Legittimazione e regime delle spese nella nomina giudiziale dell'amministratore
05 Ottobre 2018
Il quadro normativo
Il novellato comma 1 dell'art. 1129 c.c. prevede l'obbligatorietà della nomina dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria quando il numero dei condomini sia superiore a otto. L'inderogabilità della disposizione si evince dall'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. con la conseguenza che neppure un regolamento di condominio, avente natura contrattuale, o una convenzione stipulata da tutti i partecipanti al condominio potrebbe derogarvi. L'obbligo di procedere alla nomina dell'amministratore sorge nel momento in cui il numero dei condomini diviene superiore a otto, a seguito di acquisti per atti tra vivi o di divisione, o anche di successione mortis causa e ciò può verificarsi fin dall'inizio o in un momento successivo. La richiesta di nomina giudiziale può avvenire su iniziativa, non solo, di uno o più condomini ma, anche, dell'amministratore dimissionario. La nomina dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria sarà possibile, non soltanto, in ipotesi di inerzia da parte dell'assemblea e, quindi, di mancata adozione della delibera di nomina in sede assembleare, ma, anche, nel caso di impossibilità a formare una maggioranza. Una volta nominato, l'amministratore giudiziario ha gli stessi poteri-doveri di quello nominato in sede assembleare e si applicheranno, quindi, tutte le norme relative all'amministratore di condominio. I presupposti
Presupposti necessari per procedere ex art. 1129, comma 1, c.c. alla nomina, da parte dell'autorità giudiziaria, dell'amministratore di condominio sono: a) numero dei condomini superiore ad otto; b) inerzia dell'assemblea condominiale a provvedervi o impossibilità di addivenire alla nomina per difetto del necessario quorum deliberativo previsto dalla legge. Il presupposto relativo all'impossibilità a formare una maggioranza si desume indirettamente dall'art. 1105 c.c., il quale espressamente prevede, in tema di comunione, la nomina dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria anche quando “non si forma la maggioranza”. Il ricorso al giudice per la nomina dell'amministratore è da ritenersi improcedibile, non solo in caso di mancata convocazione assembleare, ma anche, nel caso di adozione, da parte del condominio, di una delibera di nomina o conferma dell'amministratore che sia stata successivamente impugnata da un condomino per l'asserita presenza di un vizio di invalidità: sino alla sua caducazione la delibera che ha nominato l'amministratore della cui invalidità si discute è pienamente efficace, con la conseguenza che il giudice eventualmente adito non potrà provvedere, previa cognizione incidentale della delibera assembleare, alla nomina di un nuovo amministratore in luogo del soggetto già nominato dall'assemblea e dovrà rigettare il ricorso (Trib. Modena 16 febbraio 2011; App. Trieste 28 marzo 1960, in un caso in cui i condomini, riuniti in assemblea per procedere alla nomina dell'amministratore, si siano trovati in grave contrasto sugli effetti della votazione, e quindi sulla validità della deliberazione). L'intervento dell'autorità giudiziaria ha carattere sussidiario e residuale (“se l'assemblea non provvede...”) rispetto alla nomina da parte dell'assemblea, non potendo il giudice espropriare in radice la competenza dell'assemblea, ma soltanto supplirne l'inerzia; pertanto, il sindacato del tribunale nel procedimento di nomina dell'amministratore giudiziario ex art. 1129 c.c. rimane limitato alla verifica della mancata adozione del provvedimento di nomina dell'amministratore in sede assembleare e dell'impossibilità o dell'indisponibilità, da parte degli altri condomini, di nominare un amministratore (App. Torino 22 marzo 1993; Trib. Udine 25 ottobre 1995; Trib. Napoli 18 novembre 1994). La disposizione di cui all'art. 1129, comma 1, c.c. pone una prima questione in ordine alla possibilità di richiedere la nomina dell'amministratore di condominio quando il numero dei condomini sia pari a otto o inferiore o nel caso nel c.d. condominio minimo, composto da due soli partecipanti; prima della Riforma era stata accolta la soluzione positiva ritenendo che in questa ipotesi, ove non provveda l'assemblea, l'amministratore potrà essere nominato dall'autorità giudiziaria, su istanza di un condomino, ma solo nei casi previsti dall'art. 1105, comma 4, c.c. (Trib. Ariano Irpino 14 ottobre 1997), con conseguente apprezzamento discrezionale del giudice sull'opportunità di provvedere o meno alla nomina, non essendo, in tale ipotesi, prevista l'obbligatorietà della nomina. Non è specificato nell'art. 1129, comma 1, c.c. se l'autorità giudiziaria, al pari dell'assemblea, sia vincolata a scegliere l'amministratore, previo riscontro dei requisitirichiesti dal nuovo art. 71-bis disp. att. c.c. Deve ritenersi che l'autorità giudiziaria potrà procedere alla nomina dell'amministratore laddove il soggetto scelto abbia tutti i requisiti