Amministratore (anticipazioni)

Paolo Gatto
11 Ottobre 2018

Il proliferare delle azioni promosse dagli amministratori di condominio nei confronti dei condomini, e dirette al recupero di quanto anticipato nel corso dell'attività, trova diverse cause, e tutte riconducibili, in definitiva, alla diminuita capacità economica dei proprietari di immobili; dal punto di vista economico-sociale, pertanto, il ricorso al “dover anticipare” può ritenersi, negli ultimi, anni, incrementato, principalmente, a cagione di...
Inquadramento

Il proliferare delle azioni promosse dagli amministratori di condominio nei confronti dei condòmini, e dirette al recupero di quanto anticipato nel corso dell'attività, trova diverse cause, e tutte riconducibili, in definitiva, alla diminuita capacità economica dei proprietari di immobili; dal punto di vista economico-sociale, pertanto, il ricorso al “dover anticipare” può ritenersi, negli ultimi, anni, incrementato, principalmente, a cagione delle seguenti circostanze:

1) contrazione dell'entità dei compensi: l'aumento della concorrenza tra professionisti rende necessario acquisire un maggior numero di stabili, ma l'incremento del numero rende impossibile una gestione improntata all'effettiva diligenza; quanto sopra comporta che, qualora manchino i fondi, invece che convocare apposite assemblee, alcuni amministratori tendano ad anticipare con denaro proprio o, peggio, distratto da altre gestioni;

2) diffusione della morosità nel condominio; la morosità, nel condominio, fino ad una decina di anni fa rappresentava un fenomeno sporadico ed eccezionale, risolvibile con il rimedio dell'ingiunzione; oggi è diventato un fatto normale e, in certe zone, rappresenta un ostacolo considerevole alla gestione del condominio; capita che l'amministratore, rimanendo senza fondi per le spese urgenti, provveda lui stesso e non riesca, successivamente, a recuperare, in quanto gli venga negato l'aumento di provvisione in sede di preventivo;

3) minore disponibilità al credito da parte dei fornitori; oltre all'aumento generalizzato della morosità nel condominio, un altro fattore che ha reso i fornitori (soprattutto di energia, di fornitura idrica, ma anche imprese di costruzioni) molto meno accondiscendenti a concedere dilazioni è stata la pronunzia delle Sezioni Unite del 2008 (Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148) che ha sancito la parziarietà delle obbligazioni, rendendo molto più complesso, se non impossibile, il recupero del credito nei confronti del condominio; tale situazione induce, normalmente, l'amministratore, ad anticipare i costi delle bollette allo scopo di non vedersi interrompere il servizio, con conseguenti sue responsabilità.

La tendenza, pertanto, da parte di molti amministratori è quella di anticipare le somme necessarie alla gestione, in mancanza di fondi, con la speranza di recuperarle l'anno successivo ove, al contrario, sono costretti ad anticipare nuovamente, per cui accade che qualora l'amministratore venga sostituito si veda negare il rimborso, per cui è costretto ad agire in giudizio; ma le difficoltà sono notevoli.

Natura delle anticipazioni

Il regime delle anticipazioni non costituisce una fattispecie inquadrabile nell'arricchimento senza causa, ma è disciplinato all'art. 1720 c.c., il quale dispone che il mandante sia tenuto a rimborsare, con gli interessi, quanto il mandatario abbia anticipato in esecuzione del rapporto.

L'applicazione della norma, peraltro, negli ultimi anni ha subito una notevole evoluzione, che ha modificato completamente i presupposti dell'azione, in particolare per quanto concerne l'onere della prova.

Originariamente, la giurisprudenza era orientata nel senso che, rilevato che il regime delle anticipazioni seguiva la normativa sul mandato, all'amministratore era sufficiente dimostrare di avere corrisposto la somma, spettando al condominio l'onere di dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione di tenere indenne l'amministratore dagli esborsi (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498). Dal punto di vista pratico ciò significava che, all'amministratore, non solo sarebbe stato sufficiente presentare il rendiconto approvato, ma avrebbe assolto l'onere della prova la mera presentazione delle pezze giustificative, ancorché non approvate, permanendo a carico del condominio dimostrare l'estinzione dell'obbligazione mediante pagamento.

