Codice Civile art. 2260 - Diritti e obblighi degli amministratori.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Diritti e obblighi degli amministratori.

[I]. I diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato [1710 ss.].

[II]. Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società [1292 ss.] per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.

Inquadramento

Il rapporto in virtù del quale l'amministratore è obbligato a prestare la sua attività è un rapporto distinto dal rapporto sociale che riceve la sua autonoma disciplina dalle norme sul mandato, secondo quanto stabilito dall'art. 2260, comma 1, c.c. il quale attesa la sua ampia formulazione, «assume una portata precettiva generale, determinando l'equiparazione degli amministratori ai mandatari» (Cass. I, n. 3236/1985; Trib. Napoli 7 ottobre 1986).

È poi pacifico che al di fuori e indipendentemente dagli obblighi che l'amministratore socio incontra per il mandato a lui affidato, vi è un obbligo fondamentale che deriva dalla sua qualità stessa di socio, ed è quello di non compiere atti i quali siano in contrasto con i fini della società e minino la compagine di questa (Cass. I, n. 103/1956).

Obbligo di trasferire alla società i beni immobili acquistati per suo conto

Non diversamente dal mandatario, anche il socio di una società personale (nella specie, in nome collettivo) il quale acquisti, in nome proprio ma per conto della società, beni immobili, è tenuto a ritrasferire questi ultimi alla società stessa, anche se tale obbligo non risulti da un atto scritto, in quanto il ritrasferimento dei beni è imposto al socio direttamente dalla legge e precisamente dalla norma sul contratto di mandato, di cui al comma 2 dell'art. 1706 c.c., richiamata dall'art. 2260 c.c. (Cass. I, n. 2235/1985).

Nomina degli amministratori

Dall'applicazione delle norme sul mandato, ed in particolare dell'art. 1716 c.c., si è dedotto che, qualora manchi nell'atto costitutivo di una società in nome collettivo un'apposita clausola valorizzatrice del potere decisionale della maggioranza, è invalida la deliberazione di nomina degli amministratori presa a maggioranza dai soci, applicandosi i principî generali in tema di mandato collettivo ai sensi dell'art. 2260 c.c. (Trib. Napoli 17 ottobre 1986).

Diritto al compenso.

In un primo tempo la Cassazione, pur ravvisando nell'ambito delle norme sul mandato la disciplina del rapporto tra socio-amministratore e società personale, aveva escluso che il socio amministratore nominato con il contratto sociale avesse diritto a compenso per l'opera prestata per la società in assenza di una specifica previsione contrattuale (Cass. I, n. 828/1955).

Tale orientamento è stato però modificato da Cass. I, n. 5747/1984, con la quale si è statuito che al socio di una società in nome collettivo, al quale con lo stesso contratto sociale sia stata conferita la qualità di amministratore e perciò una posizione particolare, distinta da quella degli altri soci, non può negarsi a priori il diritto al compenso per l'attività prestata in detta qualità, qualora difetti un'esplicita previsione di gratuità del mandato ricevuto (il quale, stante l'equiparazione degli amministratori ai mandatari, desumibile dal combinato disposto degli artt. 2293 e 2260 c.c., deve, anche nel contesto del rapporto sociale, presumersi oneroso ai sensi dell'art. 1709 stesso codice) ma occorre, invece, esaminare il contenuto del menzionato contratto, segnatamente per quanto attiene alla ripartizione degli utili.

Da ciò consegue che solo ove da tale indagine risulti che le parti hanno tenuto conto della particolare posizione del socio amministratore, per attribuirgli una partecipazione agli utili di speciale rilievo, non vi è luogo ad ulteriore compenso per l'attività di amministrazione.

Tale nuovo indirizzo è stato successivamente ribadito da Cass. I, n. 3236/1985, nella quale si precisa che, se il contratto sociale non prevede regole particolari con riferimento alla ripartizione degli utili, all'attività del socio amministratore, anche se nominato con lo stesso contratto sociale, si applica la presunzione di onerosità posta dall'art. 1709 c.c.

Il principio della presunzione di onerosità del mandato ad amministrare nelle società di persone è affermato anche nella giurisprudenza di merito la quale ha avuto modo di affermare che tale presunzione di onerosità del mandato ad amministrare può comunque essere vinta dimostrando che la società, in assenza di un'espressa disciplina statutaria, non ha mai remunerato i soci per le attività di amministrazione svolte (Appello Milano, 7 luglio 2020).