previsti dalla disposizione sopra richiamata: ne consegue che coloro i quali non offrono i requisiti di onorabilità e professionalità ivi elencati, non possono svolgere l'incarico di amministratore, tanto è vero che, anche, la perdita di alcuni di essi, in corso di rapporto, comporta la cessazione automatica dello stesso. Il decreto emesso ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c. ha ad oggetto esclusivamente la nomina dell'amministratore da parte del tribunale, in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, senza che muti la posizione dell'amministratore stesso, il quale, benché designato dal tribunale, instaura il proprio rapporto di incarico con i condomini e non riveste la qualifica di ausiliario del giudice (Cass. civ., sez. II, 22 luglio 2014, n. 16698). La richiesta del compenso e del rimborso delle spese dell'amministratore di nomina giudiziale non può, quindi, essere avanzata se non nei confronti dell'assemblea dei condomini e, in caso di contrasto, ogni questione deve essere definita in sede contenziosa (Trib. Napoli 19 giugno 2015, ove si è precisato che il compenso dell'amministratore di nomina giudiziaria è rimesso direttamente al condominio interessato). Una volta nominato, l'amministratore giudiziario ha gli stessi poteri-doveri di quello nominato in sede assembleare e si applicheranno, quindi, tutte le disposizioni che concernono l'amministratore di condominio; così anche l'amministratore giudiziario soggiace all'obbligo di specificare analiticamente all'assemblea, a pena di nullità, l'importo dovuto a titolo di compenso. Nel registro di nomina e revoca dell'amministratore saranno, poi, annotati gli estremi del decreto di nomina giudiziale secondo quanto dispone il novellato art. 1130, n. 7), c.c.
La legittimazione
Legittimati a richiedere la nomina dell'amministratore, da parte dell'autorità giudiziaria, sono, non solo, uno o più condomini, ma, anche l'amministratore dimissionario. Prima della Riforma, nel silenzio della norma, si era ammessa la legittimazione dell'amministratore uscente che rivesta la qualità di condomino, nell'ipotesi in cui l'assemblea non lo avesse confermato, lo stesso avesse dato le dimissioni e il condominio non avesse provveduto alla sua sostituzione, nonostante l'assemblea fosse stata sollecitata in tal senso, sul presupposto che l'amministratore, quale mandatario, deve procedere a tutte le iniziative, anche giudiziali, atte a tutelare l'interesse comune dei condomini, sia perché esso, anche se dimissionario, conserva i poteri conferitigli dalla legge fino a quando non sia sostituito dal giudice o da deliberazione assembleare (Trib. Roma 7 luglio 1990), mentre si è escluso che tale legittimazione potesse essere riferita al conduttore di un'unità immobiliare di un edificio in condominio, ancorché avente diritto, a norma dell'art. 10 della l. 27 luglio 1978, n. 392, a partecipare all'assemblea dei condomini configurandosi, in tale ipotesi, una negotiorum gestio di carattere processuale non consentita dall'ordinamento, con conseguente inesistenza di un suo diritto al rimborso delle spese sostenute (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 1991, n. 6843). Recependo l'orientamento giurisprudenziale sopra riportato si è ampliato il novero dei soggetti legittimati, includendovi, oltre ai condomini, l'amministratore dimissionario; la ratio della nuova disposizione deve essere individuata nella necessità di non lasciare per lungo tempo un condominio senza amministratore al dichiarato fine di ovviare a vuoti di gestione e a situazioni di incertezza che si possono verificare nella vita condominiale e va letta con la previsione contenuta nel comma 8° del novellato art. 1129 c.c. secondo cui, alla cessazione dell'incarico, l'amministratore è tenuto ad eseguire le sole attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi. Tuttavia, un primo interrogativo che la novellata disposizione pone è se possa essere chiesta la nomina giudiziale, anche da parte dell'amministratore non confermato, revocato nell'incarico o nominato, in assenza del quorum costitutivo di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., dato il silenzio della legge. C'è chi propende per la soluzione negativa considerato che tra i poteri ordinariamente attribuiti all'amministratore, in regime di prorogatio, previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. non rientra quello di stimolare la nomina giudiziale del nuovo amministratore, in caso di vacanza dell'organo gestorio. Deve, invece, ritenersi che, anche, l'amministratore non confermato o revocato possa rivolgersi all'autorità giudiziaria per la nomina del suo successore dal momento che l'amministratore uscente, dimissionario o non confermato, è obbligato, in attesa della nomina del nuovo amministratore, ad eseguire, senza ritardo, quelle sole attività che rivestano il carattere di urgenza ed indifferibilità ai fini della conservazione dei beni comuni, senza poter vantare nemmeno diritto ad ulteriori compensi.
