Codice Civile art. 2297 - Mancata registrazione. [2317]Mancata registrazione. [2317] [I]. Fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese [99-101 att.], i rapporti tra la società e i terzi, ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci [2291], sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice [2266-2290]. [II]. Tuttavia si presume che ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale, anche in giudizio. I patti che attribuiscono la rappresentanza ad alcuno soltanto dei soci o che limitano i poteri di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza. InquadramentoIn caso di società di persone che svolgono attività commerciale, all’iscrizione nel registro delle imprese conseguono, oltre agli effetti di cui all’art. 2193 (c.d. efficacia dichiarativa), effetti c.d. normativi relativi all’applicazione di un determinato regime giuridico (c.d. efficacia normativa). Proprio sulla base dell’efficacia normativa dell’iscrizione nel registro delle imprese dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato la nozione, non presente nel codice civile, di società irregolare, con la quale si intende lo status della società di persone in caso di mancato adempimento degli obblighi di pubblicità previsti dalla legge. Peraltro, come evidenziato in dottrina, occorre distinguere l’irregolarità iniziale, ovvero l’ipotesi in cui non si sia proceduto all’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto costitutivo, da quella sopravvenuta, che ricorre nel caso in cui una società, pur essendo stata cancellata dal registro delle imprese, continui a svolgere la propria attività. Di converso, si esclude che la distinzione fra società regolari e società irregolari possa riproporsi con riferimento ad una società regolarmente iscritta, ma relativamente alla quale non sia stata effettuata l’iscrizione di una modificazione dell’atto costitutivo. In tal caso, difatti, l’art. 2300, comma 3, prescrive quale sanzione esclusivamente l’inopponibilità della modifica ai terzi, a meno che non si dimostri che questi ultimi siano venuti ugualmente a conoscenza della modifica in questione (Appio, 2053). La fattispecie della società irregolare deve essere tenuta distinta dalla c.d. società di fatto, ovvero da quella società costituita in assenza di alcuna pattuizione scritta sulla base di soli comportamenti concludenti in quanto, sebbene entrambe le fattispecie rientrino nell’irregolarità, la società irregolare, a differenza di quella di fatto, può in ogni momento regolarizzarsi con il tardivo deposito dell’atto costitutivo. E ciò perché la società irregolare presuppone la stipula dell'accordo sociale in forma scritta, restando inosservato soltanto l'onere formale dell'iscrizione nel registro delle imprese. In sostanza tutte le società di fatto aventi oggetto commerciale sono società irregolari, mentre non può considerarsi vero il contrario. Sulla società di fatto cfr. sub. art. 2247 in questo codice. La regolarizzazione delle società irregolariLo status di società in nome collettivo irregolare non ha carattere definitivo in quanto la società può procedere all'iscrizione oltre il termine previsto dalla legge , con conseguente cessazione dell'irregolarità e cessazione dell'applicazione del disposto dell'art 2297 c.c.. Con la precisazione, tuttavia, che la regolarizzazione della società non ha efficacia ex tunc di modo che gli atti posti in essere prima dell'iscrizione restano sottoposti alle regole dettate per la società irregolare (Ferri, 402). Ai fini della regolarizzazione formale di una società in nome collettivo è sufficiente provvedere alla iscrizione della stessa nel registro delle imprese, attuata nei modi previsti dall'art. 2189 c.c., e non in sede contenziosa (Trib. Napoli 16 febbraio 1982). Ed è indubbio che una società in nome collettivo regolarmente costituita, la quale anteriormente alla registrazione abbia agito come società di fatto, è responsabile delle obbligazioni assunte in tale fase dai soci in quanto tali, e ciò perché il principio della continuità della società, cui deve riconoscersi valore generale in materia societaria, implica la coincidenza soggettiva tra la società irregolare e quella che risulta dalla sua successiva regolarizzazione (Cass. I, n. 1069/1981). Sulle agevolazioni fiscali concesse per la regolarizzazione v. la l. 23 dicembre 1982, n. 947; sui cui riflessi «privatistici» v. Spada, 609. In argomento v. altresì Di Sabato, 192, il quale pone in evidenza che l'art. 3 della l. n. 947/1982 richiede per la iscrizione delle società nell'anagrafe delle ditte tenuta dalle camere di commercio la produzione dell'atto costitutivo «registrato»: l'iscrizione nel registro delle imprese rappresenta quindi un presupposto per la registrazione nell'anagrafe, che assume grande rilievo ai fini certificativi e amministrativi. Effetti della mancata iscrizione nel registro delle imprese: a) soggettivitàStante il disposto dell'art. 2297 c.c., alla mancata iscrizione nel registro delle imprese dell'atto costitutivo di una società in nome collettivo, consegue, da un lato, l'applicazione delle disposizioni in tema di responsabilità dei soci di società semplice e, dall'altro, la presunzione che il socio che agisca per la società abbia la rappresentanza della stessa, anche in giudizio. Si tratta di effetti che, tuttavia, incidono, esclusivamente sui rapporti dei soci e della società con i terzi mentre, nei rapporti endosocietari, vige la regola della responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. Più in particolare, il rinvio alla disciplina della società semplice espresso dall'art. 2297 c.c., non ricomprende anche il disposto dell'art. 2267 c.c. che consente che, nella società semplice, la responsabilità solidale dei soci possa essere pattiziamente limitata. Anche nell'ipotesi di s.n.c. irregolare, difatti, ogni patto limitativo di responsabilità produce effetti solo fra i soci, non essendo opponibile ai terzi (Saija, 350). La deroga introdotta dall'art. 2297 c.c. si sostanzia, dunque, in un annullamento del beneficium excussionis previsto dall'art. 2304 c.c., per la società in nome collettivo regolare, in favore dei soci compulsati per il pagamento di un debito sociale. In caso di mancata iscrizione, difatti, opera la regola di cui all'art. 2267 c.c., in ragione della quale l'aggressione del patrimonio del socio da parte del creditore sociale non presuppone l'infruttuosità del patrimonio della società, permanendo, invece, il beneficium excussionis come una eccezione ove ricorrano le condizioni di cui all'artt. 2288 c.c.. La mancata iscrizione impone, altresì, l'applicazione, in luogo dell'art. 2305 c.c., della regola contenuta nell'art. 2270, comma 2, c.c. con l'effetto che il creditore particolare del socio, anziché dover attendere la scadenza della società per richiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore (o opporsi ad una eventuale proroga), può chiederla in ogni tempo (Appio, 2059).
La Cassazione ha sottolineato che il richiamo alle disposizioni relative alla società semplice operato dall'art. 2297 c.c. concerne soltanto i rapporti tra i terzi e che, pertanto, è da escludere una equiparazione della società in nome collettivo irregolare alla società semplice (Cass. I, n. 722/1971). Il problema della soggettività delle società c.d. «irregolari» non si pone in termini diversi da quello delle altre società personali (Cass. I, n. 1027/1993). Pur escludendo che tali società siano fornite di personalità giuridica (Cass. I, n. 1616/1977) si riconosce tuttavia che esse hanno la capacità di ottenere finanziamenti e di garantire le correlative obbligazioni (Cass. n. 2304/1981) e si afferma che non perdono la propria individualità in caso di mutamento della compagine sociale (Cass. I, n. 7490/1987). Segue: b) rappresentanza socialeÈ pacifico che nella società in nome collettivo irregolare, ciascuno dei soci, in quanto munito del potere di amministrazione (art. 2297 c.c.), deve ritenersi titolare della rappresentanza sostanziale e processuale della società medesima (Cass. I, n. 179/1989) e che quindi la società risponde delle obbligazioni assunte in suo nome da uno dei soci, salvo che provi che quest'ultimo ha abusato del potere di rappresentanza e che ciò era noto al terzo contraente (Cass. I, n. 6240/1991). Si ritiene infatti che, ove non siasi provveduto con apposita regolamentazione alla gestione sociale, debba presumersi l'esistenza tra i soci di un reciproco mandato ad amministrare e a rappresentare la società (Cass. I, n. 4705/1980). I terzi pertanto non hanno l'onere di accertare, come nelle società semplici, il potere di rappresentanza di chi agisce, incombendo ai soci l'onere di portare a conoscenza dei terzi l'esistenza di eventuali limitazioni (Trib. Napoli 21 aprile 1958; Pret. Spoleto 28 gennaio 1947). Resta fermo, tuttavia, che affinché l'azione proposta dal socio di una società irregolare possa ritenersi riferita alla società medesima, in relazione ai poteri di rappresentanza, anche processuale, a lui spettanti a norma dell'art. 2297 (in relazione agli artt. 2257 e 2266 c.c.), occorre, fin dall'atto introduttivo del giudizio, la spendita del nome della rappresentata, e, cioè, la dichiarazione di detto socio in nome e per conto del gruppo sociale nell'esercizio