Calcolo TFR: conta la retribuzione, non somme di altra natura

La Redazione
09 Ottobre 2018

Ai fini del calcolo del TFR, qualora nel contratto di lavoro nulla di specifico si dice riguardo al trasferimento e il lavoratore percepisce delle somme a questo collegate senza stabilirne la natura, occorre fare riferimento a indici sintomatici che permettano di risalire ad essa in via induttiva.

La fattispecie. Il quadro direttivo di un'azienda chiedeva, in relazione a un periodo di lavoro svolto all'estero, l'indennità di trasferimento e un aumento della retribuzione, che – a suo parere - doveva essere adeguata al costo della vita fuori Italia.

Sosteneva, inoltre, che anche il TFR doveva essere ricalcolato.

La Corte d'appello di Milano rigettava tali istanze, affermando che l'indennità di trasferimento poteva essere corrisposta solo in presenza di un cambio di residenza anagrafica, assente nella fattispecie.

Riguardo al TFR non c'era alcuna incidenza.

Il lavoratore ricorre in Cassazione.

Il cambio di residenza deve intendersi in modo sostanziale. Secondo il ricorrente, la locuzione “effettivo cambio di residenza” doveva essere intesa in modo effettivo, facendo riferimento al sostanziale cambio di dimora.

La Suprema Corte condivide questa tesi e afferma che il luogo indicato come residenza anagrafica diviene elemento giuridicamente irrilevante dopo il trasferimento all'estero. Ciò che conta è l'effettività della residenza.

Per calcolare il TFR, occorre capire la natura degli emolumenti. Quanto al TFR, se nel contratto nulla di specifico si dice riguardo al trasferimento e il lavoratore percepisce delle somme a questo collegate senza stabilirne la natura, occorre fare riferimento a indici sintomatici che permettano di risalire ad essa in via induttiva.

Ragionando in tal senso, la Corte di cassazione, ai fini della identificazione dei caratteri propri della retribuzione, dà rilevanza a una serie di elementi:

a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta;

b) l'assenza di giustificativi di spesa;

c) la natura compensativa del disagio della prestazione resa;

d) il rapporto di funzionalità con la prestazione lavorativa, ecc.

Se, invece, l'emolumento serve a tenere indenne il lavoratore da spese che quest'ultimo non avrebbe dovuto affrontare se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell'interesse dell'imprenditore (che nulla hanno a che fare, cioè con la prestazione lavorativa a cui è tenuto) vuol dire che non ha natura retributiva e che, pertanto, non ha rilevanza ai fini del TFR.

Secondo la Cassazione, i Giudici di merito non hanno tenuto conto di questo aspetto: perciò il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con conseguente rinvio della causa alla Corte territoriale.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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