Successivamente, la giurisprudenza ha mutato indirizzo; secondo il nuovo orientamento, pur inquadrandosi, il rapporto tra amministratore e condòmini, nel rapporto di mandato, ciò nondimeno si tratta di un rapporto a se stante, secondo il quale l'amministratore non ha un potere di spesa, ma il diritto al rimborso delle anticipazioni ricorre solo qualora la spesa sia approvata dall'assemblea, in quanto il credito dell'amministratore non è né liquido né esigibile (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2011, n. 21015) per cui la norma sul mandato va integrata con quelle in materia condominiale.

Tale mutamento di orientamento non circoscrive la sua portata alla necessità di approvazione delle spese (approvazione del consuntivo) ma, introducendo l'applicazione della normativa sul condominio, rende applicabili tutte le altre norme, in particolare, per quanto concerne l'onere della prova delle singole anticipazioni, o riguardo alla rendicontazione, come si tratterà infra.

Legittimazione passiva e prescrizione

In materia di legittimazione attiva, legittimato è l'amministratore sia qualora ancora in carica, che sostituito; per quanto concerne la legittimazione passiva, l'amministratore può ottenere la condanna sia nei confronti dei singoli condòmini personalmente, che nei confronti dei singoli condomini rappresentati dall'amministratore (Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 1999, n. 13709). In particolare, la Cassazione (Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530) aveva stabilito che l'amministratore ha diritto a richiedere il pagamento delle sue anticipazioni ai singoli condomini solo in ragione delle loro quote, sostenendo che l'art. 1123 c.c. fosse applicabile anche ai rapporti interni. Detto orientamento, allora minoritario è stato, successivamente, confermato, in via generale, dalle Sezioni Unite nel 2008, con la nota sentenza sulla parziarietà delle obbligazioni.

Applicandosi, alla fattispecie, la normativa sul mandato, e non l'arricchimento senza causa, l'obbligazione al rimborso sorge al momento dell'effettiva anticipazione, data dalla quale iniziano a decorrere gli interessi (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498).

Per quanto concerne la prescrizione, deve riconoscersi applicarsi la prescrizione ordinaria decennale, in quanto l'anticipazione non è da considerarsi credito periodico (Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 2005, n. 19348), per cui non è applicabile la prescrizione breve quinquennale; il termine per la prescrizione decorre dall'approvazione del consuntivo di spesa.

Da quanto sopra esposto, pertanto, la prescrizione, decennale, inizia a decorrere dall'approvazione del consuntivo nel quale sono state inserite le spese per le quali c'è stata anticipazione; l'amministratore, cessato dall'incarico, può agire sia nei confronti dei singoli condòmini personalmente, sia nei confronti dei condòmini cumulativamente, rappresentanti dal nuovo amministratore ma, in ogni caso, in sede di esecuzione del titolo acquisito nei confronti del condominio, il creditore si dovrà rivolgere nei confronti dei singoli sulla base delle loro quote o, se anticipato in ragione della presenza di morosi, nei confronti di questi, come contempla la l.n. 220/2012.

Presupposti concreti per il riconoscimento giudiziale delle anticipazioni

Come anticipato, la necessità di coordinamento della disciplina del mandato con la normativa condominiale dispiega notevoli conseguenze a livello giudiziale, per cui non è più sufficiente la dimostrazione dell'avvenuta approvazione delle spese; al fine di poter vantare il diritto al rimborso, la giurisprudenza pone a carico dell'amministrazione l'allegazione e la dimostrazione dettagliata delle somme anticipate.

Il panorama giurisprudenziale in materia di ripetizione, da parte dell'amministratore, delle anticipazioni, si è consolidato secondo tre principi:

1) L'amministratore non ha diritto a recuperare le anticipazioni qualora le spese anticipate non siano state approvate dall'assemblea.

2) Il semplice saldo passivo a rendiconto, tra entrate ed uscite, non presuppone l'anticipazione dell'amministratore in quanto lo stesso potrebbe avere reperito i fondi altrove.

