Il trattamento dei crediti tributari e previdenziali nel sovraindebitamento

04 Ottobre 2018

La L. n. 3/2012 rappresenta una normativa speciale – ed autonoma, per quanto modellata su schemi mutuati dalla legge fallimentare –, applicabile al debitore che venga a trovarsi in una situazione di sovraindebitamento (strutturale squilibrio tra debiti e patrimonio liquidabile; incapacità di far fronte alle obbligazioni).
Premessa

La L. n. 3/2012 rappresenta una normativa speciale – ed autonoma, per quanto modellata su schemi mutuati dalla legge fallimentare –, applicabile al debitore che venga a trovarsi in una situazione di sovraindebitamento (strutturale squilibrio tra debiti e patrimonio liquidabile; incapacità di far fronte alle obbligazioni).

La legge sul sovraindebitamento aveva in origine natura per lo più negoziale (efficacia dell'accordo circoscritta ai soli creditori aderenti); ma già il D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni in L. n. 221/2012, ne ha mutato sensibilmente la portata, connotando di tratti marcatamente concorsuali la disciplina del sovraindebitamento, che è andato così trasformandosi da strumento contrattuale a strumento sostanzialmente concordatario.

La concorsualità nel sovraindebitamento

Con particolare riferimento agli strumenti "ristrutturatori" (accordo del debitore, piano del consumatore), è stato , fra l'altro, previsto che il sovraindebitato possa prevedere, sia in sede di accordo di composizione, sia in sede di piano del consumatore (colui che abbia assunto obbligazioni per scopi estranei all'attività imprenditoriale e/o professionale eventualmente svolta), la suddivisione dei creditori in classi.

I titolari di crediti muniti di prelazione (con esclusione dei crediti impignorabili, da soddisfarsi “regolarmente”, e di quelli costituenti risorse proprie dell'UE, dell'IVA e delle ritenute erariali, da pagarsi integralmente, salva dilazione) possono essere soddisfatti in misura non integrale, sempreché sia loro assicurato un pagamento non inferiore rispetto a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale del credito, in caso di liquidazione, tenuto conto del valore di mercato degli assets su cui insiste la prelazione, così come attestato dall'OCC.

Quanto sopra, nel rispetto del principio di non alterabilità dell'ordine dei privilegi, attesa la riconducibilità del procedimento di sovraindebitamento, sotto il profilo dei criteri ermeneutici, agli schemi concordatari (v. infra per la questione della par condicio fra chirografari).

L'accordo di composizione esplica efficacia, oltreché nei confronti dei creditori che abbiano aderito al piano (pure attraverso il previsto “silenzio-assenso”), anche nei confronti di coloro che si siano pronunciati in senso sfavorevole all'accordo.

In questo caso, il giudice procede all'omologazione qualora, all'esito di un giudizio prognostico, ritenga che il credito possa essere soddisfatto in misura non inferiore rispetto all'alternativa ipotesi liquidatoria.

Quanto sopra vale anche per il piano del consumatore, per quanto tale strumento, diversamente dall'accordo (maggioranza qualificata del 60% dei creditori), prescinda dal consenso del ceto creditorio (trattasi, in realtà, di accordo “imposto”, in via giudiziale, al verificarsi dei presupposti di legge), trovando unico fondamento nel provvedimento di omologazione.

Sia la proposta di accordo – peraltro solo ove formulata da imprenditore non fallibile che opti per la continuità aziendale –, sia la proposta di piano (favor per il consumatore), possono prevedere una moratoria nei termini di soddisfacimento dei crediti muniti di prelazione sino ad un anno dall'omologazione, sempreché non sia prevista, in proposta, la liquidazione dei beni e/o diritti sui quali sussiste la prelazione.

Il deposito della proposta di accordo e/o di piano sospende, ai soli fini – appunto – del concorso, la produzione degli interessi convenzionali e/o legali, con esclusione di quelli che accedano a crediti muniti di prelazione.

