Violazione degli obblighi di informativa e buona fede della PA: condannata al risarcimento l’Agenzia delle Entrate

Redazione Scientifica
05 Ottobre 2018

L'attività della PA deve essere caratterizzata dall'osservanza degli obblighi di correttezza e collaborazione secondo un canone comportamentale di buona fede.

IL CASO Un uomo cita in giudizio l'Agenzia delle Entrate per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalla violazione degli obblighi di informativa ex art. 6 Statuto Contribuenti, per aver disatteso il legittimo affidamento inducendolo in errore sul regime di tassazione a lui applicabile. Il Tribunale di Oristano rigetta la richiesta, ma la Corte d'Appello condanna l'Agenzia delle Entrate al risarcimento in favore del contribuente. L'Agenzia delle Entrate ricorre dunque in Cassazione.

DIRITTO ALLA TASSAZIONE AGEVOLATA Nella fattispecie concreta, all'uomo, che doveva registrare una scrittura privata, documentando la propria posizione di coltivatore diretto, era stato chiesto dal direttore dell'INPS solo di apporre sulla scrittura privata da autenticare una dichiarazione contenente l'indicazione del valore della vendita. Dopo due mesi, però, l'uomo aveva ricevuto avviso di liquidazione della maggior tassazione applicata sulla base del valore dichiarato in calce all'atto; non era stata ritenuta applicabile l'imposta ridotta a tassa fissa, e proprio di tale condotta omissiva dell'INPS aveva chiesto il risarcimento.

OBBLIGHI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE La Suprema Corte rileva che l'Agenzia delle Entrate non aveva rispettato l'obbligo di informativa su di essa gravante e finalizzato a consentire al contribuente di avere una conoscenza agevole in materia tributaria, al fine di renderlo edotto su ogni elemento tale da pregiudicare il proprio riconoscimento di credito. Ritiene infatti che l'Agenzia abbia violato «gli obblighi di correttezza e collaborazione secondo un canone comportamentale di buona fede, che deve caratterizzare l'attività della PA».

DIRITTO AD OTTENERE UN'INFORMAZIONE COMPLETA Sebbene i motivi di ricorso siano incentrati sull'insussistenza dei presupposti per godere del beneficio di regime fiscale agevolato, e nonostante il diritto del contribuente all'agevolazione non fosse sussistente per insufficiente motivazione, la Corte rileva che oggetto della controversia è invece il diritto ad ottenere un'informazione completa dall'Amministrazione finanziaria.

OMISSIONE DELLA PA L'INPS avrebbe dovuto informare il contribuente della necessità di implementare la documentazione per accedere al regime agevolato, evitandogli così le sanzioni per l'omesso versamento della dovuta imposta ordinaria. Facendo invece richiesta di informazioni irrilevanti, e tassandolo in misura agevolata pur essendo privo dei requisiti di legge, l'INPS aveva posto in essere una condotta caratterizzata da una totale omissione del dovere di informativa. Aveva infatti ingenerato nel contribuente il legittimo affidamento che non fossero necessari altri adempimenti per ottenere il regime di tassazione agevolato a lui spettante, essendo coltivatore diretto da oltre quarant'anni.

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e, pur sussistendone i requisiti, in virtù della natura pubblica di parte convenuta non viene disposto il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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