3) L'amministratore deve dimostrare, da un lato, di avere anticipato in presenza di carenza di fondi sul conto corrente condominiale, quindi deve dimostrare di avere sopperito con propri pagamenti, esibendo i bonifici o, comunque, i titoli attraverso i quali i pagamenti sono avvenuti.

In relazione al primo punto, la Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2014, n. 18084) ha avuto modo di precisare che l'amministratore di condominio non ha, salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c., in tema di lavori urgenti, un generale potere di spesa in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore e i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 del c.c. deve essere coordinato con quelli in materia di condominio. Ancora, la Cassazione (Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1224) ha stabilito che, in assenza di una delibera condominiale nemmeno l'amministratore può pretendere il rimborso delle spese da esso sostenute; e ancora più nel dettaglio, si è avuto modo di precisare (Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011 n. 14197) che nel condominio negli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135 c.c. per tutte le spese occorrenti durante l'anno. La Suprema Corte, pertanto, richiede implicitamente che le spese debbano essere erogate in presenza di un preventivo di gestione dettagliato approvato dall'assemblea, ovvero che siano ratificate in sede di consuntivo.

In relazione al secondo punto, il Supremo Collegio (Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10153) ha stabilito che il rendiconto, ancorché approvato dall'assemblea, non integra una ricognizione di debito daparte di quest'ultima, anche qualora venga evidenziato un saldo passivo, atteso che l'amministratore potrebbe avere ricavato aliunde, magari attraverso fondi giacenti, le somme necessarie; in altri termini, l'atto dell'assemblea, costituito dalla delibera di approvazione integra un mero atto interno in quanto questa non è chiamata a rendere una dichiarazione sulle richieste dell'amministratore, per cui il giudice del merito non può fondare il diritto dell'amministratore al ristoro soltanto sulla base del “passivo” approvato, ma la domanda deve descrivere, nel dettaglio, le circostanze fattuali che hanno portato all'insorgenza dell'obbligazione.

Tanto premesso, anche l'esistenza di spese erogate e il difetto di entrate, non postula che l'amministratore abbia anticipato, ma è necessaria la dimostrazione di una effettiva carenza di fondi.

Tale premessa introduce al terzo punto, secondo il quale l'amministratore deve dimostrare di aver sopperito all'insufficienza di fondi con propri denari. Secondo la Cassazione (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010 n. 13878), l'amministratore, per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio, deve offrire la prova degli esborsi effettuati; detta ultima pronuncia, pertanto, postula che si trasferisca sull'attore l'onere di dimostrare l'esborso sostenuto, o mediante bonifico ovvero mediante assegno o pagamento in contanti, in quanto la necessità di coordinamento della normativa del mandato con quella condominiale rende l'anticipazione elemento costitutivo dell'azione, per cui l'obbligazione non sorge automaticamente dalla rendicontazione, tanto che al convenuto spetti l'onere di dimostrarne l'adempimento, ma l'obbligazione sorge solo con la dimostrazione dettagliata della singola anticipazione e con la dimostrazione della sua effettiva necessità.

Di fatto, la difficoltà di individuare prontamente l'effettiva anticipazione delle somme ne deriva dalla struttura del rendiconto condominiale; innanzitutto è da rilevare che, costituendo, il condominio, una collettività di persone diretta alla gestione delle parti comuni, legata all'amministratore da un rapporto di mandato, il rendiconto, a differenza del bilancio, che è tipico degli enti economici, debba soggiacere ad un principio di cassa, per cui l'amministratore dovrebbe evidenziare esclusivamente i costi sostenuti durante la gestione e, di conseguenza, le somme effettivamente erogate; in realtà capita spesso che, per motivi di insufficienza di fondi, vengano immesse a rendiconto le spese maturate ma non erogate e ciò al fine di riportarle a riparto onde addebitare la quota agli eventuali morosi e, comunque, di attribuirle cronologicamente ai singoli condòmini, i quali potranno verificarne la spettanza in caso di cessione dell'unità immobiliare; detta situazione, peraltro, introduce un criterio di “competenza” che non rende immediatamente percepibile il riscontro con il conto corrente bancario e, soprattutto, rende pressoché inutilizzabile il rendiconto al fine di dimostrare l'eventuale sbilancio passivo, se non attraverso un complesso esame unitario di tutte le gestioni dell'amministratore; da ciò ne consegue un'effettiva difficoltà, per l'amministratore, di evidenziare immediatamente eventuali anticipazioni.

