Vizi della cosa venduta: a chi l'onere della prova?
08 Ottobre 2018
Il caso. Un società proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace di Firenze per il pagamento di una somma di denaro, quale corrispettivo per la fornitura di merce effettuata da altra società. A sostegno deduceva che i beni presentavano vizi e difetti, tempestivamente denunciati con una pluralità di fax, tali da renderli inidonei all'uso a cui erano destinati. Chiedeva, pertanto, la risoluzione del contratto. Il giudice di pace rigettava l'opposizione. Nel farlo, richiamava il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13533/2001, ma aggiungeva che la sua applicazione non dispensava il compratore dall'onere di provare l'esistenza del titolo, mentre, nella specie, ciò non era avvenuto, non essendo «sufficientemente idonea la prova della denuncia dei vizi e difetti mossa da parte opponente ai fini della invocata azione redibitoria». L'appello proposto dall'opponente contro la sentenza veniva dichiarato inammissibile. Il tribunale, dopo avere precisato che in tema di compravendita, l'onere di provare l'esistenza dei vizi incombe al compratore, rilevava che l'appellante si era limitata a contestare infondatamente tale posizione di principio, senza contestare la valutazione giudiziale sulla mancata prova degli stessi vizi da parte del compratore.
Vizi della cosa venduta. La società soccombente ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, censurando la sentenza nella parte in cui il giudice di pace ha ritenuto che il compratore non avesse dato prova sufficiente dell'esistenza dei vizi.
Soluzioni contrastanti sulla ripartizione dell'onere della prova. Il Collegio osserva che, in ordine alla ripartizione dell'onere della prova, la giurisprudenza di legittimità ha dato recentemente soluzioni contrastanti. La soluzione fatta propria dalla sentenza impugnata, secondo cui tale onere è a carico del compratore, è stata fino al 2013 unanime. In base a tale orientamento, l'acquirente che esercita l'azione di garanzia deve fornire la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto oggetto della domanda, con particolare riguardo alla sussistenza del vizio ed alla sua preesistenza alla conclusione del contratto, «non essendo onere del venditore - di fronte ad una tempestiva denuncia - provare l'insorgenza del vizio dopo la conclusione del contratto stesso». Secondo Cass. n. 20110/2013 il vizio della cosa deve essere considerato alla stregua di un adempimento inesatto, cui applicare i principi stabiliti in via generale storica sentenza a Sezioni Unite del 2001, n. 13533. A partire dal 2013, però, alcune decisioni si sono discostate da tale orientamento, ritenendolo incompatibile con il principio giurisprudenziale affermato dalle Sezioni Unite del 2001 in tema di riparto dell'onere della prova in caso di inadempimento di un'obbligazione.
Le Sezioni Unite del 2001 pongono l'accento sul principio di presunzione e persistenza del diritto desumibile dall'art. 2697 c.c.: sul debitore grava la prova dell'avvenuto adempimento e deve ritenersi operante anche se l'azione proposta dal creditore è di risoluzione ovvero di risarcimento del danno. In caso di garanzia per vizi, però, l'inadempimento (che è presupposto comune delle azioni di cui all'art. 1453 c.c.) del venditore trova origine in un fatto anteriore alla stipulazione del contratto, e non sembrerebbe essere d'aiuto nemmeno l'estensione dei principi del 2001 all'inesatto adempimento e ciò con particolare riferimento all'azione redibitoria. Le Sezioni Unite non hanno affrontato e risolto la questione inerente l'onere della prova nelle azioni di garanzia previste dalla disciplina del contratto di compravendita.
La rimessione al primo Presidente. Pertanto, la fattispecie in esame coinvolge questioni rispetto alle quali la giurisprudenza ha offerto di recente soluzioni contrastanti e, nello stesso tempo, della massima importanza nell'applicazione della disciplina della vendita: e cioè se il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 13533/2001 sia applicabile in tema di garanzia per vizi della cosa venduta (in particolare all'azione redibitoria esperita nel caso di specie) o se la configurazione dei rimedi, quale emerge dall'esame della giurisprudenza, giustifichi una soluzione diversa.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. |