Codice Civile art. 2252 - Modificazioni del contratto sociale.Modificazioni del contratto sociale. [I]. Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente. InquadramentoIn base all'articolo 2252 c.c.se l'atto costitutivo di una società di persone nulla prevede, occorre l'unanimità dei consensi dei soci per la sua modifica, che invece può avvenire a maggioranza laddove sia stata inserita nel contratto sociale una clausola che preveda espressamente la modificabilità del contratto stesso con il consenso della maggioranza dei soci. Questo vuol dire che la possibilità di richiedere modifiche all'atto costitutivo non prevede necessariamente l'unanimità dei soci: le parti, quindi, hanno la possibilità di adottare il principio maggioritario purché ne inseriscano la clausola nel contratto sociale. Si ritiene che una modificazione del contratto nelle società personali possa avvenire anche in modo tacito, come peraltro emerge dagli artt. 2273 c.c. e 2307, comma 3, c.c., che si occupano della c.d. proroga tacita del contratto sociale. E ciò anche in ragione della natura solo dichiarativa dell'iscrizione (in questo caso della modificazione del contratto) nel registro delle imprese (Patriarca, 1322 ss., il quale osserva che, oltre alle modifiche tacite che incidono sulla durata della società, tra le altre modificazioni tacite può essere annoverata, in quanto molto rilevante, la modifica dell'oggetto sociale, anch'essa basata su un comportamento “imprenditoriale” tacito dei soci/amministratori, che ad esempio espandano l'attività di impresa oltre i limiti originariamente fissati dall'atto costitutivo, e che poi approvino il rendiconto/bilancio senza elevare obiezioni). Il consenso di tutti i soci (o della maggioranza di essi, nel caso in cui ciò sia previsto dal contratto sociale) alla modifica del contratto sociale non è soggetto a forme vincolate e può essere quindi desunto anche da atti o comportamenti che dimostrino inequivocabilmente il formarsi di una loro volontà: affermazione effettuata dalla C.S., in relazione ad un'ipotesi di recesso deliberato al di fuori dei casi previsti dalla legge o dal contratto sociale (Cass. I, n. 2438/2009). Ha ritenuto la Cassazione che la modifica della persona dei soci e della ragione sociale non comporta l'estinzione della società e la nascita di un nuovo soggetto, costituendo le società di persone soggetti di diritto distinti dai soci e, come tali, centri autonomi d'imputazione di situazioni giuridiche ad esse immediatamente riconducibili (Cass. I, n. 18409/2014). Confermando il proprio orientamento, la Cassazione ha ribadito che il contratto costitutivo di una società semplice è a forma libera e può quindi essere concluso anche validamente per facta concludentia, precisando che la libertà di forma viene meno quando venga conferito un bene il cui trasferimento richieda una forma speciale, come nel caso dei beni immobili (Cass. I, n. 29885/2008); resta inteso che, in quest'ultima ipotesi, l'osservanza della forma «speciale» è richiesta solo per singolo conferimento e che la mancanza di tale requisito determina la nullità dell'intero contratto solo qualora il conferimento sia essenziale per il perseguimento degli scopi sociali (Cass. I, n. 13158/2001). Nello stesso senso, Figà-Talamanca, Spada, 33. Unanimità e maggioranza«Per la modificazione del contratto sociale, pur non essendo esclusa l'applicazione del principio maggioritario, ove ciò sia convenuto, è normalmente necessaria la unanimità dei consensi» (Relazione, § 931). La legittimità di clausole statutarie le quali prevedano la modificabilità a maggioranza dell'atto costitutivo è generalmente riconosciuta (Cass. I, n. 5416/1996). È dubbio se la maggioranza debba necessariamente essere computata per teste (come statuito da Cass. I, n. 1315/1947) o possa invece essere calcolata anche per quote (in questo senso, v. App. Milano 29 settembre 1967; Pret. Cuneo 7 marzo 1983, entrambe relative alla società in accomandita semplice; per questa possibilità v., in dottrina, anche Cottino, 927). Se però l'atto costitutivo nulla dispone la modificazione potrà essere