Da ultimo, si rileva che non è idonea a dimostrare le anticipazioni l'accettazione, da parte del nuovo amministratore, della situazione contabile esistente al momento del passaggio delle consegne, in quanto non rientri tra i poteri dell'amministratore la ricognizione di debito, essendo a ciò deputata l'assemblea.

Il compenso

L'art. 1720 c.c. riserva lo stesso trattamento del compenso alle anticipazioni e, a questo, sono estensibili molte delle problematiche sopra trattate relative alle anticipazioni.

La gestione del compenso, da parte dell'amministratore, dovrebbe seguire, in maniera corretta, il seguente iter: l'assemblea approva il compenso all'inizio di ogni gestione; l'amministratore si paga il compenso e, successivamente, emette fattura, che viene inserita a rendiconto secondo il principio di cassa. Accade, peraltro che, in alcuni casi, l'amministratore ometta di sottoporre all'assemblea l'approvazione del compenso in occasione dei rinnovi e, fatto ancora più frequente, che lo stesso non riesca a percepire il compenso per carenza di fondi, presentandosi spese più urgenti (ad esempio, l'assicurazione del caseggiato o utenze necessarie). In queste ipotesi accade che l'amministratore, al fine di inserire il proprio emolumento nel riparto, onde acquisirlo insieme ai saldi di gestione, emetta fattura prima del pagamento e la presenti in sede di rendiconto onde sollecitarne l'approvazione. In questi casi, qualora il professionista venga revocato, incontrerà notevoli difficoltà a vedersi riconoscere quanto dovuto.

Innanzitutto, il principio secondo il quale spetta al creditore dimostrare l'obbligazione e al debitore l'adempimento, incontra difficoltà, per lo meno sul quantum, qualora l'assemblea non abbia approvato l'importo in sede di rinnovo; ancora più complessa appare la fattispecie qualora lo stesso amministratore abbia emesso fattura onde imporne il pagamento in sede di riparto, a seguito di approvazione del consuntivo. Secondo la normativa fiscale relativa ai professionisti (art. 63 del d.p.r.n. 633/1972), la fattura deve essere emessa solo a seguito di pagamento, seguendo il principio di cassa; chiaramente, in presenza di rendiconto “impuro” contenente, cioè, elementi di competenza, diventa difficile allegare il mancato pagamento, atteso che l'emissione della fattura costituisce un indizio grave che l'obbligazione sia stata adempiuta e la prova contraria diviene complessa proprio in quanto sia difficile riscontrare il rendiconto reale (quello che viene evidenziato dal conto corrente condominiale) e quello virtuale (costituito dal rendiconto dell'amministratore, redatto secondo criteri di competenza, per lo meno sulle spese); la difficoltà oggettiva del riscontro immediato conto corrente-rendiconto può permettere al condominio, che contesti la debenza del compenso, di eccepire che il pagamento del compenso, in presenza della fattura, sia avvenuto utilizzando, magari, contanti provenienti da versamenti dei condòmini.

In evidenza

L'amministratore che vorrà vedersi riconoscere il compenso, in sede giudiziale, dovrà dimostrare la presenza dell'obbligazione, attraverso l'approvazione dell'assemblea del suo preventivo al momento del rinnovo o della fattura, approvata in sede di rendiconto e, in ogni caso, ricostruire la situazione contabile di cassa, onde dimostrare che la fattura, già emessa, non costituisca quietanza di pagamento, bensì documento contabile unilaterale di evidenza del credito, come accade, ad esempio, per gli artigiani, ove la normativa fiscale contempla il principio di competenza, secondo il quale la fattura viene emessa prima del pagamento (ed integra presupposto sufficiente per l'emissione di decreto ingiuntivo).