Ha precisato la Cassazione, in tema di crediti di lavoro maturati a titolo di compenso per l'attività di amministratore unico di società in nome collettivo, che si applica il termine prescrizionale di cui all'art. 2948, primo comma, n. 4, c.c. ove lo statuto sociale, nel far riferimento al parametro retributivo previsto per l'impiegato di prima categoria con maneggio di denaro, abbia stabilito il diritto dell'amministratore a percepire il proprio compenso con la stessa cadenza di quest'ultimo, dovendosi ritenere che la prescrizione decorra anche in costanza dell'esercizio delle relative funzioni, in quanto la regolamentazione pattizia degli interessi societari esclude che possa esservi una prospettazione di conflitto di interessi fra soci stessi – tranne l'ipotesi di revoca giudiziale della facoltà di amministrare che uno dei soci può chiedere nei confronti dell'altro a norma degli artt. 2259 e 2293 c.c. – e tra soci (o uno di essi) e la società medesima, la cui eventuale sussistenza può, in ogni caso, essere risolta con la nomina di un curatore ex art. 78 c.p.c. (Cass. I, n. 21145/2012).

Responsabilità degli amministratori: a) presupposti

L'amministratore di società di persone, come l'amministratore di società di capitali, risponde non solo per aver compiuto atti dannosi, ma anche per non averne impedito il compimento da parte di altri (Trib. Roma 9 ottobre 1987) e il socio, cui sia attribuita, anche soltanto di fatto, la funzione di amministratore, è tenuto a sopportare personalmente le conseguenze economicamente pregiudizievoli dipendenti dalla violazione di norme di legge sulle assicurazioni sociali per i dipendenti (App. Torino 7 febbraio 1984).

Si è deciso altresì che l'ingerenza di un terzo nell'amministrazione della società comporta la responsabilità di quest'ultimo, nei confronti della società medesima, per l'adempimento degli obblighi posti a carico degli amministratori (Trib. Catania 19 ottobre 1987).

Quanto alla natura della responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla società amministrata, la Suprema Corte ha affermato che, nelle società di persone, come anche nelle società di capitali, la responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla società amministrata è di tipo contrattuale sicché, a fronte di somme fuoriuscite dall'attivo della società, a titolo di utili o compensi erogati, quest'ultima, nell'agire per il risarcimento del danno, può limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione di dette risorse, mentre compete all'amministratore la prova del corretto adempimento e dunque della destinazione del patrimonio all'estinzione di debiti sociali oppure allo svolgimento dell'attività sociale (Cass. I n.12567/2021).

Inoltre, la S.C. ha affermato la configurabilità della responsabilità dell'amministratore nei confronti dei singoli soci di società di persone, oltre che nei confronti della società, osservando che l'art. 2260 c.c., nel concedere alla società di persone, quale ente munito di autonoma soggettività e di un proprio patrimonio, la facoltà di agire contro gli amministratori, per rivalersi del danno subìto a causa del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge o dall'atto costitutivo, non ha escluso il diritto di ciascun socio di pretendere il ristoro del pregiudizio direttamente ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo degli amministratori, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c. e in base a quanto stabilito, in via generale, dall'art. 2043 c.c. (Cass. I, n. 16416/2007  in Giur. Comm., III, 436 ss. con nota di D'Angelo, La responsabilita' degli amministratori di societa' di persone alla luce della riforma delle societa' di capitali.)

Sempre in tema di azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali, peraltro, la Cassazione ha precisato che la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore (Cass. civ. I n. 11223/2021 in Giur. It., 2021, 10, 2149 con nota di Cottino, Società di persone - ancora su questioni in tema di società di persone e di responsabilità degli amministratoriil quale evidenzia che il socio privato del diritto alla corresponsione degli utili ha azione contro la società e, successivamente, se non soddisfatto e se assolti gli oneri di preventiva escussione del patrimonio, contro i soci illimitatamente responsabili, amministratori o non amministratori che essi siano e, se amministratori, perché responsabili come soci, non in quanto colpevolmente artefici, quale braccio operativo della società, del mancato pagamento. Secondo questa posizione dottrinale, invero, “ciò non esclude che tale comportamento abbia possibili ripercussioni variamente sanzionate (azione sociale di responsabilità, o eventualmente in surroga del socio, revoca, esclusione) nei confronti di essi: ma ripercussioni di ordine endosocietario non di natura extracontrattuale. Né esclude che il socio agisca, uti tertius, onde ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti per atti colposi o dolosi degli amministratori ma questo non è il caso degli utili.”.

