sussidiario.

Tale rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, compiti e poteri, stabiliti dall'art. 1130 c.c.

Infatti, il potere dell'amministratore condominiale di rappresentare in giudizio il condominio sussiste in relazione ad ogni controversia promossa nei confronti del condominio, purché questa riguardi le parti o i servizi comuni dell'edificio, e non i diritti o gli obblighi esclusivi dei singoli condomini.

E invero, come è stato da tempo chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il limite della legittimazione processuale passiva dell' amministratore del condominio, costituito, a norma dell'art. 1131 c.c., dall'inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell'edificio, deve essere inteso in senso estensivo, così da comprendere nel concetto di parti comuni, sia le parti materiali destinate all'uso comune dei condomini, che i vari rapporti giuridici che sorgano dalla esistenza delle dette parti comuni, attenendo all'organizzazione ed amministrazione del condominio ed al regime dei servizi comuni, con la conseguenza che la legittimazione passiva ad processum dell'amministratore ricorre ogni qual volta sia in gioco l'interesse comune dei partecipanti alla comunione e, cioè, un interesse che costoro possono vantare solo in quanto tali, in antitesi con l'interesse individuale di un singolo condomino, ovvero di un terzo estraneo alla comunione (Cass. civ., sez.II, 7 agosto 2014, n.17767).

Pertanto, mentre ai sensi dell'art. 1131 c.c. ogni questione relativa ai singoli obblighi di contribuzione alle spese dei condomini, è fuori dai poteri rappresentativi passivi dell'amministratore che, dunque, non ha la rappresentanza del singolo condomino o del gruppo di condomini, nelle azioni proposte contro essi per il recupero delle spese condominiali (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2014, n. 13777), va senz'altro riconosciuta all'amministratore del condominio la legittimazione passiva nelle controversie risarcitorie promosse da un condomino che si assuma danneggiato per effetto di modifiche apportate alla sua proprietà a seguito di lavori di ricostruzione disposti dal condominio, e la presenza in giudizio dell'amministratore esclude la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti di tutti i singoli condomini.

La legittimazione passiva dell'amministratore nelle liti condominiali

Con una disposizione rimasta inalterata nella riforma di cui alla l. n. 220/2012, l'art. 1131 c.c. stabilisce che l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (comma 2) e che egli, ove la citazione abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (terzo comma), pena la revoca dall'incarico e la responsabilità per danni (quarto comma).

La giurisprudenza di legittimità individua la ratio della previsione normativa circa la legittimazione passiva dell'amministratore nell'obiettivo di facilitare ai terzi la convocazione in giudizio del condominio (Cass. civ., sez.II, 4 maggio 2005, n. 9213), riconoscendo, quindi, l'illimitatezza di tale legittimazione e l'asimmetria rispetto alla legittimazione attiva, quest'ultima circoscritta entro i limiti delle attribuzioni proprie dell'amministratore.

In base al disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c., l'amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l'esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all'impugnazione della delibera stessa da parte del condomino senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni, con la conseguenza che in tali casi egli neppure deve premunirsi di alcuna autorizzazione dell'assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio (Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1998, n. 4900; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2005, n. 8286).

A questa conclusione non è di ostacolo il principio, enunciato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331), secondo cui l'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 c.c., commi 2 e 3, può bensì costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Infatti, l'ambito applicativo del citato dictum delle Sezioni Unite - con la regola, da esse esplicitata, della necessità dell'autorizzazione assembleare, sia pure in sede di successiva ratifica - si riferisce, espressamente, a quei giudizi che esorbitano dai poteri dell'amministratore ai sensi dell'art. 1131 c.c., commi 2 e 3.

L'amministratore di condominio, essendo tenuto a curare l'osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, n. 1, c.c.), è legittimato ad agire ed a resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c., la quale è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell'amministratore stesso (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1451).

Ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione dell'amministratore, esclusiva o concorrente con quella dei singoli condomini, non incontra limiti dal lato passivo, anche rispetto alle azioni di natura reale indirizzate contro il condominio relativamente alle parti comuni dell'edificio, in tali casi gravando sull'amministratore il solo obbligo di riferirne all'assemblea - obbligo di mera rilevanza interna e non incidente sulla rappresentanza processuale - sicchè la vocatio in ius dell'amministratore esclude la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo di tutti i condomini (Cass. civ., sez.II, 25 luglio 2005, n. 15547).

La legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, in luogo del litisconsorzio necessario dei condomini, è stata riconosciuta, in modo simultaneo, nell'occasione di una lite fra condomini, tanto per la negatoria servitutis, quanto per la speculare confessoria (Cass. civ., sez.II, 6 ottobre 2005, n. 19460).

La Cassazione ha quindi avuto modo di chiarire che la vocazione generale della legittimazione passiva di cui all'art. 1131, comma 2, c.c., resta insensibile alla distinzione tra azioni di accertamento, azioni costitutive e azioni di condanna, in quanto vale sempre la ratio legis di agevolare i terzi nella chiamata in giudizio del condominio, ovviando alle difficoltà pratiche di promuovere e preservare il litisconsorzio passivo di tutti i condomini, sicché, riguardo alla negatoria e confessoria servitutis, la legittimazione passiva dell'amministratore sussiste anche nel caso in cui l'azione sia diretta ad ottenere la condanna alla rimozione di opere comuni (cfr. Cass. civ., sez.II, 6 ottobre 2005, n. 19460 cit.).

In realtà, va evidenziato come non l'oggetto rivendicativo dell'azione determini la necessità del litisconsorzio di tutti i condomini, bensì la linea difensiva assunta dal convenuto laddove neghi la proprietà esclusiva e ne assuma, viceversa, la natura condominiale del bene rivendicato.

Il fattore determinante risiede nella natura dell'accertamento proprietario, che, in quanto sollecitato da una mera eccezione, avviene incidenter tantum: ove abbia carattere puramente incidentale, l'accertamento dominicale non eccede l'ambito di legittimazione passiva dell'amministratore e non impone il litisconsorzio passivo di tutti i condomini (Cass. civ., sez.II, 21 dicembre 2006, n. 27447).

Così, una pronuncia di legittimità - fermo che ogni condomino può proporre le azioni reali a difesa della proprietà comune, senza necessità d'integrare il contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari, in quanto il diritto di ciascun condomino ha per oggetto il bene comune nella sua interezza, pur nei limiti dei concorrenti diritti altrui (Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2005, n. 19460 cit.) - separa nettamente l'ipotesi in cui il convenuto sollevi un'eccezione riconvenzionale di proprietà esclusiva, al limitato fine di paralizzare l'avversa domanda petitoria, dall'ipotesi in cui egli formuli una domanda riconvenzionale, allo scopo di ottenere l'accertamento del proprio dominio esclusivo, il litisconsorzio necessario di tutti i condomini ricorrendo unicamente nel caso della domanda riconvenzionale, atteso che l'eccezione sollecita un mero accertamento incidenter tantum, destinato ad esplicare efficacia soltanto tra le parti (Cass. civ., sez.II, 3 settembre 2012, n. 14765).

In adesione, si è stabilito, che il litisconsorzio passivo dei condomini necessita soltanto in caso di domanda riconvenzionale volta ad ottenere la declaratoria di proprietà esclusiva, non anche in caso di semplice eccezione riconvenzionale, giacché soltanto nel primo caso, non anche nel secondo, l'accertamento dominicale produce effetti di giudicato estensivo nei confronti dell'intera compagine condominiale (Cass. civ., sez.II, 22 febbraio 2013, n. 4624).

L'eccezione riconvenzionale di proprietà esclusiva del cespite non delinea alcun potenziale conflitto fra titoli dominicali e proprietà condominiale anziché proprietà esclusiva, giacché essa non prelude alla formazione o alla negazione di un titolo: se accolta, non costituisce un titolo di dominio solitario a favore dell'eccipiente, neppure verso la controparte attuale, se respinta, non impedisce all'eccipiente di agire per ottenere quel titolo, anche verso la controparte attuale.

Ciò premesso, muovendo dall'assunto del carattere generale della legittimazione passiva dell'amministratore, che - contenuta nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. - è estesa ad ogni interesse condominiale, e, quindi, alle parti ed ai servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni, la questione sequenziale che si pone è se di fronte al chiaro disposto dell'art. 1131, comma 2, c.c., in base al quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, possa escludersi tale legittimazione nel caso in cui un condomino o un terzo rivendichi la proprietà esclusiva di parti dell'edificio che non siano espressamente ricomprese nell'art. 1117 c.c.

Ebbene, premessa la legittimazione passiva dell'amministratore per qualunque azione abbia ad oggetto parti comuni dello stabile condominiale, l'individuazione della natura del bene controverso deve avvenire tenendo conto che l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale (Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2017, n. 133; Cass. civ., sez.III, 13 marzo 2009, n. 6175).

In buona sostanza, il limite della legittimazione processuale passiva dell'amministratore di condominio deve essere inteso in modo da ricomprendere nel concetto di parti comuni qualsiasi bene, anche se non condominiale, rispetto al quale venga in considerazione un interesse che i condomini vantino o ritengano di poter vantare in quanto tali. Ne consegue che ricorre la legittimazione passiva ad processum dell'amministratore rispetto all'azione di spoglio esperita da un terzo, in riferimento ad un terreno ubicato all'esterno dello stabile condominiale, a fronte dei lavori intrapresi dai condomini sullo stesso, in attuazione dell'interesse, a loro prossimo e comune, alla sistemazione della area verde vicina a detto stabile (Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2015, n. 471).

In conclusione

Sulla scorta di quanto precede, può quindi affermarsi che nessuna limitazione sussiste in relazione alla legittimazione dal lato passivo dell'amministratore per qualsiasi azione anche di natura reale, promossa contro il Condominio, da terzi (o anche dal singolo condomino) in ordine alle parti comuni dell'edificio. In tal caso, l'amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini.

Inoltre, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste, pertanto, anche un ordine ad azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2014, n. 19909).

Conseguentemente, la peculiare natura del condominio - quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Cass. civ., sez. VI, 24 luglio 2012, n. 12991), in persona dell'amministratore - comporta, per un verso, che lo stesso abbia legittimazione passiva generale (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28141) rispetto alle azioni proposte nei confronti del condominio e, per altro verso, che il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911), da ciò conseguendo che non può esservi spazio per una condanna congiunta del condominio e dei singoli condomini in relazione ad illeciti non imputabili specificamente a taluno di essi (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 2002, n. 10233; Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2010, n. 20, che hanno affermato la legittimazione passiva esclusiva del condominio per danni derivanti da strutture condominiali - in entrambi i casi, il lastrico solare, in proprietà o in uso esclusivo ad uno dei condomini - riconoscendo la legittimazione passiva del singolo condomino nei soli casi in cui questi frapponga impedimenti all'esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino od i danni derivino da difetto di conservazione o di manutenzione a lui imputabili in via esclusiva).

Guida all'approfondimento

Piombo, L'incerta sorte dei poteri rappresentativi processuali dell'amministratore di condominio, dopo l'intervento delle sezioni unite della Cassazione, in Foro it., 2010, 3364;

Izzo, L'amministratore e la difesa del condominio, in Immobili & diritto, 2005, fasc. 5, 20;

Izzo, Legittimazione processuale passiva dell'amministratore di condominio: la Suprema corte ci ripensa?, in Diritto e giustizia on line, 16 novembre 2010;

Izzo, Alle sezioni unite il contrasto sulla formazione e revisione delle tabelle millesimali e sulla legittimazione passiva dell'amministrazione del condominio, in Giust. civ., 2009, 874;

Del Chicca, Ancora sulla rappresentanza nel condominio da parte dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 2011, 316;

Cusano, La capacità dell'amministratore di stare in giudizio, in Arch. loc. e cond., 2011, 277;

Risolo, Amministratore di condominio: legittimato passivo senza autorizzazione, purché ratificato successivamente dall'assemblea, in Il Civilista, 2010, fasc. 12, 5;

Salciarini, Il condominio negli edifici come modello di complessità giuridica: un solo fatto per molteplici problematiche questioni, in PQM, 2004, fasc. 2-3, 78;

De Tilla, Azione di revindica e legittimazione dell'amministratore, in Arch. loc e cond., 1998, 394.

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