di quei poteri (Cass. I, n. 1433/1980). Dalla circostanza poi che nella società in nome collettivo irregolare il potere di amministrazione ed il coincidente potere di rappresentanza competono, in mancanza di specifica regolamentazione del contratto sociale, disgiuntamente a tutti i soci, ciascuno dei quali, quindi, è abilitato a rappresentare in giudizio la società, come attrice o come convenuta si è dedotto che il socio, il quale venga citato oltre che in proprio, espressamente in tale qualità, deve ritenersi convenuto in giudizio anche quale rappresentante della collettività irregolare, con la conseguenza che il rapporto processuale si instaura nei confronti di quest'ultima, la quale assume la veste di parte nel giudizio (Cass. I, n. 6399/1981). La Cassazione ha infine puntualizzato che il mandato rilasciato a un socio per compiere determinati atti, ove non risulti una diversa volontà delle parti, pone un limite non a presunti poteri generali di rappresentanza del socio di fatto cui è conferito, ma a quelli degli altri soci, che vengono cosí privati del potere di rappresentare la società relativamente agli atti contemplati nel mandato stesso e da ciò ha tratto argomento per affermare che «la pura e semplice revoca del mandato, mentre ripristina nei confronti degli altri soci la situazione anteriore, non priva il socio di fatto, cui il mandato era stato conferito, del potere generale di rappresentanza in ordine agli altri atti rientranti nell'oggetto sociale, potere che, nei confronti dei terzi, deve presumersi egli continui ad avere, come in passato, fino a che non sia dimostrata la conoscenza, da parte degli stessi, di un patto contrario» (Cass. I, n. 707/1955). Segue: c) responsabilità dei soci per le obbligazioni socialiLa responsabilità per le obbligazioni sociali investe necessariamente tutti i soci, secondo il principio dettato in via generale per le società in nome collettivo dell'art. 2291 c.c., ma è regolata dalle disposizioni relative alla società semplice fino a quando la società non è iscritta sul registro delle imprese. Ciò comporta: - che ogni patto che escluda (o limiti) la responsabilità del socio è inefficace (Cass. I, n. 2055/1958); - che il creditore può chiedere l'adempimento nei confronti di ciascun socio, senza necessità di convenire in giudizio la società, salva restando la facoltà del socio stesso di invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale, a norma dell'art. 2268 (Cass. I, n. 198/1983;Ragusa Maggiore, 332); - che per ogni ulteriore aspetto valgono i principî stabiliti dall'art. 2268 (Cass. I, n. 2015/1972). Si è inoltre puntualizzato: - che nelle società di fatto la responsabilità del singolo socio in tanto può essere affermata in quanto sussista la responsabilità della società onde, affermata la responsabilità della società, segue ineluttabilmente la responsabilità del socio (Cass. I, n. 2442/1972); - che il creditore di una società di fatto, che abbia infruttuosamente agito contro la società medesima (nella specie, con procedimento monitorio e successiva esecuzione forzata), può rivalersi delle spese di quell'azione contro i singoli soci, in quanto tali spese costituiscono un debito della società e, quindi, anche dei soci illimitatamente e solidalmente responsabili (Cass. I, n. 477/1977); - che nel giudizio promosso contro alcuni soci di una società di fatto, per il pagamento di debiti sociali, non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti degli altri soci, stante il carattere solidale delle relative responsabilità (Cass. I, n. 477/1977). BibliografiaAppio, La pubblicità legale, in Trattato delle società a cura di Donativi, 2022, Utet, Tomo I, 2045 ss.; Bigiavi, L’imprenditore occulto, Padova, 1955; M. Campobasso, La società semplice «irregolare», in Riv. dir. comm. 2005, I; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992; Ferri, Delle società. Artt. 2247-2324, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981; Galgano, Le società di persone, in Tr. C.M., Milano 1972; Gambino, Impresa e società di persone, Fondamenti di diritto commerciale, Torino, 2014; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2017; Marasà, Le società, in Tr. I.Z., Milano, 2010; Ragusa Maggiore, Escussione preventiva del socio di una società di fatto e obbligo di costui di convenire in giudizio gli altri soci, in Dir. fall. 1983, II; Saija, sub art. 2297, in Codice delle società, a cura di Abriani, con il coordinamento di Dentamaro, Milano, 2016; Spada, La regolarizzazione delle società di fatto (riflessioni di un privatista a margine della l. 23 dicembre 1982 n. 947), in Giur. comm. 1983, I, 609. |