Il procedimento
La nomina, su ricorso dei soggetti legittimati, viene effettuata dal Tribunale del luogo dove è ubicato il condominio, con decreto, secondo il rito dei procedimenti di volontaria giurisdizione. Si discute se il ricorso introduttivo debba essere notificato a tutti i condomini; la tesi negativa muove dalla considerazione che la nomina dell'amministratore, in caso di sua mancanza, è, per il condominio, atto dovuto, per cui tale ricorso, ove proposto anche da un solo condomino, si configura come atto compiuto nell'interesse della collettività, traducendosi, pertanto, nella richiesta di un provvedimento dal quale possono trarre beneficio tutti i condomini in pari misura (compresi, quindi, anche i non ricorrenti), senza che si possano delineare posizioni conflittuali nel corso del procedimento (Trib. Napoli 19 giugno 2015); la tesi positiva, vertendosi in un'ipotesi di litisconsorzio necessario, consegue dalla diretta incidenza della determinazione giudiziale sull'amministrazione delle cose comuni, attraverso la designazione esterna del soggetto chiamato ad esercitare le attribuzioni ex art. 1130 c.c. (Trib. Torino 3 maggio 2000). La disposizione ex art. 1129, comma 1, c.c. nulla dice in ordine alla possibilità di proporre reclamo presso la Corte d'Appello avverso il provvedimento di nomina, diversamente da quanto previsto in tema di revoca giudiziale dove esplicitamente l'art. 64 disp. att. c.c. contempla tale possibilità. Tale possibilità è stata esclusa, facendo leva su un'interpretazione a contrario dell'art. 1129, comma 1, c.c. rispetto all'espressa previsione contenuta nell'art. 64 disp. att. c.c., in quanto il provvedimento di nomina adottato dal presidente del Tribunale, nell'àmbito di un procedimento di volontaria giurisdizione, costituisce attività di carattere non giurisdizionale ma amministrativo, non essendo diretta a risolvere un conflitto di interessi ma, solo, ad assicurare al condominio l'esistenza dell'organo necessario per l'espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge, non ha carattere contenzioso ma natura amministrativa e con assenza di contenuto decisorio del relativo provvedimento (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 1996, n. 9942). Parimenti, si ritiene inammissibile il ricorso per cassazione, sia ordinario che straordinario ex art. 111 Cost., contro il provvedimento con il quale la Corte d'Appello ha dichiarato inammissibile il reclamo contro il decreto di nomina, essendo il ricorso in questione ammesso contro le sentenze e contro i provvedimenti giurisdizionali, comunque denominati, che abbiano il valore e l'efficacia della sentenza e che, quindi, risolvano con l'efficacia del giudicato conflitti di posizioni giuridiche soggettive e non avverso provvedimenti di natura amministrativa, come quelli di volontaria giurisdizione non suscettibili di passare in cosa giudicata, potendo gli interessati nuovamente ricorrere al giudice per chiedere un nuovo provvedimento in senso difforme da quello precedente (Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957 in tema di revoca giudiziale ma applicabile anche nel caso di nomina giudiziale, attesa la stessa natura del ricorso). Solo in caso di condanna alle spese giudiziali è consentito sia il reclamo dal momento che la statuizione sulle spese ha carattere decisorio (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2002, n. 5194) che il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2001, n. 2517), sempre che il provvedimento non sia più impugnabile atteso che il ricorso ex art. 111 Cost. è ammesso solo nei confronti di provvedimenti che, oltre ad avere carattere decisorio, siano anche definitivi, ossia non altrimenti impugnabili. Le spese giudiziali