Conseguenze sulla gestione complessiva dell'amministratore

È frequente, soprattutto per amministratori di numerosi stabili, che per le anticipazioni non vengano utilizzati fondi propri, bensì fondi distratti da altre gestioni condominiali; tale condotta, che può costituire fattispecie criminosa di appropriazione indebita per distrazione, aggravata dal rapporto professionale, dà luogo a gravi conseguenze, qualora diventi impossibile rientrare di quanto anticipato.

Si sono verificati, negli ultimi anni, diversi episodi di amministratori che lascino buchi di centinaia di migliaia di euro, frettolosamente definiti quali “fughe con la cassa” ma, di fatto, imputabili a gestioni negligenti, con indebiti trasferimenti di fondi da una gestione all'altra.

In queste ipotesi, in caso di ammanchi, l'amministratore diventa responsabile, nei confronti del condominio “depredato” anche qualora risulti palese, da estratti conto bancari, il trasferimento a favore di un condominio ben individuato.

Non esistendo, infatti, alcun rapporto tra diversi condomìni, ma sussistendo rapporto contrattuale tra i condòmini e l'amministratore, questi sarà tenuto a restituire quanto prelevato e, successivamente, tentare di recuperare le anticipazioni effettuate.

CASISTICA

Legittimazione passiva dei singoli condomini

Deve essere esclusa la legittimazione passiva del condominio, e, per esso, del suo amministratore, nel caso di domanda, proposta da amministratore cessato dall'incarico, diretta al recupero di contributi condominiali da lui anticipati per far fronte alla gestione del condominio perché non pagati dai singoli condomini che li dovevano in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, in quanto da quest'ultimo, malgrado la unicità del titolo, non deriva alcuna obbligazione sindacale degli altri condomini per il pagamento delle quote non potute riscuotere; infatti, l'identità della prestazione, quale presupposto dell'obbligazione solidale, deve riferirsi alle persone debitrici, non già alle caratteristiche oggettive della causale da cui trae origine la situazione debitoria (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1973, n. 1464).

Legittimazione passiva concorrente

Nel caso di anticipazioni per spese condominiali da parte dell'amministratore, l'obbligazione restitutoria nasce a carico dei singoli condomini nel momento stesso in cui avviene l'anticipazione legittima e per diretto effetto di essa; la situazione non muta in conseguenza della cessazione dell'anticipante dall'incarico di amministratore; la nomina del nuovo amministratore amplia la legittimazione processuale passiva, ma non elimina quelle sostanziali e processuali, passive originarie; quindi l'ex amministratore può proporre domanda giudiziale di rimborso nei confronti sia dell'amministratore in carica, sia dei singoli condomini (Cass. civ., sez. II, 24 marzo 1981, n. 1720).

Limiti alla solidarietà

L'amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabile anche nei rapporti esterni la disposizione dell'art. 1123 c.c., a norma della quale le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per le prestazioni dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

Prescrizione del credito

Il credito dell'amministratore condominiale relativo alla retribuzione per l'incarico ricoperto, così come quello relativo al rimborso delle somme dal medesimo anticipate nell'interesse del condominio, non sono assoggettati alla prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4), c.c., difettando il requisito della periodicità dell'obbligazione (Cass. civ.,sez. II, 4 ottobre 2005, n. 19348).

Applicazione del contratto di mandato

In tema di condominio negli edifici, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, l'amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il condominio) - che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell'eventuale danno - devono dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di tenere indenne l'amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita (Cass. civ.,sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498).

Limiti all'applicazione del mandato

I poteri dell'amministratore e dell'assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile: pertanto l'amministratore non ha - salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti - un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. - secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario - deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (Cass. civ., sez. VI/II, 16 aprile 2012, n. 5984).

Guida all'approfondimento

Gallucci, Spetta all'amministratore di condominio uscente dare la prova del proprio credito per anticipazioni verso gli amministrati, in www.dirittoegiustizia.it, 2010.

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