Segue: b) legittimazione all'azione di responsabilità

 

 

In giurisprudenza è controversa l'individuazione del soggetto legittimato all'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Accanto a decisioni con le quali si è affermato il principio che detta azione compete alla società e che può quindi essere proposta solo dal suo legale rappresentante (Cass. I, n. 34/1987) ve ne sono altre che appaiono invece propense a riconoscere anche la legittimazione del singolo socio nell'interesse della società (e quindi al fine di reintegrare il patrimonio sociale: Trib. Vicenza 25 febbraio 1976; Trib. Milano, 2 febbraio 2006, inSocietà, 2006, 1002, con nota di Salafia, L'azione di responsabilità contro l'amministratore di società di persone, invece, ha ritenuto che l'azione può essere promossa da ciascun socio in nome proprio e nell'interesse della società secondo il noto meccanismo della sostituzione processuale).

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto, altresì, configurabile la legittimazione del singolo socio a tutela di un proprio interesse individuale (Trib. Milano 15 maggio 1980). Fra queste ultime va segnalata una sentenza, pronunciata dalla Cassazione con riferimento ad una società in liquidazione, che pone in termini assai chiari il rapporto tra l'azione spettante alla società (e, per essa, al suo legale rappresentante) e quella attribuita al singolo socio: con essa si è infatti statuito che mentre legittimato ad esperire l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, a norma dell'art. 2260 c.c., è esclusivamente il liquidatore, va in ogni caso riconosciuta al socio (o al terzo), direttamente danneggiato da atto colposo o doloso dell'amministratore, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c., l'azione individuale di responsabilità; precisando che tale strumento difensivo deve riconoscersi anche al socio coamministratore, quando viga il regime di amministrazione disgiuntiva, se l'affermazione di responsabilità sia chiesta dal soggetto danneggiato nella sua veste di socio, relativamente ad atti di amministrazione per intero compiuti da altro coamministratore (Cass. I, n. 2872/1992): in quest'ultimo senso v., altresì, Trib. Milano 16 aprile 1992.

In questo senso, la giurisprudenza di merito evidenzia che, in caso di azione diretta del socio contro gli amministratori di società di persone, il danno risarcibile non è il danno derivante indirettamente dalla lesione del patrimonio sociale, ma solo quello direttamente causato al socio come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori; ciò perché la partecipazione sociale rappresenta un bene distinto dal patrimonio della società (Trib. Milano, 12/07/2017).

Sotto altro profilo la Cassazione ha precisato che l’attore, il quale esperisca azione di responsabilità sociale nei confronti dell’amministratore al cospetto di comportamenti che non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto, ha l’onere di provare non soltanto il compimento delle condotte censurate, ma anche gli elementi dai quali sia possibile dedurre la violazione dei doveri di lealtà e di diligenza (Cass. I, n. 1045/2007).

Anche in dottrina, come in giurisprudenza, è dibattuto come l'azione di responsabilità di cui all'art. 2260 per danno al patrimonio sociale debba essere esercitata ed, in particolare, se la sua decisione competa ai soci o agli amministratori e se il suo esercizio debba farsi in nome della società anche quando di essa sia destinatario colui al quale attualmente spetta la rappresentanza della società (sul tema si veda l’approfondimento svolto da Vessia, 249 ss. la quale ritiene che la decisione sull'esercizio della azione di responsabilità non possa essere considerata un atto di gestione trattandosi, piuttosto, di una decisione attinente al controllo sulla gestione che, come tale, spetta, per definizione, ai soci non amministratori, nonché agli altri amministratori purché esenti da colpa). Un orientamento dottrinale riconosce ai singoli soci di società personali il potere di agire in nome proprio quali sostituti processuali della società (Ghidini, 430-435.) Tale soluzione, peraltro, viene sostenuta anche con argomenti tratti dalla riforma della s.r.l. ed in particolare dalla regola dell'art. 2476, comma 3, c.c. che attribuisce a ciascun socio il diritto di promuovere in nome proprio l'azione di responsabilità (Zanardo); mentre, secondo altro orientamento, legittimata a far valere la responsabilità dell’amministratore è solo la società in persona degli altri soci amministratori e sempre che essi abbiano la legale rappresentanza della società (Di Sabato, 86).