Depositata la proposta, il giudice, con il provvedimento di fissazione d'udienza (equiparato ex lege al pignoramento), dispone che sino alla definitiva omologazione non possano essere iniziate né proseguite azioni esecutive individuali, né essere disposti sequestri conservativi ovvero acquisite prelazioni da parte di creditori aventi titolo e/o causa anteriore – e ciò a pena di nullità, salvo che non si tratti di soggetti titolari di crediti impignorabili.

Sino all'omologazione, inoltre, gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione compiuti senza l'autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori aventi titolo e/o causa anteriore alla data di pubblicazione del decreto di fissazione d'udienza; i crediti sorti in occasione e/o in funzione del procedimento sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri crediti, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca, per la parte destinata ai relativi creditori garantiti.

Una volta omologato l'accordo, ai creditori aventi causa e/o titolo posteriore è precluso di procedere in via esecutiva sui beni oggetto dell'accordo; in caso di successivo fallimento del debitore, gli atti, i pagamenti, le garanzie poste in essere in esecuzione dell'accordo, non sono soggetti a revocatoria fallimentare.

Con riferimento al piano del consumatore, il giudice, nelle more della convocazione dei creditori, può disporre la sospensione dei procedimenti esecutivi, sino alla definitiva omologazione, qualora dagli stessi possa derivare pregiudizio alla fattibilità del piano.

In questo caso, dal decreto di omologazione (equiparato ex lege al pignoramento), i creditori con causa e/o titolo anteriore (ancora favor per il consumatore) non possono iniziare/proseguire azioni esecutive e/o cautelari, né acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del consumatore.

Un'ultima annotazione riguarda la questione del rispetto (recte, sussistenza), nell'ambito del sovraindebitamento, del requisito di par condicio fra creditori chirografari.

La L. n. 3/2012 non fa alcun riferimento – neanche in sede di ammissibilità della proposta – alle regole del concorso, né, dunque, alla parità di trattamento fra creditori.

Ed anche là dove la norma prevede la possibilità di suddividere i creditori in classi, non fa cenno alcuno al requisito di omogeneità dei crediti classati, a differenza del concordato preventivo e fallimentare.

Considerata la natura concorsuale del procedimento, la parità di trattamento fra chirografari riteniamo sia da intendersi presupposta ai fini della redazione della proposta – e ciò per analogia con la norma fallimentare,

Si tratterebbe, cioè, di “integrare”, in via interpretativa, una norma concorsuale speciale, quella che prevede la generica formazione di classi in sede di sovraindebitamento (art. 7, comma 1, L. n. 3/2012), con altra norma speciale – anch'essa concorsuale e, dunque, affine alla prima, quanto a materia e princìpi –, quella che detta peculiari condizioni ai fini della formazione delle classi in sede concordataria (art. 124, comma 2, lett. a), ed art. 160, comma 1, lett. c), l. fall.).

Così, ove la proposta preveda la suddivisione dei creditori in classi, il trattamento differenziato fra le diverse classi dovrebbe ritenersi legittimo (solo) qualora vi sia identità di posizione giuridica fra i crediti classati, nonché omogeneità di interessi economici ad essi sottesi, applicandosi, in ogni caso, all'interno delle singole classi, parità di trattamento fra creditori (in questo senso: Trib. Asti, 18 novembre 2014; contra, Trib. Ascoli, 4 aprile 2014).

Il trattamento dei crediti tributari

Il credito tributario si caratterizza per la propria natura pubblicistica, trovando la sua fonte nella norma di legge (la funzione del prelievo fiscale è quella di assicurare l'acquisizione delle risorse necessarie alla pubblica amministrazione per il raggiungimento degli scopi istituzionali).

Ove il contribuente acceda al sovraindebitamento, il credito fiscale viene a trovarsi di fronte ad un procedimento dai marcati tratti di concorsualità, e dunque di “universalità”, anche nella prospettiva della pluralità di creditori, tutti meritevoli di una legittima aspettativa di soddisfacimento, secondo le regole del concorso.

Quanto sopra determina due effetti rilevanti.