decisa solo con il consenso di tutti i soci. E da ciò si è dedotto che nel caso in cui, in sede di delibera di trasformazione di una società di persone, alcuni dei soci, rappresentanti la minoranza, dichiarino di riservarsi di dare il proprio consenso alla trasformazione stessa in un secondo momento, e manchi una clausola statutaria che consenta di deliberare a semplice maggioranza, non si è in presenza di una delibera di trasformazione sottoposta a condizione, ma piuttosto in presenza di una delibera nulla (Cass. I, n. 5177/1978). Deve tuttavia rilevarsi che l'art. 2500-ter, sulla trasformazione delle società di persone in società di capitali, stabilisce che «salvo diversa disposizione del contratto sociale» la trasformazione «è decisa con il consenso della maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili», facendo salvo il diritto di recesso per il socio che non ha concorso alla decisone; inoltre una disciplina analoga è dettata dagli artt. 2502 e 2506-ter per le fusioni e le scissioni che riguardino società di persone. Sul punto, per tutti, Di Sabato, 125. Formazione della volontà sociale.Come si è detto nell'inquadramento, è ricorrente l'affermazione che il consenso di tutti i soci (o della maggioranza di essi, nel caso in cui sia abilitata alla modifica del contratto sociale) non è assoggettato a forme vincolate e può essere quindi desunto anche da atti o comportamenti che dimostrino inequivocabilmente il formarsi di una volontà dei soci medesimi. Pertanto, per la formazione della volontà sociale nelle società personali è sufficiente che intorno ad una certa proposta si raccolgano, anche separatamente, i consensi di tanti soci, quanti bastano a formare l'unanimità ovvero la maggioranza, senza che sia necessaria una riunione previamente convocata o la concessione di un congruo termine ai soci per la determinazione degli argomenti da esaminare (Cass. I, n. 153/1998). In tal senso v., in dottrina, tra gli altri: Ferri, 249; Cottino, 166; Galgano, 226; Buonocore, 108. Contra, tuttavia, App. Milano, 23 ottobre 1970. Nulla vieta, naturalmente, che i soci di una società personale liberamente decidano di adottare il procedimento assembleare per le loro decisioni (Cass. I, n. 1624/2015; Cass. I, n. 8276/2002). L’invalidità delle decisioni dei sociNell'ambito della disciplina delle società di persone non si ravvisano regole sull'impugnabilità/invalidità delle decisioni assunte dai soci salvo che per l'opposizione all'esclusione, seppur limitatamente ai presupposti (“motivi”) dell'esclusione e non già con riferimento a vizi procedimentali. Peraltro, proprio l'assenza di un regime tipico di invalidità delle decisioni delle società di persone ha indotto una parte della dottrina meno recente ad affermare che gli eventuali abusi procedimentali potrebbero dar luogo solo a rimedi di carattere obbligatorio o interno, con esclusione, quindi, di qualsiasi tutela reale o di tipo ripristinatorio (G.F Campobasso, 104). Attualmente la questione giuridica controversa riguarda la possibilità di far riferimento alla disciplina dell'invalidità di delibere di società di capitali ovvero a quelle sui contratti in presenza di patologie del procedimento deliberativo e delle decisioni dei soci. Un primo orientamento ha, infatti, ritenuto non potersi dare richiamo alla disciplina della annullabilità delle delibere assembleari, dovendosi applicarsi le regole generali sulla patologia degli atti negoziali plurisoggettivi (Cagnasso, 170 ss.). Nello stesso senso, la Suprema Corte, in un primo momento, ha affermato che l'adozione del metodo assembleare per le deliberazioni sociali comporta che, quanto alla disciplina della validità/invalidità di tali atti deliberativi, debba farsi applicazione dei principi generali sulle patologie degli atti negoziali plurisoggettivi (esclusa, per converso, l'applicabilità degli artt. 2377 c.c. e 2379 c.c., dettati con specifico riferimento alle sole delibere delle società per azioni), di talché, dalla eventuale violazione di norme imperative (quale quella di cui all'art. 2252 c.c., specificativa del principio generale di