Codice Civile art. 2301 - Divieto di concorrenza.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Divieto di concorrenza.

[I]. Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui un'attività concorrente [2595 ss.] con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile [2291, 2318, 2452] ad altra società concorrente.

[II]. Il consenso si presume, se l'esercizio dell'attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza.

[III]. In caso d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la società ha diritto al risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'articolo 2286.

Inquadramento

L'art. 2301 c.c. vieta al socio di s.n.c. di svolgere un'attività concorrente con quella della società, nonché di partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Nella specie, il contenuto del divieto è rappresentato dall'esercizio di attività, per conto proprio o altrui, concorrenti con quella della società, o dalla partecipazione come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente.

 Il fondamento del divieto, che può essere modulato o persino eliminato dall'autonomia privata, è individuato dalla dottrina nella responsabilità illimitata del socio (Buonocore, 335). Sotto altro aspetto si osserva che il divieto di concorrenza va connesso alla specifica posizione del socio nella s.n.c. del socio il quale, sia nel caso in cui risulti dotato della qualifica di amministratore, sia nel caso in cui vi abbia rinunciato, è sempre posto in grado di conoscere in maniera dettagliata tutte le circostanze che riguardano l'imprenditore-società  (Capelli, 1437).

La norma si applica anche al socio accomandatario di s.a.s. in virtù dell'attribuzione espressa ai soci accomandatari dei diritti e degli obblighi dei soci della s.n.c. e non anche ai soci accomandanti, salvo che per questi ultimi non sia pattiziamente previsto con una disposizione contenuta nel contratto sociale (Cass. n. 10715/2016).

Il divieto di concorrenza , sancito dall'art. 2301, attiene ad interessi disponibili e, come tale, ben può formare oggetto di rinuncia, espressa o tacita, totale o parziale, da parte dei soci (Cass. I, n. 2572/1958, in Dir. fall. 1958, II, 640).

Il consenso degli altri soci all'attività concorrenziale del singolo socio esclude l'applicabilità dell'art. 2301 c.c. (Cass. II, n. 2669/1980); comportando rinuncia ad un diritto disponibile, opera a prescindere dalle ragioni che lo abbiano determinato, resta fermo nonostante eventuali ripensamenti successivi e può essere espresso anche tacitamente per facta concludentia (nella specie trattavasi di collaborazione professionale prestata per il buon esito dell'iniziativa imprenditoriale del socio) (Cass. I, n. 1301/1990, in Soc. 1990, 887).

Il divieto di concorrenza, previsto dall'art. 2301 c.c. con riguardo ai soci di società in nome collettivo, è applicabile nei confronti dei soli soci accomandatari di società in accomandita semplice, che, per il combinato disposto degli artt. 2315 e 2318 c.c., hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo, e non anche per i soci accomandanti, salvo che per questi ultimi non sia pattiziamente previsto con una disposizione contenuta nel contratto sociale (Cass. I, n. 10715/2016).

L'assunzione della qualità di socio e l'obbligo di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la rinuncia del medesimo ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale e se pure essi possano, in ipotesi, rivelarsi lesivi dell'interesse della società; pertanto, l'esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l'abuso del diritto, non può giustificare l'esclusione del socio stesso dalla società: così statuendo, la Cassazione ha confermato la sentenza impugnata che, negando la sussistenza di un divieto di concorrenza ex art. 2301 c.c. e di un divieto statutario di sostituzione del socio d'opera, aveva giudicato nulla la deliberazione di esclusione del resistente, cui era stato ascritto di aver reiteratamente lavorato al di fuori della società e di essersi fatto sostituire dal padre, remunerandolo, per l'attività manuale rientrante tra i suoi compiti, rendendosi, altresì irreperibile per dodici giorni consecutivi: Cass. I, n. 13642/2013.

Scioglimento della società

Il divieto stabilito dall'art. 2301 riguarda solo isoci nei rapporti con la società e si è pertanto escluso che, dopo lo scioglimento di quest'ultima e l'esaurimento della liquidazione, detto divieto permanga tra gli ex soci nei loro reciproci rapporti (Cass. I, n. 2245/1956, in Riv. dir. comm. 1958, II, 1).

Nello stesso senso, Giannattasio, 27.

Si è, però, precisato in dottrina che il divieto di concorrenza ex art. 2301 c.c. si applica anche nel caso in cui la società si trovi in stato di liquidazione. Il verificarsi di una causa di scioglimento della società, infatti, non comporta l’estinzione del rapporto sociale e non causa la cessazione del divieto di concorrenza: l’eventuale attività concorrenziale del socio in pendenza di liquidazione è, infatti, in grado di interferire con la liquidazione medesima, ad esempio riducendo le possibilità di pervenire ad una celere e vantaggiosa vendita dei beni aziendali o dell’azienda nel suo complesso (Cappelli, 1439).