In primo luogo, i crediti fiscali – salva l'eccezione prevista dall'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012 (pagamento integrale, benché dilazionabile, dei tributi costituenti risorse proprie dell'UE, del tributo IVA e delle ritenute erariali), su cui torneremo infra – sono soggetti, come ogni altro credito privilegiato, alla falcidia ex art. 7, comma 1, secondo periodo, L. n. 3/2012.

Tale norma – come visto – consente al sovraindebitato di soddisfare in misura non integrale i crediti muniti di prelazione, a condizione che sia loro assicurato un pagamento non inferiore rispetto a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale del credito, sul ricavato in caso di liquidazione, tenuto conto del valore di mercato attribuibile ai beni e/o ai diritti su cui insiste la prelazione, come attestato dall'OCC.

Circa la possibilità di sottoporre a falcidia il credito fiscale si è espressa in senso favorevole la stessa Agenza delle Entrate, la quale, con circolare n. 19/E del 6 maggio 2015, ha dato atto che fra i “debiti risanabili attraverso la composizione della crisi da sovraindebitamento rientrano anche quelli di natura tributaria”.

Fra l'altro, quanto sopra vale anche per i crediti fiscali di titolarità degli enti locali, ove anche non amministrati né gestiti, per legge e/o convenzione, dalle agenzie fiscali – e ciò a differenza di quanto accade nell'ambito della transazione fiscale ex art. 182-ter, l. fall. (come, da ultimo, riformata, con decorrenza 1° gennaio 2017, dalla L. n. 232/2016).

La transazione fiscale opera infatti, unicamente, per i tributi amministrati dalle “agenzie fiscali”, assumendo rilevanza non la natura della singola imposta (es., IRES, IVA, ritenute, ecc.), né l'ente cui sia riconducibile il relativo gettito (es. Amministrazione finanziaria, Autorità regionale, Enti locali), bensì il solo aspetto relativo alla amministrazione del tributo.

Rimangono, così, esclusi dall'ambito di applicazione della transazione fiscale i tributi di titolarità degli enti locali la cui gestione non sia affidata alle agenzie fiscali per legge, come nel caso del tributo IRAP, ovvero per espressa convenzione fra ente locale ed agenzia erariale (art. 57, comma 2, D.Lgs. n. 300/1999).

In conformità a quanto sopra, l'art. 9, comma 1, L. n. 3/2012, dispone che la proposta, una volta depositata presso il tribunale competente, sia presentata a cura dell'OCC, entro i tre giorni successivi, all'agente della riscossione ed agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali.

In secondo luogo, opera, in caso di accesso al procedimento di sovraindebitamento – per effetto del decreto giudiziale di fissazione d'udienza, in caso di accordo del debitore e piano del consumatore, del decreto di apertura della procedura, in caso di liquidazione del patrimonio – il divieto di avviare e/o proseguire azioni individuali, tanto esecutive, quanto cautelari.

La legge tributaria attribuisce all'Amministrazione finanziaria la possibilità di fare ricorso, nell'ambito dell'esercizio della potestà impositiva, ad una serie di strumenti esecutivi e/o cautelari, perlopiù disciplinati dal D.P.R. n. 602/1973, sia in materia d'imposte dirette, sia in materia di tributo IVA ed altri tributi indiretti, al fine di rafforzarne la funzione esattrice.

Una volta che il contribuente faccia ricorso ad uno degli strumenti previsti dalla L. n. 3/2012, le azioni individuali fiscali, come quelle di qualsiasi altro creditore, si arrestano per effetto del provvedimento con il quale il giudice, accertata la conformità a legge della domanda, dispone il divieto di avvio e/o prosecuzione delle azioni pregiudizievoli.

E dunque, come per il fallimento è la previsione ex art. 51 l. fall., per il concordato preventivo, quella ex art. 168, comma 1, per l'accordo di ristrutturazione quella ex art. 182-bis, commi 3-6, nel caso del procedimento ex L. n. 3/2012 sono l'art. 10, comma 2, lett. c), l'art. 12-bis, comma 2, e l'art. 14-quinquies, comma 2, lett. b), in relazione a ciascuno dei tre strumenti di composizione della crisi, a disporre il divieto delle azioni individuali, esecutive e cautelari, anche fiscali.