immodificabilità del contratto senza il consenso di tutti i contraenti), discende senz'altro la nullità della delibera societaria, ex art. 1418 c.c. (Cass. I. n. 8276/2002). Si è, però, espressa diversamente la più recente giurisprudenza che, nei limiti della compatibilità, ha ritenuto che il regime dell'invalidità delle delibere cc.dd. assembleari assunte dalle società di persone deve essere sussunto nell'ambito della disciplina dell'invalidità delle delibere di s.r.l. di cui agli artt. 2377 c.c. ss. (Cass. n. 1624/2015 con nota di Bonavera e di Brizzi). D In assenza di una scelta legislativa sul punto, la dottrina più recente ha rilevato che nelle società di persone vigono, in generale, i principi che trovano espressione in tutte le altre formazioni organizzate di diritto privato, in forza dei quali la sanzione generale per la difformità delle deliberazioni contrarie alla legge o al contratto di società resta l'annullabilità. Invero, la criticità insita nell'applicazione della disciplina generale dei contratti plurilaterali nasce dall'assunta inadeguatezza dei rimedi contrattuali comuni, specie in relazione ai “tempi” assegnati ai soci per esperire le relative azioni che contraddice – soprattutto in relazione all'interesse dei terzi – l'esigenza prevalente di stabilità che assiste tutti gli atti societari (Fauceglia, 1763). Trasferimento della quota socialeTra le modificazioni del contratto sociale rientra anche il trasferimento della quota sociale che, pertanto, potrà essere disposta, se non è convenuto diversamente, solo con il consenso di tutti i soci (Cass. I, n. 2539/1990). La mancanza del consenso degli altri soci, non trasforma in contratto preliminare il negozio voluto e stipulato come definitivo (Cass. I, n. 3233/1975). In tal caso si determinerà il trasferimento dei soli diritti patrimoniali, con efficacia inter partes, ma non anche del relativo status, atteso che l'ingresso di un nuovo socio postula un contratto sociale tra questi e i vecchi soci (Cass. I, n. 1663/1978; Cerutti, 98). Né d'altro canto potrebbe imporsi con provvedimento d'urgenza al socio di una società a base personale di prestare il proprio consenso al trasferimento della quota da parte di altro socio (Pret. Roma 11 luglio 1985). La Cassazione ha ritenuto, in passato, che l'atto di cessione di quota di società di persone (irregolare) avente ad oggetto i diritti derivanti da un preliminare di acquisto di un immobile stipulato per iscritto configurandosi come modificazione soggettiva del regolamento contrattuale, deve risultare ugualmente da atto scritto (Cass. I, n. 5761/1981). Ma tale orientamento è stato successivamente abbandonato, decidendo che la cessione della quota di società personali non richiede la forma scritta ad substantiam neppure quando il patrimonio sociale comprenda beni immobili (Cass. I, n. 2252/1998). Si è escluso che la cessione da un socio all'altro della quota di partecipazione a società di persone sia rescindibile per lesione oltre il quarto, ritenendo inapplicabile l'art. 763 c.c., in quanto «il contratto con cui un socio trasferisce ad altro socio la sua quota sociale, sia che ne consegua lo scioglimento del rapporto soltanto nei confronti del socio cedente, sia che ne consegua il totale scioglimento della società, non è mai qualificabile come contratto di divisione, neppure se con esso venga attuato anche il trasferimento di quote di beni conferiti alla società od acquistati da questa nel corso rapporto» (Cass. I, n. 424/1975). Muovendo dalle stesse premesse in ordine alla natura delle quote sociali e al loro rapporto con il patrimonio della società, la stessa Corte ha altresì statuito: - che carenze o vizi inerenti al patrimonio sociale, complessivamente considerato o nelle sue singole componenti, possono giustificare la risoluzione del contratto di compravendita di partecipazioni sociali per difetto di «qualità» della cosa venduta ai sensi dell'art. 1497 c.c. (nel caso di specie la cessione aveva avuto ad oggetto la quota pari al 33,333% del capitale di una società in nome collettivo) solo se relativi ad elementi la cui esistenza sia