Codice Civile art. 2255 - Conferimento di crediti.Conferimento di crediti. [I]. Il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall'articolo 1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia. InquadramentoLa norma in questione, nel prevedere il conferimento di crediti, non detta in tale materia una disciplina completa limitandosi a regolare la posizione del cedente per ciò che riguarda la garanzia del socio conferente nel caso di insolvenza del debitore ceduto (Ferri, 139). Per tutti gli aspetti non regolati dall'art. 2255 c.c., quindi, dovrà farsi riferimento alle norme generali in tema di cessione di credito di cui agli artt. 1267 ss. c.c. (Ferri, 140). L'art. 2255 c.c., prevedendo la garanzia del buon fine del credito, rafforza la l'obbligo di conferimento, ribaltando la disciplina di diritto comune. Infatti, nella cessione dei crediti, il cedente garantisce soltanto l'esistenza del credito (nomen verum) e non la solvenza del debitore ceduto (nomen bonum), salva la possibilità per le parti di prevedere sul punto apposita disciplina negoziale. Nella fattispecie in esame, al contrario, la regola è, invertita, in quanto il cedente risponde della solvenza del debitore ceduto. Tuttavia, in virtù del richiamo all'art. 1267 c.c. il conferente risponde nei limiti della valutazione attribuita al conferimento: se, infatti, in sede di costituzione della società, il credito è valutato in un importo inferiore al valore nominale di esso, il cedente-conferente risponderà solo nei limiti di tale valutazione (Ferri, 141). L'art. 2255 c.c. conferma che solamente un effettivo «conferimento» (del danaro, del bene in natura o del credito verso terzi) del socio consente l'attuazione di un «entità espropriabile», quale dev'essere il capitale sociale per poter rispondere alla funzione di garanzia che gli è propria (Cass. I, n. 13095/1992). L'art. 2439 c.c., vecchio testo, faceva obbligo, in tema di società di capitali, ai sottoscrittori delle azioni di nuova emissione di versare, all'atto della sottoscrizione, almeno i tre decimi del valore nominare delle azioni sottoscritte e prevedeva la liberazione dei sottoscrittori nel caso di non integrale versamento del capitale nel termine stabilito nella delibera, a meno che questa non disponesse diversamente. Per l'art. 2440 c.c., nel caso di aumento di capitale mediante conferimento di crediti, trovava applicazione l'art. 2255 c.c. Secondo l'opinione prevalente nella giurisprudenza (Cass. I, n. 5407/1982), in relazione a tale normativa occorreva distinguere tra aumento di capitale scindibile e aumento inscindibile: nel primo caso la società, soltanto con l'adozione di una nuova delibera poteva ammettere o meno l'aumento parziale che risultava all'esito della sottoscrizione, mentre nel secondo caso non era mai consentita la rinuncia allo stesso (Cass. I, n. 845/1993). L'ulteriore corollario di questa premessa era che, nel caso di inscindibilità, mentre spettava all'assemblea di deliberare se aumentare o meno il capitale nella misura sottoscritta, i nuovi sottoscrittori non erano sciolti dal vincolo assunto con la sottoscrizione fino a quando gli organi deliberanti della società non avessero deciso se accettare o rinunciare alla sottoscrizione parziale. Pertanto, l'unica soluzione praticabile per conseguire la liberazione dal detto obbligo consisteva nell'interpellare la società di pronunciarsi entro un termine sull'accettazione o meno della sottoscrizione parziale o fare fissare un termine ai sensi dell'art. 1183 c.c. (Cass. I, n. 496/1982). È certamente vero che nel contesto della disciplina in discorso fino a quando non fosse intervenuta la nuova delibera di modifica dell'atto costitutivo onde ricondurlo nei limiti delle sottoscrizioni raccolte con l'aumento del capitale, il detto aumento non era perfezionato ed i sottoscrittori delle nuove azioni non acquistavano i diritti (né assumevano gli obblighi) collegati alle azioni sottoscritte. Questa conseguenza, peraltro, non era in contrasto con quella per la quale, secondo la testuale previsione della norma di cui si tratta, tali soggetti non erano liberati dall'obbligo assunto, locuzione questa che con riguardo all'ipotesi del conferimento del credito non poteva avere altro significato che quello della completa operatività dell'acquisto del credito ceduto da parte della società per effetto dell'intervenuto negozio consensuale di cessione, analogamente, del resto, a quanto avveniva per il contratto reale avente ad oggetto il versamento dei tre decimi della azioni sottoscritte (Cass. I, n. 845/1993). BibliografiaG. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016. |