Codice Civile art. 2303 - Limiti alla distribuzione degli utili.Limiti alla distribuzione degli utili. [I]. Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. [II]. Se si verifica una perdita del capitale sociale [2295 n. 6], non può farsi luogo a ripartizioni di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. InquadramentoNelle società personali il diritto agli utili nasce con l'approvazione del rendiconto (Campobasso, 546; G. Ferri, 381). Il principio è pacifico in giurisprudenza (Cass. VI, n. 25864/2014; Cass. I, n. 28806/2013; App. Catania 31 luglio 1987, Soc. 1988, 45; Trib. Catania 30 giugno 1987, in Foro it. 1988, I, 1713; in Dir. fall. 1987, II, 839; in Giur. merito 1988, 498). Nelle società di persone, e, in particolare, nella società in accomandita semplice, non sussiste, in caso di azzeramento del capitale per perdite, alcun obbligo di ricostituzione dello stesso o di messa in liquidazione della società, fermo restando, però che, riportate a nuovo le perdite, il calcolo degli utili ripartibili tra i soci, ai sensi dell'art. 2303 c.c., deve essere operato sul patrimonio effettivo della società e, dunque, ripianando integralmente le perdite subìte nell'esercizio precedente (Cass. I, n. 23/2017). A norma dell'art. 2262 c.c., nella società di persone, il singolo socio ha diritto alla immediata percezione degli utili risultanti dal bilancio, dopo l'approvazione del rendiconto, a differenza di quanto avviene nelle società di capitali, in cui l'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili (art. 2433 c.c.). Tuttavia, anche nella società di persone, il socio ha diritto alla percezione degli utili solo se effettivamente conseguiti (art. 2303 c.c.), con la conseguenza che è legittimo il comportamento dell'amministratore di una società in accomandita semplice, che, nella formazione del rendiconto annuale, uniformandosi a quanto previsto nella formazione del bilancio delle s.p.a., procede ad un accantonamento prudenziale di un importo a fronte della concreta possibilità dell'insorgere di un debito risarcitorio della società, a causa della chiamata in garanzia della stessa per pretesi vizi di una fornitura (Cass. I, n. 4454/1995). Natura del diritto agli utiliÈ pacifico che il diritto del socio di una società di persone di percepire, dopo l'approvazione del rendiconto dell'amministratore, la sua parte di utile, in quanto ha ad oggetto una somma di denaro, ha natura di credito di valuta e, pertanto, ove resti insoddisfatto, a prescindere dalle cause dell'inadempimento dell'obbligato, non è suscettibile di automatico adeguamento per effetto della sopravvenuta svalutazione monetaria, salvo restando il risarcimento dell'eventuale maggior danno, ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1224, comma 2, c.c. (Cass. I, n. 3356/1985). Nozione di utileSul concetto di utile deve segnalarsi Trib. Milano 3 marzo 1955 (Foro it. 1955, I, 1266) secondo cui utile è ogni incremento del patrimonio sociale rispetto al capitale sociale determinato, di norma, mediante l'esercizio dell'impresa sociale, ed accertato dalla differenza positiva tra l'attivo ed il passivo, compreso in quest'ultimo il capitale sociale e la riserva legale. BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016. |