Con il decreto sicurezza sparisce il compenso dell'avvocato se l'impugnazione è inammissibile

Redazione scientifica
05 Ottobre 2018

Il d.l. n. 113/2018, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018. Tra le disposizioni introdotte, si nasconde anche una modifica del T.U. spese di giustizia.

Il c.d. decreto sicurezza, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 24 settembre, è stato pubblicato sulla G.U. n. 231 del 4 ottobre 2018.

Disposizioni in materia di giustizia. Tra le diverse disposizioni introdotte, l'art. 15 del decreto legge inserisce l'art. 130-bis nel testo unico spese di giustizia (d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115). La norma dispone che «Nel processo civile, quando l'impugnazione, anche incidentale, è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso. Non possono essere altresì liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova».

Immigrazione.Il d.l. introduce poi norme volte a individuare i casi in cui sono rilasciati speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario. In materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell'accertamento della commissione di gravi reati, sono state introdotte norme idonee a scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale, a razionalizzare il ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, nonché disposizioni intese ad assicurare l'adeguato svolgimento dei procedimenti di concessione e riconoscimento della cittadinanza. La durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio viene fissata in 180 giorni. Viene inoltre previsto che «il richiedente può essere altresì trattenuto, per il tempo strettamente necessario, e comunque non superiore a trenta giorni, in appositi locali presso le strutture di cui all'art. 10-ter, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per la determinazione o la verifica dell'identità o della cittadinanza».

*Tratto da: dirittoegiustizia.it

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