stata oggetto di specifiche garanzie rilasciate esplicitamente dal cedente (Cass. I, n. 26690/2006; in senso analogo si esprime Portale, 201); - che l'errore sulla consistenza del patrimonio della società può giustificare l'annullamento della compravendita di partecipazioni sociali (nella specie si trattava di un pacchetto costituito da 23.000 azioni di una s.p.a.) solo se l'esistenza del valore dichiarato sia stata espressamente garantita da una specifica clausola contrattuale (Cass. I, n. 16031/2007). Tali sentenze riflettono un orientamento nettamente prevalente nella giurisprudenza della Cassazione che, tuttavia, non può dirsi del tutto coerente. Per quanto concerne l'applicabilità del divieto di concorrenza sancito dall'art. 2557 c.c. in caso di trasferimento d'azienda, essa è, infatti, altrettanto ferma nell'affermare che detto divieto è applicabile anche quando la cessione abbia avuto quale oggetto (non l'azienda sociale, ma) le quote rappresentative dell'intero capitale o di una significativa partecipazione di controllo della società titolare dell'impresa, dovendo ritenersi che anche in detta ipotesi si sia pervenuti «all'obiettivo di cedere una precipua attività di impresa» (Cass. I, n. 9682/2000). E, in relazione alla risoluzione del contratto exartt. 1453 e 1497 c.c., è apparsa non di rado propensa a ritenere che la mancanza di determinati requisiti o qualità inerenti al patrimonio sociale può assumere rilievo, pur in difetto di garanzie «esplicite» da parte del cedente, anche nel caso in cui la cessione abbia avuto quale oggetto immediato le quote sociali, tutte le volte che il loro acquisto sia da ritenersi finalizzato, alla stregua dei principî di correttezza e buona fede, all'acquisizione, da parte del cessionario (non di un generico status socii, ma) della disponibilità dell'azienda (Cass. I, n. 18181/2004). Il trasferimento della quota sociale delle società di persone costituisce modificazione del contratto sociale: a tale proposito si è precisato che l'identità della società personale non viene meno neppure se la cessione riguardi tutte le quote sociali e comporti, quindi, il mutamento dell'intera compagine sociale, traendo da tale considerazione argomento per affermare che la società può pertanto continuare ad avvalersi di tutti i diritti e di tutte le opportunità in precedenza acquisiti (nel caso di specie la variazione dei soci aveva riguardato una società semplice avente ad oggetto l'esercizio di un'attività agricola e si era posto il problema se la società, nella nuova compagine sociale, potesse beneficiare del regime d'imposta per il quale aveva optato prima che intervenisse tale mutamento) (Cass. I, n. 9569/2007). Si è peraltro specificato che la cessione di quota di società di persone con patrimonio immobiliare non richiede la forma scritta, a norma dell'art. 1350 c.c., non comportando essa anche un trasferimento, dal socio cedente a quello cessionario, dei diritti immobiliari, i quali restano, viceversa, nella titolarità della società, che non è essa stessa parte del negozio di cessione (Cass. I, n. 11314/2010). Sempre in argomento, si è inoltre precisato che la successione nella titolarità della partecipazione si perfeziona, in base al principio consensualistico, alla data della stipulazione del contratto di cessione della quota e che, pertanto, le modificazioni dell'assetto organizzativo determinate dalla successiva trasformazione della società non incidono sulla validità ed efficacia del contratto inter partes. Il regime pubblicitario del trasferimento della partecipazione sociale – cui è correlato l'obbligo della società di provvedere all'iscrizione del cessionario nel libro-soci – soggiace, invece, alla disciplina applicabile alla società nel momento in cui è avanzata la richiesta di iscrizione da parte del nuovo titolare (Cass. I, n. 20893/2008). Nel caso di specie la cessione aveva avuto ad oggetto la quota di una società in accomandita semplice che successivamente, ma prima della domanda di iscrizione nel libro soci, era stata trasformata in società a responsabilità limitata. In base all'art. 2322 c.c., la