Codice Civile art. 2294 - Incapace.InquadramentoPer essere socio di una società di persone occorre avere la capacità di agire. La norma in commento deroga, tuttavia, a tale principio generale assoggettando il soggetto, socio di una s.n.c., che si trovi in stato di incapacità alla disciplina prevista per l'imprenditore individuale che si trovi nelle medesime condizioni e, dunque, circondandolo delle medesime tutele. Questa è, precisamente, la ratio della norma. Si è, poi, posto il problema della applicabilità della norma anche alle società in nome collettivo che non svolgono attività commerciale. Oggi la dottrina appare concorde nel rispondere affermativamente al quesito argomentandosi sia dal dato testuale dell'articolo applicabile ad ogni fattispecie («in ogni caso») di società in nome collettivo sia dalla finalità della norma di sottrarre l'incapace ai rischi della responsabilità illimitata cui è sottoposto il socio di una società collettiva. Il contratto di società concluso da un incapace senza le prescritte autorizzazione è annullabile secondo i principî generali. In dottrina, è stato osservato che, essendo inquadrabile il contratto di società nell'ambito dei contratti plurilaterali, l'annullamento del contratto inciderà limitatamente alla posizione del socio incapace, salvo che la partecipazione di questi debba ritenersi essenziale secondo le circostanze. Peraltro, il socio incapace, ove non abbia ottenuto le autorizzazioni necessarie, può essere escluso dalla società a norma dell'art. 2286 c.c. (Campobasso, 324; Ferri, 379). Il minore non emancipato non può mai partecipare alla costituzione di una società commerciale di persone, anche se di fatto (contra, App. Roma 22 ottobre 1982, in Soc. 1983, 1026), e può subentrare nella posizione di socio che altri gli trasferisca, solo ove sia stata dal tribunale concessa l'autorizzazione di cui all'art. 320 (Trib. Firenze 25 gennaio 1957, in Foro pad. 1958, I, 393). Sulla necessità dell'autorizzazione anche nel caso di minore subentrante con altri coeredi nella quota sociale del de cuius si veda Cass. I, 3758/1957. In tal caso condizione preliminare per il rilascio dell'autorizzazione è costituita dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario (Trib. Napoli 17 giugno 1992, in Soc. 1992, 1554). Per l'applicazione dell'imposta di registro ad un atto di regolarizzazione di una società di fatto (in una società di persone o di capitali), è necessario che questa sia stata validamente costituita, vuoi formalmente, attraverso un negozio giuridico espresso, vuoi per effetto di un comportamento concludente. In ambedue i casi, occorre che via sia una pluralità di soggetti capaci di agire e di porre in essere il negozio associativo, nonché una pluralità di centri di interessi [fattispecie relativa ad un'impresa individuale caduta in successione, in relazione alla quale la Corte di cassazione ha negato l'esistenza di una società di fatto per il difetto dei presupposti in quanto due dei tre eredi, i figli minorenni del defunto imprenditore, erano stati rappresentati dall'altro coerede (il coniuge superstite e genitore dei figli minori) nell'atto di regolarizzazione della pretesa società di fatto, posto in essere a seguito della successione, e ha affermato che dalla semplice intestazione dell'atto non si può desumere alcun elemento interpretativo decisivo per l'affermazione dell'esistenza di una tale società: Cass. V, n. 10447/2003]. Mancanza delle prescritte autorizzazioni per il minore non emancipatoQualora un incapace sia socio di una società in nome collettivo (o socio accomandatario di una società in accomandita) e non abbia ottenuto le autorizzazioni previste nel termine stabilito dalla legge (art. 208 disp. att.), egli può essere escluso a norma dell'art. 2286 c.c., ma da ciò non consegue affatto l'inesistenza della qualità di socio (Cass. I, n. 3220/1954). Tale giurisprudenza, con riferimento all'ipotesi della continuazione di una società di fatto tra il socio superstite e l'erede minorenne del socio defunto, rappresentato dalla madre, ha affermato che la mancanza delle prescritte autorizzazioni, per l'incapace, non conduce a disconoscere, senz'altro, il vincolo sociale, né, tanto meno, a dichiararlo, d'ufficio, inesistente. Eredi minorenniLa Cassazione (Cass. I, n. 505/1949), risolvendo una questione dibattuta sotto il regime dell'abrogato codice di commercio, ha stabilito il principio secondo il quale «in caso di morte dell'unico proprietario di un'azienda commerciale, gli eredi minorenni dello stesso proprietario, se non siano stati autorizzati dal tribunale all'esercizio del commercio, non diventano soci di fatto degli eredi maggiorenni che, sia pure nell'interesse di tutti gli eredi, gestiscano l'azienda comune ed indivisa in continuazione del commercio del defunto titolare della medesima». BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016. |