Partecipazione ad una società concorrente

Dalla formulazione del comma 1 dell'art. 2301 si è dedotto che non è vietato al socio di una società in nome collettivo partecipare, quale socio limitatamente responsabile, ad una società concorrente (Cass. I, n. 2669/1980; nello stesso senso Campobasso, 203). Il punto non è però pacifico, in quanto la stessa Corte ha, in altra occasione, statuito che l'attività concorrenziale del socio di una società in nome collettivo può costituire violazione del divieto di concorrenza di cui all'art. 2301, anche quando si concreti nella costituzione, da parte del socio stesso, di una società a responsabilità limitata con identico oggetto, della quale egli assuma la titolarità esclusiva del capitale e la qualità di amministratore (Cass. I, n. 1977/1973).

 

Il «rapporto di concorrenza»

È comunque pacifico che la violazione del divieto di concorrenza sancito dall'art. 2301 a carico del socio di società personale non può essere desunta soltanto dall'avere il socio esercitato un'attività dello stesso genere di quella prevista come oggetto sociale, occorrendo la prova di una concreta situazione di concorrenza tra le due attività (Trib. Milano 1° febbraio 1988, in Soc. 1988, 609; nello stesso senso in dottrina, G. Ferri, 376). Muovendo da questo presupposto si è escluso che il socio fosse incorso nella violazione del divieto in un caso in cui aveva esercitato una attività analoga a quella della società in un periodo di tempo in cui quest'ultima aveva sospeso ogni attività per eventi bellici (App. Firenze 29 aprile 1949, in Giur. it. 1949, I, 2, 559).

E, sempre ricollegandosi alla stessa premessa, si è precisato che, per valutare il rapporto di concorrenzialità, si deve tener conto dell'attività esercitata effettivamente dalla società, anche se diversa da quella originariamente pattuita (App. Milano 21 aprile 1972, in Foro pad. 1972, I, 415).

Perché possa ritenersi possibile l'applicazione in via analogica dell'art. 2557 c.c. ci si deve trovare di fronte ad un trasferimento di azienda effettivo, non essendo invece sufficiente la mera perdita della qualità di socio, perché altrimenti non avrebbe senso dettare una disposizione, come quella dell'art. 2301 c.c., che prevede un divieto di concorrenza del socio in costanza del rapporto sociale, ed un'altra, come quella dell'art. 2557 c.c., che, per la specifica ipotesi del trasferimento di azienda, pone in capo a chi lo effettua un obbligo di non concorrenza anche per il periodo successivo al trasferimento stesso. Il legislatore avrebbe infatti più semplicemente potuto prevedere un'unica norma che stabilisse un divieto di concorrenza per il socio durante la sua permanenza nella società e per i successivi cinque anni (Delli Priscoli, 144).

Cessione della quota sociale e scioglimento della partecipazione sociale

Il divieto di concorrenza stabilito dall'art. 2301 cessa con il venir meno della qualità di socio, ma le parti possono prevedere che esso perduri anche dopo il recesso del socio dalla società (Cass. I, n. 6169/2003).

La giurisprudenza tende ad escludere l'applicabilità al cedente, in caso di cessione di quota di società in nome collettivo, del divieto di concorrenza posto in via generale dall'art. 2557 a carico di chi aliena la propria azienda (Cass. I, n. 2669/1980).

 

Legittimazione all'azione risarcitoria e a quella inibitoria

Stante il disposto del terzo comma dell’articolo in commento, alla violazione del divieto di concorrenza consegue, da un lato, il diritto della società al risarcimento dei danni subiti per effetto dello svolgimento, da parte del socio, dell’attività in concorrenza e, dall’altro, l’esclusione del socio medesimo ai sensi dell’art. 2286 c.c. Inoltre, se il socio riveste anche la qualifica di amministratore, l’inosservanza del divieto può costituire anche giusta causa di revoca ex art. 2259 c.c., alla stregua di ciò che avviene nelle società di capitali a mente del disposto dell’art. 2390 c.c.

È pacifico che il diritto al risarcimento dei danni spetti solo alla società e non anche al socio, anche se il danno viene a ripercuotersi, in via indiretta, sulle aspettative e sulla condizione economica degli altri soci e che, pertanto, l’azione debba essere intrapresa dagli amministratori.

Il termine di prescrizione è di cinque anni, trattandosi di un’azione per il risarcimento del danno derivante da fatto illecito (Capelli, 1443).

 

Essendo posta a tutela di un interesse della società, l'azione risarcitoria prevista dall'ultimo comma dell'art. 2301 può essere esercitata solo dalla società e non anche dai soci (Cass. n. 406/1977; Cass. n. 3869/1968, in Giust. civ. 1969, I, 188). Analogamente legittimata a far accertare ed inibire l'attività concorrenziale svolta a danno della società è solo la società (Cass. I, n. 6169/2003).

Bibliografia

Buonocore, sub art. 2301, in Società in nome collettivo, Il Codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1995; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Capelli, Il divieto di concorrenza, in Trattato delle società, a cura di Donativi, t. I, Torino, 2022, 1445 ss.; Delli Priscoli, Cessione di azienda, costituzione di una nuova società e divieto di concorrenza», in Riv. dir. soc. 2015, II, 142; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Giannattasio, Scioglimento della società in nome collettivo e fine del divieto di concorrenza, in Giur. compl. cass. civ. 1947, I, 27.

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