Si discute se al procedimento di nomina dell'amministratore di condominio si applichi il principio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., in base al quale il giudice con la sentenza che chiude il processo dispone la condanna alle spese giudiziali. Al riguardo, si registrano in giurisprudenza contrapposti indirizzi. Da un lato, vi è un orientamento contrario all'applicazione del principio di soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c.: si osserva, infatti, che il provvedimento camerale relativo alla istanza di nomina dell'amministratore di condominio, anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini, si risolve in un intervento del giudice di tipo sostanzialmente amministrativo privo della attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato soltanto alla tutela dell'interesse generale e collettivo del condominio ad una sua corretta amministrazione, con la conseguenza che le spese del procedimento devono rimanere a carico del soggetto che le abbia anticipate proponendo il ricorso o resistendo a tale iniziativa giudiziaria (fra le tante, Cass. civ., sez. II, 26 settembre 2005, n. 18730). Dall'altro, sussiste un orientamento favorevole all'applicazione del principio di soccombenza: si afferma, in proposito, che l'art. 91 c.p.c. intende riferirsi a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; pertanto, la norma trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2006, n. 14472; Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2015, n. 2719). Non manca, però, un orientamento intermedio, secondo il quale le disposizioni degli artt. 91 ss. c.p.c. trovano applicazione nei procedimenti camerali c.d. contenziosi, ove il provvedimento che li definisce non si esaurisce in un intervento del giudice di tipo sostanzialmente amministrativo, ma statuisca su posizioni soggettive in contrasto e, quindi, sussista, in concreto, una contrapposizione di interessi tra le parti (App. Milano 15 dicembre 2004). Occorre, comunque, rilevare che, in tutti i casi in cui la Corte di Cassazione ha affermato l'applicabilità dell'art. 91 c.p.c., enunciando il principio di diritto sopra riportato, erano relativi a fattispecie in cui, in concreto, era esistente un contrasto di posizioni tra le parti tale da giustificare la condanna alle spese. In conclusione
Resta ferma la natura residuale della nomina da parte dell'autorità giudiziaria: invero, l'intervento dell'autorità giudiziaria nella nomina dell'amministratore di condominio, ai sensi del comma 1 dell'art. 1129 c.c., ha carattere sussidiario e residuale rispetto al potere-dovere dell'assemblea dei condomini, e non può essere richiesto se non dopo la convocazione dell'assemblea e la constatazione dell'impossibile o comunque mancata deliberazione della stessa al riguardo (Trib. Udine 25 ottobre 1995). Quanto alla natura del procedimento, va ribadito che il provvedimento camerale relativo all'istanza di nomina o di revoca dell'amministratore di condominio, anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini, si risolve in un intervento del giudice di tipo sostanzialmente amministrativo, privo dell'attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato soltanto alla tutela dell'interesse generale e collettivo del condominio ad una sua corretta amministrazione (Cass. civ., sez. II, 26 settembre 2005, n. 18730). Sembra, oramai, ius receptum che il provvedimento di nomina dell'amministratore adottato dal presidente del Tribunale, a norma dell'art. 1129, comma 1, c.c. sul presupposto che il condominio ne sia sprovvisto, non è soggetto a reclamo innanzi alla Corte d'Appello, mancando una previsione normativa in tal senso - a differenza del provvedimento di revoca dell'amministratore adottato ai sensi del comma 3 del citato art. 1129 nonchè dell'ultimo comma dell'art. 1131, per il quale il reclamo è previsto dall'art. 64 disp. att. c.c. - con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento della Corte d'Appello che abbia dichiarato inammissibile il reclamo contro lo stesso proposto (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 1996, n. 9942).
Cirla, Condominio: l'amministratore dimissionario può chiedere al giudice la nomina di un sostituto,in Quotidiano giuridico, 22 luglio 2016; Rota, Il nuovo amministratore di condominio, in Immob. & proprietà, 2014, 687; Cirla, L'amministratore: un mandatario che deve gestire il condominio nel rispetto della legge, in Immob. & proprietà, 2013, 3; Petrelli, L'amministratore del nuovo condominio: competenze e responsabilità, Napoli, 2013, 82; Triola, Il condominio, Milano, 1997, 583. |