La questione della falcidiabilità del tributo IVA e delle ritenute erariali

L'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012, nel prevedere che, in ogni caso, i tributi costituenti risorse proprie dell'UE, l'IVA e le ritenute debbano essere pagati integralmente, salva la possibilità di pagamento dilazionato, richiama, implicitamente, l'art. 182-ter, l. fall., in tema di transazione fiscale, nella formulazione vigente al momento dell'entrata in vigore del D.L. n. 179/2012.

Il tema della “intangibilità” del tributo IVA prende vigore con l'introduzione dell'art. 182-ter l. fall., ad opera dell'art. 146 D.Lgs. n. 5/2006 (norma modificata, prima, dall'art. 32, comma 5, lett. a), D.L. n. 185/2008, convertito con modificazioni in L. n. 2/2009; poi, dall'art. 29, comma 2, D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni in L. n. 122/2010; infine, dall'art. 1, comma 81, L. n. 232/2016).

L'art. 182-ter l. fall., nella versione originaria, prevedeva la possibilità di pagamento parziale dei crediti tributari amministrati dalle agenzie fiscali limitatamente alla parte chirografaria, fermo il pagamento integrale dei tributi costituenti risorse proprie dell'UE (niente si diceva del tributo IVA, né delle ritenute erariali), per i quali era possibile la sola dilazione di pagamento.

L'Agenzia delle Entrate, con circolare n. 40/E del 18 aprile 2008, con l'intento di colmare il vuoto normativo, ha rilevato come il tributo IVA fosse da ricomprendere fra le risorse proprie dell'UE, escludendone quindi la possibilità di falcidia in sede concordataria.

Contestualmente, in ambito comunitario, entrava in vigore la direttiva 2006/112/CEE, in sostituzione della 77/388/CEE, che aveva dettato regole e criteri ai fini dell'armonizzazione delle singole legislazioni in materia di IVA, onde rafforzare il mercato unico: i Paesi membri erano chiamati ad adottare misure atte a garantire che il tributo fosse integralmente riscosso, senza difformità nella struttura del rapporto tributario (principio di neutralità fiscale).

La nuova direttiva 2006, nel dare atto che i bilanci comunitari sono integralmente finanziati da risorse proprie, ha sancito che fra tali risorse rientrano anche quelle provenienti dal gettito IVA, ottenute tramite l'applicazione di un'aliquota comune assunta su una base imponibile armonizzata, determinata secondo regole comunitarie (frazione del tributo).

Nel frattempo, è andato formandosi nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE l'orientamento secondo cui sono da ritenersi incompatibili con le regole comunitarie le legislazioni nazionali che limitino la riscossione del tributo IVA, salvo deroghe che trovino fondamento su principi di bilanciamento con diritti fondamentali (es., durata del processo).

In questo contesto, il legislatore italiano, con il D.L. n. 185/2008, è intervenuto sull'art. 182-ter, l. fall., prevedendo che per l'IVA e le ritenute la proposta di transazione fiscale non possa prevedere che una dilazione di pagamento, fermo dunque il soddisfacimento integrale.

La Cassazione, in un primo momento, ha ritenuto che l'art. 182-ter costituisca una norma eccezionale, dalla natura sostanziale e non procedurale, in quanto riconducibile al principio d'intangibilità delle risorse UE e che, pertanto, il divieto di falcidia IVA sia applicabile ove anche la proposta non contenga la transazione fiscale (Cass., civ. sez. I, 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932; in senso conforme, poi, Cass., civ. sez. I, 22 settembre 2016, n. 18561; Cass., civ. sez. I, 30 aprile 2014, n. 9541).

Fra l'altro, la necessità di osservare il precetto comunitario “legittima” che un privilegio di rango arretrato, qual è quello che assiste il credito IVA (diciannovesimo grado), venga di fatto antergato a tutti gli altri privilegi poziori, divenendo, così, sostanzialmente, il credito IVA, prededucibile.