In conformità alla giurisprudenza della Cassazione già sopra richiamata, anche in dottrina, in termini generali, si reputa, poi, ammissibile l’esercizio da parte del socio dell’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore negligente per danni direttamente subiti dal socio a causa delle condotte tenute sulla base del fatto che l'art. 2395 c.c. costituisce una specificazione della più generale previsione dell'art. 2043 c.c. in materia di fatto illecito. È, peraltro, pacifico che, al fine di poter esperire un'azione individuale di responsabilità, il singolo socio debba provare di aver subito un danno diretto al proprio patrimonio personale e che non può genericamente invocare un depauperamento del patrimonio sociale, ovvero, un pregiudizio che costituisca il mero riflesso dei danni cagionati a detto patrimonio e alla sua integrità. 

Risulta problematica, invece, la questione relativa all'esercizio dell'azione di responsabilità da parte dei creditori sociali per lesione dell'integrità del patrimonio sociale. In dottrina è prevalente la tesi che esclude l'ammissibilità dell'azione di responsabilità proposta dai creditori sociali nei confronti degli amministratori (Ghidini, 435 ss.). Invero, si ritiene che spetti ai creditori solo l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità in via surrogatoria ex art. 2900, e che, pertanto, non può essere riconosciuta in favore dei creditori un’azione autonoma rispetto a quella della società, derivante da fatto illecito, per la lesione dell'aspettativa di ottenere il soddisfacimento (Conforti, 582 il quale esclude la possibilità di applicare in via analogica l'art. 2394 alle società di persone, in quanto i creditori sociali possono già, in via ordinaria, contare sulla responsabilità personale ed illimitata dei soci che esercitano i poteri gestori). Peraltro la dottrina ha evidenziato che l’eventuale azione di responsabilità dei creditori sociali sarebbe comunque connotata da una scarsa utilità pratica alla luce del regime di responsabilità illimitata e solidale dei soci che caratterizza le società personali (per un approfondimento delle questioni connesse alla legittimazione attiva in caso di apertura di una procedura fallimentare cfr. Zanardo).

segue: la prescrizione

Alle azioni di responsabilità si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2949, I comma, se la società è iscritta nel registro delle imprese; se, invece, la società non è iscritta o è iscritta, ma non è soggetta al regime di pubblicità dichiarativa opera l'ordinaria prescrizione decennale (Parrella, 206, nota 21; Patriarca, Capelli, 197).

È altresì applicabile la causa di sospensione di cui al n. 7 dell'art. 2041 a seguito della sentenza della Corte cost. n. 322 del 1998, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 2041, n. 7, nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimanga sospesa anche tra la società in accomandita semplice ed i suoi amministratori, finché questi sono in carica, e della successiva sentenza della Corte cost. n. 262 del 2015 che ha esteso l'ambito applicativo dell'art. 2941 n. 7 alle società in nome collettivo.

Bibliografia

Conforti, Le società di persone: amministrazione e controlli, Milano, 2009, 582; Cottino, Società di persone - ancora su questioni in tema di società di persone e di responsabilità degli amministratori, in Giur. it., 2021, 10; Di Sabato, La società semplice, in Trattato Rescigno, 16, II, Torino, 1985; Ghidini, Società personali, Padova, 1972; Parrella, sub art. 2260, in Santosuosso (a cura di), Della società. Dell’azienda. Della concorrenza, I, Torino; Capelli, sub 2260, in Società semplice, G. De Nova, (a cura di), Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, 2021, 185 ss.; Salafia, L’azione di responsabilità contro l’amministratore di società di persone in Società, 2006, 1002; Vessia, La responsabilità per la gestione nelle società di persone, Esi, Napoli, 2017; Zanardo, Legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nelle società di persone: una questione ancora aperta, in Giur. comm., 2017, I, 407 ss.

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