quota di partecipazione del socio accomandante, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, può essere ceduta per atto tra vivi, con effetto verso la società, «con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale»; per il trasferimento della quota del socio accomandatario è invece richiesto, in linea di principio, il consenso di tutti i soci, secondo il principio enunciato dalla norma in epigrafe, da ritenersi applicabile, in virtù del duplice richiamo contenuto negli artt. 2293 e 2315 c.c., anche alle società in accomandita semplice. Le quote della società a responsabilità limitata erano (e sono) invece liberamente trasferibili (art. 2479, comma 1, c.c. testo originario, il cui contenuto è riprodotto dall'art. 2469, comma 1, c.c. ora vigente: v.). Con la sentenza citata (Cass. I, n. 20893/2008), la Cassazione ha deciso che, in ipotesi di s.a.s., dovesse farsi applicazione della disciplina dettata per le società a responsabilità limitata e che, pertanto, non potesse essere rifiutata l'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci. In dottrina è pacifico che il contratto di cessione di partecipazioni è un contratto aformale. Ai soli fini pubblicitari e dunque di opponibilità della cessione a terzi si rende necessario che la cessione risulti da atto scritto. Nel caso di cessione di quote in una società semplice sarà, quindi, sufficiente una scrittura privata che da iscrivere nel Registro Imprese previa sua registrazione alla Agenzia delle Entrate. Nel caso di una società in nome collettivo o di una società in accomandita semplice si renderà necessario, nel rispetto dell’art. 2300 c.c. che la modifica risulti da scrittura privata autenticata da notaio ovvero da delibera da prodursi in copia autenticata da notaio. Il trasferimento della quota può essere affidato, oltre che ad una compravendita, anche ad una donazione, ad una divisione o ad una permuta ed i relativi contratti dovranno rispettare allora le forme (e la disciplina sostanziale) previste per il contratto adottato (Bortoluzzi, 1381). Trasformazione, fusione e scissioneTali vicende sono regolate dagli artt. 2500-ter; 2502 e 2506-ter, al cui commento si rinvia. BibliografiaAa.Vv., Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, Torino, 2017; Bonavera, L’invalidità delle delibere di società personale, in Soc., 2015, 803; Brizzi, Metodo collegiale e invalidità delle deliberazioni di società di persone in Corr. giur., 2016, 237; Bortoluzzi, Quote di partecipazione e loro trasferimento, in Trattato delle società a cura di Donativi, Tomo I, 2022, Utet, 1367 ss.; Cagnasso, La società semplice, in Tratt. dir. civ. I singoli contratti, diretto da Sacco, Torino, 1998; G.F Campobasso., Diritto commerciale, Diritto delle società, II, Torino, 2020; Cerutti, Effetti della cessione della quota di una società in nome collettivo senza il consenso degli altri soci, in Foro pad. 1985, I, 98; Cottino, Sulla modifica a maggioranza del contratto di società in accomandita semplice e sulla nomina di un secondo accomandatario contro la volontà del primo, in Giur. comm. 1983, II, 923; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2011; G. Ferri, La società, in Tr. Vas., Torino, 1985; Fauceglia, Le decisioni dei soci nella disciplina delle società di persone, in Trattato delle società a cura di Donativi, Tomo I, 2022, Utat;1726 ss; Figà-Talamanca, Spada, Profili contrattuali delle società di persone: forma, formalità e modificazioni, in Riv. dir. priv. 2009, 32; Galgano, Diritto civile e commerciale, III, 1, Padova, 1990; Serra, Unanimità e maggioranza nelle società di persone, Milano, 1980; Nazzicone, L’assemblea nelle società di persone, in Diritto delle società a cura di Alessi e Rescigno, Milano, 1998, 391 ss.; Patriarca, Il contratto sociale e le sue modificazioni, in Trattato delle società, vol. I, Torino, 2022; Portale, Rileggendo la ristampa di un libro sul capitale sociale e la responsabilità interna nelle società di persone: il capitale sociale oggi, in Riv. dir. impr. 2010, 201; Venditti, Collegialità e maggioranza nelle società di persone, Napoli, 1955. |