Quanto sopra renderebbe “necessitata”, secondo la Cassazione, la deroga al principio di non alterabilità dell'ordine dei privilegi (contra: App. Venezia, 23 dicembre 2013; App. Genova, 27 luglio 2013; Trib. Como, 29 gennaio 2013).

Successivamente, la Suprema Corte ha mutato il proprio orientamento, giungendo a ritenere che il divieto di falcidia IVA – eccezione alla regola generale della falcidiabilità dei crediti privilegiati in sede concorsuale, al ricorrere delle condizioni di legge –, non operi se non all'interno della proposta concordataria con transazione fiscale (Cass., civ. sez. un., 13 gennaio 2017, n. 760; Cass., civ. sez. un., 27 dicembre 2016, n. 26988).

La Cassazione ha peraltro tratto spunto dallo stesso art. 7, comma 1, terzo periodo, L. 3/2012, rilevando come, laddove il legislatore ha voluto estendere, in via generale, il divieto di falcidiabilità dei crediti fiscali, lo ha fatto espressamente, come, appunto, nel caso della L. n. 3/2012.

Sul tema, si è espressa la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare se gli artt. 160 e 182-ter l. fall. siano in contrato con gli artt. 3 e 97, Cost.: l'impossibilità di falcidiare il credito IVA in sede di proposta con transazione fiscale comprometterebbe il buon esito della soluzione concordataria, nuocendo così all'Erario, stante l'arretrato grado di privilegio che assiste il credito IVA, in sede di successivo fallimento (Trib. Verona, 10 aprile 2013).

La Consulta ha ritenuto infondata la questione di illegittimità costituzionale, sul presupposto che l'infalcidiabilità IVA ex art. 182-ter, l. fall. discende direttamente dal divieto per gli Stati membri, sancito in ambito comunitario, di rinunziare in modo generale ed indiscriminato all'esazione del tributo.

Non v'è dunque, secondo la Corte, alcun profilo di “intrinseca irragionevolezza nella disciplina dettata dal disposto degli artt. 160 e 182-ter, l. fall., la quale, ai fini dell'ammissibilità del piano di concordato contenente una proposta di transazione fiscale, regolamenta diversamente il credito erariale IVA, riservando ad esso un trattamento necessariamente differenziato” (C. Cost., 25 luglio 2014, n. 225).

Il Tribunale di Udine, con ordinanza del 30 ottobre 2014, resa nella fase della valutazione dei presupposti d'ammissibilità di una proposta concordataria senza transazione fiscale, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell'UE la questione della compatibilità con i dettami comunitari della falcidia IVA.

La Corte europea, con sentenza del 7 aprile 2016 (C-546/14), nel confermare che l'art. 4, par. 3, Trattato, nonché gli artt. 2, 250, par. 1, e 273, direttiva 2006/112/CEE impongano agli Stati membri di adottare misure idonee a garantire l'integrale prelievo IVA, ha riconosciuto la legittimità di norme interne che consentano all'imprenditore insolvente di soddisfare non integralmente il credito IVA nell'ambito di una procedura di concordato preventivo – ciò non determinando, a priori, una rinunzia generale ed indiscriminata alla riscossione dell'imposta.

Quanto sopra, a condizione che nell'ambito della procedura, qualora il patrimonio devolvibile ai creditori non sia sufficiente ad assicurare il soddisfacimento integrale del credito IVA, un esperto indipendente attesti che il credito non riceverebbe un trattamento migliore nell'alternativo fallimento; e sempreché il procedimento assicuri all'Erario l'esercizio del diritto di voto ai fini dell'approvazione della proposta e, agli esiti, ogni azione di rimedio in termini d'opposizione all'eventuale opposizione.

La L. n. 232/2016, ha sostanzialmente recepito i principi della giurisprudenza europea, andando a modificare l'art. 182–ter l. fall., con decorrenza dal 1° gennaio 2017.

Per effetto di tale modifica è venuto meno il divieto di falcidia IVA (nonché delle risorse proprie UE e delle ritenute erariali): il pagamento parziale è ora ammesso qualora il piano presentato ex art. 182-ter preveda la soddisfazione del credito in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della sua collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato dei beni e/o diritti sui quali sussiste la prelazione, come attestato da un professionista indipendente.

Sulla base della nuova formulazione della norma, in assenza di una proposta concordataria contenente la transazione fiscale, i crediti tributari non possono pertanto più essere falcidiati.

Alla modifica dell'art. 182-ter non ha fatto seguito alcuna modifica dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012.

Tale norma, pertanto, continua a prevedere che in ambito di sovraindebitamento il credito IVA debba essere soddisfatto integralmente, salva la possibilità di pagamento dilazionato (v., da ultimo, Agenzia Entrate, circolare n. 16/E del 23 luglio 2018).

In giurisprudenza è stato ritenuto superabile il tenore letterale dell'art. 3, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012, in base alle norme e principi comunitari, come interpretatati dalla Corte di Giustizia europea con la citata sentenza C-546/14.

Così, il Tribunale di Pistoia, con decreto del 26 aprile 2017, ha ritenuto derogabile il precetto d'infalcidiabilità IVA nel sovraindebitamento, dichiarando ammissibile una proposta di accordo con previsione di falcidia IVA, nell'ambito di un piano che contemplava immissione di finanza esterna.

E lo ha fatto muovendo da una serie di rilevate “aporie” nel sistema: i) divergenza tra trattamento IVA ex art. 182–ter, nell'attuale formulazione, ed art. 7, comma 1, terzo periodo, vertendosi, in entrambi i casi, in ambito di procedimenti concorsuali; ii) incompatibilità dell'art. 182–ter con gli artt. 2, 250 e 273, direttiva 2006 (i quali, implicitamente, nell'interpretazione della Corte di Giustizia, imporrebbero ai Paesi membri di ottenere il miglior risultato possibile ai fini dell'esazione IVA), laddove si limiti la possibilità di falcidia al solo ambito del concordato con transazione fiscale; iii) incompatibilità dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, con le norme e princìpi comunitari, la cui applicazione dovrebbe essere estesa a qualsiasi procedimento concorsuale.

Il Tribunale di Pistoia – rilevato che il precetto ex art. 7, comma 1, terzo periodo, si limita a replicare, in modo neutrale, la regola comunitaria (espressa) secondo cui gli Stati membri devono garantire il prelievo integrale IVA – ha statuito che a tale regola debba accostarsi quella (implicita) della massimizzazione delle risorse, da accertarsi nell'ambito di un procedimento concorsuale che assicuri all'Erario ogni più amplia e compiuta tutela.

Il foro pistoiese è così giunto a “relativizzare” l'art. 7, comma 1, terzo periodo, riconoscendo la possibilità di derogare il precetto d'infalcidiabilità IVA, in conformità alla ricordata regola (implicita) della massimizzazione delle risorse, laddove il procedimento di composizione assicuri, anche attraverso la previsione di apporto di finanza interna, risultati prevedibilmente migliori rispetto ai diversi esiti liquidatori ex art. 14-ter, L. n. 3/2012 (in senso analogo, v. Trib. Torino, 7 agosto 2017, il quale opta, peraltro, per la disapplicazione tour court della norma).

La soluzione sopra prospettata presenta, fra l'alto, il vantaggio di consentire, sotto il profilo operativo, attraverso l'interpretazione conforme, l'immediata apertura del procedimento ex art. 10, comma 2, L. n. 3/2012 e, dunque, l'automatica sospensione delle azioni pregiudizievoli ai fini della conservazione del patrimonio del sovraindebitato.

Sotto altro profilo, qualora le norme ed i princìpi comunitari, come interpretati dalla Corte di Giustizia, in ambito di concordato preventivo – e dunque attesa l'autonomia delle due normative –, fossero ritenuti non sufficientemente dettagliati né precisi (d'altra parte, si parla di regole “implicite”), si tratterebbe di sollevare la questione di legittimità costituzionale ex artt. 10, 11 e 117 Cost., con necessità di sospendere il procedimento.

Questa è stata la via seguita dal Tribunale di Udine, il quale, con ordinanza del 14 maggio 2018, ha sottoposto all'attenzione della Corte Costituzionale la questione della falcidiabilità IVA in ambito di sovraindebitamento

Secondo il foro friulano manca, in sede comunitaria, un precetto espresso che obblighi gli Stati membri a consentire ad un debitore insolvente di pagare in misura non integrale il tributo IVA, sia pure in sede di garantita procedura concorsuale.

D'altra parte, la locuzione “in ogni caso” ex art. 7, comma 1, terzo periodo, fa sì che il precetto di infalcidiabilità dei crediti fiscali rappresenti non già una regola generale che possa ammettere deroghe implicite, bensì norma di carattere eccezionale, rispetto alla regola generale di falcidiabilità dei crediti privilegiati ove non coperti da capienza patrimoniale.

Valutato, dunque, che la vicenda debba essere risolta alla luce del quadro interno, il Tribunale di Udine ha ritenuto che il divieto di falcidiabilità IVA ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012 sia idoneo a determinare un contrasto con gli artt. 3 e 97, Cost.

Violerebbe il principio d'uguaglianza, il diverso trattamento fra la disciplina ex art. 182-ter e quella ex art. 7, comma 1, terzo periodo, ponendo l'imprenditore non fallibile in una situazione di ingiustificato svantaggio rispetto a quello fallibile, in relazione ad una identica fattispecie d'inadempimento.

Violerebbe il principio di buon andamento amministrativo, la circostanza che l'art. 7, comma 1, terzo periodo, impedisca all'Erario di agire secondo criteri di economicità e massimizzazione delle risorse, essendogli preclusa ogni possibilità di valutare i diversi esiti alternativi ai fini della migliore esazione del tributo.

Da ultimo, le considerazioni addotte dal Tribunale di Udine possono essere integralmente richiamate con riferimento alle “ritenute operate e non versate” ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012.

E ciò ove anche si consideri che le ritenute erariali – a differenza del credito IVA, sottoposto, come visto, a vincoli comunitari – rappresentano un credito fiscale di esclusiva titolarità dell'Amministrazione finanziaria.

Quanto sopra come già rilevato, in sede concordataria, dal Tribunale di Livorno, in relazione alla citata giurisprudenza comunitaria: “a maggior ragione, lo stesso ragionamento deve valere per le ritenute citate nell'art. 182-ter, non avendo esse neppure quel rilievo europeo che aveva portato la Cassazione a escludere la falcidiabilità concordataria dell'IVA” (così, Trib. Livorno, 13 aprile 2016).

Anche dunque per le ritenute operate e non versate appare ingiustificato il diverso trattamento fra la disciplina ex art. 182-ter l. fall., che consente il pagamento del debito tributario in misura non integrale, nel rispetto dei limiti di capienza patrimoniale, e quella ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012, che impone invece, “in ogni caso”, il pagamento integrale delle ritenute erariali.

Il trattamento dei crediti previdenziali

I contributi hanno la funzione di fornire agli enti erogatori delle prestazioni previdenziali i mezzi necessari per la realizzazione dei compiti loro affidati dalla legge, nell'interesse pubblico.

Sotto questo profilo, i crediti contributivi hanno natura pubblicistica; e sono così assistiti dal privilegio mobiliare ex artt. 2753 e 2754 c.c.

In ragione della funzione pubblicistica dei contributi, il relativo privilegio non si estende al campo delle assicurazioni di diritto privato, ove anche stipulate in forza di contratto collettivo (Cass., sez. civ. I, 23 dicembre 1998, n. 12821).

Il privilegio ex art. 2753 c.c., di grado primo, assiste i crediti per mancato versamento dei contributi dovuti ad istituti, enti, fondi speciali, compresi quelli sostitutivi e/o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti.

Fra tali crediti rientrano i contributi previdenziali gestiti dall'INPS, nonché i contributivi relativi all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, gestiti dall'INAIL.

I crediti contributivi INPS – ma non quelli INAIL – godono del privilegio sussidiario sugli immobili (art. 2776, comma 2, c.c.).

Il privilegio ex art. 2754 c.c. assiste i crediti relativi a contributi dovuti ad istituti ed enti per forme di tutela previdenziale/assistenziale diverse sia dall'assicurazione contro l'invalidità, la vecchiaia, i superstiti, sia dall'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Trattasi di una norma residuale, rientrandovi ogni altro credito previdenziale ed assistenziale obbligatorio diverso dai contributi ex art. 2753 c.c. (es., malattie, maternità, ecc.).

Vi rientrano anche i crediti per accessori (sanzione civile ed interessi) – limitatamente al 50% del loro ammontare – relativi ai contributi ex artt. 2753 e 2754 c.c.

Quanto premesso, per i crediti contributivi non opera, all'interno della L. 27 gennaio 2012, n. 3, alcuna specifica disciplina in ordine al relativo trattamento: si rende dunque applicabile, per tali crediti privilegiati, la disposizione generale di cui all'art. 3, comma 1, secondo periodo, L. n. 3/2012.

Tale norma – come visto – dispone che i titolari di crediti muniti di prelazione (con esclusione dei crediti impignorabili e di quelli costituenti risorse proprie UE, dell'IVA e delle ritenute) possono essere soddisfatti in misura non integrale, sempreché sia loro assicurato un pagamento non inferiore rispetto a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, in caso di liquidazione, tenuto conto del valore di mercato degli assets su cui insiste la prelazione, così come attestato dall'OCC.

Pertanto, i crediti contributivi, al pari di ogni altro credito privilegiato diverso da quelli ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012, sono “falcidiabili” alle condizioni e nei limiti sopra indicati.

Da ultimo, l'art. 11, comma 5, L. n. 3/2012 dispone che l'accordo di composizione cessa, di diritto, di produrre effetti qualora il debitore non esegua integralmente i pagamenti previsti nella proposta omologata a favore degli enti previdenziali ed assistenziali (oltreché delle amministrazioni pubbliche – ciò che vale per i crediti tributari falcidiabili), entro novanta giorni dalle scadenze indicate in proposta.

Tale previsione, in termini di cessazione ipso iure degli effetti, è applicabile anche al piano del consumatore, come omologato ex art. 12-bis, L. n. 3/2012 – e ciò per effetto del richiamo espresso all'art. 11, comma 5, ad opera dell'art. 14-bis, comma 1.

Conclusioni

Concludendo, possiamo assumere, quali punti fermi:

i) la possibilità di ricomprendere fra le obbligazioni “sanabili”, ovvero fra i debiti rientranti nel perimetro di applicazione della L. 27 gennaio 2012, n. 3, ogni credito fiscale, ove anche di titolarità degli enti pubblici;

ii) la possibilità da parte del sovraindebitato di proporre la falcidia dei crediti tributari diversi da quelli ex art. 7, comma 1, terzo periodo, sempreché sia loro assicurato un pagamento non inferiore rispetto a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale del credito, in caso di alternativa liquidazione;

iii) la possibilità da parte del sovraindebitato, al pari, di proporre la falcidia dei crediti contributivi, sempre a condizione che sia loro assicurato un pagamento non inferiore rispetto a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale del credito, in caso di alternativa liquidazione.

Resta da definire la questione della falcidiabilità del tributo IVA e delle ritenute erariali (qua assumendo l'intangibilità delle risorse proprie UE diverse dall'imposta sul valore aggiunto): una tappa fondamentale sarà la prossima decisione della Corte Costituzionale in relazione alle questioni sopra rilevate.

In questo quadro, appare in ogni caso opportuno un intervento legislativo che armonizzi l'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012 con l'art. 182-ter l. fall., così eliminando, con auspicata parità di trattamento, il divieto assoluto di falcidiabilità del credito IVA e delle ritenute erariali – parità di trattamento, invero, già “ideata” nell'ambito della L. n. 155/2017, come recepita, stando alle bozze consultabili online, all'interno del codice della crisi e dell'insolvenza.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario